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Il peccato inclina al mercenario, ma la grazia del Risorto ci unisce al Pastore.
Meditazione sul Vangelo di Gv 10,1-10
La “porta” che apre alla vita eterna.
L’evangelista Giovanni, subito dopo il racconto del cieco nato, riporta il discorso di Gesù sulla “porta delle pecore” e sul “Buon Pastore”. Il cieco nato è espulso dalla sinagoga per la sua professione di fede nel Messia (Gv 9,30-34); è stato scomunicato, allontanato dalla comunità; potrebbe essere considerato come una pecora sbandata, senza pastore e senza gregge. Chi crede in Gesù, però, entra nell’ovile di Dio attraverso la porta di vita e di salvezza che è il Cristo, anzi, diventa una pecora del Buon Pastore.
Gesù, quale Buon Pastore, è legato alle sue “pecore”, gli uomini, con la conoscenza personale e con l’amore per ciascuna, tanto che giungerà al dono totale di sé per la loro salvezza. Il Buon Pastore chiama tutte le “pecore” a quel destino universale di salvezza cui il Padre le ha convocate per mezzo della fede in Cristo. C’è, dunque, un solo Pastore, che è Cristo, Messia di tutte le “pecore”, siano esse provenienti dal “recinto” della casa d’Israele come da altri “recinti”. Tutte le “pecore” che ascoltano la sua voce sono raccolte in un unico “gregge” per formare così il nuovo popolo di Dio, popolo di salvati che trova la propria coesione per mezzo della fede in Lui. Tutte le “pecore” sono attente alla voce del Buon Pastore: lo guardano, lo ascoltano, lo seguono perché sono docili al suo volere. Egli è il punto di attrazione, la loro sicurezza, perché Egli è la “loro porta ed il loro ovile”. Questa Parola ci apre a comprendere come Cristo sia il punto di riferimento di tutta la storia umana, e, al tempo stesso, ci chiama a vivere di conseguenza. Si tratta di arrivare, attraverso le Scritture, a Colui che ci ama. E, poi, il fatto che il Pastore “chiami le pecore una per una…” indica l’esperienza profonda di comunione che è il cuore dell’esperienza della Parola: l’atto personale di chi crede non si ferma all’enunciato dottrinale, ma va, come chi è innamorato, alla ricerca del volto di Dio.
Lunedì 09 Maggio
S. Pacomio; S. Isaia pr.; B. Forte Gabrielli
4.a di Pasqua
At 11,1-18; Sal 41 e 42; Gv 10,1-10 (B,C) Gv 10,11-18 (A)
L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente
Io sono il buon pastore, dice il Signore; conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.
(Giovanni 10,14)
SALMO RESPONSORIALE (Salmi 41 e 42)
Rit: L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.
Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela a te, o Dio.
L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.
Io sono il buon pastore, dice il Signore; conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.
(Giovanni 10,14)
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