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13 marzo, 2022

13 marzo 1995 | Franciszek Gajowniczek è morto all'età di 94 anni. Era un soldato ed ex prigioniero di #Auschwitz (no. 5659). È stato salvato dalla morte di fame nel bunker del campo dal sacrificio del francescano Massimiliano Kolbe

 


13 marzo 1995 | Franciszek Gajowniczek è morto all'età di 94 anni. Era un soldato ed ex prigioniero di
#Auschwitz (no. 5659). È stato salvato dalla morte di fame nel bunker del campo dal sacrificio del francescano Massimiliano Kolbe, che si è offerto volontario per prendere il posto di Gajowniczek.

"Non potevo dire niente o dire grazie, ci siamo solo guardati entrambi e così se n'è andato. Lui è stato portato via, e io sono tornato al quartiere. Dopodiché, non ho più potuto realizzare per molto tempo cosa fosse realmente accaduto," Franciszek Gajowniczek.
Scopri di più su Franciszek Gajowniczek: https://en.wikipedia.org/wiki/Franciszek_Gajowniczek



✝ Pensiero del 13 marzo 2022

 

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Meditazione sul Vangelo di Lc 9,28-36

Vi sarà capitato qualche volta nella vita di stare nella sofferenza e di non vederne il fondo o di sentirvi oppressi da pensieri di disperazione e non percepire un minimo di speranza. Ti basterebbe un sorriso, una parola di comprensione o di umana partecipazione: sarebbe quel colpo d’ala che ti ridà fiato, che ti permette di tornare ad appassionarti alla vita. Invece, no! Al massimo qualche pietoso inganno, che ha le gambe più corte del tempo consumato a dirlo, oppure una frase fatta che ti ripetono tutti. Non si sentono proprio così i discepoli di Gesù, ma ci sarebbero incappati presto con la loro ingenuità o forse superficialità nel pensare a quello che sarebbe toccato loro vivere di lì a poco, quando Gesù sarebbe stato braccato dal male e dalla morte. “Come faranno questi poveri pescatori, che mi stanno dietro con tenacia, a reggere la vista di me, appeso a un patibolo? Come si risveglieranno dalla loro beata incoscienza incapace di leggere la vita con verità? Come faranno a capire che il Regno di Dio si inaugura con una croce?”. Gesù ne chiama tre: Pietro, Giacomo e Giovanni, così dice il vangelo che ora ascoltiamo: Questo Gesù splendente nella gloria, sperimentato nella dolcezza e grandezza della paternità di Dio li riempie di stupore, fa perdere loro le dimensioni della ragione: “Non sapeva quel che diceva”. Hanno fatto, per quanto è possibile a degli uomini, l’esperienza di Dio. I loro occhi hanno potuto penetrare nel mistero di quell’uomo che si diceva figlio di Dio.  Allora non sono solo frasi quelle che dice! Non è solo forza di carattere, fascino, capacità umana travolgente di dare speranza quella che abbiamo sperimentato lungo le strade della Palestina! Questi è il Figlio mio l’eletto: ascoltatelo. Hanno potuto, sebbene per poco, fissare lo sguardo su Gesù. Abbiamo una vita cristiana fatta troppo d'attività, di elucubrazioni, di opere e pure di sforzi etici per superare i nostri difetti. È vero, siamo troppo autocentrati. Siamo incapaci di alzare lo sguardo. Non ci misuriamo con Lui, ma stiamo a vedere che cosa riusciamo a fare noi e lentamente perdiamo la fede. Chi ci guarda non vede Gesù nella nostra vita, chi ci vede andare a messa la domenica non percepisce che andiamo a incontrare Lui, chi ci vede pregare non riesce a capire che stiamo dialogando e forse lottando con Lui. La conseguenza della mancanza di contemplazione è la riduzione del vangelo a somma di norme morali senza anima, cioè a un galateo, a una pur corretta applicazione alla propria vita di norme morali giuste, ma senza amore, tentate del riportare il vangelo alla sapienza umana del “si fa per dire”, addomesticandolo con un po’ di buon senso. Scegliendo di contemplare il Volto, ci vogliamo dire che il centro della nostra esistenza è Lui: «La sua persona, la sua vita. Questo è guardare la vita in Trasfigurazione, in trasparenza; non è autosuggestione, ma è avere gli occhi dello Spirito, che ci permette di cogliere i tratti dell’umanità di Gesù nella nostra umanità per incontrarlo ancora vivo e poterlo amare in ogni persona».

Domenica 13 Marzo 
S. Sabino; S. Cristina; S. Ansovino
2.a di Quaresima (anno C)

Il Signore è mia luce e mia salvezza
Gn 15,5-12.17-18; Sal 26; Fl 3,17 – 4,1; Lc 9,28-36

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!».
Lode e onore a te, Signore Gesù!

 (Marco 9,7)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 26)
Rit: Il Signore è mia luce e mia salvezza.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
Di chi avrò timore?».

Il Signore è difesa della mia vita:

«Di chi avrò paura?».


Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!».
Lode e onore a te, Signore Gesù!

 (Marco 9,7)

12 marzo, 2022

San Massimiliano di Tebessa

 San Massimiliano di Tebessa

Nome: San Massimiliano di Tebessa
Titolo: Martire
Nascita: 274, Tebessa
Morte: 12 marzo 295, Tebessa
Ricorrenza: 12 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Fu un obiettore di coscienza, ma di coscienza luminosamente cristiana, sempre desta e operante. Giovane casto, rettissimo, mite, caritatevole, egli era figlio del veterano Fabio Vitto-rio e come tale, a vent'anni avrebbe dovuto indossare le armi, portando al collo la medaglia dell'imperatore.

Sono rimasti gli atti del processo, avvenuto in Africa, a Tabessa, al tempo del Proconsole Dione Cassio.

« Sono soldato di Cristo - disse Massimiliano -e mi rifiuto di portare al collo la medaglia del-l'Imperatore ».

Il Proconsole lo avvertì: « Poiché ti rifiuti di servire l'Imperatore con le armi, incorrerai nel-la sentenza di morte ». Massimiliano non pro-testò, non inveì contro il Proconsole, non male-dì l'Imperatore. Disse sommessamente: « Sia resa grazia a Dio ».

Venne condotto al supplizio, e per la via andava dicendo: « Fratelli amati, obbedite a Dio per meritare una corona come la mia ». Rivolto al padre lo pregò: « Dona al milite che mi colpirà il vestito nuovo che mi avevi preparato. E noi, tutti e due, senza rancore, glorifichiamo il Signore ».

Fu così decapitato. Una matrona, di nome Pompeiana, chiese ed ottenne il corpo del giovane martire. Sopra una lettiga lo trasportò a Cartagine, dove venne seppellito. Tre giorni dopo Pompeiana moriva e di lì a poco anche il padre di Massimiliano, pieno di consolazione, lasciò la terra per il cielo.

Massimiliano si sentiva cittadino non del mondo, ma del cielo. Obbediva a Dio con completa adesione d'anima e di spirito. La sua vera patria non era quella governata dall'Imperatore, al quale non chiedeva nulla, e nulla doveva, né ricchezza, né potenza, né onori. Era un cristiano puro, che poteva donare la propria veste al soldato che l'uccideva, senza il minimo rancore e senza la più piccola in-certezza, perché la morte del corpo significava per lui la vita eterna dell'anima.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Tebessa in Numidia, nell’odierna Algeria, san Massimiliano, martire, che, figlio del veterano Vittore e anch’egli arruolato nella milizia, rispose al proconsole Dione che a un fedele cristiano non era lecito servire nell’esercito e, rifiutatosi di prestare il giuramento militare, fu giustiziato con la spada.


San Luigi Orione

 San Luigi Orione


Nome: San Luigi Orione
Titolo: Sacerdote e fondatore
Nascita: 23 giugno 1872, Pontecurone
Morte: 12 marzo 1940, Sanremo
Ricorrenza: 12 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


«Che cosa può venire di buono da Pontecurone?». Con questa frase, tutt'altro che incoraggiante, un frate francescano del convento di Voghera accoglieva il piccolo Luigi Orione che aveva chiesto di entrarvi per farsi frate. Pontecurone, dove egli nacque il 23 giugno 1872, era un oscuro paese della provincia alessandrina. Il padre faceva lo stradino e politicamente stava dalla parte di chi, pur di cambiare le cose che andavano davvero male, era disposto anche ad andare per le spicce. Sua madre, invece, era tutta casa e chiesa.

D'estate, al tempo della mietitura, la mamma andava a spigolare trascinandosi dietro il piccolo Luigi. «Il pane per i poveri è sacro gli diceva — e neppure una briciola deve andare perduta». E si inchinava lei stessa a raccoglierla. Quel gesto, di raccogliere e portare alla bocca ogni pezzo di pane, divenne anche per Luigi un'abitudine. Che un giorno gli costò cara. I compagni di collegio, avendo notato il suo innocente vezzo, buttavano pezzi di pane che poi con sottile perfidia si affrettavano a calpestare. E quando Luigi, obbedendo al suo istinto, si chinava a raccogliere le briciole, era un coro di risate. Per tutta la vita, in verità, non farà che curvarsi per sollevare gli emarginati, i disgraziati abbandonati a se stessi da una società gretta e meschina.

A Voghera Luigi non stette per molto: una broncopolmonite lo costrinse a lasciare il convento. Il papà lo prese allora con sé a lavorare lungo le strade: un buon noviziato, che gli fece conoscere il mondo operaio, un mondo difficile, di gente sfruttata e arrabbiata, un po' anticlericale ma non lontano da Cristo. Poi Luigi conobbe don Bosco che lo prese con sé a 'Torino e lo coinvolse nelle sue iniziative a favore dei ragazzini che la durezza della vita aveva ridotto a vivere nei marciapiedi delle città. Ma alla vigilia del noviziato, quando don Bosco pensava ormai di avere un confratello in più, inspiegabilmente Luigi Orione lasciava Torino c chiedeva di essere accolto nel seminario diocesano di Tortona.

In seminario Orione non fu mai un chierico come gli altri. L: ansia per i ragazzi male in arnese, che don Bosco gli aveva comunicato, gli fece fare cose che di solito i chierici non fanno. Un'estate, quando i chierici tornavano in famiglie, Luigi chiese di restare. E poiché il seminario chiudeva, il rettore gli mise a disposizione una stanzetta, un bugigattolo nel soffitto della cattedrale, che al caldo estivo era tutt'altro che un luogo di delizie.

Un giorno la porta della sua stanzetta si aprì per accogliere un ragazzino cacciato dalla scuola di catechismo perché turbolento. Qualche giorno dopo una frotta di marmocchi invadeva la soffitta del duomo, contenti di passare qualche ora con quel chierico un po' matto che si faceva in quattro per loro. Un po' meno contenti furono i piissimi canonici, disturbati nel loro devoto salmodiare dai rumori «sospetti» provenienti dalla soffitta.

Disturbare la preghiera dei canonici fu considerato quasi un delitto e Orione dovette sloggiare, accompagnato dalla fama di soggetto poco raccomandabile. Ma non tutti furono d'accordo con quella sbrigativa definizione, non il vescovo, monsignor Igino Bandi, che, apprezzando l'iniziativa del chierico Orione, gli mise a disposizione il proprio giardino, presto trasformato in oratorio. Ma anche lì la storia durò poco. Qualcuno ravvisò nel gruppetto di ragazzini un covo di papalini antipatriottici e sovversivi. E si diede da fare perché il patronato venisse chiuso.

E l'oratorio chiuse i battenti. Ma Orione si inventò qualche altra cosa: aprì un piccolo collegio per seminaristi poveri, con la benedizione del vescovo. L'iniziativa per un po' funzionò, ma poi alcuni malintenzionati misero in giro la voce che Orione fosse indebitato fino al collo. 11 vescovo fu costretto a prendere delle precauzioni per non trovarsi nei guai. E Orione si trovò da solo. Ma non mollò l'impresa. «Aiutati ché il ciel t'aiuta», dice la saggezza popolare e lui, dandosi da fare, trovò i soldi per pagare l'affitto del locale che ospitava il collegio. Per mettere tutti a tacere. La Piccola opera della divina provvidenza, una delle sue iniziative più incisive, nascerà da quel collegio, della provvidenza, è il caso di dire. Aveva allora solo ventuno anni. Ed era ancora chierico. Sacerdote lo divenne due anni dopo, nel 1895.

Ancora chierico ne aveva combinata un'altra delle sue. Il patriarca di Venezia — Giuseppe Sarto, il futuro Pio X — aveva invitato nella città della Serenissima, per dirigere il coro della basilica, il chierico Lorenzo Perosi, compagno di corso di Orione e promettente musicista.

Notizie che giungevano dalla città di san Marco avevano inquietato il severissimo papà Perosi, il quale un giorno andò a confidare a Orione le sue angustie. Secondo lui, il cardinale Sarto stava «viziando» suo figlio: lo invitava a pranzo, giocava con lui ai tarocchi, gli offriva sigari... Orione, contagiato dal sacro furore di papà Perosi, prese carta e penna e inviò una lettera di rimproveri al cardinale. Se ne pentì subito, ma ormai la frittata era fatta. Il patriarca Sarto, letta la lettera dell'audace chierico, si vendicò, ma a suo modo: inviandogli un pezzo di stoffa per la talare che avrebbe indossato il giorno della prima messa. Quando, anni dopo, don Orione sarà ricevuto in udienza, Pio X, mostrandogli la lettera che aveva posto nel breviario come segnalibro, gli dirà: «Certi rimproveri fanno bene ai patriarchi».

Intanto la Piccola casa della divina provvidenza prendeva piede. A don Orione si era aggregato un altro sacerdote, don Sterpi, suo futuro successore, e con lui tanti giovani che volevano essere della compagnia. E l'iniziativa cresceva. Don Orione era un vulcano. Una ne faceva e cento ne pensava. La Casa della provvidenza divenne più di una e a esse si affiancarono presto asili, scuole professionali, centri giovanili, ospedali... In Italia e fuori Italia, in Brasile e Argentina. Troppo successo, per non suscitare nei soliti invidiosi qualche sospetto: dove trovava i soldi quel pasticcione di prete? II suo castello era solido o poggiava su un mare di debiti? Perché non era mai in casa ma sempre in giro per il mondo?...

Sospetti e altro ancora finirono raccolti in un bel dossier che monsignor Bandi dovette leggersi. E non ne fu contento. Tanto che, chiamato don Orione, gli disse con tono che non ammetteva repliche: «La Piccola opera della divina provvidenza deve essere chiusa».

Il monsignore si aspettava chissà quali reazioni. Don Orione rispose solo: «Obbedisco». Sollecitato poi dal vescovo, sconcertato dalla secca risposta, a esplicitare la sua opinione, egli si mise in ginocchio dicendo: «Eccellenza, domani lei non può celebrare la messa perché ha compiuto un'ingiustizia troppo grossa».

Tre mesi dopo l'Opera di don Orione otteneva dal vescovo l'approvazione ufficiale, insieme alla raccomandazione di dare basi solide all'istituzione, perché non finisse travolta dai debiti. Don Orione promise. Ma intanto chiedeva di poter aprire una 'uova casa a Borgonovo, nel piacentino, per ospitarvi i più poreri tra i poveri. E il vescovo glielo concesse perché, in fondo, aveva fiducia in quel suo prete un po' pasticcione, è vero, ma mimato da una grande passione che aveva nell'amore di Dio e iel prossimo la sua origine.

Nel 1908 Messina veniva rasa al suolo dal terremoto. Don Orione fu tra i primi a portare soccorso in nome del papa e della carità cristiana. E mentre gli anticlericali lo accusavano di essere una spia del Vaticano e chiedevano che fossero incamerati tutti i beni ecclesiastici per soccorrere i terremotati, don Orione scriveva mirabili pagine di Vangelo vivo, «incamerando» duemila orfanelli nei suoi collegi. Quando Pio X lo nominò vicario generale della diocesi disastrata, un canonico gli offrì un materasso e una stanza scampata alla devastazione. Ma lui cedette tutto a una famiglia senza casa e andò a dormire in un vagone ferroviario.

Erano tempi duri, di miseria, di fame e di lotte. Gli operai e i poveri lo ebbero sempre dalla loro parte. Tanto che i socialisti di Alessandria lo chiamavano «il nostro prete». In una predica incitò provocatoriamente i poveri a rubare: «Non nella terra dei poveri — specificò —, ma in quella dei ricchi. Andate nella proprietà di Pedenovi (suo amico, che sapeva presente in chiesa). Però non portategli via la carretta ma solo il canestro».

Anche il terribile terremoto della Marsica (1915) lo vide prodigarsi in prima persona e con gesti di carità al limite della legalità. Per portare in salvo dei bambini, ad esempio, requisì l'automobile del re, il quale, presente alla scena, non osò opporsi. Tra i bambini che un giorno accompagnò alla stazione per portarli in un suo collegio in Liguria, c'era anche un ragazzetto che nel terremoto aveva perso tutta la sua famiglia, Ignazio Silone. Intervistato in seguito su quali personaggi l'avessero più colpito, il celebre scrittore disse: «Don Orione e Trotskij: il primo non era il cristiano della domenica mattina; il secondo non era il rivoluzionario del sabato sera».

Mentre imperversava la prima grande guerra con le sue drammatiche vicende, don Orione diede le ultime rifiniture alla Piccola opera, che articolò in cinque rami: i piccoli figli della divina provvidenza, le piccole suore missionarie della carità, gli eremiti di sant'Alberto, le figlie della Madonna della Guardia o sacramentane e i fratelli laici coadiutori. Le sacramentine e gli eremiti, due comunità contemplative, che accolgono anche i ciechi di solito rifiutati dagli istituti religiosi perché non idonei, sono il fiore all'occhiello di don Orione, e il motore di tutte le sue altre attività. E nell'eremo di Sant'Alberto don Orione si rifugiava per disintossicarsi dai veleni delle critiche che da più parti gli venivano mosse: cosa normale per chi realizza qualcosa di importante. Ebbe però anche attestazioni di stima da importanti personaggi della chiesa, come monsignor Roncalli (Giovanni XXIII). 11 cardinale Pacelli (futuro Pio XII), mentre si recava in nave al Congresso eucaristico di Buenos Aires come legato pontificio, a chi gli chiedeva la benedizione rispondeva, indicando don Orione, compagno di viaggio: «Andate da lui: è un santo».

Ai primi di marzo del 1940 don Orione si ammalò gravemente. Aveva chiesto di essere portato a Borgonovo (Piacenza) in quella che considerava la più povera delle sue case. Invece lo trasferirono nella sede di Sanremo, sperando che il buon clima fosse favorevole alla sua salute. Invece il 12 marzo moriva. Scrivendo un giorno all'amico padre Stefano Ignudi, un francescano conventuale di grande cultura, don Orione aveva chiesto: «Ci sarà il ballo in Paradiso?». Non era una irriverenza, ma un suo modo per sottolineare che la chiesa deve essere il luogo della festa e non dei funerali, della Pasqua e non solo del venerdì santo; una chiesa dell'osare e non solo dell'attendere in pantofole; con un briciolo di pazzia...

Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 26 ottobre 1980 e proclamato Santo dallo stesso Papa il 16 maggio 2004.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Sanremo in Liguria, san Luigi Orione, sacerdote, fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza per il bene dei giovani e di tutti gli emarginati.

✝ Pensiero del 12 marzo 2022

 

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Meditazione sul Vangelo di Mt 5,43-48

Vuoi essere cristiano? Non è per anime comode.

Se c‘è una maschera intollerabile ai nostri giorni, è quella del perbenismo, del politicamente corretto. Non bisogna stare da nessuna parte, possibilmente sempre in mezzo, cioè né di qua, né di là. Non si deve offendere la sensibilità, non si deve esagerare, occorre tenere i piedi per terra, avere il senso della realtà, regolare la vita con il cosiddetto buon senso. Religiosi sì, ma non troppo: buoni sì, ma non sempre, altrimenti ti prendono per buono a nulla; convinti sì, ma non senza riserve, altrimenti passi per estremista; cristiani sì, ma trattabili su tutto e per tutti. La religione cristiana è vista come un galateo che regola la buona educazione. Essere educati ma in un tempo in cui tutti si sforzano, e ci riescono no troppo bene, ad essere villani, non è proprio un difetto, ma essere cristiani non è un’atmosfera tiepida, non è un aggiustamento per andare tutti d’accordo, non è fare la media dei comportamenti e collocarsi sempre in zona mediana. Sono venuto per portare fuoco su questa terra e ardo dal desiderio che accenda e bruci. Il punto di arrivo dov’è’? Siate perfetti come il Padre vostro celeste che sta nei cieli. Non è cosa da poco. Gesù non ci chiede il minimo, ma il massimo. Essere cristiani non è adattarci alla media dei comportamenti delle persone per bene, ma essere in certo modo trasgressivi. Non si tratta di dire solo tanti rosari al giorno, cosa del resto meritevole, ma di far sperimentare a tutti come l’essere credenti cambi veramente il modo di pensare, di vivere, di rapportarsi con tutti. Amare gli amici, fare dei favori a chi ti vuole bene, essere cordiali con chi ti è simpatico, star bene con i buoni, invitare chi ti può a sua volta ricambiare è quello che fanno tutti; amare i nemici, porgere l’altra guancia, rimanere fedeli anche nella prova, amare i figli anche quando ti fanno soffrire, mettere in secondo piano le nostre difficoltà pur di salvare la famiglia, resistere nella fede anche quando non vediamo niente e ci sembra di essere abbandonati… Ecco, questi sono gesti che si avvicinano all’essere cristiani. Oggi o si è cristiani fino in fondo o non vale la pena di esserlo. Solo una vita così porta speranza al nostro mondo appiattito.

Occorre però sapere dove sta la sorgente di questa speranza.

Sabato 12 Marzo 
Beato chi cammina nella legge del Signore
1.a di Quaresima
Se consideri le colpe, Signore, chi ti può resistere?
Dt 26,16-19; Sal 118; Mt 5,43-48

11 marzo, 2022

✝ Pensiero del 11 marzo 2022

  

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

La divisione, è il nucleo che genera, ogni guerra. L'Opera di Dio, è un cammino che conduce alla Misericordia e alla Pace.

Meditazione sul Vangelo di Mt 5,20-26

Chiedere non costa proprio niente.

Sta sviluppandosi una tendenza abbastanza generalizzata che è quella che ciascuno si costruisce il suo Dio, ciascuno se lo fa bello, buono, grande, giusto come piace a lui. Se lo costruisce e distrugge come gli piace, lo fa esistere quando gli serve e come gli serve, lo dipinge cattivo o buono a seconda dei sentimenti che gli suggeriscono le fiction della TV, lo immagina fatto a suo uso e consumo. In questa arte dell’invenzione, la cosa più interessante e pericolosa è che Dio è visto come uno da godere o incontrare in privato, da soli, in un rapporto creatore-creatura senza interferenza alcuna. Così c’è il devoto che va a pregare perché gli possa andar bene la prossima rapina o porta la decima delle estorsioni che è riuscito a esigere, la donna di strada che lo ringrazia del guadagno della giornata, il donnaiolo per averla fatta franca, il ricco possidente di una fabbrica con cui guadagna sulla pelle dei dipendenti. Cose strane, del secolo scorso, eppure i nostri santuari, le nostre chiese sono piene anche di questi fedeli, e noi pure nel nostro piccolo usiamo Dio a nostro piacimento. C’è una frase nel vangelo chiarissima, che ribalta tutto questo modo comodo che abbiamo inventato di tenerci buono Dio: “Se presenti il tuo dono a Dio e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta lì, accanto all’altare, va’ a riconciliarti prima con tuo fratello, poi vieni presentare il tuo dono”. Il rapporto con Dio non puoi averlo se stai arrabbiato col prossimo, se non guardi in faccia il tuo vicino, se in casa semini continuamente odio, se hai cancellato dalla tua vita le persone. Forse fare Quaresima è anche questo. È chiarissimo: non c’è rapporto con Dio nella verità se non è collocato nella bontà di un rapporto con gli altri. Purtroppo molti si nascondono dietro una religiosità di facciata: sempre mascherata rimane, mai vita vera. La religione è forza e speranza di pace e concordia.

Possiamo avere speranza di una comunione autentica con tutti e con Dio?

Ma questa speranza chi me la dà?

Venerdì 11 Marzo 
S. Sofronio; S. Pìonio; S. Eulogio
1.a di Quaresima
Se consideri le colpe, Signore, chi ti può resistere?
Ez 18,21-28; Sal 129; Mt 5,20-26

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore. Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

(Ezechiele 18,31)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 129)
Rit: Se consideri le colpe, Signore, chi ti può resistere?

Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:

«Così avremo il tuo timore».


Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.

Più che le sentinelle all’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore. Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

(Ezechiele 18,31)

10 marzo, 2022

✝ Pensiero del 10 marzo 2022

  

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Meditazione sul Vangelo di Mt 7,7-12

Chiedere non costa proprio niente.

Molta gente dice che non è corretta nel pregare, perché si rivolge a Dio solo per chiedergli qualcosa. Io purtroppo prego solo quando ho bisogno, poi quando ho ottenuto quello che ho chiesto non prego più, fino alla volta successiva, sempre perché ho qualcosa da chiedere. Che cosa penserà Dio di me? Bell’amico sei! Vieni da me solo per interesse! Dal punto di vista umano è un discorso che fila, ma per il Signore non è questo il problema. Lui non è un calcolatore, uno che segna tutte le cose che ci dà per poi presentarci il conto. Dio ama gli uomini che sanno fare progetti, che hanno a cuore la loro vita, che sanno sognare. E che cosa è una preghiera di domanda a Dio se non dirgli che abbiamo qualcosa cui teniamo molto, che per noi e importante, di fronte alla quale ci sentiamo impotenti, e vogliamo che sia Lui a darci quella forza che da noi non siamo capaci di avere? Abbiamo un sogno da realizzare e lo vogliamo affidare a Lui. Non è che vogliamo scansare la fatica di impegnarci in prima persona. Se chiediamo che vada bene un esame non è che non studiamo, ce la mettiamo tutta e poi ci affidiamo a Dio. Anzi, la preghiera ti permette pure di avere la calma di chi sa che non gli può accadere nulla di male, che Dio sicuramente ti ritiene sempre un figlio. E se le cose non vanno per il verso che diciamo noi, non è detto che siano un male. Forse lo è per quel momento che stiamo vivendo. Ma Dio ha la vista lunga, se ti affidi a Lui non sbaglia mai. La preghiera ha sempre una risposta anche se non è quella che tu vuoi. Lascia fare a Dio che ha in mano la storia del mondo e di ciascuno di noi. La preghiera è chiedere, cercare, bussare, non è importunare Dio per estorcergli ciò che vogliamo. È l’atteggiamento del figlio: chiediamo non per forzare la mano, ma per aprire la nostra a quello che lui ci vuol donare. Ma noi faremo così con quelli che ci chiedono qualcosa o siamo della serie di quelli che non ascoltano nessuno, che anziché dare qualcosa, offrono con una mano e portano via con l’altra? Siamo una speranza per quelli che ci incontrano oppure siamo sempre e solo dei profittatori?

Dove troviamo la forza di essere per tutti una vera speranza?

Giovedì 10 Marzo 
Ss. Caio e Alessandro; S. Vittore; S. Simplicio
1.a di Quaresima
Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto
Est 4,17; Sal 137; Mt 7,7-12

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore. Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

 (Salmo 50,12)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 137)
Rit: Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:

«Hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza».


La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:

«Non abbandonare l’opera delle tue mani».

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore. Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

 (Salmo 50,12)

09 marzo, 2022

San Domenico Savio

 San Domenico Savio


Nome: San Domenico Savio
Titolo: Adolescente
Nascita: 2 aprile 1842, Riva di Chieri, Torino
Morte: 9 marzo 1857, Mondonio, Asti
Ricorrenza: 9 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Figlio di modestissima gente, ma ricca di virtù cristiane, Domenico Savio nacque a Riva di Chieri in Piemonte, il 2 aprile 1842. Il fanciullo, dotato di indole mite e di vivace ingegno, fu ammesso, raro esempio per quei tempi, alla S. Comunione non ancora settenne.

Confortato dal pane celeste, il fanciullo crebbe amato da tutti per la sia dolcezza ed il suo candore. La Divina Provvidenza dispose che un così eletto fiore fosse più sicuramente custodito, facendolo andare nell'oratorio che S. Giovanni Bosco aveva aperto a Torino.

Quell'insigne educatore accolse con gioia il nostro Domenico così desideroso di farsi santo.

In questa palestra di educazione cristiana adunque, dove Domenico Savio entrò nell'ottobre 1854, rifulsero in lui tutte le virtù del perfetto alunno.

Osservante della disciplina ed attento nello studio, risplendeva in modo particolare per l'innocenza dei costumi.

S'interessava del bene del prossimo con un ardore quasi incomprensibile in un tenero adolescente. Aiutava i compagni in tutto: consolava gli afflitti, correggeva fraternamente gli erranti, induceva con dolcezza i più negligenti ad accostarsi ai Ss. Sacramenti, sopportava con pazienza quelli che lo molestavano, rappacificava coloro che avevano bisticciato.

Un giorno, alcuni volevano andare a fare un bagno con grave pericolo per l'anima e per il corpo. Domenico lo seppe e cercò di dissuaderli. Ma quando li vide decisi ad andare, disse loro risolutamente:
- No, non voglio che andiate.
- Noi non facciamo alcun male.
- Voi disubbidite ai vostri superiori, vi esponete al pericolo di dare o di ricevere scandalo e di rimanere vittime dell'acqua: e questo non è un male?
- Ma noi abbiamo un caldo che non ne possiamo più.
- Se non potete più tollerare il caldo di questo mondo, potrete tollerare il caldo dell'inferno?
- Ed i giovani cambiarono parere.

La sua devozione era rivolta soprattutto alla SS. Eucaristia e alla Beata Vergine Maria. Il suo motto era: « La morte, ma non peccati ».

Contro l'aspettazione di tuffi, dopo pochi giorni di malattia, con una morte placidissima, rese l'innocente anima a Dio il 9 marzo 1857.

« Oh che bella cosa che vedo mai! » (Domenico Savio in punto di morte)

La sua festa ricorre il 9 marzo, il 6 maggio invece per la Famiglia Salesiana e le diocesi del Piemonte.

PRATICA. La devozione a Gesù Eucaristico e alla Vergine Immacolata sia ben radicata nel vostro cuore

PREGHIERA. Signore Iddio, che sei circondato in cielo dai gigli dei campi, concedi a noi tutti di conoscere la necessità dell'eterna salvezza.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Mondonio in Piemonte, san Domenico Savio, che, fin dalla fanciullezza di animo dolce e lieto, ancora adolescente percorse speditamente la via della cristiana perfezione.


✝ Pensiero del 09 marzo 2022

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S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Meditazione sul Vangelo di Lc 11,29-32

I segni della vita vera, sono già tra noi.

Più uno si guarda allo specchio, meno vede gli altri; più si è autocentrati, meno ci accorgiamo delle belle cose che abbiamo attorno: «Delle persone, della natura, delle occasioni, dei fatti decisivi per la vita». Più stringiamo l’orizzonte su di noi, meno ci accorgiamo di quello che di importante capita proprio tra di noi. Sicumera la si chiama questo atteggiamento di sentirci l’ombelico della terra, di aver risolto tutto perché noi siamo bravi, di sentirci autosufficienti e autoreferenziali. Tutto ci è dovuto, tutto è scontato, tutto è scolorito. Erano così anche gli abitanti della Palestina al tempo di Cristo, i suoi stessi compaesani, gli uomini del potere e della religione. Nel loro tessuto di relazioni c’era Gesù, ma non si accorgevano. Lui diceva di sé e del Regno di Dio, ma non gli credevano. Molta gente veniva da ogni parte per ascoltarlo e loro lo davano per scontato. Anzi volevano una prova ogni giorno. Non bastavano le sue parole, i segni della sua forza e della sua bontà. I ciechi che tornavano a vedere, i disperati che tornavano ad avere fiducia nella vita, volevano segni straordinari, eclatanti e inequivocabili. Il giorno dopo ne avrebbero voluto un altro ancora più strepitoso. La verità era che non volevano cambiare. Stavano troppo comodi nella loro routine quotidiana. Se avessero creduto a Gesù, avrebbero dovuto cambiare alla grande, il loro potere sarebbe stato messo in difficoltà. Molta gente ci invidia la nostra fede cristiana, molti cercano la verità, vorrebbero poter dialogare con il Dio di Gesù Cristo, se avessero a disposizione il vangelo sarebbero felici. Noi invece lo buttiamo, la religione la sopportiamo, ci siamo abituati al vangelo. L’abbiamo perfino sbiadito; il nostro modo di credere ha perso nerbo. Forse anche noi vorremmo dei miracoli, per essere confermati, ma il miracolo vero è sempre e solo Gesù, il risorto, colui per il quale i martiri della nostra terra hanno testimoniato con la vita. Sono i nostri avi che hanno costruito queste nostre città, queste chiese, perché erano sicuri della fiducia che avevano posto in Gesù. In lui hanno sempre trovato la speranza.

E noi dove la poniamo questa speranza?

Mercoledì 9 Marzo 
S. Francesca Romana; S. Caterina da Bologna; S. Domenico Savio
1.a di Quaresima
Tu non disprezzi, o Dio, un cuore contrito ed affranto
Gn 3,1-10; Sal 50; Lc

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore. Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!


(Gioele 2,12-13)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 50)
Rit: Tu non disprezzi, o Dio, un cuore contrito ed affranto.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocausti, tu non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. 

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore. Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!


(Gioele 2,12-13)


08 marzo, 2022

08 MARZO FESTA DELLA DONNA

 08 MARZO FESTA DELLA DONNA


Oggi, nella festa DONNA, il ricordo, va anche alla SIGNORA E MAMMA DEL GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO
ROSALIA CORBO.
AUGURI DI VERO CUORE.
Giunga fino, a LORO in Cielo, la nostra preghiera la nostra riconoscenza ed il nostro affetto.

08 MARZO FESTA DELLA DONNA

 08 MARZO FESTA DELLA DONNA

 
BUONA FESTA DELLA DONNA!

Dedichiamo questo post a tutte le donne di ieri, oggi e domani.
A quelle bambine, donne e ragazze che hanno perso la vita dietro il filo spinato di un lager nazista.
A chi è vittima di discriminazione di genere. A chi sogna di diventare donna. A chi è intrappolato in un corpo che non è il suo. A chi si ritrova a dover crescere troppo in fretta. A chi si pone domande. A chi cerca risposte.
A chi è vittima della guerra. A chi è vittima dell’indifferenza.
A tutte quelle donne che cadono e si rialzano. Che si rimboccano le maniche e vanno avanti.
A chi sorride nonostante gli occhi rigati di mascara. A chi mette una gamba davanti all’altra.
A chi chiede aiuto. A chi aiuta.
Dedicato a tutte le donne, di tutto il mondo.
Perché siete tutte speciali. In egual modo.

Federica Pannocchia
BUONA FESTA DELLA DONNA!

08 MARZO FESTA DELLA DONNA

08 MARZO FESTA DELLA DONNA


Le sorelle Brilleslijper Janny e Lien Le Donne della Resistenza Ebraica Olandese
Il tuo nome JANNY, significa Dio, è grazia, dall'ebraico e tu sei stata una grazia una luce, insieme a tua sorella Lien nel buio fitto dell'inferno che l'umanità potesse conoscere sulla Terra.
Continuate, a proteggere chi vi ha amato, vi ama e, continua ad amarvi nel ricordo.
Cara Janny, e Lien, vi giungano i miei più affettuosi e, sinceri auguri di cuore, fin lassù in quel cielo, dove un giorno, ci abbracceremo.
Baci da Barbara buona festa della donna

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