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29 giugno, 2021

Pensiero del 29 giugno 2021

 La Verità, su Gesù è data alla Chiesa, in comunione, con Pietro e mai senza Pietro.

Meditazione sul Vangelo di Mt 16,13-19

La roccia della Chiesa.
Alla confessione del messianismo di Gesù riportata da Luca e posizionata da Marco proprio al centro del suo Vangelo, Matteo aggiunge quella della filiazione divina. Si tratta di un brano centrale, nel quale, dopo la figliolanza divina, segue la dichiarazione del primato di Pietro. Viene annunciato Gesù Figlio di Dio e viene posta la Chiesa di Cristo sul fondamento di Pietro, fino alla consumazione del tempo. La carne e il sangue rappresentano l’uomo nell’aspetto corporale e limitato della sua natura, in contrasto con il mondo dello spirito. Pietro è Kefa, la roccia, il nome con cui Gesù simboleggia il compito di Simone nella fondazione della Chiesa, la “sua” chiesa, nella quale Gesù inaugura la nuova alleanza mediante l’effusione del suo sangue. Le “chiavi del regno” indicano il potere di aprire e chiudere le porte della città del regno, che Gesù consegna al suo Pietro.
Pietro rappresenta il fondamento che ci permette di poggiare i nostri poveri piedi su terreno stabile. Mosè incontrò Dio molto da vicino, nel roveto ardente e sula cima del Sinai. Gli Ebrei sentirono la vicinanza di Dio nell’arca dell’alleanza e nel Tempio di Gerusalemme. Ma attraverso il mistero dell’Incarnazione Dio si identifica con l’uomo Gesù di Nazaret. Parlare con Cristo significa parlare con l’uomo e con Dio contemporaneamente. In seguito, Cristo per mezzo del suo Spirito si unisce ai suoi Apostoli: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Per mezzo degli Apostoli preghiamo allora con Gesù; e Pietro è Kefa la roccia della Chiesa che dura fino a che Dio porrà fine al tempo. E io, tu, noi, siamo in quella Chiesa, su quella roccia. E la lieta notizia del Vangelo. Eppure non accettiamo volentieri un intermediario umano con Dio, cerchiamo fondamenti che sembrano solidi: il testo scritto della Bibbia, delle leggi morali unificate, le conoscenze cristiane raccolte in un sistema coerente… Riconosciamo questi preziosi elementi della rivelazione cristiana. Ma l’ultimo stadio di essa rimane la sua volontà: Cristo vuol parlare con noi attraverso il contatto diretto con gli uomini con i quali si è identificato, che sono come roccia e fondamento della Chiesa, segno e organo della sua presenza unificante fra di noi. È difficile da capire, considerato con occhi profani, ma la forza dello Spirito Santo che santifica la realtà, illumina anche i nostri cuori per credere alla verità.

29 giugno

Il Signore mi ha liberato da ogni paura

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su d'essa.
(Matteo 16,18)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 33)
Rit: Il Signore mi ha liberato da ogni paura.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su d'essa.

(Matteo 16,18)

28 giugno, 2021

Pensiero del 28 giugno 2021

 La lebbra, è simbolo del peccato, t'uccide senza farti morire. Gesù, è venuto a togliere il peccato dal mondo per restituirci alla Vita.

Meditazione sul Vangelo di Mt 8,18-22
Dio prima di ogni cosa.
Il brano del Vangelo d'oggi s'apre con il comando di Gesù di “ passare all’altra riva”, anche se l’esecuzione di quanto stabilito da Gesù viene sospeso da due episodi che espongono le condizioni per mettersi alla sequela di Gesù; le esigenze della fede e del discepolato vengono illustrate in questi versetti. Mettersi alla scuola del Maestro di Nazareth e soprattutto seguirlo vuol dire essere aperti alla sofferenza, alle avversità come qualcosa di obbligatorio, un passaggio da cui nessun discepolo può chiamarsi fuori. Lui è il Vivente e stabilisce questa rottura nel tessuto esistenziale dell’uomo.
“Ti seguirò dovunque tu vada”, così parla lo scriba. Un facile entusiasmo, una decisione subitanea. Un pensiero nobile, certamente, ma forse non forte e saldo per resistere alle difficoltà della vita. Anche noi, quando ci decidiamo a cambiare vita, possiamo correre il rischio di cadere in due errori opposti: o ci lasciamo paralizzare da ogni genere di possibili difficoltà, che invadono la nostra immaginazione, o ci buttiamo impulsivamente senza riflettere. Cristo non respinge mai, ma vuole aprire gli occhi e prospetta la realtà così com’è. La sequela di Gesù comporta una vita dura, senza neanche la certezza di un letto per dormire; in altre parole, la nostra fiducia non può riposare su nulla di materiale. Anche gli animali hanno una tana, o un nido; l’uomo ha bisogno di una casa o una stanza o una tenda che gli dia il tepore e la sicurezza di una vita normale. La vita di un cristiano è il pellegrinaggio verso la patria eterna. Gesù ci precede. Non aveva dove posare la testa, ma aveva la certezza che tutta la sua vita era nelle mani del Padre, che ha cura dei gigli dei campi e degli uccelli del cielo (Mt 6,28). Deve essere questa la fede comune di tutti quelli che pregano “Padre nostro”; in effetti, è di fede che tutti dobbiamo vivere. “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”; non è un invito a trascurare i doveri nei confronti dei nostri cari defunti. L’espressione del Vangelo ha un senso metaforico. Senza un rapporto con il passato, la nostra vita sarebbe solo una serie di avvenimenti casuali, e noi perderemmo la nostra identità. Ma i nostri ricordi devono avere un loro spazio definito: se sono troppo vivi e presenti, rischiano d'indebolire il radicamento nel presente, e di bloccare la nostra azione. La vita in Cristo è una continua novità, che esige l’abbandono delle cattive abitudini e dei pensieri nocivi. Nulla deve intralciarci ed impedirci di procedere con Cristo, di seguire le orme che il Maestro ha lasciato nel cammino verso il cielo.

28 giugno

Misericordioso e pietoso è il Signore

Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore.
(Salmo 94)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 102)
Rit: Misericordioso e pietoso è il Signore.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.

Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore.

(Salmo 94)

27 giugno, 2021

Pensiero del 27 giugno 2021

 Quello d'oggi, è un Vangelo ricco di lacrime, ma soprattutto ricco di Vita: «La Forza che esce da Gesù, il Comando della Sua Parola, quella Parola che anche oggi, si fa vicino a noi nei Sacramenti».

Meditazione sul Vangelo di Mc 5,21-43

Sii guarita dal tuo male.

Il Vangelo di oggi parla della fede che salva la donna inferma da ben dodici anni: una fede così ardente che è stata capace di appropriarsi della stessa forza di Cristo. Senza la fede nessun rapporto con Gesù è possibile. La fede è la luce di Cristo. Ed è proprio la fede la prima condizione richiesta al fine di stabilire un’intimità con lui, il cui grande mistero è quello di essere il Figlio di Dio, inviato dal Padre. Solo chi crede si mette in relazione salvifica con Gesù e diviene capace di ottenere, come Giairo, il miracolo di una risurrezione. Tali guarigioni sono il segno che in Cristo, si avvera la figura e l’opera del Messia.

La forza guaritrice che Gesù possiede non è qualcosa di magico. Essa non si trasmette perché lo si tocca, ma solo perché Lui lo vuole e la trasmette a chi vuole. Gesù si è accorto della fede della donna malata da dodici anni la quale, superando a modo suo ogni tabù culturale, si è avvicinata a Lui, dopo aver udito e accolto l’annunzio su di lui. Gesù non poteva dire di no, e lei si sente guarita: la sua fede l’ha salvata e proprio per la fede essa è ora parte della comunità di salvezza, davvero purificata e libera da tutti i tabù della legge. Gesù non è solo un liberatore dai mali fisici: è il Salvatore e come tale cambia radicalmente le persone, le mette in comunione con sé e le rende annunciatrici di salvezza. Così ha fatto con questa donna, che di nuovo ha ritrovato se stessa e uno scopo per vivere. Anche in casa di Giairo Gesù agisce con autorità. Le risa dei presenti dicono la loro mancanza di fede nella sua parola e danno a noi la certezza che la fanciulla è veramente morta. Se Gesù dice che dorme, il motivo è che Lui non vede la morte come una realtà definitiva: tale è la fede di Israele (Is 26,19) e se ciò è vero, si può parlare di sonno e non di morte. Lui agisce normalmente: entra come fa, ogni mattina, un padre o una madre, nella stanza della figlia e compie quei gesti e preferisce quelle parole che la ragazza si sente dire ogni giorno. Gesù è umano, e l’unico segno di autorità è nell’espressione: “Io ti dico”. Qui, egli si rivela vincitore della morte e donatore di vita e, quindi, il vero Salvatore. Tale notizia, però, non è per l’oggi. Adesso egli ha solo ridonato la vita a una giovane che dovrà ancora morire. Solo nella sua Pasqua vincerà definitivamente la morte e allora i testimoni da lui scelti potranno raccontare totalmente l’inizio del Vangelo di Gesù.

27 Giugno

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.

(Cf II Timoteo 1,10)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 29)
Rit: Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.

(Cf II Timoteo 1,10)

27 novembre 2020 27 giugno 2021 sette mesi senza don Antonio Maffucci FSCB

 27 novembre 2020 27 giugno 2021 sette mesi senza don Antonio Maffucci FSCB


La vita dei morti dura nella memoria dei vivi. 

(Cicerone)





REQUIEM AETERNAM
Réquiem aetérnam dona eis, Dómine,
et lux perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace. Amen.

L'ETERNO RIPOSO
L'eterno riposo dona a don Antonio, o Signore,
e splenda a Lui la luce perpetua.
Riposi in pace. Amen.


26 giugno, 2021

Pensiero del 26 giugno 2021

 Meditazione sul Vangelo di Mt 8,5-17

Sia fatto secondo la tua fede.


Al discorso della montagna, Matteo fa seguire il racconto di dieci miracoli (Mt 8-9) da leggere come dieci segni, capaci di rivelare l’agire potente di Dio nella nostra vicenda umana, attraverso il suo Messia. Gesù, nel Vangelo di Matteo, non è solo il nuovo e vero Mosè che consegna al popolo delle beatitudini la nuova legge del Regno; egli è il Salvatore venuto per strapparci al male che ci rende schiavi e la sua Parola potente compie ciò che annuncia. Tre episodi si offrono alla nostra meditazione odierna.


«Va’ e ti sia fatto secondo la tua fede»: il primo miracolo pone in luce che è la nostra fede a mettere in moto la potenza della Parola. Il centurione romano si rifà alla propria esperienza personale di soldato: sa che le sue parole per i suoi subalterni sono ordini, che muovono persone e cose. La parola del Signore è per


lui come un soldato che obbedisce agli ordini del suo padrone. E su di essa poggia con umiltà tutta la sua fiducia: «Signore, di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito». Nel secondo quadro la scena è tutta per Gesù: vede la malata, la tocca e la risana. E la donna si alza (alla lettera, venne fatta “risorgere”). Gesù la fa passare dalla paralisi della malattia, che la lega al suo letto, alla vita e il segno della guarigione è il servizio immediato. Ma è nell’ultima scena, che ricapitola in poche parole l’opera di liberazione dal male che Gesù porta con sé al suo arrivo, che Matteo ci dà la chiave per leggere in profondità quello che sta  accadendo. «Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie»: l’evangelista cita il quarto canto del servo sofferente del libro del profeta Isaia e ci indica che il potere con cui Gesù opera i miracoli è quello del Servo di Jahvè, che si fa carico delle nostre malattie e dei nostri peccati, prendendoli su di sé. E un potere che si mette a servizio dell’uomo. È il potere del Crocifisso che dà la vita per noi, trasmettendocela perché anche noi possiamo vivere della sua stessa vita. Comprendiamo bene, allora, che il servizio a cui sono restituiti sia il servo del centurione che la suocera di Pietro diventa l’espressione concreta della salvezza che ci raggiunge, rendendoci partecipi della stessa vita del Cristo, Servo di Jahvè, che manifesta nel servizio la qualità profonda del suo amore per noi.

26 Giugno

Il Signore si è ricordato della sua misericordia

 Cristo ha preso le nostre infermità, e si è caricato delle nostre malattie.

 (Matteo 8,17)

Salmo responsoriale (Luca 1)

 Il Signore si è ricordato della sua misericordia.

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome.
Di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre.

Cristo ha preso le nostre infermità, e si è caricato delle nostre malattie.

 (Matteo 8,17)



25 giugno, 2021

San Massimo da Torino

 San Massimo daTorino

Nome: San Massimo da Torino

Titolo: Vescovo
Nascita: IV secolo, Torino
Morte: 420 circa, Torino
Ricorrenza: 25 giugno
Tipologia: Commemorazione




San Massimo di Torino (... – ca. 420) conosciuto anche come Massimo I, è considerato il primo vescovo di Torino di cui si conosca il nome ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Di lui si hanno scarsissime notizie. Nato sicuramente nel IV secolo in un'imprecisata provincia settentrionale italiana dell'impero romano, viene storicamente considerato il fondatore della Archidiocesis Taurinensis. Già discepolo di sant'Eusebio di Vercelli e di sant'Ambrogio da Milano, guidò la diocesi della allora Julia Augusta Taurinorum tra il 390 e il 420, nel difficile periodo delle invasioni barbariche.
Il suo impegno si concentrò prevalentemente sulla lotta contro la pratica della simonìa e del paganesimo. A tal proposito è ricordato per aver fatto erigere, probabilmente sui resti di un precedente tempio pagano, una piccola chiesa dedicata a Sant'Andrea dai cui resti, nel XII secolo, sorse la celebre chiesa della Consolata.
Massimo divenne inoltre conosciuto per i suoi numerosi sermoni, oggi raggruppati in un'edizione critica curata da A. Mutzenbecher. Nelle sue omelìe, tra l'altro, accennò sovente ai primi martiri di Torino, i santi Avventore, Ottavio e Solutore le cui reliquie sono conservate a Torino. La data della morte è incerta: viene fissata intorno al 420. Secondo la cronotassi dell'Arcidiocesi di Torino il suo successore fu il vescovo Massimo II.
Alcune sue reliquie sono conservate nella basilica di San Massimo a Collegno, alle porte di Torino, una delle più antiche chiese cristiane del Piemonte che, molto probabilmente, fu sede vescovile dello stesso Massimo. Per lungo tempo si è creduto che la chiesa ospitasse anche la tomba del protovescovo ma ripetuti scavi archeologici effettuati nel XIX secolo hanno smentito questa ipotesi. Sempre nel XIX secolo la municipalità di Torino gli intitolò una via del centro storico e l'arcidiocesi gli dedicò una chiesa, in essa ubicata e consacrata nel 1853.
La memoria liturgica a lui dedicata è fissata al 25 giugno.

Pensiero del 25 Giugno 2021

Meditazione sul Vangelo di Mt 8,1-4

Signore, se vuoi puoi guarirmi.

Il brano di oggi ci presenta il primo di tre miracoli, che hanno come teatro Cafarnao e la zona circostante, miracoli che sono operati a favore di persone colpite da disgrazia e rappresentano una violazione delle norme di precauzione imposte dalla legge. In effetti Gesù tocca il lebbroso, è disposto a entrare nella casa di un pagano, afferra la mano di una donna malata. Si tratta di categorie di persone emarginate dalla società ebraica di allora. Il lebbroso chiede di essere sanato, cosciente che la sua infermità è considerata come frutto del peccato e provoca impurità legale. Gesù, che è venuto per dare compimento alla legge, dopo averlo guarito, invia il lebbroso dal sacerdote che dovrà verificarne l’avvenuta guarigione.

Anche oggi si verificano casi di lebbra, ma è curabile e non ne siamo più spaventati come nell’antichità. Anticamente la lebbra era considerata inguaribile e molto contagiosa, perciò il lebbroso veniva emarginato dalla società. Gesù guarisce tanti lebbrosi anche per una ragione simbolica: la lebbra è considerata  l’immagine evidente del peccato. Il lebbroso, infatti, impersona l’intero genere umano affetto dal morbo contagioso del peccato e, insieme al centurione e alla suocera di Pietro dei quali ci parlerà il Vangelo di domani, viene a costituire una terna di gruppi sociali emarginati nel mondo giudaico: i malati incurabili, i pagani e le donne. Il peccato, come la lebbra, distrugge l’organismo vivente e separa l’uomo dal suo rapporto con Dio e con gli altri. Come per la lebbra, l’uomo si spaventa delle sue terribili conseguenze. I lebbrosi vengono da Gesù ed Egli li guarisce con la sua parola. Anche questo è un segno che apre alla comprensione della purificazione dal peccato nel sacramento della penitenza. «Se vuoi, tu puoi sanarmi». Gesù stende la mano e lo tocca. Ecco, resta nel peccato solo colui che rifiuta di riconciliarsi con Dio e con la Chiesa. Ma chi si è pentito può pregare con il santo profeta Davide: “Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve” (Sal 50,9). La purificazione dell’uomo riveste inoltre un carattere ecclesiale, sociale e, attraverso i secoli, la Chiesa esercita questa funzione in luogo di Dio. I confessionali sono espressione della misericordia divina. Come noi amiamo Dio nel nostro prossimo, così Dio ama noi attraverso il nostro prossimo; Dio ci mostra la sua misericordia con la mediazione di uno strumento umano, un sacerdote, a cui abbiamo rivelato le ferite della nostra anima, con la fiducia di essere perdonati e guariti. L’assoluzione ci restituisce la vita e ci reintroduce nella comunione di grazia con i nostri fratelli.

25 Giugno

Benedetto l’uomo che teme il Signore

Cristo ha preso le nostre infermità, e si è caricato delle nostre malattie.

(Matto 8,17)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 127)
Rit: Benedetto l’uomo che teme il Signore.

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!

Cristo, ha preso le nostre infermità, e si è caricato delle nostre malattie.

(Matto 8,17)


24 giugno, 2021

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71° ANNIVERSARIO DELLA CANONIZZAZIONE DI SANTA MARIA GORETTI.



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Ottantun'anni fa


Auguri di Cuore, caro Rolando!






Oggi sarebbe stato l'anniversario, sacerdotale di don Antonio Maffucci (FSCB)

 Oggi, sarebbe stato l'anniversario sacerdotale, di don Antonio Maffucci (FSCB).





Io ti rendo grazie: «Hai fatto di me una meraviglia stupenda».

(Salmo 138)
Oggi, sarebbe stato l'anniversario, sacerdotale, di don Antonio Maffucci (FSCB).
24 GIUGNO 1979 - 24 GIUGNO 2021
Gli vogliamo tanto bene, e ci protegga da lassù
Auguri di cuore!

Pensiero del 24 giugno 2021

 Anche per noi, alla nascita, è risuonata questa domanda: «Chi sarà mai questo bambino?». Preghiamo, che si compia in noi il progetto, che Dio, ha pensato sin dall'eternità.

Meditazione sul Vangelo di Lc 1,57-66.80

Gli si sciolse la lingua.

Per comprendere il testo evangelico odierno è necessario tornare all’inizio del Vangelo di Luca, là dove è narrato l’annuncio della nascita di Giovanni (Lc 1,5-25 ). Zaccaria non crede a Gabriele, l’angelo mandato da Dio a portargli la notizia del concepimento del figlio tanto atteso e vuole una prova: “Come potrò conoscere questo?” (…) L’angelo gli disse: “Ecco sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose si avvereranno, perché non bai creduto alle mie parole”. Il suo mutismo diventa per lui, per i vicini e per i conoscenti, il segno della verità della Parola ascoltata, ma anche della sua incredulità. La sua bocca si aprirà per benedire Dio solo al momento della circoncisione, quando imporrà il nome al figlio.

Giovanni non è ancora nato, ma il suo ministero profetico è già all’opera, provocando la necessità della scelta: adesione di fede alla Parola inviata da Dio o chiusura nell’incredulità. Alla Parola, infatti, ci si può aprire con fede e accoglienza, così da permetterle di compiere ciò per cui Dio l’ha mandata. È  l’atteggiamento di Maria, narrato da Luca in parallelo a quello di Zaccaria (Lc 1,26-38). Ma ad essa ci si può anche chiudere, in un mutismo di cui quello fisico di Zaccaria è segno eloquente. Chi non accoglie la Parola chiudendole il proprio cuore diventa muto: la sua bocca rimane serrata, incapace di rispondere a Dio. E’ la relazione stessa con Dio ad essere compromessa. Il non ascolto, l’indurimento, la chiusura ostinata a Dio, è il peccato da sempre rimproverato da Jahvè a Israele. Ed è il peccato da cui la «voce che grida nel deserto», Giovanni, predicherà di convertirsi, preparando il ritorno del Signore in mezzo al suo popolo. Solo quando Zaccaria scriverà il nome ascoltato da Gabriele, gli si scioglierà la lingua: egli si apre ad accogliere con fede il disegno di Dio e finalmente, pieno di Spirito Santo, gli può rispondere nell’unica maniera possibile, benedicendolo. La Parola ha compiuto la sua corsa e torna a Dio, nella forma della lode. Ma a questo punto anche Zaccaria è stato coinvolto in questa corsa e i suoi occhi sono trasformati dalla Parola accolta e resi capaci di vedere ciò che Dio sta operando attraverso quei due bambini presenti nella sua casa, il «profeta dell’Altissimo», appena nato, e «il sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre», anch’egli già presente nel grembo di Maria sua madre. La sua benedizione diventa profezia della salvezza preparata da Dio per il suo popolo, profezia carica di attesa e piena di speranza.

24 giugno

Io ti rendo grazie: «Hai fatto di me una meraviglia stupenda».

Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade.

(Luca 1,76)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 138)
Rit: Io ti rendo grazie: «Hai fatto di me una meraviglia stupenda».

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.

Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.
Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda.

Meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l’anima mia.
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra.

Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade.

(Luca 1,76)

23 giugno, 2021

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : I superiori del seminario di Marola Carpineti (Re)

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : I superiori del seminario di Marola Carpineti (Re):  I superiori del seminario di Marola Carpineti (Re) Nel salutare, gli adoscenti-seminaristi, per le vacanze estive, dissero: «Cari Ragazzi, ...




Pensiero del 23 giugno 2021

La regola del discernimento è semplice; guardare sempre cosa produce un'azione e chiedere la grazia di saper distinguere il bene dal male.

Meditazione sul Vangelo di Mt 7,15-20

Dai loro frutti li potrete riconoscere.

Ci troviamo ormai in prossimità della conclusione del discorso della montagna, appena dopo il detto della porta stretta, simbolo di tutta la Parola ascoltata dalla bocca di Gesù. Il Maestro ci mette in guardia, perché dopo di lui verranno profeti, predicatori vestiti da pecore, che apparentemente appartengono al gregge del Buon Pastore, ma che in realtà sono lupi rapaci, mossi da secondi fini, intenzionati a rapire le pecore e rubare loro la vita.

Nella comunità matteana si sono infiltrati falsi profeti, predicatori itineranti, che si fingono discepoli di Gesù. Si ripropone dunque anche per la comunità dei discepoli del Signore la questione essenziale del riconoscimento del vero profeta da quello falso, che aveva attraversato la storia d’Israele (cfr. Ger 14,14-16; 23,16-17). Nell’Antico Testamento venivano forniti due criteri: fedeltà del profeta a Jahvè (Dt 13,1-6) e realizzazione dei fatti da lui annunciati (Dt 18,15-22). Il Vangelo si limita a un unico criterio: osservare la sua coerenza di vita. Entrambe le similitudini usate spingono in profondità il nostro sguardo. «Dentro sono lupi rapaci»: non basta fermarsi alle apparenze e alle parole, bisogna guardare il cuore. “Dai loro frutti li riconoscerete”: il fare rivela il cuore. Come l’albero cattivo produce frutti cattivi, così le opere cattive smascherano la doppiezza e la malvagità del cuore. E come dalla bontà o cattiveria del frutto si riconosce la qualità dell’albero, così solo chi fa la Parola rivela di avere il cuore del Figlio. Dunque, sguardo attento e capacità di prendere tempo, aspettando con pazienza di vedere maturare il frutto prima di dare credito a «qualsiasi vento di dottrina» (Ef 4,14). Notiamo che il testo dice “lupi rapaci”: i falsi profeti, testimoniando il falso, ci allontanano dalla via di obbedienza al Padre che traccia il Vangelo e ci rubano quel frutto di amore, gioia, pace, benevolenza, bontà (Gal 5,22), che essa produce. Se il discernimento è necessario per trovare la via della vita, altrettanto lo è per riconoscere la voce di chi ce ne vuole allontanare. Conoscere il cuore del Figlio e custodirne la Parola diventa per il discepolo del Signore la priorità assoluta.

23 Giugno 

Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza

Rimanete in me e io in voi, dice il Signore; chi rimane in me porta molto frutto.

(Giovanni 15,4.5)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 104)
Rit: Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza.

Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.

Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.

Voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.

Rimanete in me e io in voi, dice il Signore; chi rimane in me porta molto frutto.

(Giovanni 15,4.5)

22 giugno, 2021

Pensiero del 22 giugno 2021

Le cose di DIO vanno custodite con cura. È Lui la Perla preziosa che non va dispersa nelle chiacchiere inutili.

Meditazione sul Vangelo di Mt 7, 6.12-14

Entrate per la porta stretta.
Il Vangelo di oggi riporta vari e sempre attuali ammonimenti di Gesù: «Non si deve rendere partecipi dei misteri della fede e della grazia quanti ne sono indegni. Il senso profondo della Parola di Dio, della Legge e dei Profeti, è quello di fare il bene agli altri, esattamente come vorremmo che venisse fatto a noi. Questa è la regola d’oro!». La salvezza esige rinunce. Vi s'arriva, non attraverso una porta spaziosa, ma tramite un passaggio stretto da varcare. Non si salva l’anima con la comodità; dobbiamo sempre avere presente il fatto che Gesù ci ha salvato sulla croce, sulla quale ha patito indicibili sofferenze ed umiliazioni.
I pitagorici rappresentavano la vita umana con la lettera “Y”. Chi la inizia dalla parte più stretta, più tardi troverà la più larga, al contrario, chi la comincia dalla parte larga, prima o poi si imbatterà in una strettoia. Il Vangelo, quindi, conferma questa massima. Ma l’insegnamento di Gesù arricchisce la saggezza umana con un senso più profondo, soprannaturale. La porta è Gesù stesso (Gv 10,7): la sua vita è stata stretta in tutti i sensi, è stata tutta vissuta nel segno della croce. Ma è proprio la via della croce che conduce alla luce della risurrezione e alla vita eterna. La vita spirituale cristiana è un’opera d’arte che dipinge nell’anima l’immagine di Dio:
«Per questo ogni santo è unico a modo suo». Ognuno di noi deve cercare d'essere consapevole di dove deve andare, e perciò non deve andare dove vanno tutti. Forse sulla nostra strada stretta non troveremo molti compagni o amici, ma sicuramente non saremo soli, perché cammineremo con Cristo. In senso stretto, la profanazione si riferisce al furto e alla distruzione degli oggetti sacri nelle chiese. In senso spirituale il concetto è più ampio. Ogni cristiano, infatti, è tempio, nel suo cuore risiede lo Spirito Santo (ICor 6,15), quindi, anche il corpo umano è sacro. San Paolo difende perciò la castità affermando che non si devono profanare le membra del corpo di Cristo (Gal 6,15). Oggi si parla di secolarizzazione: comportamenti, costumi e parole che perdono il nesso con la religione e diventano profani. In una società secolarizzata, i discorsi sulla preghiera e persino il segno della croce appaiono come estranei, stonati; ad essi viene attribuito soltanto un significato psicologico. Ecco che le cose sacre vengono veramente profanate: «Solo la fede può farle tornare al posto che Dio ha loro destinato».

22 Giugno

Signore, chi sarà ospite nella tua tenda?

Io sono la luce del mondo, dice il Signore; chi segue me avrà la luce della vita.

(Giovanni 8,12)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 14)
Rit: Signore, chi sarà ospite nella tua tenda?

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

Io sono la luce del mondo, dice il Signore; chi segue me avrà la luce della vita.

(Giovanni 8,12)


21 giugno, 2021

Pensiero del 21 giugno 2021

 Meditazione sul Vangelo di Mt 7, 1-5

La pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello.

Il Vangelo di oggi ci insegna che la nostra prima preoccupazione deve essere quella di correggere gli altri ma di migliorare noi stessi. Noi siamo come maestri esigenti e insuperabili quando sono in causa i difetti del nostro prossimo, ma totalmente accondiscendenti quando si tratta di noi. Ecco l’ammonimento di Gesù: preoccupati prima della tua perfezione, innanzitutto correggi te stesso! Questo di Gesù è un monito a sorvegliare le nostre parole e le nostre azioni e più ancora ad acquistare sempre più una serietà di mente e di cuore.


È facile dire: non giudicate! In realtà ogni pensiero umano è un giudizio! Nel momento stesso in cui l’uomo prende atto dell’esistenza di una realtà già la giudica. I giudizi umani possono essere giusti o ingiusti,  approfonditi o superficiali. La morale considera peccato ogni giudizio avventato, non volto al bene del prossimo, specialmente se viene dato ad alta voce. Dunque, l’uomo non può fare a meno di giudicare, e la logica esige che si giudichi in modo imparziale; il Vangelo ci esorta ad astenerci da qualsiasi giudizio. Come risolviamo la contraddizione? Occorre distinguere le cose dalle persone. Le cose possiamo giudicarle; anzi, esse devono essere sottoposte all’analisi e messe alla prova. Anche le persone possono essere osservate ma Dio solo conosce il cuore umano e perciò l’ultimo giudizio sugli uomini spetta a lui. Nelle storie edificanti dei Padri del deserto egiziano si racconta di un abate che portava sulla schiena un grande sacco e ne teneva un altro, piccolo, legato davanti agli occhi. Richiesto di una spiegazione, diede la seguente risposta: “Il sacco grande rappresenta i miei tanti peccati e l’ho messo sulla schiena per non vederli; nel sacchetto piccolo ci sono i peccati degli altri, e lo tengo davanti agli occhi per piangere senza sosta per loro”. Psicologicamente siamo portati a notare meglio i peccati degli altri che non i nostri. Il prossimo ci sta davanti agli occhi, noi stessi invece, ci vediamo solo riflessi allo specchio. È quindi un saggio consiglio quello di cercare di guardare il prossimo come se guardassimo noi stessi. Attraverso gli altri possiamo prendere coscienza dei nostri comportamenti sgradevoli e tenercene lontani.

21 Giugno

Beato il popolo che Dio ha scelto come sua eredità

La parola di Dio è viva, efficace; discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.

 (Ebrei 4,12)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 32)
Rit: Beato il popolo che Dio ha scelto come sua eredità.

Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

La parola di Dio è viva, efficace; discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.

 (Ebrei 4,12)