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SUB TUTELA DEI
S. T. D. E DELLA B. V. M.
GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato
Caro Rosario Angelo, Tu per me, sei il mio sole di Giustizia.
Barbara
Versetto del Giorno
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre.
Giovanni 14:16
Memoria Liturgica
San Filippo Neri il Santo del buon umore e della gioia
Venerdì 7.a – Tempo di Pasqua
Meditazione del Vangelo Gv 21,15-19
Pasci i miei agnelli. Pasci le mie pecorelle.
Alla fine del vangelo, tutto si riassume nell’amore: una vita condotta alla sequela del Maestro e che ha conosciuto il rinnegamento, fatta di gesti quotidiani e dello stupore dei miracoli, presa dal fascino per un messaggio mai udito e piena di dubbi e di domande. Per Pietro che ha conosciuto il Tabor e il Calvario, ora tutto culmina e si compie in questa triplice dichiarazione di amore: “Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Nell’amore, Pietro è identificato con Gesù, non ci sono più distanze, nemmeno di destino. E su questo amore ritrovato, Gesù affida nuovamente a Pietro la Sua Chiesa, ora essa è fondata non più sulla fede di Pietro, ma sul Suo amore; come il Signore, conoscerà il martirio, sperimenterà l’impotenza della croce e la libertà umiliata, e in questo modo diventerà ancora più profondamente discepolo. Oltre che vivere alla scuola del Maestro, conoscerà la Sua stessa morte, la Sua umiliazione, sarà come Lui! Durante la Sua missione, il Signore aveva già interrogato Pietro: “Chi sono io?”, e la risposta era stata sicura, ineccepibile: “Tu sei il Cristo!”. Ora da Risorto gli pone un quesito più semplice: “Mi ami tu?”. E se la prima domanda poteva essere posta una volta sola, quella dell’amore ha bisogno di sorprendere il cuore e di essere ripetuta tre volte, per essere colta in tutta la sua portata, perché Pietro possa capire che essa implica l‘essere portati dove non si vuole, cioè il martirio. È l’amore che rende capaci di martirio, che è diverso dall’eroismo: l’eroe è una persona forte, che ha il coraggio di affrontare con un’energia straordinaria le vicende avverse della vita: il martire è una persona spesso fragile e indifesa che sceglie di non tradire l’amore, che crede che l’amore darà forza per affrontare qualsiasi cosa. Di questo amore devono vivere coloro che guidano la Chiesa e che sono chiamati dal Signore a pascere il gregge, che resta del Risorto.
Filippo (Firenze 1515 – Roma 26 maggio 1595), sacerdote (1551), fondò l’Oratorio che da lui ebbe il nome. Unì all’esperienza mistica, che ebbe le sue più alte espressioni specialmente nella celebrazione della Messa, una straordinaria capacità di contatto umano e popolare. Fu promotore di forme nuove di arte e di cultura. Catechista e guida spirituale di straordinario talento, diffondeva intorno a sé un senso di letizia che scaturiva dalla sua unione con Dio e dal suo buon umore.
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