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12 aprile, 2022

San Giuseppe Moscati

 San Giuseppe Moscati


Nome: San Giuseppe Moscati
Titolo: Laico
Nascita: 25 luglio 1880, Benevento
Morte: 12 aprile 1927, Napoli
Ricorrenza: 12 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Luogo reliquie:Chiesa del Gesù Nuovo


Settimo figlio di Francesco, magistrato, e di Rosa De Luca, Giuseppe nacque a Benevento il 25 luglio 1880. Ma era cresciuto a Napoli, dove la famiglia si era trasferita essendo il papà stato chiamato a svolgere la sua professione presso la Corte d'appello. Giuseppe era dotato di una vivace intelligenza, ma anche di una intensa sensibilità religiosa e umana che lo portava a essere vicino a chi si trovava nel disagio e nella sofferenza.

Per fare qualcosa di concreto per loro, decise di fare il medico. Con i rimedi offerti dalla medicina avrebbe portato anche il conforto della fede. Studiò con impegno, tanto da riuscire a laurearsi a soli ventidue anni. E con il massimo dei voti. Partecipò ad alcuni importanti concorsi, che vinse, aprendosi la strada per una brillante e comoda carriera. Ottenne l'abilitazione all'insegnamento universitario ed entrò nella prestigiosa Accademia partenopea di medicina e chirurgia. Ma poi mise tutte le sue doti di intelligenza e di cuore al servizio dei malati poveri scegliendo il posto di «medico ordinario» nell'Ospedale degli incurabili, il più antico della città. Ritenne quello il luogo ideale per poter svolgere la missione che s'era prefissato fin da ragazzino, così sintetizzata in un suo scritto: «Negli ospedali la missione dei medici è di collaborare all'infinita misericordia di Dio, aiutando, perdonando, sacrificandosi».

A questo programma ispirò la sua vita di medico, dedicandosi senza risparmio a lenire le sofferenze degli altri, sia nella quotidiana assistenza ai malati in ospedale o andandoli a visitare nei miseri tuguri dei quartieri più poveri della città, sia dedicandosi allo studio e alla ricerca per aggiornare le proprie conoscenze da porre al servizio dei malati.

Come diagnostico era bravissimo. In un tempo in cui gli strumenti di analisi e di ricerca erano quasi inesistenti, l'individuazione della malattia era affidata alla preparazione e all'intuizione del medico. E in questo la capacità di diagnosticare di Moscati sorprendeva gli stessi colleghi che vedevano nelle sue diagnosi qualcosa di miracoloso. Lui con molta umiltà rispondeva che aveva una fonte segreta cui attingeva a piene mani ed era l'eucaristia alla quale si accostava ogni giorno. Dio è l'artefice della vita, era solito dire, noi siamo suoi collaboratori, ma il più lo fa lui.

Una volta era riuscito a diagnosticare l'esatta malattia di un operaio che i suoi colleghi avevano inesorabilmente dichiarato tisico: si trattava invece di un ascesso polmonare che con una cura apposita si risolse. L'operaio, felice per la salute ritrovata, voleva a tutti i costi pagarlo. E Moscati: «Se proprio mi vuoi pagare, vatti a confessare perché è Dio che ti ha salvato».

Con i poveri si comportava sempre così, non accettava compensi. Caso mai, era lui a dare loro qualche soldo. Non faceva il medico per la carriera, e tanto meno per arricchirsi. Come Francesco d'Assisi aveva preso sul serio la povertà evangelica, a essa conformava la propria vita. Viveva da povero e con i poveri spartiva quello che aveva. Assisteva, ad esempio, un anziano signore che viveva in uno dei miserevoli tuguri della città, e non potendo andare a trovarlo ogni giorno, lo aveva invitato a recarsi tutte le mattine a fare colazione (avrebbe pagato lui) al bar di fronte all'entrata dell'ospedale. «Andando al lavoro — gli aveva detto — darò un'occhiata all'interno del caffè, se vi vedo vuol dire che tutto va bene, altrimenti verrò a farvi visita a casa».

La carità gli moltiplicava le forze, lo rendeva disponibile ai suoi malati, ai suoi poveri in qualsiasi ora del giorno e della notte e sempre in prima fila, quando calamità e tragedie colpivano la povera gente. Nel 1906 c'era stata un'eruzione del Vesuvio particolarmente violenta. Molti i danni e le vittime. A Torre del Greco, uno dei paesi più colpiti, l'ospedale dove erano ricoverati gli anziani minacciava di crollare sotto il peso di quintali di cenere: bisognava sgomberare in tutta fretta i reparti. Moscati, allora giovane medico, si era associato ai soccorritori lavorando duramente per trasferire malati e quant'altro era ritenuto utile: venti ore di lavoro, sotto la minaccia della lava che continuava ad avanzare lungo le pendici del vulcano. Avevano trasferito l'ultimo degente quando l'ospedale rovinava fragorosamente sui letti ormai vuoti.

Ma anche quando, nel 1911, Napoli fu colpita da una terribile epidemia di colera, il medico Moscati non risparmiò tempo ed energie: molti poveri se la cavarono, grazie alle sue cure, e altri morirono con il conforto della fede che lui aveva loro portato.

Moscati, medico buono e santo che aveva posto la sua intelligenza e il suo cuore al servizio dei poveri e dei sofferenti, moriva in età ancora giovane, a soli quarantasette anni, il pomeriggio del 12 aprile 1927. La mattina s'era recato come al solito all'ospedale a visitare i malati. Avrebbe dovuto proseguire le visite il pomeriggio, ma i suoi pazienti lo attesero invano. Verso le quindici avvertì un intenso malore. Ritiratosi nella camera, si accasciò sulla poltrona. «Sto male», disse ai fratelli che lo avevano visto impallidire. Furono le ultime parole. Un istante dopo cessava di vivere.

I poveri di Napoli accolsero la notizia con dolore e costernazione. Perdendo lui, perdevano un amico, un fratello. Ma guadagnavano un santo in cielo. E tale lo ritennero da subito.

Paolo VI confermò la loro certezza elevandolo nel 1975 all'onore degli altari con il titolo di beato. Fu proclamato santo nel 1987 da Giovanni Paolo Il, al termine del sinodo dei vescovi «Sulla vocazione e missione dei laici nella chiesa».

MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, san Giuseppe Moscati, che, medico, mai venne meno al suo servizio di quotidiana e infaticabile opera di assistenza ai malati, per la quale non chiedeva alcun compenso ai più poveri, e nel prendersi cura dei corpi accudiva al tempo stesso con grande amore anche le anime.

Martedì Santo

Martedì Santo


Nome: Martedì Santo
Titolo: Gesù tradito e rinnegato
Ricorrenza: 12 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Nel secondo giorno della Settimana Santa che precede la Pasqua si riflette sul brano del Vangelo che descrive l'annuncio del tradimento di Gesù, che Egli fa ai suoi discepoli.

“In quel tempo, mentre Gesù era a mensa con i suoi discepoli, si commosse profondamente e dichiarò: -In verità, in verità vi dico, uno di voi mi tradirà.- I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse.” Ovviamente sono tutti esterrefatti, increduli che uno di loro possa fare una cosa del genere, e lo stesso Giuda capisce che Gesù è a conoscenza delle sue intenzioni, ma non cambia idea e va avanti nel suo proposito.

Quando gli chiedono chi compirà questo orribile gesto, Gesù risponde “È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò”. E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui.”

Dove prima c'erano dubbi, calcoli, ragionamenti, adesso c'è il male, l'oscurità, la tenebra, è Satana che ha portato l'odio nel cuore del discepolo, che si allontana poi nella notte dopo l'esortazione “Quello che devi fare fallo al più presto”. E' tutto deciso, tutto va come dovrebbe, e allora il Figlio di Dio afferma “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui.” La sua morte non è una sconfitta ma un trionfo, è appunto la sua glorificazione che porterà il ritorno al Padre. Dopodiché annuncia “Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma [...]dove vado io voi non potete venire” E alla protesta di Pietro “perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!” la risposta “in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte” è in fondo l'annuncio di un ulteriore tradimento.



✝ Pensiero del 12 aprile 2022

 

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Non gettarmi in preda ai miei avversari.
Contro di me si sono alzati falsi testimoni
che soffiano violenza.

 (Salmo 26,12)

Meditazione sul Vangelo di Gv 13,21-33.36-38

Il tradimento è sempre possibile.

Anche nei cuori più puliti, nelle intenzioni più belle e sincere, nelle amicizie più profonde c’è sempre la presenza di un tarlo che può rovinare tutto: il tradimento. Lo abbiamo provato tutti nell’età dell’adolescenza, quando avevamo trovato un amico, un’amica, che speravamo fosse la nostra ancora di salvezza, il nostro punto di confidenza, il superamento della nostra solitudine e poi ci siamo visti le nostre confidenze messe in piazza, i nostri sentimenti buttati in pasto a tutti, soprattutto l’amico, con cui avevamo fatto patti di acciaio, farsi ostile e nemico, con il vantaggio di avere in mano tutti i nostri punti più deboli: traditore. Gesù passa attraverso questa dolorosissima esperienza, non nei giochi di un’adolescenza che per prove e difficoltà si fa più forte nell’affrontare la vita, ma nel pieno della su missione. È stato tradito: «Aveva riposto tutte le sue speranze nei dodici, ma aveva sempre avuto grande rispetto della libertà di tutti. Giuda e Pietro sono alla stessa mensa, a quella stessa cena intima che Gesù ha voluto consumare prima degli eventi definitivi della sua passione». Ambedue apostoli, ambedue collaboratori stretti di Gesù, ambedue alle prese con la propria coscienza, le proprie paure, ambedue con un rapporto di amicizia con Gesù. E satana scatena la sua battaglia, si insinua nelle loro vite e ne sfrutta le debolezze. Giuda lo tradisce con un bacio, Pietro con la paura. Gesù li ha chiamati entrambi, ha voluto far nascere nel loro cuore la sua passione per il Regno di Dio. Giuda era un poco di buono, Gesù accetta la sfida: «Se vuoi puoi farti affascinare da un amore più grande di quello che provi oggi. Giuda era stato scelto per essere apostolo, chiamato all’intimità con Gesù, a partecipare al suo progetto di mondo nuovo a partecipare al suo amore, alla sua missione». Ma ha scelto di abbandonare e ha creduto che il peccato fosse più grande della misericordia. Non ha capito che poteva sempre e solo sperare, perché Gesù è la speranza vera di ogni vita. Anche là dove si costruisce la tana dei disperati, c’è sempre uno spiraglio di bontà.

La luce della speranza si insinua in ogni fessura e vince.

Martedì 12 Aprile 
Settimana Santa

S. Giulio I; S. Zeno; S. Giuseppe Moscati
La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza
Is 49,1-6; Sal 70; Gv 13,21-33.36-38

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Salve, nostro Re, obbediente al Padre: «Sei stato condotto alla croce, come agnello mansueto al macello».

Lode e onore a te, Signore Gesù

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 70)

Rit: La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.

Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
Hai deciso di darmi salvezza:
Davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio».


Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.

La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza,
che io non so misurare.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito

ed oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.

La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza,
che io non so misurare.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
ed oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Salve, nostro Re, obbediente al Padre: «Sei stato condotto alla croce, come agnello mansueto al macello».

Lode e onore a te, Signore Gesù

11 aprile, 2022

'11 aprile 1987 moriva Primo Levi.

 '11 aprile 1987 moriva Primo Levi.

I funerali cominciarono alle 14.30 del lunedì 13 aprile 1987, all’Istituto di Medicina legale di corso Galilei 22, a Torino. Il rabbino Emanuele Artom lesse il Salmo 91, quello che dice:
«Non temerai i terrori della notte
né la freccia che vola di giorno,
la peste che vaga nelle tenebre,
lo sterminio che devasta a mezzogiorno.
Mille cadranno al tuo fianco
e diecimila alla tua destra;
ma nulla ti potrà colpire».
Il corpo era avvolto in un lenzuolo, e la bara coperta da velluto nero, con pochi fiori. La funzione fu molto sobria perché il giorno dopo sarebbe incominciata la Pasqua ebraica, periodo nel quale non si possono tenere cerimonie, neppure funebri. Dall’Istituto di Medicina legale la bara di Primo Levi fu trasportata al primo reparto israelitico del Cimitero generale di Torino, e sepolta. C’erano associazioni di deportati, Norberto Bobbio, Giulio Einaudi, Piero Fassino, i colleghi della Siva, Società industriale vernici affini, di Settimo Torinese dove Levi aveva lavorato per trent’anni, ragazzi con la kippa, il copricapo ebraico. Primo Levi si definiva un ebreo «laico», non andava in sinagoga, ma il giorno prima di morire
aveva telefonato alla Comunità Ebraica di Torino per sapere se erano arrivate le azzime, il pane senza lievito della Pasqua Ebraica.
Sia la sua memoria di benedizione.



Aleandro Baldi & Francesca Alotta - Non amarmi

Nel 1959, il 11 aprile, come oggi, nasceva, Aleandro Civai  Baldi

Buon compleanno Aleandro

Buon compleanno fin lassù piccolo Alfredino ❤️❤️❤️

 Nel 1975, il 11 aprile, come oggi, nasceva, il piccolo Alfredino Rampi


Buon compleanno fin lassù piccolo Alfredino ❤️❤️❤️



Santa Gemma Galgani

 Santa Gemma Galgani




Nome: Santa Gemma Galgani

Titolo: Vergine
Nascita: 12 marzo 1878, Camigliano di Lucca
Morte: 11 aprile 1903, Lucca
Ricorrenza: 11 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Gemma Galgani nacque a Camigliano di Lucca il 12 marzo 1878 da Enrico Galgani e da Aurelia Landi, ambedue ferventi cristiani. La buona madre sembrava che presentisse la sua vicina morte e perciò quando poteva stare con la cara bimba, le spiegava le verità della fede, i pregi dell'anima, la bruttezza del peccato, e la vanità delle cose del mondo. Più spesso, mostrandole il Crocifisso, le diceva: « Vedi, Gemma, questo caro Gesù è morto per noi in croce ». A quella vista la fanciullina profondamente commossa piangeva. Questo piissimo sentimento di amore verso Gesù appassionato fu la caratteristica della sua vita: vita di amore e di sacrificio.

Gesù difatti l'aveva prescelta e la voleva santificare attraverso vie straordinarie, facendola partecipe dei suoi dolori ed attirandola a sè mediante vincoli di amore ineffabili.

Il 17 giugno 1887, festa del Sacro Cuore di Gesù, fece la sua prima Comunione con angelico fervore, contando nove anni di età.

Non entrò in religione quantunque lo desiderasse ma guidata prodigiosamente dalla Provvidenza Divina, dopo dolorosissime prove fu ricevuta dalla famiglia Giannini nella città di Lucca, e quivi visse fino alla morte.

Non è possibile dire in poche righe tutte le meraviglie che il Signore operò in lei : Soffrire per Gesù, con Gesù, amare soltanto Gesù, era il suo altissimo ideale. « Vada, diceva, vada chi vuole sul Monte Tabor, io me ne voglio stare con Gesù sul Calvario ». E sul Calvario Gemma sbocciò come mistico fiore.

Già fin dalla fanciullezza ebbe a soffrire: la malattia e la morte della madre; una dolorosissima operazione ad un piede; lo spogliamento di tutti gli averi della famiglia Galgani per cui si trovò nell'estrema miseria, ed un'altra penosissima malattia, da cui fu miracolosamente guarita. Per tanta eroica rassegnazione, Gesù le apparve e le disse: « Figlia, alla grazia che ti ho fatta stamattina (cioè la guarigione), ne seguiranno ancora molte altre maggiori. Io sarò sempre con te, io ti farò da padre, e la mamma tua sarà l'Addolorata ».

A Lucca cominciò la lunga serie delle grazie. Gesù non si lasciò vincere in generosità. Tutti i venerdì Gemma soffriva i dolori della passione del Signore, e nel 1899, due anni dopo la sua offerta col voto di perpetua verginità, fu favorita del dono delle stimmate. Con questo, resa più partecipe dei dolori di Gesù, .raggiunse in breve il più alto grado della mistica. Diceva con S. Paolo: « Oggi non sono più in me, sono col mio Dio, tutta per lui ed egli è tutto in me e per me ».

Godette anche la confidenza del suo Angelo Custode, il quale la liberò da molte tentazioni e portò perfino la sua corrispondenza al padre Germano, suo direttore spirituale.

Il demonio la perseguitò sotto svariatissime forme, persino apparendole nella persona di Gesù appassionato. La grazia però di cui era favorita, le fece sempre discernere i moti del maligno da quelli dello spirito buono. Consumata più dalle fiamme del divino amore che dalla malattia, se ne volava al suo celeste Sposo 1'11 Aprile 1903, vigilia di Pasqua.

PRATICA. — Non stiamo mai in peccato mortale, ma purifichiamo prontamente la nostra anima.

PREGHIERA. — O Signore Gesù che nella vita della tua serva Gemma, hai mostrato come prediligi i semplici e gli umili, fa' che imitandola possiamo attirare anche su di noi le tue benedizioni.


PREGHIERA A S. GEMMA PER CHIEDERE GRAZIE
O cara santa Gemma, che ti sei lasciata plasmare da Cristo crocifisso, ricevendone nel tuo corpo verginale i segni della sua gloriosa Passione, per la salvezza di tutti, ottienici di vivere con generosa dedizione il nostro impegno battesimale e intercedi per noi presso il Signore affinché ci conceda le grazie desiderate.

Amen

Santa Gemma Galgani, prega per noi.
Padre nostro, Ave Maria, Gloria


MARTIROLOGIO ROMANO. A Lucca, santa Gemma Galgani, vergine, che, insigne nella contemplazione della Passione del Signore e nella paziente sopportazione dei dolori, a venticinque anni nel Sabato Santo concluse la sua angelica esistenza.


ICONOGRAFIA


Nell'iconografia tradizionale, Santa Gemma Galgani è rappresentata sempre in abiti da suora passionista, spesso con un giglio in mano o intoro a se, chiaro segno della sua purezza, e soprattutto con i segni del volere di Dio sulle mani.

Santa Gemma Galgani


Altri immagini la raffigurano con un crocifisso e con un angelo che le pone la corona di spine di Cristo e sempre accompagnata da fiori di gigli.

Santa Gemma Galgani


Oppure viene raffigurata spesso come si presenta in una sua foto reale in preghiera probabilmente davanti ad un crocifisso o figura della Vergine.

Santa Gemma Galgani Foto

✝ Pensiero del 11 aprile 2022

 

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.

Salmo 70

Domandiamoci......siamo Maria, che ama Gesù e compie, un gesto motivato, solo dall'amore o siamo Giuda il calcolatore?

 Meditazione sul Vangelo di Gv 12,1-11

Presagi di morte, certezza di vita piena.

Esistono momenti nella nostra vita carichi di simboli, di presagi, di strane o fortunate coincidenze, di gesti semplici, ma profondi che ti aiutano a trovare un senso, una luce per il cammino dell’esistenza. Sono i momenti delle decisioni per il matrimonio, o per una vita consacrata a Dio; sono situazioni che decidono l’avvenire dei figli, una svolta nella professione, nella ricerca del lavoro. nella nostra stessa ricerca della fede. La cena in casa di Lazzaro, a sei giorni dalla Pasqua è per Gesù uno di questi momenti carichi di significato, di presagi, di dolcezza. La trama dei farisei si sta infittendo sempre più, Gesù deve sostenere tutti i giorni nel tempio una diatriba serrata con tutto l’apparato. Gli hanno giurato di farlo morire, la sua predicazione è insopportabile, destabilizzante. Ha un luogo accogliente in cui nell’amicizia si stemperano le tensioni, dove è possibile vivere rapporti umani, dove la delicatezza è sovrana, dove sei accolto per quello che sei non per il ruolo che svolgi, dove in amicizia si può sperimentare sincerità, fiducia, confidenza. Gesù ha un cuore di uomo, amante della vita. Ha bisogno del calore di una famiglia che manca spesso a tanti di noi, quel luogo in cui ci si dona l’uno all’altra per amore. Il gesto più bello d’amore lo compie ancora Maria che versa sui piedi di Gesù un profumo delicatissimo, costoso, quello delle grandi occasioni. Gli unge quel corpo che fra poco penderà dalla croce, che sarà percosso e umiliato, oltraggiato in maniera efferata. Gesù pensa alla sua sepoltura, perché ormai la morte è vicina. Giuda invece pensa agli affari e accampa la scusa dei poveri. I poveri sono purtroppo sempre usati per nascondere le intenzioni più basse. Ma non ci saranno funerali per Gesù, ci sarà la morte, sicuramente; il male avrà il sopravvento, ma solo per porre davanti a tutti nella solennità di un trono scomodo quale è quello della croce, il massimo di bene che Dio avrà sempre per l’uomo, anche per i traditori, per gli infami.

Allora si leverà nella vittoria massima la speranza di vita per tutti, una speranza prefigurata e generata nei gesti semplici dell’amore.

Lunedì 11 Aprile 
Settimana Santa

S. Stanislao; S. Gemma Galgani; B. Elena Guerra

Il Signore è mia luce e mia salvezza
Is 42,1-7; Sal 26; Gv 12,1-11

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Salve, nostro Re:

«Tu solo hai compassione di noi peccatori».

Lode e onore a te, Signore Gesù!

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 26)
Rit: Il Signore è mia luce e mia salvezza.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:

«Di chi avrò timore?
Il Signore è difeso della mia vita:
Di chi avrò paura?».


Quando mi assalgono i malvagi
per divorarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici,
a inciampare e cadere.

Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme;
se contro di me si scatena una guerra,
anche allora ho fiducia.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
sì rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Salve, nostro Re:

«Tu solo hai compassione di noi peccatori».

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Lunedì Santo

 Lunedì Santo





Nome: Lunedì Santo

Titolo: Maria unge i piedi di Gesù
Ricorrenza: 11 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Il Lunedì Santo è il primo giorno della Settimana Santa, e dà inizio ad una serie di celebrazioni che culminano con la Pasqua.

Durante questo primo giorno si analizza il brano del Vangelo in cui si racconta di Gesù che, dopo aver resuscitato il suo amico Lazzaro, si trova ora nella sua città, Betania, nonostante i sommi sacerdoti abbiano deciso di ucciderlo.

E' con i suoi  discepoli, e gli viene offerto un banchetto dove servono  Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro, che pure è un commensale. “Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento.”

L'azione compiuta dalla donna lascia tutti interdetti: ella in assoluto silenzio, nel compiere il gesto, si scioglie i capelli, cosa concessa alle donne solo in presenza del marito. Il suo è un dono di gratitudine e di devozione totale.

L'olio usato per l'unzione è molto costoso, e uno degli apostoli, Giuda, osserva che è un vero spreco, perché si sarebbe potuto vendere e donare il ricavato ai poveri: in realtà vorrebbe rubare il denaro dalla cassa comune, come è solito fare. E' come se stesse dando un valore monetario ad un gesto di generosità, di amore, ma l'amore non ha prezzo.

E Gesù gli risponde prontamente “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” come a dire che il ricordo di quel gesto lo accompagnerà fino alla morte, dato che i condannati a morte,
all'epoca, non ricevevano sepoltura e quindi non potevano essere unti di olio profumato, come da usanza. E' come se Maria abbia già capito e accettato che Gesù è il Messia, anche se sarà crocifisso e così umiliato.

10 aprile, 2022

Nasceva Madre Elena Emilia Santa Aiello detta A MONACA SANTA

 Nel 1895 il 10 aprile, come oggi nasceva Madre Elena Emilia Santa Aiello detta A MONACA SANTA

Fondatrice dell'Istituto delle Suore Minime della Passione di N.S.G.C. di Cosenza
Auguri di cuore



«Non cercatelo. Viene un momento con noi. I partigiani».

 Nel 1945, era 10 aprile come oggi.

Rolando Maria Rivi, uscito di chiesa, mentre i suoi genitori si recarono a lavorare nei campi, Rolando, con i libri sottobraccio, si diresse come al solito a studiare nel boschetto a pochi passi da casa. Indossava, come sempre, la sua talare nera. A mezzogiorno i suoi genitori l’attesero invano per pranzo. Preoccupati l’andarono a cercare. Tra i libri sull’erba trovarono un biglietto: «Non cercatelo. Viene un momento con noi. I partigiani».
In seguito, venne torturato e seviziato.



Domenica delle Palme

 Domenica delle Palme


autore: Pedro Orrente anno: 1620 titolo: Entrata a Gerusalemme luogo: Museo di Stato dell'Ermitage, St. Petersburg

Nome: Domenica delle Palme
Titolo: Ingresso di Gesù a Gerusalemme
Ricorrenza: 10 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Solennità


Nella Domenica delle Palme la liturgia ricorda l'entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme a dorso di un asino mentre tutta la folla stendeva mantelli a terra ed agitava palme. Si tratta del giorno nel quale si dà inizio alla Settimana Santa che terminerà con la resurrezione di Gesù, commemorata nella Domenica successiva, la Domenica di Pasqua. Con la Domenica delle Palme non termina la Quaresima, la quale, invece, terminerà il giovedì santo, giorno nel quale prende avvio il Triduo pasquale. La Domenica delle Palme è conosciuta anche come seconda Domenica di Passione, poiché nella Messa Tridentina, la Domenica di Passione si celebra una settimana prima.

Si tratta di una festività ricca di simbolismo e condivisa da cattolici, protestanti e ortodossi: la palma da sempre indica l'anno solare poiché produce una foglia ogni mese. La palma è anche simbolo di risurrezione poiché rinasce dalle proprie ceneri e per questo in greco è conosciuta, come "phoinix", ovvero fenice mentre, nell'occidente cristiano, laddove non ci sono palme viene spesso sostituita dall'ulivo, simbolo dell'unzione di Gesù, o da rametti intrecciati con fiori, se non ci sono palme o ulivi, come nelle zone del nord Europa.

Momento introduttivo della liturgia della Domenica delle palme è la benedizione delle palme, o degli ulivi, e la successiva processione, che inizia fuori dalla chiesa e termina dentro la chiesa, a memoria, appunto, dell'ingresso glorioso di Gesù a Gerusalemme.

Nella liturgia cristiana il tono festoso della commemorazione rimane solamente per la processione introduttiva, mentre le Letture del giorno ripercorrono la passione di Gesù.

Entrata di Cristo a Gerusalemme
titolo Entrata di Cristo a Gerusalemme
autore Giovan Santi di Tito anno 1570



Lettura (Gv 12, 12-16)

Il giorno seguente, la grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando:

«Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore,
il re d'Israele!».


Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:

Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto su un puledro d'asina.


I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose; ma, quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose e che a lui essi le avevano fatte.

PREGHIERA. O Divino Gesù, o Dio che Ti facesti uomo per noi, soffristi, amasti e moristi, noi Ti adoriamo, e Ti veneriamo soffrendo con Te il ciclo della Tua agonia. Così sia.

PRATICA. È tradizione da millenni che i rametti di palma o di ulivo benedetti vengano conservati dai fedeli e portati a casa, per essere usati sia come dono con le persone più care che non hanno potuto presenziare alla benedizione e processione delle palme, sia per benedire la casa e la tavola del pranzo pasquale, da parte del capofamiglia, intingendo il rametto stesso nell'acqua benedetta durante la veglia di Pasqua.

MARTIROLOGIO ROMANO. Domenica delle Palme: Passione del Signore, in cui il Signore nostro Gesù Cristo, secondo la profezia di Zaccaria, seduto su di un puledro d’asina, entrò a Gerusalemme, mentre la folla gli veniva incontro con rami di palma nelle mani.




ICONOGRAFIA


Tradizionalmente l'iconografia della Domenica delle Palme rappresenta Gesù che entra a Gerusalemme la città santa in sella a un'asina, mentre la folla lo osanna, stende dei mantelli a terra, simbolo di incoronazione, e agita rami di palma appena tagliati dagli alberi.

L'ingresso di Cristo in Gerusalemme
titolo L'ingresso di Cristo in Gerusalemme
autore Peter Paul Rubens anno 1632


Nell'immaginario collettivo gli animali degni di essere cavalcati da un re erano solamente i cavalli esenti dalle corse e dal lavoro nei campi. Gesù, invece, entrò a Gerusalemme sul dorso di un'asina. Come diceva il profeta Zaccaria: Gesù è un re diverso sceglie di essere trasportato dall'animale più umile e servizievole, che è sempre accanto alla gente che lavora; le sue insegne sono la pace e il perdono. Con questo ingresso trionfale nella Città Santa, tuttavia, Gesù mostra a tutti di essere il Figlio di Dio. L'asina, inoltre, può rappresentare anche l'elemento istintivo e terreno dell'uomo, che Gesù conduce verso la salvezza. Nel testo evangelico, infatti, gli animali sono sciolti da quegli stessi apostoli che poi porteranno agli uomini l'annuncio della Resurrezione.

Entrata di Cristo a Gerusalemme
titolo Entrata di Cristo a Gerusalemme
autore Antoon van Dyck anno 1617


La palma è un forte elemento simbolico presente nella scena, è la pianta come detto che si rinnova ogni anno con una foglia, ma riporta anche all’immagine messianica di creazione un ponte tra il monte e la città, tra Dio e l’uomo. Fino al IV secolo, a Gerusalemme una tradizione locale indicava fisicamente la palma da cui erano stati staccati i rami con cui i fanciulli avevano inneggiato a Gesù. In Occidente la palma è stata sostituita dall’ulivo sia perchè simbolo di pace sia per le dimensioni ridotte e in assenza di esso vengono usati rametti di fiori intrecciati.

Entrata di Cristo a Gerusalemme
titolo Entrata di Cristo a Gerusalemme
autore Willem van Herp anno XVII sec


Entrata di Gesù a Gerusalemme
titolo Entrata di Gesù a Gerusalemme
autore Giotto anno 1304/13

✝ Pensiero del 10 aprile 2022

  

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

BUONA SETTIMANA SANTA, che ci aiuti ad essere più credibili nel credere in Dio, quando un giorno saremo tutti DAVANTI A LUI, perché non bisogna, dare scontata, la sua Misericordia.

Buona domenica di PASSIONE

Meditazione sul Vangelo di Lc 22,14 – 23,56

Signore, ribalta tutte le nostre pietre tombali.

Attorno a Gesù si stringe il cerchio della morte. È un cerchio fatto da tante piccole e grandi crudeltà, da piccoli o grandi uomini. Siamo aiutati a prenderci le nostre responsabilità dalla cura descrittiva di Luca che ci presenta il momento più duro della vita di Gesù, con alcuni particolari di estrema sofferenza… Nell’orto sudava sangue… E tratteggiando persone che hanno voluto la morte di Gesù o non l’hanno evitata o lo hanno lasciato solo: dal bacio traditore di Giuda, a Pilato, alla folla, ai capi politici e religiosi, alla forza di occupazione romana, agli apostoli in fuga, alla dolcissima presenza addolorata di Maria. Per noi pensare alla morte di Gesù non è distribuire colpe ad altri o al popolo ebreo. Siamo sempre stati educati fin da bambini a pensarci noi come responsabili di quella morte. Noi siamo la folla senza testa manovrata dai furbi.

Noi siamo i furbi che plagiano la folla.

Non siamo i pavidi come Pilato.

Noi siamo il tradimento di Giuda e Pietro.

Noi siamo i soldati romani.

Noi siamo Erode che si vuol godere lo spettacolo.

Noi, i curiosi distaccati e abituati a tutte le ingiustizie…

Noi oggi vogliamo metterci davanti a questo amore martoriato.

Per questo la passione che ascoltiamo nelle chiese di tutto il mondo, in quella bellissima Piazza S. Pietro dove si danno appuntamento reale e ideale tutti giovani del mondo, nella giornata a loro dedicata, è ben diversa da qualsiasi proposta cinematografica, è la memoria di una comunità credente che si lascia salvare e perdonare.

Non ci resta che chiedere a Dio di non fermarci a questa pietra pesante, tombale, rotolata sul corpo di Gesù, di avere su questa morte gli occhi di Maria sua madre, arrossati dal sangue di un dolore indicibile, ma pieni di speranza

Domenica 10 Aprile 

DOMENICA DELLE PALME: PASSIONE DEL SIGNORE (anno C)
S. Palladio; S. Maddalena di Canossa; S. Fulberto

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Lc 22,14  – 23,56

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte ed a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.
Lode e onore a te, Signore Gesù

(Filippesi 2,8-9)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 21)
Rit: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte ed a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.
Lode e onore a te, Signore Gesù

(Filippesi 2,8-9)

09 aprile, 2022

AUGURI-Pasqua-Madre Maria Saccomandi

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San Massimo

 San Massimo


Nome: San Massimo
Titolo: Vescovo
Nascita: III secolo , Alessandria, Egitto
Morte: 282, Alessandria, Egitto
Ricorrenza: 9 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Massimo di Alessandria fu il terzo Papa della Chiesa copta (massima carica del Patriarcato di Alessandria d'Egitto) ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e da quella copta..

Già a capo della Chiesa alessandrina durante l'esilio di san Dionisio (257 - 260), occupò l'ufficio vescovile dal 265 fino alla sua morte, avvenuta nel 282. Durante il suo episcopato esiliò Paolo di Samosata dall'Egitto, dove si era rifugiato dopo la sua destituzione da vescovo di Antiochia.

MARTIROLOGIO. Ad Alessandria d'Egitto, san Massimo, vescovo, che durante il tempo del suo sacerdozio condivise l'esilio e la confessione di fede con il vescovo san Dionigi, al quale poi succedette.