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26 luglio, 2021

Pensiero del 26 luglio 2021

 Il seme e il lievito dicono la Potenza di DIO in noi. Dal nulla sa trarre frutti di vita eterna.

Meditazione sul Vangelo di Mt 13,31-35

Senape e lievito.

La parabola del granello di senape presenta il contrasto tra del seme e la grandezza della pianta che produce. La piccolezza del granellino sottolinea l’aspetto insignificante e addirittura deludente degli inizi dell’avvento del regno di Dio: la venuta di Gesù corrisponde ben poco alle attese che gli ebrei avevano nei confronti del Messia (cfr. Mt 3,13-14; 11,2-3). La parabola del lievito ci insegna che il regno di Dio è presente nel mondo come un fermento che lo trasforma totalmente.

Gesù continua a parlare del regno di Dio e lo paragona a un granello di senapa e al lievito. Questa parabola probabilmente rispondeva alla domanda dei primi ascoltatori di Gesù: com’è possibile che il regno dei cieli possa presentarsi in modo così stentato? Il granello di senapa è ritenuto il più piccolo di tutti i semi. Ma, una volta cresciuto, riesce a raggiungere l’altezza di due o tre metri e può accogliere tra i suoi rami anche gli uccelli. Gesù dice che avviene così per l’opera del Vangelo: all’inizio si presenta modesta, insignificante, debole, come la più minuta delle sementi. Ed è vero. Cosa c’è di più debole del Vangelo? È solo una parola che può essere disattesa, dimenticata, allontanata. Tuttavia, se è accolta e fatta crescere, diviene ben visibile e allarga il suo influsso oltre noi stessi. Questa lezione viene ripresa nella parabola seguente. Una donna vuole cuocere del pane. Alla massa della farina aggiunge una piccola quantità di lievito; impasta il tutto e poi lo copre con un panno e lo lascia fermentare tutta la notte. Al mattino, tutta la pasta è fermentata da quel pugno di lievito. Anche qui l’evangelista fa notare la sproporzione tra l’umiltà dell’inizio e la grandezza della fine. Così avviene con la Buona Novella. Questo brano ci insegna che non conta il piccolo numero o la quantità poco appariscente; il nostro atteggiamento, molte volte, è opposto a questo insegnamento, quando cerchiamo di esaltare l’apparenza più che la sostanza. Possiamo essere attratti da molte cose, che in realtà sotto il loro aspetto gradevole ed allettante si dimostrano superflue. Vi è un duplice rischio in questo atteggiamento legato all’apparenza. Da una parte si rischi di non soddisfare le vere esigenze del nostro corpo e dello spirito, e dall’altro vi è il rischio di diventare noi stessi succubi di tutto ciò che riempie artificiosamente la nostra vita. La libertà dell’uomo e la sua dignità così spesso proclamata, si perdono in una schiavitù che alla fine banalizza la vita stessa.

26 luglio 

Rendete grazie al Signore, perché è buono

Per sua volontà il Padre ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature.

(Giacomo 1,18)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 105)

Rit: Rendete grazie al Signore, perché è buono.

Si fabbricarono un vitello sull’Oreb,
si prostrarono a una statua di metallo;
scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia erba.

Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
meraviglie nella terra di Cam,
cose terribili presso il Mar Rosso.

Ed egli li avrebbe sterminati,
se Mosè, il suo eletto,
non si fosse posto sulla breccia, davanti a lui
per impedire alla sua collera di distruggerli.

Per sua volontà il Padre ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature.

(Giacomo 1,18)

25 luglio, 2021

San Giacomo il Maggiore

 San Giacomo il Maggiore


Nome: San Giacomo il Maggiore
Titolo: Apostolo
Nascita: Betsaida
Morte: 43 circa, Gerusalemme
Ricorrenza: 25 luglio
Tipologia: Commemorazione




S. Giacomo il Maggiore fu uno dei dodici Apostoli. Perchè i Samaritani non avevano voluto ricevere i discepoli mandati da Gesù, Giacomo, col fratello Giovanni, si accostò al Divino Maestro e gli disse: « Signore, vuoi che diciamo al fuoco di discendere dal cielo a consumarli? ».

Ma Gesù benignamente rispose: « Non sapete di che spirito siete. Il Figlio dell'uomo non è venuto a perder le anime, ma a salvarle ». E S. Giacomo mostrò poi d'aver fatto frutto dell'eloquente lezione.

Nacque in Galilea circa dodici anni prima di Gesù. Era fratello di S. Giovanni, figlio di Zebedeo pescatore in Betsaida, sul lago di Tiberiade e di Salome, discepola di Gesù. L'appellativo « maggiore » gli venne dal fatto che la sua chiamata fu antecedente a quella dell'altro S. Giacomo, figlio di Alfeo, che fu detto perciò « minore ».

Chiamato all'apostolato da Gesù stesso, lo segui generosamente, abbandonando le reti e la barca del padre. Questa generosità gli fruttò una speciale benevolenza da parte del Divin Maestro sì da aver parte alle più intime confidenze di Lui: assistette con S. Pietro e S. Giovanni alla risurrezione della figlia di Giàiro, alla tua Trasfigurazione, partecipando pure molto da vicino all'agonia di Gesù nell'orto del Getsemani.

Essendo anch'egli uomo soggetto alle miserie, con S. Giovanni, come narra il Vangelo, consigliò sua madre Salome di domandare a Gesù che essi potessero entrare nel suo regno, e sedere alla destra e alla sinistra di Lui. Ed il Divin Maestro volto a loro disse: « Potete voi bere il calice che sto per bere, ed essere battezzati col battesimo col quale io sarò battezzato? ».

« Si, lo possiamo », risposero in fretta i due Apostoli. Ma Gesù replicò che in effetto essi avrebbero bevuto il suo calice, ma quanto all'essere collocati nei primi posti nel regno dei cieli era cosa spettante al Padre suo.

Disceso lo Spirito Santo nella Pentecoste, S. Giacomo fu uno dei più zelanti predicatori del Vangelo. tanto da spingersi fino in Spagna. Quivi lasciò un'impronta tale che molti secoli dopo, quando i Mori invasero quella terra mettendola a ferro e a fuoco, S. Giacomo era universalmente invocato e più di una volta fu veduto un guerriero celeste su di un cavallo bianco che faceva terribile strage degli infedeli.

Dalla Spagna tornato in Gerusalemme verso il 43, per ordine del re Erode Agrippa che voleva rendersi grato ai Giudei, fu fatto incarcerare e poi decapitare.

L'eroica confessione della sua fede convertì il soldato che l'aveva condotto ai giudici, il quale perciò ebbe anch'egli la grazia di morire martire. Il suo corpo, mèta di continui pellegrinaggi, riposa nella basilica di Compostela in Spagna.

PRATICA. In ogni sventura vediamo noi pure la mano di Dio che ci porge il calice, e diciamo prontamente: «O Signore, sia fatta sempre la tua santa volontà».

PREGHIERA. O Signore, santifica e custodisci il tuo popolo, affinché, muniti dell'assistenza del tuo apostolo Giacomo, possiamo piacerti con una degna vita, e servirTi con tranquillità di spirito.

MARTIROLOGIO ROMANO Festa di san Giacomo, Apostolo, che, figlio di Zebedeo e fratello di san Giovanni evangelista, fu insieme a Pietro e Giovanni testimone della trasfigurazione del Signore e della sua agonia. Decapitato da Erode Agrippa in prossimità della festa di Pasqua, ricevette, primo tra gli Apostoli, la corona del martirio.


Pensiero del 25 luglio 2021

 Gesù risorto, è Colui che vede la nostra fame di giustizia, di felicità, di Misericordia, di gioia e di pace, e la sazia.

Meditazione sul Vangelo di Gv 6,1-15

Il segno del pane

La folla seguiva Gesù “vedendo” i segni di guarigione da lui compiuti sugli infermi. Il segno del pane costituisce un significativo allargamento di orizzonte: esso è infatti rivolto a tutti, sani e malati. Attraverso il segno del pane, Gesù chiama perciò tutti a condividere il bene più grande che ci possa essere: la fede in lui come l’inviato del Padre, colui che non si può comprare con il denaro, ma piuttosto seguire nell’amore.

Attraverso il segno del pane, dato a tutti, Gesù si presenta a tutti come costruttore di un nuovo tipo di comunione e di società: nell’antichità, infatti, i malati erano esclusi da tutto e da tutti, per motivazioni igieniche e religiose. Con il segno del pane dato a tutti, Gesù supera di fatto questa situazione e invita a “vedere” un altro mondo: un mondo dove l’essere l’uno accanto all’altro, l’uno insieme all’altro, l’uno unito all’altro, perché accomunati dalla condivisione di uno stesso pane, sia vera alternativa al mondo della separazione e della disperazione, al mondo della negazione della fraternità o della sua limitazione solo ai sani e a quelli che “stanno bene”. Si tratta del mondo descritto da Paolo nella seconda lettura, il mondo dove il principio animatore e la sorgente delle relazioni è lo Spirito che vincola alla pace. L’evangelista Giovanni, però, non si ferma qui: da “dove” viene questo pane? Che cosa sta alla radice del “segno” del pane? Non c’è il “comprare” e il “denaro”: in altre parole, non c’è l’uomo, dato che il comprare e il denaro sono il segno della sua attività e, in negativo, del suo modo di essere “tenebroso”. C’è invece un atto di condivisione, incomprensibile alla mente umana (“che cos’è questo?”) perché non segue la logica del “tanto” («che cos’è questo per tanta gente?»). Il profeta Eliseo aveva compiuto qualcosa di simile, come ci narra la prima lettura, ma qui, per Giovanni, c’è di più: l’atto di condivisione, incomprensibile alla mente umana, perché non segue la logica del “tanto”, è quello del Verbo che si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Questa è l’origine del segno del pane, il suo «da “dove” viene»: è il farsi uomo del Verbo di Dio che permette la costruzione di un mondo “altro”, retto dallo Spirito e dalla fraternità, che si apre sull’eternità e la risurrezione dei morti.

25 Luglio 

Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente

Un grande profeta è sorto tra noi, e Dio ha visitato il suo popolo.

(Luca 7,16)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 144)
Rit: Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

Un grande profeta è sorto tra noi, e Dio ha visitato il suo popolo.

(Luca 7,16)

24 luglio, 2021

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Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : 1840: 24 luglio come oggi sale al cielo Giuditta C...: 1840: 24 luglio come oggi sale al cielo Giuditta Cittadini Caterina, nella Casa di Somasca, continua a parlare di educazione. Da qui e dal c...



Pensiero del 24 luglio 2021

 Per noi, avere pazienza significa, morire a noi stessi. Per DIO significa concederci, ancora, possibilità di salvarci.

Meditazione sul Vangelo di Mt 13,24-30

Lasciate che crescano insieme.

Gesù, dopo aver narrato e spiegato la parabola del Seminatore, per rincuorare i suoi discepoli usa un altro paragone, quello della zizzania che infesta il campo in cui il padrone aveva seminato solo buon grano. Questa parabola è così importante che di essa i discepoli chiederanno a Gesù una spiegazione approfondita. Nel brano odierno c’è la semplice narrazione, suddivisa in tre momenti: prima la semina del grano, fatta dal padrone del campo, cui segue, nottetempo, la semina della zizzania da parte del nemico. Poi, la scoperta fatta dai servi della presenza dell’erba dannosa, con la loro richiesta d’estirparla. Infine, la risposta del padrone, che invita i suoi servi ad avere prudenza e pazienza, in attesa della mietitura, quando bene e male saranno definitivamente divisi.

L’episodio della prima lettura, nel quale il profeta Geremia mette in guardia coloro che entravano nel Tempio, dal sentirsi salvati solo per questo, ci consiglia di limitare l’applicazione della parabola della zizzania all’interno della nostra comunità ecclesiale o del nostro cuore. Solo così riusciremo a guardare cose, situazioni e persone, con gli occhi di Dio e ad accettare tutto con una pazienza simile alla sua. Un saggio proverbio popolare afferma che «il meglio è nemico del bene». Questo è tremendamente vero in tutti gli ambiti. Così la ricerca di un ragazzo o di una ragazza “perfetta” diventa l’alibi che impedisce a tanti giovani di sposarsi. Come la constatazione che non si trovi una comunità religiosa “santa”, motiva l’abbandono dei conventi da parte di tanti giovani, che pure vi erano entrati con vera generosità. Infine, quanti coniugi dicono di ritrovarsi accanto una persona troppo diversa da quella che avevano sposato e, conseguentemente, inseguono sogni e fantasie che rendono più difficile la fedeltà coniugale. Gli esempi si potrebbero estendere anche alle nostre comunità parrocchiali. Ma siccome dalla parabola del Seminatore sappiamo che il campo in cui si semina potrebbe essere anche il nostro cuore, applichiamo questa parabola a noi stessi. Quanti limiti vorremmo estirpare dai nostri comportamenti e non ci riusciamo. Ce la prendiamo anche con Dio, perché non ci esaudisce, non ci ascolta. Egli, però, ci ha già risposto nel suo Figlio: «Lasciateli crescere insieme! ». La risposta di Gesù non è invito alla rassegnazione impotente ma all’ottimismo della speranza. Anche certi nostri limiti legati al carattere hanno la loro provvidenzialità: ci rendono umili, sono po’ come la “spina nella carne” per la quale l’apostolo Paolo supplicò e, per tutta risposta, si sentì dire: «Ti basta la mia grazia».

24 luglio

Offri a Dio come sacrificio la lode

Accogliete con docilità la Parola ch'è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza.

(Giacomo 1.21)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 49)
Rit: Offri a Dio come sacrificio la lode.

Parla il Signore, Dio degli dèi,
convoca la terra da oriente a occidente.
Da Sion, bellezza perfetta,
Dio risplende.

«Davanti a me riunite i miei fedeli,
che hanno stabilito con me l’alleanza
offrendo un sacrificio».
I cieli annunciano la sua giustizia:
è Dio che giudica.

Offri a Dio come sacrificio la lode
e sciogli all’Altissimo i tuoi voti;
invocami nel giorno dell’angoscia:
ti libererò e tu mi darai gloria.

Accogliete con docilità la Parola ch'è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza.

(Giacomo 1.21)


23 luglio, 2021

Pensiero del 23 luglio 2021

Meditazione sul Vangelo di Gv 15,1-8

Rimanere in Gesù.

In questa occasione la Chiesa ci propone l’ascolto della parabola della vite e dei tralci. In questo brano evangelico troviamo una rivelazione sulla Trinità: il Padre è il vignaiolo, il Figlio è la vera vite, lo Spirito  Santo è la linfa vitale nel seno della Trinità e nel cuore dei discepoli, che sono i tralci. Da questo brano è possibile trarre anche una lettura ecclesiale ed eucaristica: il primo “frutto della vite” è l’Eucaristia della nuova alleanza nel sangue di Gesù (Mt 26,29).

«Io sono la vera vite». Si tratta di un’affermazione che può essere collocata accanto ad altre analoghe  affermazioni di Gesù: «Sono il vero pane», «Io sono la luce». In queste affermazioni c’è una nota polemica: Gesù è la vera vite, il vero pane, la vera luce. Tutte queste affermazioni indicano che solo Gesù è in grado di offrirci quella vita che andiamo cercando. L’affermazione di Gesù introduce una novità rispetto all’Antico Testamento. Là si dice che Dio ha una vigna, qui si afferma che Dio stesso è la vite. Nell’Antico Testamento si parla di una vigna e di una vite che non sono all’altezza delle attese di Dio. Se qui l’evangelista Giovanni può affermare che la vite è finalmente all’altezza delle attese di Dio, è unicamente perché Gesù è la vite. L’evangelista sottolinea il tema della prova (il Padre “pota”), ch'è un’indispensabile condizione di fecondità, ma che rimane pur sempre una possibilità di smarrimento. Si sottolinea anche che il cristiano può essere un ramo secco infruttifero! È la solita paradossale e sconcertante antinomia: la comunità è in Cristo, e quindi protetta, salvata e feconda, ma la possibilità del peccato non è assente. Il criterio di giudizio sono i frutti i quali maturano solo se “si rimane in Cristo”, cioè se si mantiene la dipendenza da lui: chi rimane in Gesù dà frutto, chi si stacca inaridisce. Perciò l’uomo deve comprendere che la propria forza e salvezza stanno nell’obbedienza, non nell’autonomia. Si tratta di una dipendenza da vivere anzitutto come fede e fiducia – cioè di appoggiarsi a Cristo e non a se stessi – e poi come osservanza dei comandamenti – cioè di conformare la vita alle parole di Gesù e non ai propri progetti.

23 Luglio

Benedirò il Signore in ogni tempo

Rimanete nel mio amore, dice il Signore, chi rimane in me, ed io in lui, porta molto frutto.

(Matteo 15,9.5)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 33)
Rit: Benedirò il Signore in ogni tempo.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.

Temete il Signore, suoi santi:
nulla manca a coloro che lo temono.
I leoni sono miseri e affamati,
ma a chi cerca il Signore non manca alcun bene.

Rimanete nel mio amore, dice il Signore, chi rimane in me, ed io in lui, porta molto frutto.

(Matteo 15,9.5)


22 luglio, 2021

Maestro, io ti amo!

 Maestro, io  ti amo! 



Il Signore disse a Maria Maddalena: “Va’ dai miei fratelli, e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. (Giovanni 20,17)

Santa Maria Maddalena

 Santa Maria Maddalena

autore Guido Reni anno 1635 titolo Maddalena Penitente
Nome: Santa Maria Maddalena
Titolo: Discepola del Signore
Nascita: 22, Magdala, Israele
Morte: 22 luglio 66, Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, Francia
Ricorrenza: 22 luglio
Tipologia: Festa




Maria, soprannominata Maddalena dal castello di Magdala, località situata nella costa occidentale del lago di Tiberiad, ove nacque. Peccò molto nella sua giovinezza, ma illuminata dalla divina grazia pianse i suoi peccati e mutò vita. Liberandola dai "Sette Demoni" Gesù la fece quindi diventare sua discepola.

Santa Maria Maddalena


Sul Calvario sfidò l'ira dei nemici di Gesù, assistette alla morte del suo Maestro, e non s'allontanò se non dopo la sepoltura di Lui. Non vide l'ora che trascorresse il sabato, per correre ad imbalsamare con profumi ed aromi il corpo adorabile di Gesù, e fu la prima ad avere la grazia di vederLo risorto.

La domenica mattina, difatti, sull'albeggiare, Maria corse al sepolcro del Salvatore, ma affacciatasi non vide più nulla. Piena di angoscia, mentre le lacrime cominciavano a scendere, velandole lo sguardo, Maddalena si affacciò e guardò nuovamente: due angeli vestiti di bianco le chiesero: « Donna, perché piangi? ». Ella rispose: «Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove l'abbiano messo ». E detto ciò si voltò e vide Gesù in piedi, senza però riconoscerLo. Gesù le disse: « Donna, perché piangi? chi cerchi? ». Ed ella, pensando che fosse l'ortolano, gli disse: « Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai messo ed io lo
prenderò ». Gesù le rispose: « Maria? ». Maria si voltò ed esclamò: « Rabbunì ! », che in aramaico vuol dire "Maestro Buono". Le disse Gesù: « Non mi toccare, perché non sono ancora asceso al Padre mio; ma va' dai miei fratelli e di' loro: « Ascendo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro ».

San Francesco


Salito Gesù al cielo, Maria Maddalena fu perseguitata e gettata poi su una vecchia nave senza vela e senza remi, venne abbandonata in balia delle onde, ma miracolosamente approdò a Marsiglia. Scelse per dimora una squallida spelonca e quivi visse per trent'anni in penitenza, preghiera, lacrime e digiuno nutrendosi esclusivamente della presenza degli angeli, finché il 22 luglio del 66 s'addormentò nel bacio del Signore e volò in cielo per adorarLo in eterno. Fu sepolta a Saint Maximin-la-Sainte Baume, dove i monaci dell'ordine di San Cassiano vegliano ancora oggi sul suo sepolcro e tomba in alabastro.

PRATICA. Il Signore disse alla Maddalena: « Molto ti è perdonato, perché molto hai amato ». Queste parole divine ispirino anche a noi grande confidenza nella misericordia infinita di Gesù.

PREGHIERA. Deh! Signore, ci venga in aiuto l'intercessione della beata Maria Maddalena per le cui preghiere.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di santa Maria Maddalena, che, liberata dal Signore da sette demoni, divenne sua discepola, seguendolo fino al monte Calvario, e la mattina di Pasqua meritò di vedere per prima il Salvatore risorto dai morti e portare agli altri discepoli l’annuncio della risurrezione.


Pensiero del 22 luglio 2021

Meditazione sul Vangelo di Gv 20,1-2,11-18

L’apostola degli apostoli.

Maria di Magdala, è la discepola fedele che, dopo essere stata testimone della Crocifissione, morte e sepoltura di Gesù, passato il sabato, “quando era ancora buio” – soprattutto nel suo cuore -, si recò al sepolcro dove era stato deposto il suo amato Maestro, ma lo trovò vuoto. Avvertì del fatto Pietro e il “discepolo amato”, poi vi ritornò angosciata. Qui vide due angeli, poi lo stesso Gesù, che lei, però, non riconobbe, fino a quando egli non la chiamò per nome. Maria reagì con un affetto troppo umano, quello che vorrebbe sempre trattenere per sé l’amato, ma Gesù la rimanda oltre: vuole che lei diventi la prima annunciatrice della sua Pasqua e le dà questa missione: «Va’ dai miei fratelli (i discepoli) e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».

Maria Maddalena rappresenta ciascuno di noi quando, a causa di qualche grave prova, abbiamo la sensazione che la nostra ricerca di Dio e la nostra stessa preghiera, siano ormai inutili. Eppure Gesù è lì, accanto a noi, come il Vivente, l’Amico, lo Sposo. Ma, ripiegati su noi stessi, accecati dalle nostre lacrime, non sappiamo riconoscerlo, fino a quando egli non chiami anche noi per nome. Allora il ricordo degli incontri belli avuti con Gesù nel passato, quegli incontri che ci hanno salvato e hanno determinato la nostra conversione, diventano vividi e noi vorremmo riesumarli, perché in essi trovammo consolazione. Come la Maddalena ci aggrappiamo al Signore, in modo egoistico e possessivo. Ma egli ci rimanda oltre. Vuole che portiamo agli altri, «ai fratelli», il messaggio pasquale; perché dopo averlo personalmente incontrato Risorto, diveniamo testimoni della sua, della nostra e dell’altrui risurrezione. Il fatto che Gesù abbia scelto come primo portatore dell’annuncio pasquale proprio una donna che, per di più, nel suo passato era stata posseduta da sette demoni, ci toglie ogni scusa. Dobbiamo anche noi accettare la missione di essere apostoli del Signore risorto. A Dio non interessa il punto di partenza, il nostro passato, egli ci propone, con ottimismo pasquale, il suo futuro, perché – come scrive san Paolo – «se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove». Perciò impegniamoci a vivere con profondità quegli incontri che il Signore ci offre, nella santa Messa, nella Confessione, nella preghiera personale e comunitaria, in modo da uscirne come la Maddalena, così da poter dire anche noi, in modo credibile: «Ho visto il Signore!».

22 luglio 2021

Ha sete di te, Signore, l’anima mia

Raccontaci, Maria: «Cosa hai visto sulla via? La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto».

(Dalla Sequenza pasquale)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 62)
Rit: Ha sete di te, Signore, l’anima mia.

O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.

Raccontaci, Maria: «Cosa hai visto sulla via? La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto».

(Dalla Sequenza pasquale)

21 luglio, 2021

Pensiero 21 Luglio 2021

Cristo, è il seme seminato sulla terra, buona della Volontà del Padre. Accogliendo Lui, troviamo la salvezza.

Meditazione sul Vangelo di Mt 13,1-9

Accogliamo la Parola seminata nel nostro cuore.

La missione di Gesù nella Galilea sta attraversando un periodo critico che può far vacillare la fiducia dei suoi discepoli; per rincuorarli – e per corroborare la speranza della Chiesa che, comunque, sarà sempre ostacolata nel suo ministero d’evangelizzazione – il Maestro descrive «i misteri del regno dei cieli» con un lungo discorso di sette parabole. La prima è quella del Seminatore, che Gesù spiega in tutti i suoi aspetti. È chiaro che il Seminatore della parabola è lo stesso Cristo, la semente è la sua parola e i luoghi diversi nei quali cade il seme è il cuore di colui che viene evangelizzato. Sta a noi «ascoltare e “comprendere” la parola, perché questa porti frutto e produca o il cento o il sessanta o (almeno) il trenta».

Il Vangelo di oggi dovrebbe sortire per noi un duplice effetto: favorire un serio esame di coscienza sul nostro modo di accogliere e vivere la parola di Dio, ed insieme rafforzarci nella virtù teologale della speranza. Impostando il nostro esame di coscienza, non fermiamoci soltanto su quelle mancanze che  impediscono di accogliere la Parola, o che la soffocano ancor prima che essa porti frutto, ma mettiamo anche in luce tutte quelle prevenzioni che nutriamo verso i vari “seminatori” che Dio ci manda in nome di suo Figlio. Pur con tutte le loro miserie, per essi vale ciò che dice Gesù agli Apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta me». Detto questo, veniamo alla parola di Dio. Certamente, se noi andiamo a Messa anche in un giorno feriale, possiamo affermare che, per grazia di Dio, il nostro cuore non può paragonarsi alla strada nella quale la Parola viene rubata dal Maligno. Questo, però, non ci esime da un impegno più serio nell’accogliere la Parola, fin dall’inizio dell’Eucaristia, in modo che niente di essa vada perduto. Continuando con la parabola, dobbiamo confessare umilmente che non è raro il caso nel quale dobbiamo identificare il nostro cuore con «il terreno sassoso»; tant’è che l’entusiasmo con cui abbiamo accolto una predica o un consiglio spirituale svanisce subito di fronte ad una prova o ad una tentazione inaspettata. Più frequente, poi, è la situazione che ci vede come terreno infestato dai rovi: la mentalità che subiamo dalla società scristianizzata ci carica di tante preoccupazioni inutili che soffocano, di fatto, i nostri valori cristiani. Guai a noi, però, se ci facciamo prendere dal panico. Restiamo perseveranti lì dove passa il buon Seminatore. Egli troverà nel nostro cuore un fazzoletto di terra buona, dove la sua parola produrrà frutto abbondante.

21 Luglio

Diede loro il frumento dal cielo

Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo: «Chiunque trova lui, ha la vita eterna».

(Matteo 13)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo77)
Rit: Diede loro pane dal cielo.

Nel loro cuore tentarono Dio,
chiedendo cibo per la loro gola.
Parlarono contro Dio,
dicendo: «Sarà capace Dio
di preparare una tavola nel deserto?».

Diede ordine alle nubi dall’alto
e aprì le porte del cielo;
fece piovere su di loro la manna per cibo
e diede loro pane del cielo.

L’uomo mangiò il pane dei forti;
diede loro cibo in abbondanza.
Scatenò nel cielo il vento orientale,
con la sua forza fece soffiare il vento australe.

Su di loro fece piovere carne come polvere
e uccelli come sabbia del mare,
li fece cadere in mezzo ai loro accampamenti,
tutt’intorno alle loro tende.

Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo: «Chiunque trova lui, ha la vita eterna».

(Matteo 13)


20 luglio, 2021

Pensiero del 20 luglio 2021

 Maria, è la prima discepola, Lei accoglie la Parola per mezzo dell'ascolto obbediente, diventandone Madre per donarLo a tutti.

Meditazione sul Vangelo di Mt 12,46-50

I veri familiari di Gesù.

L’episodio raccontato nel Vangelo di oggi è riportato da tutti i “sinottici”: fatto importante che sta a significare la grande valenza del suo contenuto. Gesù sta parlando alla folla, quando sua madre e i suoi fratelli arrivano e cercano di parlargli. A causa della gran folla non riescono a raggiungerlo. L’Evangelista annota che i parenti stanno “fuori in disparte”, come a dire che non sono tra coloro che ascoltano.

In questo brano evangelico sono menzionati due atteggiamenti importanti per il credente: “ascoltare” e “fare la volontà”. L’ascolto precede l’ “adempimento”, anzi, questo si manifesta pienamente quando si è capaci di tendere l’orecchio del proprio cuore per scrutare i segni della presenza di Dio. In tal modo, compiere la volontà divina non è un semplice sottomettersi a qualcosa o a qualcuno più grande e più potente di noi, ma è un gesto “profetico” e come tale ci fa cogliere l’essenza stessa della realtà. Così, riconosciamo che ci sono legami che vanno al di là della carne e del sangue, che ci sono valori che superano le mode, e che la nostra situazione può essere superata volgendo lo sguardo verso Dio. A chi si sente talmente parente di Gesù da non sentire più il bisogno di ascoltarlo, Gesù risponde che sua madre e i suoi parenti sono quelli che lo ascoltano. Per un mondo, come quello ebraico, che considerava i rapporti di sangue un fattore determinante per l’appartenenza religiosa, questo mancato riconoscimento dei familiari risulta più che sconcertante. Gesù vuole semplicemente indicare qual è la sua vera famiglia: quella composta dai suoi discepoli, da coloro che hanno deciso di seguirlo dopo aver ascoltato e messo in pratica la sua parola. In questo modo i legami di sangue o la relazione alla nazionalità e alla patria, non sono decisivi per il regno di Dio. La comunità cristiana diviene la famiglia di Gesù, ed è molto più larga e salda di quella naturale, appunto perché fondata sulla Parola di Dio. Per alcuni – i soli, i poveri, gli abbandonati – è spesso l’unica famiglia che sa accoglierli. Per tutti deve essere esempio di vita fraterna.

20 Luglio

Cantiamo al Signore: «Stupenda è la sua vittoria».

Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.

(Giovanni 14, 23)

SALMO RESPONSORIALE (Efesini 15)
Rit: Cantiamo al Signore: «Stupenda è la sua vittoria».

Al soffio della tua ira
si accumularono le acque,
si alzarono le onde come un argine,
si rappresero gli abissi nel fondo del mare.

Il nemico aveva detto:
«Inseguirò, raggiungerò,
spartirò il bottino,
se ne sazierà la mia brama;
sfodererò la spada,
li conquisterà la mia mano!».

Soffiasti con il tuo alito:
li ricoprì il mare,
sprofondarono come piombo
in acque profonde.
Stendesti la destra:
li inghiottì la terra.

Guidasti con il tuo amore
questo popolo che hai riscattato.
Tu lo fai entrare e lo pianti
sul monte della tua eredità.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.

(Giovanni 14, 23)




19 luglio, 2021

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : Buon compleanno a Madre Giuditta Cittadini!

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : Buon compleanno a Madre Giuditta Cittadini!:   Preghiera a Madre Giuditta Cittadini Signore Dio, Padre misericordioso, noi ti lodiamo e ti ringraziamo per il dono di Giuditta Cittadini,...

Auguri di cuore, Madre Giuditta Cittadini

di

Buon COMPLEANNO



Paolo Emanuele Borsellino

 “La paura è umana, ma combattetela con il coraggio.” “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.” “È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola.”

Paolo Emanuele Borsellino



Pensiero del 19 luglio 2021

 Meditazione sul Vangelo di Mt 12,38-42

Il segno del pesce.

Alcuni scribi e farisei chiedono a Gesù di vedere un segno. Evidentemente chiedono un segno più convincente di quelli che egli ha compiuto finora. Ma Gesù non darà loro alcun segno, se non il segno di Giona profeta. Secondo l’evangelista Matteo, il segno di Giona è la Risurrezione.

“Ci mostri un segno?”. Questa è la domanda rivolta a Gesù. Gli scribi e i farisei vogliono un segno che dimostri visibilmente che Gesù è il messia atteso dal popolo d’Israele per ottenere il suo riscatto politico. Questa aspettativa, però, rivela che si è ancora lontani dalla comprensione di Gesù come Figlio di Dio venuto per redimere il peccato del mondo con la sua morte e resurrezione. Questa richiesta è la stessa che verrà poi rivolta a Gesù morente sulla Croce. Si può credere a Gesù solo se lo si vede scendere dalla Croce. In questa richiesta, così come è presentata, si nasconde una sfiducia nell’operato stesso del Signore. La condanna di Gesù, infatti, si riferisce proprio alla chiusura dei cuori dei suoi ascoltatori. Egli, per essere accolto, dovrebbe dimostrare la sua potenza con eventi spettacolari ed incredibili. Quante volte anche noi, come quegli scribi e farisei, chiediamo un segno che ci tranquillizzi e ci assicuri! Sembra una richiesta legittima, eppure è piena di ambiguità: non crediamo sia sufficiente la testimonianza di Gesù con quello che ha fatto e quello che ha detto. Cerchiamo rassicurazioni che ci liberino dalla fatica della scelta e della decisione. Quale segno più grande del Vangelo? Gesù stesso non può dare altro segno che quello di Giona. E’ il segno della morte e resurrezione: come Giona fu trattenuto tre giorni nel ventre del pesce e poi fu fatto uscire e mandato a predicare a Ninive, così anche il Figlio dell’uomo starà tre giorni nella terra e poi sarà risuscitato. Questo è il segno dato da Dio, infinitamente più grande di quello di Giona. Eppure noi facciamo fatica a convertirci. Persino la regina di Saba, continua Gesù, fece un lungo viaggio per andare ad ascoltare la sapienza di Salomone, mentre noi facciamo fatica anche solo ad aprire il Vangelo. Oggi, noi e le nostre città, più che di segni straordinari e miracolistici abbiamo bisogno di una forte e chiara predicazione del Vangelo, testimoniata con la vita. E’ questo il compito che i discepoli debbono riscoprire per essere luce e sale del mondo.

19 Luglio

Cantiamo al Signore: «Stupenda è la sua vittoria».

Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore.

(Salmo 94,8) 

SALMO RESPONSORIALE (Efesini 15,1-6)
Rit: Cantiamo al Signore: «Stupenda è la sua vittoria».

Voglio cantare al Signore,
perché ha mirabilmente trionfato:
cavallo e cavaliere
ha gettato nel mare.

Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
È il mio Dio: lo voglio lodare,
il Dio di mio padre: lo voglio esaltare!

I carri del faraone e il suo esercito
li ha scagliati nel mare;
i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mar Rosso.

La tua destra, Signore,
è gloriosa per la potenza,
la tua destra, Signore,
annienta il nemico.

Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore.

(Salmo 94,8)