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25 luglio, 2023

✝ Pensiero del 25 Luglio 2023

 ✝

SUB TUTELA DEI

S. T. D. E DELLA B. V. M.

GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato


Caro Rosario Angelo, c’incamminiamo, tutti verso la Giustizia e la Legalità!

Barbara


Versetto del Giorno

Non c'è nulla di nascosto, che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto.

Luca 12:2


Martedì – 16.a Tempo Ordinario Festa di San GIACOMO APOSTOLO
Meditazione del Vangelo di Mt 20,20-28
Berrete il mio calice.
Non per essere servito, ma per servire. Non esiste una decisione più rivoluzionaria e più folle. Essere servi di qualcuno è un programma di vita irrazionale, inaccettabile. Si è cercato di adattarlo alla cultura del non rischio, del calcolo. Servire sì, ma fino ad alcune condizioni e per un certo tempo. La parola “servizio” è stata addomesticata al punto di coniugarsi con la parola “ricompensa”. Tradotta in “service”, nel linguaggio dell’efficienza, indica il contrario di un gesto gratuito e di amore. Eppure non pochi hanno accolto e accolgono l’invito di Colui che, pur avendo pieno titolo per essere servito, si è fatto servo e ha dato la sua vita in riscatto per molti. Un elenco di folli. Non è solo quello dei santi sui calendari. Innumerevoli uomini e donne sulle strade del mondo continuano a fare di quell’invito il loro stile di vita. Mettono in campo una fantasia che rivela un amore che non ha confini. Essere servi di qualcuno per questi folli è una scelta consapevole, libera, responsabile. Conoscono motivi, significati, obiettivi del programma a cui aderiscono. Hanno incontrato Colui che ha lavato i piedi agli altri. Sono rimasti segnati dal gesto di questo ribelle per amore. Ed ecco che proprio in questa ribellione alla logica del calcolo, del tornaconto del perbenismo, la figura di chi serve per amore assume i tratti della dignità e della fierezza. Mai figure dimesse, trasandate. Guardando i loro volti scopriamo i tratti di una bellezza e di una nobiltà che erano e sono nel volto del Signore. Del Servitore. Ancor più siamo interrogati sulla nostra vita. Domande scomode e dure. Come tutte quelle del Vangelo. Non ci sono sconti. Nessuna scorciatoia verso il Calvario e oltre il Calvario.
La domanda della madre dei figli di Zebedeo che si prostra davanti a Gesù con i suoi due figli, Giacomo e Giovanni, riflette l’ambiguità con la quale il popolo e i discepoli, anche quelli che sono stati scelti, i Dodici, capiscono Gesù, la sua persona e il suo messaggio, e cosa significa seguirlo. Essi chiedono un posto influente in politica, un potere nel mondo. La risposta di Gesù li forza ad un cambiamento radicale di prospettiva in rapporto con lui. Essi si dichiarano disposti a bere dal calice da cui lui stesso deve bere. Si tratta di un regno, quello che annuncia Gesù, che si trova completamente nelle mani del Padre e che si raggiunge con un cammino di dolore e di passione, non una qualsiasi passione o dolore, ma del dolore e della passione del Figlio, di Gesù. Per entrare in questo regno, nel regno del Padre, non è sufficiente bere dal calice ma bisogna bere dal calice di Cristo.
Gli altri dieci non hanno un’opinione di Cristo diversa da quella della madre e dei figli di Zebedeo. Reagiscono con indignazione e gelosia. Tutti pretendono il primo posto al fianco di colui che sperano sia il futuro Re di Israele. La lezione che dà Gesù, riunendoli, approfondisce fino all’estremo il contenuto paradossale della sua azione liberatrice - incomprensibile per gli uomini, ineffabilmente luminosa vista secondo l’amore di Dio: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”. Di qui nasce l’esigenza fondamentale per chi vuole essere suo discepolo: l’esigenza del servizio che va fino al dono della vita per il Maestro e per i fratelli.
Giacomo, il figlio di Zebedeo, ha assimilato la lezione, rapidamente e in modo eroico. Fu il primo degli apostoli a bere dal calice del Signore. Il suo primo martire.
Una venerabile tradizione della Chiesa di San Giacomo di Compostella e delle altre diocesi della Spagna lo riconosce come il suo primo evangelizzatore. Attraverso l’esperienza di un apostolato intrepido - rendere testimonianza del Vangelo fisicamente fino al “Finis terrae” allora conosciuto - egli seppe che cosa significa servire nel senso di Cristo. Per la Chiesa, e per i suoi membri più giovani, rimangono e rimarranno sempre il suo esempio affascinante e la sua intercessione.

Martedì 25 Luglio    
S. Giacomo ap. (f); S. Cristoforo; B. Antonio Lucci
16.a del Tempo Ordinario
2Cor 4,7-15; Sal 125; Mt 20,20-28 
Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia

Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto ed il vostro frutto rimanga.
(Giovanni 15,16)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 125)
Rit: Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
«Eravamo pieni di gioia».


Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto ed il vostro frutto rimanga.

(Giovanni 15,16)

 

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