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29 novembre, 2020

È morto don Antonio Maffucci: ha insegnato religione per oltre vent’anni

 È morto don Antonio Maffucci: ha insegnato religione per oltre vent’anni



a Diocesi di Grosseto comunica che nel pomeriggio di domenica 29 novembre la salma di don Antonio Maffucci, deceduto all’alba di ieri all’ospedale di Guastalla, sarà trasferita nella Pieve di San Valentino, a Reggio Emilia, dove resterà esposta fino alla mattina di mercoledì 2 dicembre. In tale data il feretro raggiungerà la cattedrale di Reggio Emilia, dove alle 15 il vescovo Massimo Camisasca presiederà la santa Messa esequiale. Dopo il funerale, la tumulazione avverrà nel cimitero di San Valentino.

La Diocesi di Grosseto commemorerà don Maffucci con una celebrazione, di cui nei prossimi giorni saranno stabiliti data, orario e luogo. Appena definiti, sarà data pronta comunicazione.

Questa mattina, alle prime luci dell’alba, all’ospedale di Guastalla (Reggio Emilia), è deceduto don Antonio Maffucci, sacerdote della fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo.

Il decesso è avvenuto per infezione da covid-19.

Don Antonio era stato ricoverato all’ospedale di Reggio Emilia il 2 novembre scorso, per un’infezione – in stadio piuttosto avanzato – da coronavirus. Subito intubato, aveva avuto un lieve miglioramento che faceva sperare in una possibilità di ripresa. Trasferito all’ospedale di Guastalla, la situazione è di nuovo precipitata e il sacerdote è deceduto questa mattina poco dopo le 5. Durante la degenza è stato assistito da un confratello, che ha potuto amministrargli il sacramento del perdono e l’unzione degli infermi nei primi giorni dal ricovero ospedaliero.

Le esequie, presiedute da mons. Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla e fondatore della Fraternità dei missionari di San Carlo Borromeo, dovrebbero tenersi mercoledì 2 dicembre a Reggio Emilia.

71 anni, don Antonio era nato a Milano, aveva frequentato il seminario a Bergamo ed era sacerdote da 41 anni. Aveva fatto parte del nucleo originario di preti che con don Camisasca dettero vita all’esperienza della Fraternità di San Carlo Borromeo, società di vita apostolica per formare dei giovani alla missione e per rispondere al mandato che, nel settembre 1984, Giovanni Paolo II aveva consegnato a Comunione e liberazione, in occasione dell’udienza per il trentennale della nascita del movimento: “Andate in tutto il mondo – aveva detto il Papa – a portare la verità, la bellezza e la pace che si incontrano in Cristo redentore”.

Il nome di don Maffucci è legato alla storia recente della diocesi di Grosseto, dove arrivò nei primissimi anni ’90 insieme ai primi sacerdoti della Fraternità (don Anastasio, don Onofrio), chiamati dall’allora vescovo Scola. Il suo inserimento, fin da subito, è stato nella scuola. Per oltre vent’anni è stato insegnante di religione al liceo classico “Carducci-Ricasoli” e al liceo scientifico “Marconi”, tirando su la prima generazione di Gs (Gioventù studentesca), ramo studentesco del movimento di Comunione e Liberazione, coinvolgendo i ragazzi in numerose iniziative. Da quella prima esperienza sono maturate anche alcune vocazioni sacerdotali di giovani grossetani che oggi, preti della Fraternità dei missionari di San Carlo, operano in varie parti del mondo.

In Diocesi ha prestato la sua opera anche in alcune parrocchie (Pian d’Alma-Punta Ala, San Giuseppe e Rispescia) e fra il 2009 e il 2012 è stato esorcista diocesano.

Maturata l’età della pensione, ha chiesto di lasciare Grosseto e di raggiungere Reggio Emilia, nella diocesi retta da don Camisasca. Lì ha vissuto gli ultimi anni della sua vita.

Chi ne tratteggia un ricordo a tuttotondo è don Gianni Malberti, parroco di Castiglione della Pescaia e suo confratello tra i missionari di San Carlo. “Ho conosciuto don Antonio – dice – negli anni del seminario a Bergamo e la nostra vita si è intrecciata per sempre. Insieme abbiamo fatto parte del nucleo di sacerdoti che fin da principio hanno aderito alla Fraternità di San Carlo e poi ci siamo ritrovati in Maremma, dove Antonio ha fatto da apripista. Era un uomo molto generoso ed entusiasta del suo essere prete. Due le sue caratteristiche peculiari: l’attenzione che sapeva prestare alla singola persona, interessandosi della sua vita e il suo spirito ‘zingaresco’. Era difficile tenerlo fermo in un posto, per la frenesia del fare che ne faceva una sorta di ‘girovago della fede’, ma sempre molto disponibile ai bisogni di questa Chiesa diocesana”.

Ricordiamo fin d’ora don Antonio al Signore per il suo zelo e per tutto il bene che ha compiuto anche nella nostra Diocesi di persona, nella scuola, con i giovani, con i sofferenti, con Comunione e liberazione. Il Signore gli dia pace”, dice il vescovo Rodolfo, che questa mattina ha portato telefonicamente le condoglianze della Chiesa di Grosseto al superiore generale della Fraternità di san Carlo, don Paolo Sottopietra.



27 novembre, 2020

Venerdì 27 novembre 2020: Il silenzio, spazio per l'ascolto


La parola del vescovo Massimo di Venerdì 27 novembre 2020


Vita di don Antonio Maffucci (FSCB)


 

«Comprendo sempre di più che la sorgente della mia missione è essere parte di Lui, entrare in Lui, dentro di Lui. È il motore della passione per ogni uomo e per la sua Chiesa, altrimenti il rischio è quello dell’attivismo. Il Beato Rolando Rivi, nel momento culminante del suo martirio, ha gridato: “Io sono di Gesù”». Con queste parole, poco più di anno fa, don Antonio Maffucci concludeva il messaggio di saluto che aveva voluto mandare, in occasione dei suoi settant’anni, ai suoi amici e alle tante persone che gli volevano bene. In quelle parole è condensata la sua vita di prete e di missionario.

Era nato 08 ottobre nel 1949 a Milano e aveva abitato in zona San Siro, fino alla decisione di entrare nel Seminario missionario di Bergamo. Ordinato sacerdote il 24 giugno 1979 a Roma, in piazza San Pietro, da san Giovanni Paolo II, don Antonio ha cominciato in Abruzzo, a Pescara, il suo lungo viaggio a servizio di Cristo e della Chiesa d’Italia, facendo il viceparroco e l’insegnante. Si è poi trasferito a Roma, con l’incarico di viceparroco nella parrocchia santa Margherita Maria Alacoque, a Tor Vergata e insegnante di religione nei licei romani. Don Antonio faceva parte di quel gruppo di sacerdoti provenienti dal Seminario di Bergamo che, assieme a monsignor Massimo Camisasca, il 14 settembre del 1985 ha dato vita alla Fraternità San Carlo, realtà oggi presente in venti Paesi del mondo.

Nel 1992 è stato destinato da monsignor Camisasca alla diocesi di Grosseto, dove è rimasto fino al 2016, ricoprendo gli incarichi di parroco, viceparroco e responsabile della pastorale scolastica della diocesi. Ma la sua passione è sempre stata l’insegnamento della religione nelle scuole superiori, incarico grazie al quale ha incontrato tantissimi ragazzi, alcuni dei quali, attraverso l’incontro con lui, hanno potuto fare per la prima volta un’esperienza cristiana ed altri hanno fatto il primo passo verso la scoperta della propria vocazione sacerdotale.
Dal 2017 era collaboratore dell’unità pastorale “Madonna di Campiano” di Castellarano, in diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, e viveva presso la Pieve di San Valentino dove sono custoditi il corpo e la memoria del Beato Rolando Martire.

Nel pomeriggio di domenica 29 novembre la salma di don Antonio sarà trasferita nella Pieve di San Valentino, dove resterà esposta fino alla mattina di mercoledì 2 dicembre. In tale data il feretro raggiungerà la Cattedrale di Reggio Emilia, dove alle ore 15 il vescovo Camisasca presiederà la santa Messa esequiale. Dopo il funerale, la tumulazione avverrà nel cimitero di San Valentino (Castellarano).

 

RICORDO DI DON ANTONIO MAFFUCCI

+ Massimo Camisasca

Ho conosciuto Antonio Maffucci nei lontanissimi anni 1967 o 1968. Io ero stato appena nominato responsabile per la città di Milano dei giovani di Azione Cattolica. Provenivo dall’esperienza di GS vissuta intensamente accanto a don Giussani. Iniziai a girare le parrocchie della città. A Quinto Romano, una comunità a Nord di Milano, accanto al quartiere di san Siro, trovai un gruppo di giovani guidati da un bravissimo sacerdote, don Giampiero Baldi, accompagnato da un diacono, don Giacomo Tantardini. Tra quei giovani spiccava Antonio Maffucci. Aveva 3 anni meno di me, ma quando sì è giovani le differenze di età sembrano più marcate. Era un operaio della Siemens in un tempo di grandissime lotte operaie. In quella fabbrica lavorava Renato Curcio e si formarono i primi germi delle Brigate Rosse.

Nelle settimane e nei mesi successivi mi trovai Antonio come “incollato” alla mia vita. I suoi genitori venivano da Calitri, un paesino dell’Irpinia. Da quel popolo Antonio ereditò una rocciosità di carattere che ha mantenuto tutta la vita e una certa abitudine alla soditarietà che lo ha sempre accompagnato.

Dopo il periodo militare ci trovammo assieme a Bergamo, nel 1974, nel seminario della Comunità Paradiso dove io diventai prete nel 1975 e lui nel 1979, ordinato a Roma da Giovanni Paolo II. La sua prima missione fu a Pescara. Abitava presso una famiglia. Don Giussani, che aveva concordato con i superiori della Comunità Paradiso questa sua prima destinazione missionaria, voleva dare un prete a quella diocesi per l’amicizia con il vescovo Iannucci e ritenendo Antonio troppo giovane, lo fece custodire dalla famiglia Marcucci.

Antonio era un tornado. Stabiliva rapporti con decine e decine di giovani e con un numero imprecisato di famiglie che avrebbe poi continuato a seguire per tutta la vita assieme a quelle conosciute negli anni di Bergamo. Questa è stata una caratteristica fondamentale della sua vita. Ha sempre avuto un’automobile Alfa Romeo, prevalentemente una Alfa 75 rossa, sempre un po’ scassata, sempre con le bombole a gas per risparmiare. Inseguiva gli amici in ogni parte d’Italia. Io sostenevo che egli era l’inventore di una nuova religione che chiamavo “maffuccianesimo”, la religione dell’essere dovunque, e avevo inventato questa battuta: “Dio è dovunque. Maffucci ci è già stato”.

Quando don Giacomo Tantardini divenne parroco a Roma nel quartiere Tor Vergata, dove sarebbe sorta l’Università, lo volle come viceparroco. Maffucci da Pescara si trasferì a Roma. Quand’era a Pescara ci vedevamo raramente, talvolta a metà strada in un autogrill autostradale. A Roma, invece, la frequenza divenne assidua. Nel frattempo era nata la Fraternità san Carlo. In sei preti provenienti tutti dalla Comunità missionaria del Paradiso, fondammo – il 14 settembre 1985 -quella che sarebbe diventata una Società di Vita Apostolica diffusa in tutto il mondo. Maffucci era naturalmente tra quei 6.

Nel 1991 don Angelo Scola divenne vescovo di Grosseto e volle una casa della San Carlo affidandole una parrocchia a Punta Ala. Maffucci ne divenne il parroco. Contemporaneamente continuò il suo insegnamento di religione nei licei che a poco a poco lo assorbì interamente. Lasciò la parrocchia errando di casa in casa, come d’altra parte aveva sempre fatto. Un’apolide di Dio che non ha mai avuto sosta. Temevo sempre di svegliarmi di notte al suono del telefono dove una voce mi annunciava che Antonio era morto per un incidente automobilistico. Invece non accadde mai. Intanto intorno a lui, oltre agli studenti, si andava radunando una folla di uomini e donne bisognosi di preghiere. Cominciarono i viaggi a Međugorje e in tanti santuari. Si approfondì la sua confidenza con Maria, la Madre di Dio, e con le apparizioni mariane. Divenne il padre spirituale di un numero imprecisato di persone che nessuno di noi conosceva e che a poco a poco costituirono la sua nuova famiglia.

Diventato io vescovo di Reggio Emilia-Guastalla e andato lui in pensione dalla scuola lo chiamai, nel 2017, a custodire il tesoro del martirio del beato Rolando Rivi diventando rettore del santuario di San Valentino. A lui si devono molte delle iniziative di questi tre anni. 

In questo periodo incontra Alleanza Cattolica e il messaggio controrivoluzionario. Grazie a lui l’associazione organizza presso il Santuario diversi incontri, fra i quali in particolare quello del 12 maggio 2019 sul tema “L’unica Europa possibile attraverso il passato e il presente della nazione polacca”, che vede, peraltro, la partecipazione dello scrittore e vaticanista polacco Wlodzimierz Redzioch.

Lascia come “testamento spirituale” quanto scritto ad amici e conoscenti un anno prima, in occasione del suo settantesimo compleanno: «L’8 ottobre per me è un giorno dove non si può che ringraziare per il dono della vita. Potevamo non esserci…e non ho fatto nulla per essere dentro questa immensa realtà! Esisto ed esistiamo non come una delle tante cose, ma come persona, con la libertà, la volontà e l’intelligenza. ‘Chiamati’ nella vita. Questa è la cosa grande che ad un certo punto si scopre e si capisce. Non un semplice esserci, un esserci inconsapevole, inconscio, ma con la coscienza di essere persone! E la caratteristica dell’esserci come ‘persona’ porta alla scoperta della vita come responsabilità, chiamati per nome a ‘rispondere’. E’ vertiginoso. Un compito!!! Questo vuol dire riconoscere un autore del tutto che ci invita ad essere collaboratori della sua creazione. Per me l’avvenimento cristiano, con il suo apice che è l’Incarnazione – il Dio che si fa uomo come noi (Verbum caro factum est) – è stato ciò che mi ha permesso di comprendere e capire la grandezza e la bellezza della vita e soprattutto scoprire il mio essere voluto e amato, proprio nel potere essere parte di una storia. Una storia dove ha potuto prendere forma quella modalità con cui sono stato chiamato a vivere la ‘responsabilità’, che è la caratteristica fondamentale dell’esistenza: il Sacerdozio”.


Ora il Covid, improvvisamente, lo ha portato via dalla nostra vista, ma non dal nostro affetto e, soprattutto, gli ha concesso di godere nella gioiosa comunione con Dio e con i santi quella pace che il suo cuore cercava.


È Morto don Antonio Maffucci, rettore del Santuario di San Valentino. Il ricordo del Vescovo

 È Morto don Antonio Maffucci, rettore del Santuario di San Valentino. Il ricordo del Vescovo


NEL GIORNO DEDICATO ALLA MEDAGLIA MIRACOLOSA



Pensiero del 27 novembre 2020

don Antonio Maffucci FSCB 

 ✝


Accogli nella tua dimora eterna, o Signore il tuo umile servo 


“Guardate il fico e tutte le piante; quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l’estate è vicina. Così pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino”.

Gesù sembra dare la chiave di lettura per discernere la sua venuta. E per farlo usa l’immagine del fico. È una scelta familiare per chi lo ascolta, ma è anche la pianta che germoglia e porta frutto senza passare attraverso la fioritura. Il fico non ha nessuna apparente bellezza, ma produce frutti buonissimi. È così anche per il legno della croce, per quell’esperienza che Gesù è venuto ad inaugurare: non ha nessuna bellezza apparente, eppure è l’unica che porta frutti veri e duraturi.

C’è una particolare insistenza di Gesù nell’aprire gli occhi, nel vedere, nell’accorgersi. L’ultimo miracolo che ha compiuto prima di queste parole riguarda proprio la guarigione del cieco. Luca sembra suggerire che la fede ci aiuta a guardare finalmente le cose per ciò che sono e non per ciò che a noi appaiono. Vedere la verità di qualcosa ci dispone anche a fare delle scelte conseguenti.

Ma a noi piace sempre pensare che non toccano a noi le scelte, ma a qualcuno altro, magari al successivo. Pensiamo, ad esempio, che non riguarda noi il problema della terra ferita, delle guerre irrisolte, delle situazioni di ingiustizia. Pensiamo sempre che ciò che conta, e con ciò anche la possibilità di fare i conti, riguardi altri.

Ma Gesù è chiaro: “In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Siamo noi la generazione a cui Gesù sta rivolgendo questo invito.

Ogni uomo e ogni epoca si ritrova rivolta questa Parola che gli è costantemente contemporanea. Il Vangelo riguarda sempre il presente e non un futuro prossimo o remoto. Gesù mi parla oggi e chiede che nell’oggi io faccia la differenza.

Allora se non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, non c’è peggior cieco di chi non distoglie lo sguardo da ciò che c’ha davanti.

27 Novembre

Ecco la dimora di Dio con gli uomini!


 Risollevatevi e alzate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina. 

(Luca 21, 28)

Salmo Responsoriale dal Salmo 83 84

 Ecco la dimora di Dio con gli uomini!

L'anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente. 

Anche il passero trova una casa,
e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari, Signore degli eserciti,
mio re e mio Dio. 

Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.
Beato l'uomo che trova in te il suo rifugio:
cresce lungo il cammino il suo vigore. 

Ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra.

(Atti degli Apostoli 1,8)


REQUIEM AETERNAM
Réquiem aetérnam dona eis, Dómine,
et lux perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace. Amen.

L'ETERNO RIPOSO
L'eterno riposo dona a don Antonio, o Signore,
e splenda a Lui la luce perpetua.
Riposi in pace. Amen.