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28 febbraio, 2022

In questo giorno don Carlo Gnocchi, fondatore dei Mutilatini, raggiungeva la Pace Eterna

 Sessantasei anni fa, in questo giorno don Carlo Gnocchi, fondatore dei Mutilatini, raggiungeva la Pace Eterna

Requiem



✝ Pensiero del 28 febbraio 2022

 

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Gesù, ci dona il Suo Spirito, per seguirlo sulla via dell'impossibile, ed avere la gioia.

Meditazione sul Vangelo di Mc 10,17-27

Cosa fare per avere la vita eterna?
Il giovane ricco si avvicina a Cristo e gli rivolge la domanda più importante della vita: cosa fare per avere la vita eterna. Non è un intellettuale in cerca di “notizie sull’aldilà”. La sua domanda è concreta: che cosa devo fare? Sembra disposto a fare quel che è necessario per ottenere la vera felicità, quella eterna. Fin da bambino ha osservato i comandamenti di Dio. Gesù amò questo giovane tanto nobile e ben disposto. Gli fece un dono. Lo invitò a seguirlo, come fece con gli apostoli, cui disse “seguimi”; coloro che Gesù chiamò perché stessero con Lui e per inviarli a predicare, coloro che “lasciando tutto, lo seguirono”. Questa è la condizione posta a coloro che vogliono seguire Cristo più da vicino. Nella Chiesa, i consacrati a Cristo fanno voto di povertà, castità ed obbedienza, per avere Dio come unico possesso e sicurezza, perché Cristo sia l’unica persona cui “affidare il cuore”, per servire un solo Signore e, in Lui e per Lui, servire e amare tutti gli uomini. Quella chiamata non fu accolta. L’attaccamento alle ricchezze può essere un ostacolo nella sequela di Cristo, può frustrare le vocazioni alla vita religiosa e al sacerdozio, come può pure frenare la risposta alla chiamata alla santità ed all’impegno missionario e apostolico, che tutti i battezzati hanno ricevuto. Che non capiti anche a noi di esser tanto presi e preoccupati per le cose materiali da non riuscire a dare neanche un po’ del nostro tempo alla preghiera, alla catechesi, al servizio dei fratelli.

Lunedì 28 Febbraio 
S. Romano; B. Antonia da Firenze; B. Daniele Brottier
8.a del Tempo Ordinario
Il Signore si ricorda sempre della sua alleanza
1Pt 1,3-9; Sal 110; Mc 10,17-27

Gesù Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

(II Corinzi 8,9)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 110)
Rit: Il Signore si ricorda sempre della sua alleanza.

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
tra gli uomini retti riuniti in assemblea.
Grandi sono le opere del Signore:
le ricerchino coloro che le amano.

Egli dà il cibo a chi lo teme,
si ricorda sempre della sua alleanza.
Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere,
gli diede l’eredità delle genti.

Mandò a liberare il suo popolo,
stabilì la sua alleanza per sempre.
Santo e terribile è il suo nome.
La lode del Signore rimane per sempre.

Gesù Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

(II Corinzi 8,9)

27 febbraio, 2022

Nel mese di febbraio del 1945, morivano le sorelle Frank, Margot Sarah Betti ed Annelies Marie.

 Nel mese di febbraio del 1945, morivano le sorelle Frank, Margot Sarah Betti ed Annelies Marie.

La Loro MEMORIA, sia un'Eterna Benedizione, per tutti noi.
(La data del 31 marzo, è una data fittizia).



San Gabriele dell'Addolorata

 San Gabriele dell'Addolorata

Nome: San Gabriele dell'Addolorata
Titolo: Religioso
Nascita: 1 marzo 1838, Assisi
Morte: 27 febbraio 1862, Isola del Gran Sasso, Teramo
Ricorrenza: 27 febbraio
Tipologia: Commemorazione
Sito ufficiale:www.sangabriele.org


Francesco Possenti nacque ad Assisi il I marzo 1838 la nobile famiglia. Dai genitori ricevette quell'educazione cristiana che fu poi il germe della sua vocazione allo stato religioso. Fu giovane elegantissimo, ed era così rigoroso nell'esigere che i suoi abiti fossero ben tenuti e preparati, che facilmente s'irritava se qualche cosa mancava o scorgeva qualche piccola macchia sfuggita alle persone di servizio. Questo suo carattere, che lo portava a commettere impazienze; fu causa talvolta di dispiaceri al padre e ai fratelli. Studiò fino a 17 anni, dopo i quali, addolorato vivamente per la morte della madre, vittima del colera del 1855, si ritirò in religione.

Scelse la regola dei Padri Passionisti, fondati da San Paolo della Croce, per poter consolare col suo delicatissimo cuore i dolori della passione di Gesù Cristo e della Vergine Addolorata. Non più quindi vanità, non più ricercatezze, ma il rozzo saio passionista fu la sua ambizione.

Compiuto il noviziato prese il nome di Gabriele dell'Addolorata, volendo significare con questo la particolare devozione che nutriva verso la Madre dei dolori. Quantunque fosse stato sempre debole, manifestava uno speciale fervore nel condurre vita penitente e di preghiera.

Condusse una vita umile e silenziosa; non operò miracoli. La preghiera e la mortificazione, l'ubbidienza perfetta all'orario, lo studio, la meditazione, l'esame di coscienza, l'umiltà, erano il suo impegno quotidiano. A tutto questo, ch'è comune ad ogni religioso, egli aggiungeva una singolarissima devozione alla SS. Vergine, per cui in soli cinque anni di vita religiosa si fece grande santo. Spinto dal suo amore. Gabriele s'era composto una specie d'inno che chiamava simbolo di Maria e che portava con gran cura appeso al collo. Consisteva in una lunga serie di articoli che esprimevano la fede, la devozione, l'amore e la tenerezza verso le grandezze di Maria SS. Esercitò un vivo apostolato mariano tra i confratelli, non solo, ma anche coi familiari, ai quali assai di frequente scriveva lettere piene di saggezza e di amore.

Per mostrare quanto teneramente amasse la Vergine, aveva concepito l'idea di stamparsi sul petto con caratteri di fuoco il santissimo nome di Maria. Questo non gli fu permesso e dovette accontentarsi di portarlo scolpito nel suo cuore. Conservò l'innocenza e la sua santa morte avvenne il 27 febbraio 1862, contando appena 24 anni di età.

PRATICA. « li mio Paradiso sono i dolori della cara Madre mia» (S. Gabriele).

PREGHIERA. O Dio, che insegnasti al beato Gabriele a ricordare assiduamente i dolori della dolcissima tua Madre e per mezzo di lei lo innalzasti alla gloria della santità e dei miracoli, dà a noi per l'intercessione e l'esempio di lui, di associarci così ai gemiti della Madre tua, da esser salvati dalla materna sua protezione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Isola, in Abruzzo, San Gabriele della Vergine Addolorata, Chierico della Congregazione della Croce e Passione del Signore, Confessore, il quale, illustre durante la sua breve vita per grandi meriti e dopo la morte per miracoli, dal Papa Benedetto decimoquinto fu ascritto nel catalogo dei Santi.

✝ Pensiero del Domenica 27 Febbraio 2022

 ✝

S. T. D. E DELLA B. V. M.
Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Vita dolcissima Speranza Nostra intercedi presso Dio, insieme alla Vergine Maria ed ai tuoi cari Genitori Vicenzo Livatino e Rosalia Corbo, affinché, cessino tutte le inumane Guerre!!!
NO ALLA GUERRA! SI ALLA PACE!
BUONA DOMENICA!­

Canzano Barbara

Meditazione sul Vangelo di Lc 6,39-45

Un cieco non può guidare un altro cieco.

Tutti abbiamo bisogno di guide. Soprattutto oggi, in una società “liquida”, che sembra aver perso i punti di riferimento sui quali ancorare l’esistenza. Ma non perché manchino i messaggi, anzi essi si sono moltiplicati; sono venuti a mancare i veri maestri.

A volte, ci sentiamo anche noi smarriti e perduti, come ciechi in compagnia di altri ciechi. Camminiamo senza un orientamento, senza una meta, sperando che ci capiti qualcosa che possa riempire di senso la nostra vita; oppure affidiamo al primo salvatore di turno le nostre attese di felicità. Dobbiamo essere attenti a chi consegniamo la nostra esistenza, smascherando i falsi maestri – predicatori del nulla – che propongono facili scorciatoie e miraggi di salvezza. Noi sappiamo a quale scuola siamo stati chiamati, chi è il vero Maestro di cui possiamo pienamente fidarci, in grado di mostrarci la via, di farci accostare gradualmente alla verità tutta intera, di rivelarci il vero significato del vivere e del morire. È l’unico maestro che può condurci alla gioia piena. Essere sedotti dal suo amore è la condizione che permette alla nostra vita di non rimanere bloccata dalla paura di fronte a scelte impegnative e coraggiose. Perché non ci avvenga di sperimentare l’amarezza o il rimpianto per aver trascorso invano la nostra esistenza, non trovando il coraggio di vivere e di osare. Come è capitato a quel George Grav di cui E. L. Masters nell’Antologia di Spoon River ci fa leggere la lapide posta sulla tomba: “E ora so che dobbiamo innalzare la vela e cogliere i venti del destino ovunque essi guidino la nave. Dare significato alla vita può sortire follia, ma la vita senza significato è la tortura dell’irrequietezza e del desiderio vago – è una nave che anela il mare eppur lo teme”. Siamo stati chiamati ad essere discepoli, per diventare anche noi, “come il maestro”, capaci di accogliere, condividere, giustificare e perdonare, senza mai ergerci a giudici dei nostri fratelli, anch’essi viandanti e compagni di viaggio. Comprendendo che per diventare maestri e guide credibili occorre essere innanzitutto testimoni coerenti. Come ci ha ricordato Paolo VI nella bellissima esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni».

 27 novembre 2020 - 27 febbraio 2022 un anno e tre mesi senza don Antonio Maffucci FSCB

  27 novembre 2020 - 27 febbraio 2022 un anno e tre mesi senza don Antonio Maffucci FSCB



Il tempo passa e la Memoria riscalda il cuore.
REQUIEM AETERNAM
Réquiem aetérnam dona eis, Dómine,
et lux perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace. Amen.

L'ETERNO RIPOSO
L'eterno riposo dona a don Antonio, o Signore,
e splenda a Lui la luce perpetua.
Riposi in pace. Amen.

26 febbraio, 2022

Ci lasciava Fernandel

 Il 26 Febbraio 1971, dopo il primo malore accusato durante le riprese di “Don Camillo e i Giovani d’oggi” incompiuto, ci lasciava Fernandel.

Per sempre il nostro Don Camillo.



✝ Pensiero del 26 febbraio 2022

 ✝

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Meditazione sul Vangelo di Mc 10,13-16

Il Regno dei Cieli appartiene a chi è come i bambini.

Gesù, che in altre occasioni ha mandato avanti i suoi discepoli, affinché gli preparassero la strada, si inquieta perché essi rimproverano la gente che porta a lui alcuni bambini perché possa accarezzarli. Gesù abbraccia e benedice i bambini, imponendo loro le mani. Ed istruisce i discepoli: il Regno dei cieli appartiene a chi è come i bambini; chi non accetta il Regno di Dio come un bambino, non vi entrerà.

Cristo aspetta collaborazione da parte dei discepoli nell’instaurazione del suo Regno tra gli uomini; talvolta, tuttavia, i discepoli ostacolano la sua missione impedendo alla gente di accostarlo, perfino alle persone ben disposte che in Lui ripongono la propria fiducia. Certo, i discepoli agivano mossi da buone intenzioni, ma, come in altri episodi, dimostrano che il loro modo di ragionare è molto terreno e ben diverso da quello di Dio. A Cristo non piace essere frenato nel suo amore misericordioso, nella sua bontà, che è “come la tenerezza di un padre verso i suoi figli” (salmo 103). Perciò, dopo aver effuso segni della sua benevolenza ai bambini, istruisce i suoi discepoli: nel Regno dei Cieli entreranno coloro che sapranno aprire il proprio cuore e accoglierlo con la semplicità e la disponibilità di un bambino. Pretendiamo che le condizioni per l’ingresso al Regno siano diverse? Vogliamo riservarlo solo ad un piccolo gruppo di anziani “saggi ed esperti”? Anche oggi, idee o atteggiamenti di alcuni discepoli “più saggi di Cristo” frappongono ostacoli ai bambini, impedendo loro di avvicinarsi a Cristo per mezzo del battesimo, e dell’opportuna catechesi per la preparazione ai sacramenti.

Sabato 26 Febbraio 
S. Alessandro di Alessandria; S. Faustiniano; S. Porfìrio
7.a del Tempo Ordinario
La mia preghiera stia davanti a te come incenso
Gc 5,13-20; Sal 140; Mc 10,13-16

Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.

(Matteo 11,25)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 140)
Rit: La mia preghiera stia davanti a te come incenso.

Signore, a te grido, accorri in mio aiuto;
porgi l’orecchio alla mia voce quando t’invoco.
La mia preghiera stia davanti a te come incenso,
le mie mani alzate come sacrificio della sera.

Poni, Signore, una guardia alla mia bocca,
sorveglia la porta delle mie labbra.
A te, Signore Dio, sono rivolti i miei occhi;
in te mi rifugio, non lasciarmi indifeso.

Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.

(Matteo 11,25)

25 febbraio, 2022

San Gerlando di Agrigento

 San Gerlando di Agrigento

autore: Bottega siciliana anno: sec. titolo: San Gerlando
Nome: San Gerlando di Agrigento
Titolo: Vescovo
Nascita: 1030 circa, Besançon, Francia
Morte: 25 febbraio 1100, Agrigento
Ricorrenza: 25 febbraio
Tipologia: Commemorazione


Al vescovo Gerlando si deve la riorganizzazione della diocesi di Agrigento dopo la lunga occupazione musulmana che durò dall'829 al 1086. Nominato primicerio della Schola cantorunt della chiesa di Mileto (Catanzaro) dal gran conte di Sicilia Ruggero I degli Mtavilla, dopo la riconquista di Agrigento dall'occupazione araba e il ristabilimento della gerarchia ecclesiastica nell'isola, Gerlando fu nominato, dallo stesso conte, vescovo della città nel 1088, consacrato poi a Roma da papa Urbano 11 (la bolla di conferma pontificia è del 1098).

La sua opera di riorganizzazione della comunità cristiana di Agrigento, che dopo l'occupazione musulmana contava pochi cristiani, lo portò in sei anni a costruire l'episcopio e la cattedrale, dedicati alla Madonna e a san Giacomo.

Fortificò il castello di Agrigento (nome assunto dalla città nel 1927, ma che allora si chiamava Girgenti dal nome Gergent datole dagli arabi). Partecipò poi al convegno di Mazara del 1098, in cui il conte Ruggero I e i vescovi della Sicilia giunsero a un accordo per la ripartizione delle decime; sempre a Gerlando è dato il merito di aver battezzato e convertito il signore arabo Charnud, chiamato poi Ruggero Achmet.

Gerlando morì il 25 febbraio 1100, e le sue reliquie subirono varie traslazioni a opera dei vescovi agrigentini nel 1159 e 1264. Tuttora è venerato come patrono della città siciliana

MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Agrigento, san Gerlando, vescovo, che riordinò la sua Chiesa liberata dal potere dei Saraceni.

Preghiera a San Gerlando
O San Gerlando, che hai riportato ad Agrigento la fede, riaprendo la via della verità, della grazia e della salvezza eterna, mentre ti onoriamo ti invochiamo e ti offriamo la nostra affettuosa devozione. Ti preghiamo di intercedere presso Gesù benedetto e Maria Santissima perché anche in noi si ravvivi la fede, la virtù e la grazia e possiamo partecipare alla gloria soprannaturale nella quale sei tu. Amen



✝ Pensiero del 25 febbraio 2022

 ✝

S. T. D. E DELLA B. V. M.

G. R. A. Livatino UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede_Beato

L'amore umano, è immagine dell'Amore infinito. di Dio Trinità.

Meditazione sul Vangelo di Mc 10,1-12

Cristo, amico vero e fedele.

Non è facile incontrare un vero amico. Non devo aprire il mio cuore a chiunque, ma posso mettere alla prova quel rapporto di amicizia per capire se è vero, se davvero mi posso fidare di quella persona. Un vero amico non mi abbandonerà nelle ore più amare, e saprà condividere le ore dolci e felici della mia vita. Non è Cristo forse la persona che meglio risponde a queste esigenze di vera amicizia? Non può forse essere Cristo il mio migliore amico, “un balsamo per la vita”, “ il tesoro più grande”? E quando è Cristo l’amico vero e fedele, anche i rapporti umani vanno oltre quel freddo bilancio della convenienza e dell’opportunità, perché l’unica legge che conta è quella della carità, che non conteggia i torti, e non misura gli insulti, ma sempre si dona. Forma sublime e speciale di amicizia è quella che si instaura tra gli sposi e getta le basi per un sodalizio saldo e duraturo, che non merita e cui non servono articoli e codicilli. Oggi la violenza, la guerra e il terrorismo vogliono diventare padroni e signori del nostro vivere. Questo non avviene solo in altri paesi o luoghi lontani, ma nella mia città, nel mio posto di lavoro, nella mia famiglia. Ti chiedo, Signore, di essere il mio migliore amico, perché io possa dare anche agli altri quella pace e felicità che Tu solo, come vero amico, puoi dare agli uomini.

Venerdì 25 Febbraio 
S. Nestore; S. Cesario; B. Domenico Lentini
7.a del Tempo Ordinario
Misericordioso e pietoso è il Signore
Gc 5,9-12; Sal 102; Mc 10,1-12

La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità.

(Giovanni 17,17)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 102)
Rit: Misericordioso e pietoso è il Signore.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.

La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità.

(Giovanni 17,17)

24 febbraio, 2022

✝ Pensiero del 24 febbraio 2022

 ✝

S. T. D. E DELLA B. V. M.

G. R. A. Livatino UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede_Beato


Meditazione sul Vangelo di Mc 9,41-50

La vera forza è in Cristo.

La forza, la vera forza e l’energia per affrontare gli avvenimenti quotidiani non stanno in noi stessi, ma in Cristo. Le nostre pulsioni, gli istinti, i sentimenti sono instabili, perciò non possiamo né dobbiamo fidarci di essi, come di nient’altro che da essi derivi. Perciò molto meglio “tagliar” corto con tutto ciò, farne a meno del tutto, per concentrarci, invece, completamente su ciò che dobbiamo fare per essere sale “salato”, saporito. Le emozioni ci divertono e ci intrattengono nel tempo della vita, ma perché questa non si debba accontentare solo di sapori provvisori e fuggevoli, conviene riporre in qualcosa di più gustoso, più appagante e più saldo il nostro intimo desiderio di dare un senso ai nostri giorni. Non si tratta di passare, di riempire il tempo, ma di dargli un senso. Convertirci al Signore significa avere lui come guida, appiglio e fonte di forza per la vita. ” Signore, io so che senza di te nulla posso, e tutto posso con te. Ma è difficile averti come unico sostegno della vita, perché ci sono molte forze dentro e fuori di me che mi distraggono. Dammi la saggezza per capire che il punto fermo e la forza della mia vita devi essere tu. Dammi il coraggio di mettere tutto da parte e tenere solo te, perché solo tu sei necessario.

Giovedì 24 Febbraio 
S. Modesto; B. Tommaso M. Fusco; B. Costanzo Servoli
7.a del Tempo Ordinario
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli
Gc 5,1-6; Sal 48; Mc 9,41-50

Accogliete la parola di Dio non come parola di uomini, ma, qual è veramente, come parola di Dio.

(I Tessalonicesi 2,13)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 48)
Rit: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

‎Questa è la via di chi confida in se stesso,‎
‎ la fine di chi si compiace dei propri discorsi. ‎
‎ Come pecore sono destinati agli inferi,‎
‎ sarà loro pastore la morte. ‎
‎ ‎
‎ Scenderanno a precipizio nel sepolcro,‎
‎ svanirà di loro ogni traccia,‎
‎ gli inferi saranno la loro dimora. ‎
‎ Certo, Dio riscatterà la mia vita,‎
‎ mi strapperà dalla mano degli inferi. ‎
‎ ‎
‎ Non temere se un uomo arricchisce, ‎
‎ se aumenta la gloria della sua casa. ‎
‎ Quando muore, infatti, con sé non porta nulla‎
‎ ne scende con lui la sua gloria. ‎
‎ ‎
‎ Anche se da vivo benediceva se stesso:‎
‎ "Si congratuleranno, perché ti è andata bene",‎
‎ andrà con la generazione dei suoi padri,‎
‎ che non vedranno mai più la luce.‎

Accogliete la parola di Dio non come parola di uomini, ma, qual è veramente, come parola di Dio.

(I Tessalonicesi 2,13)

23 febbraio, 2022

✝ Pensiero del 23 febbraio 2022

 

S. T. D. E DELLA B. V. M.

G. R. A. Livatino UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede_Beato

Meditazione sul Vangelo di Mc 9,38-40

Essere appiglio sicuro.

Chiunque voglia seguire Cristo deve lasciarsi guidare da Lui che lo porterà lungo strade tortuose, in modo che possa liberarsi dalle cattive abitudini e dalle cattive inclinazioni. È la purificazione dei sensi e dell’anima descritta tanto efficacemente da san Giovanni della Croce. A volte l’anima è presa dal timore, ma confidando in Cristo può avanzare nel suo cammino di perfezione. E non dobbiamo essere “gelosi” di chi ci precede o ci accompagna lungo questo cammino, aiutandoci a evitare le buche delle tentazioni, perché è nostro fedele alleato. Anzi, preoccupiamoci piuttosto di essere a nostra volta appiglio saldo e sostegno sicuro per chi, intorno a noi, sta cercando di rialzarsi in piedi e di ritrovare la direzione giusta. Lasciarsi guidare da Cristo non è cammino facile. Egli ci accompagna, ma dipende dalla nostra libertà accettare o meno le prove che affrontiamo, per purificarci e raggiungere così la santità cui siamo tutti chiamati.

Mercoledì 23 Febbraio 
S. Policarpo; B. Giuseppina Vannini; B. Nicola Tabouillot
7.a del Tempo Ordinario
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli
Gc 4,13-17; Sal 48; Mc 9,38-40

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

 (Giovanni 14,6)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 48)
Rit: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Ascoltate questo, popoli tutti,
porgete l’orecchio, voi tutti abitanti del mondo,
voi, gente del popolo e nobili,
ricchi e poveri insieme.

Perché dovrò temere nei giorni del male,
quando mi circonda la malizia
di quelli che mi fanno inciampare?
Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.

Certo, l’uomo non può riscattare se stesso
né pagare a Dio il proprio prezzo.
Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita:
non sarà mai sufficiente
per vivere senza fine e non vedere la fossa.

Vedrai infatti morire i sapienti;
periranno insieme lo stolto e l’insensato
e lasceranno ad altri le loro ricchezze.

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

 (Giovanni 14,6)

22 febbraio, 2022

Omelia nella Messa per don Giussani nella festa della Cattedra di san Pietro

 Omelia nella Messa per don Giussani nella festa della Cattedra di san Pietro


Cari fratelli e sorelle,

ringraziamo il Signore che ci permette ancora una volta di celebrare assieme questa Messa di suffragio in commemorazione di don Giussani nel 16° anniversario dalla sua morte. Egli è salito al cielo nel giorno in cui si festeggia la Cattedra di san Pietro, cioè il fondamento della comunione universale della Chiesa. È una celebrazione molto antica, che risale al III secolo. In realtà, storicamente, vi sono due cattedre dell’apostolo Pietro: una ad Antiochia, prima del suo arrivo a Roma, e l’altra nella città capitolina, luogo del suo martirio. Queste due sedi del ministero petrino erano ricordate nei calendari liturgici il 18 gennaio (Roma) e il 22 febbraio (Antiochia). Con la riforma del calendario le due celebrazioni sono confluite nell’unica festa di oggi, giorno in cui tra l’altro – come ci ricorda il Martirologio – «I Romani erano soliti fare memoria dei loro defunti».

Perché ricordo tutto questo? Nulla accade per puro caso e, proprio come ci ha insegnato don Giussani, occorre sempre partire dal suggerimento che la realtà veicola, mettendolo in relazione con le domande del nostro cuore. La nascita al cielo di don Giussani nel giorno della Cattedra di san Pietro ci obbliga a mettere in relazione la sua figura con il significato di questa festa, è come un’indicazione che ci propone una prospettiva privilegiata da cui guardare al suo insegnamento. Non mi riferisco solo all’amore e all’attenzione con cui don Giussani ci ha educato a guardare al papa e al suo magistero. Nella festa odierna, infatti, c’è qualcosa di più profondo e sostanziale, da cui lo stesso primato petrino trae il suo significato. È la celebrazione dell’unità della Chiesa quale prima e fondamentale espressione della comunione che essa vive ed è. È il riconoscimento che la ricchezza dei carismi che suscitano ed edificano la Chiesa ha un unico fondamento e un unico scopo. San Pietro, nella sua prima lettera, sintetizza questa tensione all’unità esortando a mettere il carisma ricevuto al servizio gli uni degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio (1Pt 4,10).

Il rapporto tra carisma e istituzione, su cui stiamo lavorando nella scuola di comunità di queste settimane, è al centro di un importante documento della Congregazione della Dottrina della Fede del 2017, Iuvenescit Ecclesia che consiglio a tutti di leggere. In questo documento si parla di «armonica connessione e complementarietà». Tra carisma e istituzione. «La relazione tra i doni carismatici e la struttura sacramentale ecclesiale – leggiamo – conferma la essenzialità tra doni gerarchici – di per sé stabili, permanenti ed irrevocabili – e doni carismatici […]. La dimensione carismatica non può mai mancare alla vita ed alla missione della Chiesa». Si sottolinea inoltre che carisma e istituzione, doni gerarchici e doni carismatici «hanno la stessa origine e lo stesso scopo. Sono doni di Dio, dello Spirito Santo, di Cristo, dati per contribuire, in modi diversi, all’edificazione della Chiesa».

Penso che questo documento – che recepisce il lungo e non sempre lineare cammino percorso dalla Chiesa negli ultimi decenni, in dialogo con i movimenti – rappresenti un punto di coscienza ecclesiale molto importante. In realtà molto era stato già detto, soprattutto sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, ma la ricezione da parte della Chiesa di tutto ciò era ancora molto acerba. Anche oggi, per molti versi, le nostre comunità, le nostre parrocchie e soprattutto le strade della nostra pastorale, oppongono una certa resistenza al cammino di conversione e rinnovamento che questo documento invita a percorrere.

Scrive don Giussani: «Per sua natura ogni carisma, in forza della sua identità specifica, è aperto al riconoscimento di tutti gli altri carismi. […] La riprova che un carisma è vero è che apre a tutto, non chiude […] introduce alla totalità del dogma». Questa apertura umile e cordiale, che è il frutto più evidente dell’appartenenza ad un carisma particolare, è per tutti noi un cammino affascinante e sempre nuovo dentro la multiforme bellezza della Chiesa. «Ognuno ha la responsabilità del carisma incontrato. Ognuno è causa di declino o incremento del carisma».

Cari amici,

la prima e fondamentale strada per vivere questa responsabilità è la conversione dei nostri cuori, a cui il cammino della Quaresima ci invita. Conversione significa rispondere alla domanda che Gesù rivolge ai suoi apostoli nel vangelo che abbiamo ascoltato: Ma voi, chi dite che io sia? Significa entrare nell’esperienza di fede di Simon Pietro che a nome di tutti risponde: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Tu sei tutto per me! Conversione è tornare a volgere il nostro sguardo fuori di noi, a Colui che è presente nella storia di comunione nella quale ci ha coinvolti, significa che «ognuno, in ogni suo atto, in ogni sua giornata, in ogni suo immaginare, in ogni suo proposito, in ogni suo agire, deve preoccuparsi di paragonare i suoi criteri con l’immagine del carisma come è emerso alle origini della storia comune». Tutta la nostra storia nasce dallo stupore di don Giussani di fronte al mistero di Dio che per noi si fa uomo ed è «presente in un ‘segno’ di concordia, di comunione, di comunità, d'unità di popolo»

All’inizio di questa Quaresima chiediamo alla Madonna la grazia di rinnamorarci di Cristo e della sua Chiesa, di vivere questo «segno di concordia», Curando e servendo la comunione tra noi con umiltà e creatività, al servizio di tutti gli uomini e le donne del mondo.

 

Amen.

 ✝ Massimo Camisasca FSCB

Amministratore Apostolico della Diocesi di Guastalla Reggio Emilia



Cattedra di San Pietro Apostolo

 Cattedra di San Pietro Apostolo

autore: Guido Reni anno: XVII sec. titolo: La consegna delle chiavi luogo: Museo del Louvre
Nome: Cattedra di San Pietro Apostolo
Titolo: Consegna delle chiavi
Ricorrenza: 22 febbraio
Tipologia: Festa


Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno

* Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».




S. Pietro, prima di portare il Vangelo a Roma, stabili la sua sede in Antiochia. Era giusto che la capitale dell'Oriente avesse per primo vescovo il Principe degli Apostoli, a cui Gesti aveva detto: « Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle ». E colà S. Pietro suscitò in breve tempo una eletta schiera di convertiti che per i primi ebbero l'onore di portare il titolo di Cristiani, ossia seguaci di Cristo.

Non si sa precisamente quanto tempo S. Pietro governasse la Chiesa di questa città. Tuttavia la festa di questa Cattedra è antichissima. Nella primitiva Chiesa i Cristiani e quelli d'Oriente in modo speciale, celebravano l'anniversario della loro rigenerazione spirituale. Non si davano ai diletti corporali, ma rinnovavano solennemente i voti fatti nel Battesimo, e ringraziavano Dio di averli ricevuti per sua misericordia nel novero dei suoi figliuoli. Questo lo chiamavano il giorno della loro rinascita spirituale. I vescovi, conforme a questa pia pratica, celebravano anche l'anniversario della loro consacrazione, e il popolo si univa a loro. Tale fu l'origine delle festa della cattedra di S. Pietro.

« Noi dobbiamo celebrare la festa della Cattedra di S. Pietro, scriveva già S. Leone Papa, colla stessa gioia con cui celebreremo il martirio del Principe degli Apostoli. Con ciò noi richiamiamo alla memoria contemporaneamente e la sua entrata in cielo, e l'innalzamento alla dignità di primo pastore della Chiesa militante ». Nelle lezioni del Breviario sono riportate le belle parole di S. Agostino: « Il Signore ha eletto Pietro a fondamento della sua Chiesa stessa; perciò la Chiesa onora questo fondamento sopra il quale si erige l'altezza dell'edificio ecclesiastico. Onde convenientemente il salmo dice: Lo esalteranno nella Chiesa della plebe e lo loderanno nella cattedra dei seniori". Sia benedetto il Dio che si degnò di esaltare nella Chiesa il beato Apostolo, poiché è giusto che sia onorato questo fondamento per mezzo del quale si può salire al cielo ».

Sappiamo le parole che il Divino Maestro disse ai Capo degli Apostoli: « Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa ». Commenta S. Agostino: « Sei pietra, perché la mia virtù che ti consolida cosicché quelle cose che sono di mia proprietà sono pure tue per partecipazione ». Ecco la dignità conferita a Pietro, per cui merita tutta la nostra venerazione.

PRATICA. Ricordiamoci nelle nostre preghiere del successore di S. Pietro, il Papa, perché il Signore lo conservi, lo vivifichi, e gli dia la grazia di estendere il suo regno fino ai confini del inondo.

PREGHIERA. Dio, che istruisti la moltitudine delle nazioni con la predicazione del beato Pietro apostolo, fa che, come ne veneriamo la memoria, così ne risentiamo il patrocinio presso di Te.

MARTIROLOGIO ROMANO. La Cattedra di san Piétro Apostolo ad Antiochia, dove per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani.

✝ Pensiero del 22 febbraio 2022

 

S. T. D. E DELLA B. V. M.
G. R. A. Livatino UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede_Beato


Tu sei Pietro, e sarai come una PIETRA, su cui io, fonderò la mia CHIESA!

Meditazione sul Vangelo di Mt 16,13-19

Tu sei Pietro!
Al dialogo dell’incomprensione del brano precedente segue il riconoscimento di Gesù come Messia e Figlio di Dio. Gesù non pone la domanda sul suo conto perché sta attraversando una crisi d'identità. Piuttosto, è dalla risposta personale a questa domanda che si definisce il discepolo. Lasciarsi interrogare da Gesù apre al suo mistero, perché la risposta di colui che ha deciso di seguire il Signore non può essere generica, o come quella che daranno gli altri. La risposta individuale costringe all’ascolto della Parola e coinvolge personalmente. Finalmente Pietro ed i discepoli riconoscono Gesù come colui che compie ogni attesa, e Pietro entra a pieno titolo nel Regno, diventa “ Pietra”, padre dei credenti come lo fu Abramo. La Chiesa si edifica su una “Pietra” saldamente legata al Dio dei viventi.
Gesù interroga i suoi circa l’opinione che la gente si è fatta di lui e raccoglie le risposte più varie, dalle più scontate a quelle più riflesse e colte. Solo che a Gesù non basta conoscere l’opinione generale, desidera sapere come la pensano coloro con i quali condivide l’avventura di ogni giorno. Pietro risponde e a lui Gesù dà le chiavi del regno, le chiavi di “casa sua”. Le chiavi di casa si danno ad una persona che è più che amica, si danno a qualcuno che si considera familiare. Gesù dà le chiavi del Regno dei cieli ad una persona che ha accolto profondamente non solo le sue parole, ma che ha condiviso la sua vita, la sua storia, i suoi sogni. Solo una persona così può essere a buon diritto custode dei beni del Signore; conosce le sofferenze nascoste d'ogni parola che Gesù ha pronunciato come anche la gioia profonda dei suoi successi, le motivazioni dei suoi fallimenti e sa che ogni gesto di misericordia ed è una chiave per l’ingresso nel Regno. Si entra nell’intimità che il teologo tedesco Karl Rahner descrive bene in queste poche battute che diventano preghiera: «Entrare e perdermi in te, sapendo che tu m’accogli entro al tuo cuore, che io posso incontrarti nell’amore, e dirti: tu, incomprensibile mistero della mia vita, perché tu sei l’amore. Nell’amore ti trovo, finalmente, mio Dio! Ed allora si apre la mia anima, allora m’abbandono e dimentico; ed il mio essere tutto si riversa oltre la stretta dei suoi confini, oltre l’angustia della mia propria affermazione, che mi tratteneva nella mia povertà. Con tutte le forze ti viene incontro la mia anima e non vuole ritornare più in se stessa, ma perdersi in te, che, nell’amore, sei il cuore del mio cuore, più intimo a me di me stesso».

Martedì 22 Febbraio
CATTEDRA DI SAN PIETRO (f)
S. Pascasio; S. Margherita da Cortona
Il Signore è il mio pastore: «Non manco di nulla».
1Pt 5,1-4; Sal 22; Mt 16,13-19


Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su d'essa.

(Matteo 16,18)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 22)
Rit: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a causa del suo nome.

Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su d'essa.

(Matteo 16,18)