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21 settembre, 2022

Trentadue anni SENZA IL GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO.

 l più bel complimento che puoi fare ad un Uomo è chiamarlo “Uomo”. Non galantuomo, non superuomo. Voglio essere Uomo. Semplicemente ed immensamente Uomo. Chiamami Uomo e mi farai felice. Padre Maurizio Patriciello.

Semplicemente, un Uomo questo, era ed è il GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO!!
Canzano Barbara
Non chiamatelo ragazzino, il Giudice Rosario Angelo Livatino, perché Egli fu sempre stato un Uomo, anche quando fu veramente un ragazzino, perché ebbe sempre la capacità, d'essere un Uomo molto responsabile, anche in tenera età.
Canzano Barbara
Trentadue anni SENZA IL GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO.
RICORDIMOCI CHE TUTTE LE VOLTE CHE LO SI APPELLA CON L'APPELLATTIVO "Il GIUDICE RAGAZZINO O PICCOLO GIUDICE" LO FAREMO MORIRE OGNI GIORNO.
Canzano Barbara



Beato Rosario Angelo Livatino

 Beato Rosario Angelo Livatino


Nome: Beato Rosario Angelo Livatino
Titolo: Martire di mafia
Morte: 21 settembre
Ricorrenza: 29 ottobre
Tipologia: Commemorazione


Rosario Angelo Livatino nacque a Canicattì, in provincia di Agrigento, in Sicilia, il 3 ottobre 1952 e nel 1975 conseguì la laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti; membro dell'Azione Cattolica sin da giovane, aiutava nei corsi prematrimoniali e partecipava agli incontri organizzati dalle associazioni cattoliche, abitudine conservata anche una volta divenuto Magistrato.

Svolgendo la sua attività lavorativa ad Agrigento, mentre si recava a lavoro si fermava spesso presso la chiesa di San Giuseppe per porgere il suo saluto al Santissimo Sacramento.

Entrato in Magistratura nel 1978 come Uditore giudiziario, fu Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Agrigento dal 1984 al 1988, risultando il Magistrato più produttivo.

Continuando la sua partecipazione alla cristianità, a 35 anni ricevette il Sacramento della Cresima.

Nel 1989 divenne Giudice nella sezione penale, in un momento storico in cui i clan emergenti della Stidda si contrapponevano a Cosa Nostra in una vera guerra tra mafiosi, nel territorio di Agrigento; uno dei capi di quest'ultima, Giuseppe Di Caro, abitava nello stesso palazzo del Giudice.

Il 21 settembre 1990 Rosario Angelo Livatino venne assassinato in un agguato mentre si recava a lavoro ad Agrigento, con il colpo di grazia esploso in pieno volto dopo che pare ebbe chiesto agli assassini: «Picciotti [ragazzi], che cosa vi ho fatto?» ; definito Santocchio da Di Caro, fu ucciso perché, uomo di fede, risultava incorruttibile.

Nella sua infinita bontà, il Giudice, sapendo i rischi del suo lavoro, non volle sposarsi né avere una scorta per non mettere in pericolo altre persone.

Il 9 maggio 1993 Papa San Giovanni Paolo II, a colloquio con i poveri genitori dichiarò che lui e gli altri uccisi dalla mafia sono «martiri della giustizia e indirettamente della fede»; e dopo che Papa Francesco il 21 dicembre 2020 definisce la sua morte come martirio perché il movente ultimo è l'odio contro la fede, Rosario Angelo Livatino, detto anche il giudice ragazzino, è stato beatificato il 9 maggio 2021

San Matteo Apostolo

 San Matteo

autore: Caravaggio anno: 1602 titolo: San Matteo e l'angelo luogo: Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma

Nome: San Matteo
Titolo: Apostolo ed evangelista
Nascita: I secolo a. C., Cafarnao (Galilea)
Morte: I secolo, Etiopia
Ricorrenza: 21 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Festa
Luogo reliquie:Cattedrale di Salerno


S. Matteo, che prima si chiamava Levi, è l'autore del primo Vangelo, che scrisse in aramaico, ed è uno dei primi Apostoli che Gesù chiamò alla sua sequela.

Giudeo di nascita, figlio di Alfeo, secondo S. Marco egli esercitava il mestiere di gabelliere in Cafarnao. Quando il Maestro Divino gli disse di seguirlo, stava appunto seduto al banco delle gabelle sulle rive del lago. Ecco il tratto evangelico : « E Gesù tornò verso il mare; e tutto il popolo andava a lui e li ammaestrava. E nel passare vide Levi d'Alfeo, seduto al banco della gabella, e gli disse : Seguimi. Ed egli, alzatosi, lo segui ».

Mirabile generosità! Matteo aveva un ufficio che gli assicurava una certa agiatezza. Ma questa pronta rinuncia ai beni per seguire Gesù gli meritò una tale abbondanza di grazia da raggiungere le più alte cime della perfezione cristiana. S. Matteo ebbe in seguito la fortuna di ospitare in casa sua il Salvatore, onde i Farisei si scandalizzarono moltissimo, perché Gesù mangiava coi pubblicani e coi peccatori. Ma conosciamo la solenne risposta di Gesù: « Non son venuto per i sani, ma per i malati ».

Ricevuto lo Spirito Santo nella Pentecóste, predicò il Vangelo nella Giudea e nelle contrade vicine e poco dopo la dispersione degli Apostoli per il 'mondo, scrisse il Vangelo destinato ai Giudei.

S. Matteo, siccome scriveva per i suoi connazionali, volle dimostrare che Gesù Crocifisso era il Messia aspettato, il Redentore d'Israele profetato dalle Scritture. Ad ogni passo infatti si trova l'espressione: « Come è stato scritto da Isaia profeta, dai profeti », ecc. ecc.; e minuziosamente prova come le profezie e le promesse dell'Antico Testamento si siano compiute in Gesù Cristo.

Predicò poi il Vangelo nell'Africa, in Etiopia, e si sa per testimonianza di Clemente Alessandrino, che praticava l'esercizio della contemplazione e conduceva vita austerissima, non mangiando altro che erbe, radici e frutta selvatica.

Fu trucidato da una squadra di feroci pagani, mentre celebrava il santo sacrificio. Le sue reliquie furono trasportate dopo trecento anni in Bretagna, e di qui nella sontuosissima cattedrale a lui dedicata nella città di Salerno.

Martirio di San Matteo
titolo Martirio di San Matteo
autore Caravaggio anno 1599-1600


Come gli altri Evangelisti, anche S. Matteo è figurato dai quattro misteriosi animali descritti dal profeta Ezechiele, e nell'Apocalisse da S. Giovanni. È comune sentenza dei Ss. Padri della Chiesa che l'animale che aveva la figura quasi d'uomo raffigura S. Matteo, il quale appunto comincia il Vangelo colla generazione temporale di Gesù.

PRATICA. Ad onore di S. Matteo leggiamo oggi un tratto di Vangelo.

PREGHIERA. Ci vengano in aiuto, o Signore, le preghiere del tuo beato apostolo ed evangelista Matteo, affinché ciò che non ottengono le nostre forze, ci sia donato per sua intercessione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Festa di san Matteo, Apostolo ed Evangelista, che, detto Levi, chiamato da Gesù a seguirlo, lasciò l'ufficio di pubblicano o esattore delle imposte e, eletto tra gli Apostoli, scrisse un Vangelo, in cui si proclama che Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo, ha portato a compimento la promessa dell'Antico Testamento.

Il Cristo benedicente
titolo Il Cristo benedicente
autore Fernando Gallego anno 1492


IL TETRAMORFO

Il tetramorfo è una raffigurazione iconografica di “Quattro esseri viventi” citati nell’Apocalisse accanto al Trono dell’Altissimo e divenuti simbolo degli Evangelisti, derivano dalle creature dal quadruplice aspetto descritte dal profeta Ezechiele nel racconto della sua visione: “Avevano sembianza umana, ma ciascuno quattro volti e quattro ali. Le loro gambe erano diritte e i piedi simili agli zoccoli di un bue, lucenti come bronzo fuso. Di sotto le ali, ai lati apparivano mani d’uomo; tutti e quattro avevano lo stesso aspetto e identiche ali. Il loro aspetto era: davanti d’uomo, di leone a destra, di bue a sinistra e di aquila dietro.”

Sant'Ireneo di Lione fu il primo a collegare il quaternario con i Vangeli, specificando come il leone esprima il concetto della regalità, il bue del sacrificio, l’uomo dell’incarnazione e l’aquila dello Spirito che sorregge la Chiesa.

Fu invece san Girolamo ad associare gli “animali” agli Evangelisti:
  • il Vangelo di Matteo inizia con l’incarnazione ed è simboleggiato dall'uomo simili ad un angelo, probabilmente perché egli insiste, con la genealogia, sull’umanità di Gesù;

  • Marco è raffigurato con un leone il suo racconto comincia con la figura del Battista, “Voce di uno che grida nel deserto”;

  • Luca è simboleggiato con un bue ovvero con un vitello, simbolo del sacrificio di Zaccaria che apre il vangelo;

  • Giovanni, infine viene raffigurato con un'aquila, compie con il suo Prologo al Vangelo con una visione maggiormente spirituale e teologica, rivolta verso l'Assoluto.


ICONOGRAFIA


Nell'iconografia San Matteo viene raffigurato come un uomo anziano e barbuto, mentre scrive il suo Vangelo, molto spesso chinato e appoggiato su un tavolo. Il suo attributo iconografico è sempre un angelo, che lo aiuta a scrivere il vangelo come nella magnifica tela di Vincenzo Campi artista cremonese del XVI sec.

San Matteo scrive il suo vangelo
titolo San Matteo scrive il suo vangelo
autore Vincenzo Campi anno 1588


Talvolta è raffigurato durante la sua attività di esattore come nell'opera del Guercino.

Vocazione di San Matteo
titolo Vocazione di San Matteo
autore Caravaggio anno 1600


San Matteo è anche spesso riprodotto durante il suo martirio come nella tela di Cloude Vignon o la tela del Caravaggio.

Martirio di San Matteo
titolo Martirio di San Matteo
autore Claude Vignon anno 1617



✝ Pensiero del 21 settembre 2022

 


S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_alla_Fede

Gesù, non aspetta a chiamare Matteo quando è già santo, ma lo chiama a seguirlo quando è ancora peccatore. Non aspettano a seguire il Signore quando siamo perfetti, ma ora...così come siamo.

NELLA MEMORIA MARTIRIO DEL MARTIRIO DEL GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO

Mercoledì – 25.a Tempo Ordinario – SAN MATTEO APOSTOLO EVANGELISTA – P
Matteo, detto Levi, era un pubblicano, cioè esattore delle tasse per conto dei Romani, che occupavano la Palestina. Detestato dai suoi concittadini, sedeva al suo banco all’aperto, quando il Maestro passò e lo chiamò: ormai predisposto alla conversione, seguì Gesù senza esitazioni e con grande entusiasmo, liberandosi subito dei suoi beni terreni, restituendo ogni cosa e risarcendo tutti. Mise per iscritto gli insegnamenti del Maestro, e condivise con noi la sua esperienza di apostolo. Egli stesso, infatti, ci riporta queste parole di Gesù: «Quando fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,3- 4). Redatto dopo quello di Marco, il vangelo di Matteo è scritto in aramaico ed è rivolto soprattutto ai cristiani di origine ebraica; è evidente, infatti, lo sforzo dell’autore nel dimostrare che Gesù è il Messia che realizza le promesse dell’Antico Testamento. È per questo che, nel suo vangelo, offre spesso collegamenti tra gli insegnamenti del Maestro e i libri della Legge e dei Profeti.
Meditazione sul Vangelo di Mt 9, 9-13
Sono venuto a chiamare i peccatori
Oggi la Chiesa festeggia san Matteo, apostolo ed evangelista; è lui stesso a raccontare con profonda umiltà il suo incontro con il Signore. E attraverso di lui la liturgia della Parola ci rammenta la bellezza e l’esigenza della chiamata a seguire il Maestro. Gesù stesso è nel cuore di questa liturgia: passa e attrae a sé, e con la stessa forza risponde a chi lo contesta. “Seguimi” è l’unica parola rivolta a Matteo, ma “solo chi è sicuro di poter rendere felici può parlare così” (H. U. von Balthasar). E Matteo lo seguirà.
“Gesù passando vide un uomo”; di certo non ne vide uno soltanto, ma colui che era lì, seduto al banco delle imposte, doveva averlo colpito, forse per l’espressione triste del volto. Levi, un esattore delle imposte per conto del governo romano, di certo un uomo solo, un pubblico peccatore, un traditore. Un uomo schiacciato dal suo peccato e, ancor più, prigioniero di un ingranaggio difficile da spezzare; lui ha riconosciuto nella parola di Gesù – quel “Seguimi” – una parola di libertà: qualcuno si rivolgeva a lui, leggeva nel suo cuore il desiderio di essere liberato, spezzava finalmente la sua solitudine. Ecco la motivazione della prontezza della sua risposta: “si alzò e lo seguì”, come se non vedesse l’ora di essere liberato. Libertà: parola oggi sulla bocca di tutti. In nome della libertà, meramente identificata con il diritto di scegliere, si compiono spesso scelte insensate, che non hanno nemmeno il sapore della libertà e che, piuttosto, ci rendono schiavi del male che ci fanno. Pensiamo all’aborto, all’eutanasia, al matrimonio omosessuale, o anche all’adesione ad un modo di essere già confezionato, globalizzato, su un modello di libertà che, appunto libero non è, nella ricerca ossessiva di un’immagine: tatuaggi, pearcing, pubblicità, moda, diete dimagranti. Riconoscersi schiavi, bisognosi di liberazione è il primo passo vero che l’uomo può compiere verso Cristo e alla sua sequela. “La verità vi farà liberi”, non altro; solo la Verità, e la Verità è Cristo. Ecco il vero modello di libertà: Gesù è libero perché testimonia la verità, non pensa a se stesso ma ama, ama i suoi e li vuole salvare, ama le guardie che lo deridono, ama Pilato, ama i suoi crocifissori. Solo l’amore ci farà liberi.

Mercoledì 21 Settembre                                      

NELLA MEMORIA MARTIRIO DEL MARTIRIO DEL GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO

S. Matteo ap. ev. (f); S. Giona profeta; S. Maura

25.a del Tempo Ordinario

Ef 4,1-7.11-13; Sal 18; Mt 9,9-13

Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio 

Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore; ti acclama il coro degli apostoli.

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 18)
Rit: Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio.

I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
ed ai confini del mondo il loro messaggio.

Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore; ti acclama il coro degli apostoli.

19 settembre, 2022

✝ Pensiero del 19 settembre 2022

 


S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_alla_Fede

Nascondere la Luce, è il più grande spreco che possiamo fare. Lasciamola risplendere.

Meditazione sul Vangelo di Lc 8, 16-18

Perché chi entra veda la luce.

Questo brano segue immediatamente al brano del seminatore, letto sabato. Abbiamo capito che il seme è la Parola di Dio, che il terreno è il cuore dell’uomo – il mio cuore -, e ora san Luca ci presenta un nuovo simbolo: la luce. Cosa è la luce? La luce è il contrario delle tenebre! Chi è questa luce? È Gesù stesso! Qual è questa luce da porre sul candelabro? È chi ha ascoltato e accolto la Parola, chi l’ha lasciata germogliare nel terreno del suo cuore… il vero cristiano! Il cristiano deve essere come il suo Signore, luce per il mondo, per chi è ancora nelle tenebre e nell’ombra di morte.

Il papa, Benedetto XVI, nella sua prima omelia alla Chiesa, riunita nel “cenacolo della Cappella Sistina”, aveva detto: «La Chiesa di oggi deve ravvivare in se stessa la consapevolezza del compito di riproporre al mondo la voce di Colui che ha detto: “Io sono la luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre” (Gv 8,12). Nell’intraprendere il suo ministero il nuovo Papa sa che suo compito è di far risplendere davanti agli uomini e alle donne di oggi la luce di Cristo: non la propria luce, ma quella di Cristo”. Questa puntualizzazione, porta naturalmente a verificare la nostra apertura alla Parola: “Fate attenzione a come ascoltate…”. Ogni giorno ci è data l’energia – la Parola – per alimentare la luce (una candela) che ci fu donata nel giorno del nostro Battesimo. Per svariati anni e stata alimentata dai nostri genitori e dai padrini, ma poi è venuto il “tempo” della consapevolezza, il tempo in cui abbiamo “riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi”, abbiamo aderito e deciso di seguirlo e imitarlo. Una vocazione – una missione scritta dal Signore nel nostro cuore, sin dal giorno in cui la Trinità, Padre, Figlio e Spirito ha preso dimora in noi e noi in Loro. Da questa consapevolezza nasce la necessità naturale di illuminare gli altri: evangelizzare è un fatto ontologico – scritto nella nostra stessa natura – dell’essere cristiani, come lo è per la luce illuminare.

Lunedì 19 Settembre 2022
S. Gennaro (mf); S. Mariano; S. Ciriaco
25.a del Tempo Ordinario
Pr 3,27-35; Sal 14; Lc 8,16-18
Il giusto abiterà sulla tua santa montagna, Signore

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone
e rendano gloria al Padre vostro.

(Matteo 5,16)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 14)
Rit: Il giusto abiterà sulla tua santa montagna, Signore.

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone
e rendano gloria al Padre vostro.

(Matteo 5,16)

15 settembre, 2022

Beato Giuseppe Puglisi

 Beato Giuseppe Puglisi

Nome: Beato Giuseppe Puglisi
Titolo: Presbitero
Nome di battesimo: Giuseppe Puglisi
Nascita: 15 settembre 1937, Palermo
Morte: 15 settembre 1993, Palermo
Ricorrenza: 21 ottobre
Tipologia: Commemorazione


Don Giuseppe Puglisi nacque a Brancaccio un quartiere di Palermo il 15 settembre 1937 da Carmelo, calzolaio, e Giuseppa Fana, sarta.

Entrò nel seminario diocesano di Palermo nel 1953 e venne ordinato sacerdote dal cardinale Ernesto Ruffini nel 1960. Nel 1961 venne nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli sempre a Palermo, e dal 27 novembre 1964 operò anche nella vicina chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi a Romagnolo.

Dopo essere divenuto confessore delle suore basiliane Figlie di Santa Macrina nell’omonimo istituto iniziò anche la carriera di insegnante. Nel 1967 fu nominato cappellano presso l’istituto per orfani “Roosevelt” all’Addaura e vicario presso la parrocchia Maria Santissima Assunta a Valdesi. Nel 1969 fu nominato vicerettore del seminario arcivescovile minore. Nel settembre di quell’anno partecipò ad una missione nel paese di Montevago, colpito dal terremoto.

Seguì in particolare modo i giovani e si interessò delle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città. Seguì con attenzione i lavori del Concilio Vaticano II e ne diffuse subito i documenti tra i fedeli, con speciale riguardo al rinnovamento della liturgia, al ruolo dei laici, ai valori dell’ecumenismo e delle chiese locali. Il suo desiderio fu sempre quello di incarnare l’annunzio di Gesu’ Cristo nel territorio.

Il primo ottobre 1970 venne nominato parroco di Godrano paese in provincia di Palermo a quei tempi segnato da una sanguinosa faida riuscendo a riconciliare le famiglie dilaniate dalla violenza con la forza del perdono.

Il 9 agosto 1978 fu nominato pro-rettore del seminario minore di Palermo e il 24 novembre dell’anno seguente fu scelto dall’arcivescovo Salvatore Pappalardo come direttore del Centro diocesano vocazioni. Il 24 ottobre 1980 fu nominato vice delegato regionale del Centro vocazioni e dal 5 febbraio 1986 divenne direttore del Centro regionale vocazioni e membro del Consiglio nazionale. Agli studenti e ai giovani del Centro diocesano vocazioni dedicò con passione lunghi anni realizzando, attraverso una serie di “campi scuola”, un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano.

Promotore di numerosi movimenti tra cui: Presenza del Vangelo, Azione cattolica, Fuci, Equipes Notre Dame, Camminare insieme. Dal maggio del 1990 svolse il suo ministero sacerdotale anche presso la “Casa Madonna dell’Accoglienza” a Boccadifalco, dell’Opera pia Cardinale Ruffini, in favore di giovani donne e ragazze-madri in difficoltà.

Il 29 settembre 1990 venne nominato parroco a San Gaetano, a Brancaccio, e dall’ottobre del 1992 assunse anche l’incarico di direttore spirituale del corso propedeutico presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugurò a Brancaccio il centro “Padre Nostro”, che divenne il punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere.

Giuseppe fu sempre attivo nel suo quartiere per rivendicare i diritti civili della borgata, denunciando collusioni e malaffari e subendo minacce e intimidazioni. Venne ucciso dalla mafia in piazzale Anita Garibaldi 5, il giorno del compleanno, 15 settembre 1993. La salma fu tumulata presso il cimitero di Sant’Orsola, nella cappella di Sant’Euno e ad aprile 2013 la salma fu poi traslata nella cattedrale di Palermo.

La sua attività pastorale costituì il movente dell’omicidio, i cui esecutori e mandanti mafiosi furono arrestati e condannati con sentenze definitive fatto che spinse subito i fedeli al riconoscimento del martirio che avvenne nel dicembre del 98 ad opera del Cardinale Salvatore De Giorgi. Fu beatificato il 25 maggio 2013 al “Foro Italico Umberto I” di Palermo.

Beata Vergine Maria Addolorata

 Beata Vergine Maria Addolorata

autore: Giovanni Battista Salvi anno: XVII sec titolo: Mater dolorosa luogo: Pinacoteca Comunale di Cesena

Nome: Beata Vergine Maria Addolorata
Titolo: Il cuore affranto di Maria
Ricorrenza: 15 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Ogni sguardo dato a Lei da Gesù, ogni accento di quel labbro soave, mentre sollevava Maria sulle ali dell'amore materno, la precipitava nell'investigabile abisso del più acerbo dolore. Se la Vergine si compiaceva nel contemplare quel volto leggiadro, tosto la conturbava il desolante pensiero che un giorno quel volto sarebbe stato sformato dalle percosse e ricoperto dal gelido sudore della morte; se ne mirava la fronte divina, su cui si divideva la bionda capigliatura, Maria soffriva pensando all'orribile serto da cui sarebbe stata un giorno incoronata.

Questi sentimenti dolorosi si tramutarono in realtà, quando giunse per Maria il momento solenne di assistere alla divina passione. Tutto quello che Ella sofferse sin qui, altro non fu che la preparazione del martirio che l'attendeva sull'erta fatale del Golgota. Quando Gesù morì, la terra tremò, si spaccarono le pietre, cominciarono ad addensarsi le tenebre sul creato; a queste manifestazioni della natura indignata, la folla dei curiosi, colta da panico, si diradò. L'invitta Madre allora si accostò ancor più alla croce per unire il proprio martirio a quello del Salvatore.

L'addoloratissima Madre accolse più tardi sulle sue ginocchia le spoglie dell'adorato Figliuolo.

Questo fu il prezzo che la Madonna dovette pagare per la rigenerazione dell'umanità e meritarsi la sublime dignità di Madre universale. Tale infatti fu proclamata Maria nel modo più solenne al cospetto del cielo e della terra dalla voce di un Dio agonizzante

PRATICA. Consideriamo quanto siamo costati a Maria SS., e non rinnoviamole i dolori con nuovi peccati.

PREGHIERA O Dio, nella cui passione, secondo la profezia di Simeone, la spada del dolore trapassò l'anima dolcissima della gloriosa Vergine Maria, concedi benigno, che come ne celebriamo i dolori, così otteniamo i frutti abbondanti della tua passione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria della beata Maria Vergine Addolorata, che, ai piedi della croce di Gesù, fu associata intimamente e fedelmente alla passione salvifica del Figlio e si presentò come la nuova Eva, perché, come la disobbedienza della prima donna portò alla morte, così la sua mirabile obbedienza porti alla vita.

I sette dolori di Maria



Maria dei Sette Dolori


PRIMO DOLORE: La rivelazione di Simeone
Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».

SECONDO DOLORE: La fuga in Egitto
Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto.

TERZO DOLORE: Lo smarrimento di Gesù nel Tempio
Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».

QUARTO DOLORE: L'incontro con Gesù sulla via del Calvario
Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore. (Lm 1, 12). «Gesù vide sua Madre lì presente»

QUINTO DOLORE: La crocifissione e la morte di Gesù.
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero Lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla Croce; vi era scritto "Gesù il Nazareno, il re del Giudei" (Lc 23,33; Gv 19,19). E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: "Tutto è compiuto!" E, chinato il capo, spirò.

SESTO DOLORE: La deposizione di Gesù tra le braccia di Maria
Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.

SETTIMO DOLORE: La sepoltura di Gesù e la solitudine di Maria
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Magdàla. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

✝ Pensiero del 15 settembre 2022

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S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede 

Sotto la Croce Maria sta in silenzio, ma il suo silenzio è più eloquente di tante parole.

Giovedì – 24.a Tempo Ordinario – BEATA VERGINE MARIA ADDOLORATA – P

Nel 1667, l’Ordine religioso dei Servi di Maria, dedito alla devozione della Madonna, ottenne l’approvazione della celebrazione liturgica della memoria che celebriamo oggi. Nel 1814, Pio VII la inserì nel calendario romano e Pio X ne fissò la data al 15 settembre. Questa memoria ci chiama a rivivere il momento decisivo della storia della salvezza e a venerare la Madre associata alla Passione del Figlio, sul Calvario, quando la Redenzione si compie e culmina sulla Croce, nel momento stesso in cui la sua maternità assume dimensioni universali. Il senso di devozione del popolo cristiano fissa la sua attenzione sull’immagine della “pietà”, quando la Vergine accoglie sulle ginocchia il corpo del Figlio morto, appena deposto dalla croce. Come la morte di Cristo era già implicita fin dalla sua Incarnazione nel seno della Vergine, allo stesso modo, nell’iniziale “fiat” di Maria era sottintesa la sua umile accettazione della sofferenza di Cristo, in ogni momento della sua vita e, specialmente, nel momento in cui divenne madre del Corpo Mistico nato dalla Croce.

Meditazione sul Vangelo di Gv 19, 25-27

Egli è segno di contraddizione.

Oggi ricordiamo la Vergine Maria addolorata. Cristo, il figlio di Dio e Figlio di Maria, non venne esentato da morte e patimenti, e attraverso di essi fu reso perfetto, e divenne causa di salvezza. Morte e patimenti sono retaggio di ogni persona umana. Nemmeno Maria, dunque, sebbene madre di Dio, fu esentata dal dolore. La sua obbedienza alla Parola la conduce lungo le tappe di una via di dolore: una “via matris dolorosae”.

Maria per prima, soffrendo col suo figlio morente sulla croce, cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore. Nella tradizione della Chiesa e nella devozione popolare, tale partecipazione di Maria al dolore del Figlio, le ha fatto meritare il titolo di Addolorata. Non è dogma di fede, ma è realtà che ha permeato la sua vita terrena, realtà che termina quando termina la stessa vita, come accade ad ogni uomo. Ma Lei resta vicina ai sofferenti, è madre di ogni dolore. Il Vangelo ci conferma questa piena partecipazione di Maria, con l’immagine della spada. “Anche a te – le dice Simeone al tempio – una spada trafiggerà l’anima”. È la spada del dolore che in tante immagini sacre viene raffigurata, ma anche la spada della Parola di Dio, che penetra, separa, taglia. Alla Parola del Padre, Cristo ha obbedito, anche nel dolore, come ci ricorda la prima lettura. Quella stessa obbedienza stata imparata da Maria, a partire dal suo “sì”, pieno e disponibile a quanto il Signore voleva compiere in Lei. La festa odierna ci insegna questa obbedienza a una Parola che spesso è tagliente, proprio come una spada, che procura ferite e dolore, ma che porta alla vita piena, donata per la salvezza di tutti. Questo ci insegna Maria, nella sua dignità e partecipazione di fronte ad ogni dolore umano, e questo insegna il Figlio, a cui Maria vuole farci giungere.

Giovedì 15 Settembre 
B.V. Maria Addolorata (m); S. Caterina da Genova
24.a del Tempo Ordinario
Eb 5,7-9; Sal 30; Gv 19,25-27 opp. Lc 2,33-35
Salvami, Signore, per la tua misericordia

Beata la Vergine Maria, perché senza morire meritò, sotto la croce del Signore,
la palma del martirio.

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 30)
Rit: Salvami, Signore, per la tua misericordia.

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.
Tendi a me il tuo orecchio.

Vieni presto a liberarmi.
Sii per me una roccia di rifugio,
un luogo fortificato che mi salva.
Perché mia rupe e mia fortezza tu sei,
per il tuo nome guidami e conducimi.

Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.

Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.

Quanto è grande la tua bontà, Signore!
La riservi per coloro che ti temono,
la dispensi, davanti ai figli dell’uomo,
a chi in te si rifugia.

Beata la Vergine Maria, perché senza morire meritò, sotto la croce del Signore,
la palma del martirio.

14 settembre, 2022

L'Esaltazione della Santa Croce

 L'Esaltazione della Santa Croce


autore: Lázaro Pardo Lagos anno: 1640/1660 titolo: Esaltazione della Croce luogo: Museo Pedro de Osma, Lima

Nome: Esaltazione della Santa Croce
Titolo: Trofeo della vittoria pasquale
Ricorrenza: 14 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Festa


La festa dell'Esaltazione della S. Croce si celebrava in memoria delle parole profetiche del Divin Maestro: « Quando sarò innalzato da terra, trarrò tutto a me » e « quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo allora conoscerete chi sono io ». Questa festa, secondo molti autori, era già fissata il 14 settembre e celebrata con gran solennità, prima ancora che l'imperatore Eraclio riportasse il Santo Legno nel luogo da dove Cosroe, quattordici anni prima, lo aveva asportato.

Cosroe II, re dei Persiani, nel 614, approfittando della dissoluzione dell'impero, mosse guerra ai Romani, col futile pretesto di vendicare l'imperatore Maurizio ed i suoi figli, che Foca aveva barbaramente trucidati. La condotta però ch'egli tenne ben presto diede a conoscere che egli non bramava altro che di saziare la sua ambizione e sfogare il suo odio contro i cristiani. Depredò la Mesopotamia, occupò successivamente le città di Edessa, Cesarea, Damasco e Gerusalemme e dopo aver fatto il solito bottino, abbandonò la Città Santa al saccheggio. Tra i tesori rapiti si trovava quello della Croce del Redentore che S. Elena aveva lasciata come pegno prezioso nella basilica del S. Sepolcro.

Eraclio, successore di Foca, alla vista delle gravi calamità provocate dalla guerra, propose a Cosroe la pace che venne respinta. Eraclio allora con digiuni e preghiere implorò l'aiuto di Dio e radunato l'esercito ingaggiò battaglia campale contro i Persiani che rimasero definitivamente sconfitti presso le rovine di Ninive. Cosroe fuggì ed associò al trono il figliuolo Medarse. Ciò spiacque immensamente al figlio maggiore di Cosroe, Siro, a cui per diritto di primogenitura toccava il regno. Sdegnato dell'affronto, giurò vendetta, e al passaggio del Tigri barbaramente uccise il padre ed il fratello. Eraclio, che come condizione di pace aveva posto la restituzione della Croce, tornò a Gerusalemme, ringraziando la Provvidenza della vittoria riportata.

L'imperatore stesso con vesti imperiali volle portare a spalle la preziosa reliquia alla chiesa di S. Croce sul Calvario, ma una mano invisibile lo arrestò presso la porta che conduceva al colle. Preso da timore, Eraclio si volse al patriarca Zaccaria e questi gli disse: « Guarda, imperatore, che con questi ornamenti di trionfo non imiti la povertà e l'umiltà con cui Gesù Cristo portò il pesante legno nella sua passione ». L'imperatore comprese, e indossato un umile vestimento, riprese la Croce, proseguendo speditamente il cammino. Nella Chiesa, la santa reliquia fu esposta alla pubblica adorazione: la cerimonia fu accompagnata da strepitosi miracoli.

Questa solennità fu poi celebrata ogni anno, premettendo alla festa quattro giorni di preparazione, e numerose turbe accorrevano a Gerusalemme in tale circostanza. Un anno vi si recò anche Maria Egiziaca, che ebbe la grazia della conversione, principio della sua santità.

« Attesa l'importanza religiosa della santa città, scrive il card. Schuster, questa festa si diffuse presto nel mondo cristiano, soprattutto orientale, tanto più che delle particelle della vera Croce fin dal quarto secolo venivano trasportate da Gerusalemme in molte altre chiese di Oriente e d'Occidente; e ci si teneva a riprodurre nelle principali città le cerimonie solenni del culto gerosolimitano verso la S. Croce, il vessillo trionfale della salute cristiana ».

PRATICA. Fermiamoci un istante a considerare í dolori di Gesù sulla Croce, e per amor suo abbracciamo volentieri la nostra croce.

PREGHIERA. O Dio, che in questo giorno ci rallegri colla solennità dell'Esaltazione della S. Croce, fa, te ne preghiamo, che possiamo godere in cielo dei frutti di quella redenzione del cui mistero avemmo conoscenza in terra.

MARTIROLOGIO ROMANO. Festa della esaltazione della Santa Croce, che, il giorno dopo la dedicazione della basilica della Risurrezione eretta sul sepolcro di Cristo, viene esaltata e onorata come trofeo della sua vittoria pasquale e segno che apparirà in cielo ad annunciare a tutti la seconda venuta del Signore.

L’Esaltazione della Santa Croce
titolo L’Esaltazione della Santa Croce
autore Giovan Battista Gaulli anno XVI sec




O CROCE DI CRISTO


O Croce di Cristo, simbolo dell’amore divino e dell’ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell’egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell’obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei dottori della lettera e non dello spirito, della morte e non della vita, che invece di insegnare la misericordia e la vita, minacciano la punizione e la morte e condannano il giusto.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei ministri infedeli che invece di spogliarsi delle proprie vane ambizioni spogliano perfino gli innocenti della propria dignità.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei cuori impietriti di coloro che giudicano comodamente gli altri, cuori pronti a condannarli perfino alla lapidazione, senza mai accorgersi dei propri peccati e colpe.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell’uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei traditori che per trenta denari consegnano alla morte chiunque.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ladroni e nei corrotti che invece di salvaguardare il bene comune e l’etica si vendono nel misero mercato dell’immoralità.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei distruttori della nostra “casa comune” che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli anziani abbandonati dai propri famigliari, nei disabili e nei bambini denutriti e scartati dalla nostra egoista e ipocrita società.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata.

O Croce di Cristo, immagine dell’amore senza fine e via della Risurrezione, ti vediamo ancora oggi nelle persone buone e giuste che fanno il bene senza cercare gli applausi o l’ammirazione degli altri.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ministri fedeli e umili che illuminano il buio della nostra vita come candele che si consumano gratuitamente per illuminare la vita degli ultimi.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volti delle suore e dei consacrati – i buoni samaritani – che abbandonano tutto per bendare, nel silenzio evangelico, le ferite delle povertà e dell’ingiustizia.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei misericordiosi che trovano nella misericordia l’espressione massima della giustizia e della fede.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle persone semplici che vivono gioiosamente la loro fede nella quotidianità e nell’osservanza filiale dei comandamenti.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei pentiti che sanno, dalla profondità della miseria dei loro peccati, gridare: Signore ricordati di me nel Tuo regno!

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei beati e nei santi che sanno attraversare il buio della notte della fede senza perdere la fiducia in te e senza pretendere di capire il Tuo silenzio misterioso.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle famiglie che vivono con fedeltà e fecondità la loro vocazione matrimoniale.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volontari che soccorrono generosamente i bisognosi e i percossi.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei sognatori che vivono con il cuore dei bambini e che lavorano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto. In te Santa Croce vediamo Dio che ama fino alla fine, e vediamo l’odio che spadroneggia e acceca i cuori e le menti di coloro preferiscono le tenebre alla luce.

O Croce di Cristo, Arca di Noè che salvò l’umanità dal diluvio del peccato, salvaci dal male e dal maligno! O Trono di Davide e sigillo dell’Alleanza divina ed eterna, svegliaci dalle seduzioni della vanità! O grido di amore, suscita in noi il desiderio di Dio, del bene e della luce.

O Croce di Cristo, insegnaci che l’alba del sole è più forte dell’oscurità della notte. O Croce di Cristo, insegnaci che l’apparente vittoria del male si dissipa davanti alla tomba vuota e di fronte alla certezza della Risurrezione e dell’amore di Dio che nulla può sconfiggere od oscurare o indebolire.

Amen!

Papa Francesco