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18 novembre, 2021

Basilica di San Paolo fuori le mura

Basilica di San Paolo fuori le mura

 Nome: Basilica di San Paolo fuori le mura

Titolo: Basilica papale
Indirizzo: Piazzale San Paolo, 1 - Roma
Dedicato a: San Paolo
Reliquie di: San Paolo


Quando la religione cristiana era bandita dall'impero romano, fu eretta, sulla tomba dell'Apostolo S. Paolo, nei pressi della via Ostiense, una sorta di cella sepolcrale, che divenne presto meta di pellegrini e di fedeli. L'imperatore Costantino, dopo aver liberalizzato il Cristianesimo con l'editto del 314, fece costruire, in luogo della modesta tomba, una grande basilica. Questa fu consacrata, così si dice, il 18 novembre dell'anno 324, durante il pontificato di Silvestro (314-335). Nell'anno 386 l'imperatore Valentiniano II ordinò di rendere più maestosa la basilica dedicata a S. Paolo e incaricò un certo Ciriade di eseguire i lavori. Egli realizzò un'imponente costruzione, divisa in cinque navate da 80 colossali colonne marmoree provenienti da antichi edifici pagani. Papa Siricio (384-399) la consacrò nel 390; Galla Placidia, figlia di Teodosio e sorella dell'inetto imperatore Onorio, la fece ornare del grande mosaico nell'arco trionfale, ancora oggi visibile (ache se restauratissimo).

Antica Basilica di San Paolo
L'antica basilica prima dell'incendio


La basilica fu depredata nel 739 dai Longobardi e nell'847 dai Saraceni. Per paura di altre incursioni, papa Giovanni VIII (872-882) fece costruire attorno alla basilica una cinta muraria merlata, all'interno della quale si costituì una sorta di cittadella che fu chiamata (dal nome del papa) «Giovannipoli».

Il mosaico dell'abside fu iniziato durante il pontificato di Onorio III (1216-1227) e fu completato da Niccolò III (1277-1280). Alla fine del XIII secolo Pietro Cavallini dipinse gli affreschi della navata centrale e Arnolfo di Cambio costruì il bellissimo ciborio dell'altar maggiore. Pietro Cavallini fu anche incaricato, da papa Giovanni XXII (1316-1334), di eseguire i mosaici che adornavano l'antica facciata.

Nel 1348 la basilica subì danni notevoli in seguito a un terremoto; il campanile, che risaliva al secolo XI, andò distrutto, ma fu subito ricostruito. Nel 1527 fu saccheggiata dalle milizie di Carlo V. Nei secoli XVII e XVIII furono eseguiti diversi lavori soprattutto all'interno. Nel 1600 fu costruito l'altare maggiore ad opera di Onorio Longhi; pochi anni dopo Carlo Maderno progettò la cappella del Sacramento, la quale era ornata da una serie di dipinti di Giovanni Lanfranco, oggi perduti. Altri lavori di restauro furono eseguiti durante il pontificato di Benedetto XIII (1724-1730) e di Benedetto XIV (1740-1758).

Basilica di San Paolo dopo l'incendio
La basilica dopo l'incendio


LA RICOSTRUIZIONE OTTOCENTESCA


Nella notte tra il 15 e il 16 luglio 1823 scoppiò un violento incendio che distrusse quasi completamente la basilica; si salvarono solamente il transetto, l'abside, il ciborio, parte dell'arco trionfale e il chiostro.

Tutte le altre parti del maestoso edificio furono ridotte a un cumulo di macerie. La notizia del disastro venne taciuta a papa Pio VII Chiaramonti, che in quei giorni era sul letto di morte.

Il suo successore, Leone XII (1823-1829), si adoperò perchè la basilica venisse ricostruita al più presto; da tutto il mondo giunsero aiuti e finanziamenti. L'incarico di eseguire i lavori fu affidato in un primo momento al Valadier; ma il grande architetto fu poi messo in disparte perchè le sue idee erano, a detta dei più, troppo antiquate. Furono allora incaricati Pasquale Belli, Pietro Bosio e Pietro Camporese il Giovane, i quali si misero subito all'opera. Successivamente divenne direttore dei lavori Luigi Poletti, il quale progettò l'esterno, l'interno e il campanile. Virgilio Vespignani firmò il progetto del quadriportico che precede la facciata, il quale fu poi completato da Guglielmo Calderini.

Il grandioso quadriportico che precede la facciata fu eretto in sostituzione del portico costruito nel secolo XVIII, e distrutto nell'incendio. Al centro di esso vi è la statua di S. Paolo, di Pietro Canonica.

Nella parte superiore della facciata, al posto degli antichi mosaici del Cavallini, andati distrutti, vi sono i mosaici ottocenteschi di Filippo Agricola e Nicola Consoni. Il campanile, opera di Luigi Poletti, è una torre a cinque piani, che ricorda il faro di un porto: sostituisce la torre campanaria del XIV secolo.

L'ingresso secondario alla testata del braccio sinistro del transetto, è preceduto da un pronao costituito da 12 colonne dell'antica basilica, che si trovavano un tempo nelle navate laterali.

Interno San Paolo Fuori le Mura
L'interno


L'INTERNO


Lo smisurato interno (m. 131,66X65; altezza m. 29,70), diviso in cinque navate da 80 colonne monolotiche di granito. Tra le finestre della navata centrale vi erano, prima dell'incendio, gli affreschi di Pietro Cavallini; nel secolo scorso furono rimpiazzati con una serie di dipinti, raffiguranti episodi della vita di S. Paolo, eseguiti da un gruppo di ottimi artisti ottocenteschi. Nel fregio sottostante, che gira per tutta la navata centrale e per quelle laterali, vi sono i medaglioni con i ritratti dei 265 papi succeduti da S. Pietro a Giovanni Paolo II. In origine erano affreschi, dei quali rimangono alcuni frammenti conservati nel convento; dopo l'incendio furono rifatti in mosaico.

Colonne entrata San Paolo Fuori le Mura
Le colonne dell'entrata


Da notare, nella parete d'ingresso, le 6 grandi colonne di alabastro donate dal viceré d'Egitto a Gregorio XVI nel 1843. Sopra il portale maggiore, lo stemma di Pio IX è sorretto da due angeli scolpiti da Ignazio Iacometti. Anche al centro del ricco soffitto ligneo a lacunari con fregi d'oro su fondo bianco, campeggia lo stemma di Pio IX.

Il mosaico dell'arco trionfale, eseguito alla fine del IV secolo, fu notevolmente danneggiato dall'incendio del 1823; dopo il restauro ha perso l'antico splendore. Rappresenta Cristo benedicente, al centro, con due angeli adoranti e i simboli dei quattro evangelisti; completano l'immagine le figure di 24 anziani che presentano corone a Cristo e in basso, ai lati, S. Pietro e S. Paolo.

Ciborio San Paolo Fuori le Mura
Il ciborio


Bellissimo il ciborio, realizzato da Arnolfo di Cambio alla fine del '300, in perfetto stile gotico.

Quattro colonne di porfido con capitelli dorati sostengono quattro archi a tre lobi sormontati da frontoni e pinnacoli; al centro si eleva una sorta di campaniletto elegantemente decorato. Negli spigoli esterni, entro nicchie angolari, vi sono le statuette dei SS. Pietro, Paolo, Benedetto e Luca; altri piccoli bassorilievi si trovano ai lati delle ogive dei quattro archi; coppie di angeli sostengono, nei timpani, gli eleganti rosoni traforati. Sotto l'ottocentesco altare maggiore (quello di Onorio Longhi fu distrutto dall'incendio), nella confessione, si trova la tomba di S. Paolo, un grande sarcofago coperto da una lapide marmorea del IV secolo (una copia è visibile in sacrestia).

Altare maggio San Paolo Fuori le Mura
L'altare maggiore con la tomba di San Paolo


Notevole l'antico candelabro per il cero pasquale: dalla base, nella quale sono scolpite figure umane, mostri, leoni e arieti, si erge una colonna composta da sette cilindri sovrapposti, ognuno dei quali è decorato da altorilievi. Sono sculture un po' rozze, ma bellissime; gli autori furono, nella seconda metà del XII secolo, Nicola d'Angelo e Pietro Vassalletto.

Mosaico della calotta absidale
Mosaico della calotta absidale


Anche il mosaico della calotta absidale, che era stato commissionato da Onorio III ad alcuni artisti veneti nella prima metà del '200, in sostituzione di quello assai deteriorato del V secolo, fu alterato notevolmente durante il restauro ottocentesco. Rappresenta Cristo in trono benedicente, affiancato dai SS. Luca, Paolo, Pietro e Andrea; in basso gli Apostoli, separati da curiosi alberelli di palma.

Alle due estremità del transetto, coperto da un ricco soffitto ligneo ornato con gli stemmi di quattro papi (Pio VII, Leone XII, Pio VIII e Gregorio XVI), vi sono due altari elegantemente rivestiti di marmi e lapislazzuli, donati nel secolo scorso dallo Zar di Russia Nicola I. Nella parte posteriore dell'arco trionfale e nell'arco dell'abside, sono visibili alcuni frammenti di mosaici di Pietro Cavallini che ornavano la facciata esterna della basilica.

Nella parete di fondo si aprono quattro cappelle; le più importanti sono quelle che fiancheggiano l'abside, entrambe realizzate da Carlo Maderno nella prima metà del secolo XVII e scampate all'incendio. In quella di sinistra, dedicata al SS. Sacramento, è conservato un crocifisso ligneo da alcuni attribuito a Pietro Cavallini; si dice che l'artista, divenuto vecchio e quasi cieco, si sia dedicato a modellare il legno. Ma questa ipotesi non trova una valida conferma, tanto che recentemente l'opera è stata attribuita, da altri storici, a Tino di Camaino. In una vecchia nicchia nella parete di destra, da notare la statua di S. Brigida eseguita da Stefano Maderno. Nella cappella a destra dell'abside, dedicata a S. Lorenzo, si trova, sull'altare maggiore, un trittico marmoreo del '400 della scuola del Bregno.

Acquasantiera San Paolo Fuori le Mura
L'acquasantiera


La curiosa acquasantiera all'estremità della parete di fondo; fu realizzata da Pietro Galli nel 1860 e raffigura una bambina che si salva dal demonio sfiorando con una mano l'acqua benedetta.

In alcuni ambienti annessi alla sacrestia vi è una pinacoteca con diversi cimeli; il più importante è l'antica porta bronzea della basilica (XI secolo), semidistrutta dall'incendio. Nei 54 riquadri cesellati in argento vi erano rappresentati alcuni episodi della vita di Gesù.

IL CHIOSTRO


Il bellissimo chiostro, uno dei più importanti esempi di arte cosmatesca, fu iniziato nel 1205 e completato probabilmente fra il 1235 e il 1240. Gli autori appartengono quasi certamente alla famiglia dei Vassalletto, famosi mastri marmorari romani; furono gli stessi artisti che realizzarono anche il chiostro di S. Giovanni in Laterano. Una serie di colonnine lisce, ottagonali, tortili e binate sostengono gli archi a tutto sesto, sopra i quali vi è una trabeazione decorata con marmi policromi e mosaici. Alcune colonne sonO ornate da numerose tessere di mosaico, rosse, nere e dorate, che formano eleganti fregi; da notare, fra gli archetti, i graziosi bassorilievi.

Chiostro San Paolo Fuori le Mura
Il chiostro


Numerosi, nel porticato del chiostro, i frammenti provenienti dalla basilica antica, tra i quali spicca un sarcofago romano ornato con bassorilievi raffiguranti scene mitologiche, sul fronte anteriore, e tre navi con amorini e delfini, sul fronte posteriore.

ORARI


VISITE
dalle 07:00 alle 19:00

MESSE
DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ
Ore 07:00 Messa d’orario | Ore 10:00 Messa d’orario | Ore 17:00 Messa d’orario | Ore 18:00 Vespri
SABATO MATTINA
Ore 07:00 Messa d’orario | Ore 10:00 Messa d’orario
SABATO SERA E PREFESTIVI
Ore 17:00 Primi Vespri | Ore 18:00 Messa d’orario
DOMENICA E SOLENNITÀ
Ore 08:00 Messa d’orario | Ore 10:00 Messa conventuale | Ore 12:00 Messa d’orario | Ore 17:00 Vespri | Ore 18:00 Messa d’orari

VISITA IN TRE DIMENSIONI


ESTERNO




INTERNO




Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo

 Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo

Nome: Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo
Titolo: Apostoli
Ricorrenza: 18 novembre
Tipologia: Memoria facoltativa


Come l'anniversario della dedicazione del tempio di Gerusalemme era giorno solenne presso gli Ebrei, cosi i cristiani celebrano la consacrazione delle loro chiese.

Tra questi luoghi sacri che gli Apostoli di Cristo resero celebri e che i cristiani venerano, il primo fu sempre la Confessione o tomba di S. Pietro.

Si dice che l'illustre Principe degli Apostoli fosse sepolto, subito dopo la morte, nel luogo stesso del martirio, sul colle Vaticano. S. Paolo, decapitato alle Acque Salvie, venne deposto lungo la via Ostiense, fuori le mura di Roma e precisamente ove ora sorge l'attuale e grandiosa basilica in suo onore.

Il pio imperatore Costantino, dopo aver fatto costruire la prima chiesa in Laterano, ne fece fabbricare sette altre a Roma ed un numero maggiore in Italia. La prima delle sette chiese romane, situata sul Colle Vaticano, fu dedicata a S. Pietro; la seconda la fece sorgere lungo la via Ostiense, poco distante dal luogo del martirio di S. Paolo e a lui fu dedicata.

Dopo oltre 11 secoli, l'antica basilica vaticana minacciava di cadere, quando sotto il pontificato di Giulio II nel 1506 fu riedificata secondo l'attuale grandioso disegno e nuovamente consacrata da Papa Urbano VIII il 18 novembre del 1626. I più grandi artisti del tempo, quali Bramante, Raffaello, Michelangelo e Bemini, vi lavorarono. Sotto i suoi altari si conservano le reliquie di un gran numero di Papi martiri e di santi; ma le più preziose sono quelle di S. Pietro, poste sotto un magnifico altare detto della Confessione, su cui solo il Romano Pontefice può celebrare la S. Messa.

La ricchissima basilica di S. Paolo, che il 18 luglio 1823 fu distrutta da un incendio, venne riedificata anche essa con nuovo splendore e riconsacrata con grandissima pompa dal Pontefice Pio IX il 10 dicembre 1854 tra immenso stuolo di cardinali e vescovi convenuti da tutto l'orbe cristiano a Roma per la proclamazione del dogma dell'Immacolata.

Oggi dunque, come 15 secoli addietro, ricordando gli anniversari della consacrazione di queste due basiliche, veneriamo in esse le gloriose spoglie dei Principi degli Apostoli, anche oggi, come allora, meta di continui pellegrinaggi.

PRATICA. La chiesa è la casa del Signore, è luogo di preghiera e perciò merita rispetto e devozione.

PREGHIERA. Ti preghiamo, Dio onnipotente, che in questi luoghi da noi dedicati al tuo nome, tu porga orecchio misericordioso a quanti ti invocano.

MARTIROLOGIO ROMANO. Dedicazione delle basiliche dei santi Pietro e Paolo, Apostoli, delle quali la prima, edificata dall'imperatore Costantino sul colle Vaticano al di sopra del sepolcro di san Pietro, consunta dal tempo e ricostruita in forma più ampia, in questo giorno fu nuovamente consacrata; l'altra, sulla via Ostiense, costruita dagli imperatori Teodosio e Valentiniano e poi distrutta da un terribile incendio e completamente ricostruita, fu dedicata il 10 dicembre. Nella loro comune commemorazione viene simbolicamente espressa la fraternità degli Apostoli e l'unità della Chiesa.

SCOPRIAMO LA BASILICA DI SAN PAOLO


Basilica di San Paolo fuori le mura

Pensiero del 18 novembre 2021

 La tristezza, più grande è quella di non riconoscere, la Presenza di Gesù, nella nostra storia.

Meditazione sul Vangelo di Mt 14,22-33

La presenza di Dio!

Come in molte altre occasioni, anche in questo caso il Maestro dà ai suoi discepoli l’esempio della preghiera. Dopo la fatica e l’impegno della predicazione, è necessario ed opportuno cercare il ristoro: al corpo basta riposare, ma lo spirito ha bisogno di momenti di preghiera, di intimo dialogo con il Padre. Per questo Gesù si ritira in solitudine. E ci resta a lungo: l’evangelista annota che “venuta la sera se ne stava ancora solo lassù” e che soltanto “verso la fine della notte”, cioè poco prima dell’alba, Gesù “venne verso di loro camminando sul mare”: nemmeno la burrasca può impedire al Signore di avvicinarsi ai suoi discepoli!

Appena salì sulla barca, il vento cessò”. La sola presenza di Gesù placa la violenza dei venti e dei flutti. Anche la piccola barca della nostra vita, della nostra famiglia è sottoposta a volte a improvvise mareggiate. Spesso ci sforziamo inutilmente di remare da soli contro vento, e ce la prendiamo col mare delle difficoltà e con le correnti delle preoccupazioni. Ma ci ricordiamo di ritirarci nella preghiera, per chiedere al Signore di salire sulla nostra barca? Se lo invitiamo, non rifiuterà di soccorrerci: sarà lui a placare le intemperie e ricondurci sulla giusta rotta. Nel suo vangelo, poche righe prima, Matteo narra il prodigio della  moltiplicazione dei pani: gli Apostoli avevano appena visto di cosa era capace il loro Signore, e d’altronde trascorrevano con lui tutto il giorno, ma erano così presi a gestire la barca da soli, e così intimoriti e confusi dalle acque agitate che scambiarono il loro Maestro per un fantasma! E si misero a gridare dalla paura. Non riuscivano a credere che il Figlio di Dio potesse camminare sulle acque. Pietro, il capo dei Dodici, prende l’iniziativa, ma pare quasi sfidare Gesù col suo invito, che suona un po’ provocatorio. Ed il Maestro lo esorta: “Vieni!”. Pietro però inizia ad affondare tra le onde del timore e dell’incredulità, ma ha la prontezza di invocare l’aiuto di Gesù. Ed una volta di più è il Signore che stende la mano, lo afferra e lo salva. E gli rimprovera l’esitazione, l’incertezza nella fede. Tra i venti del nostro quotidiano, Dio è un fantasma, o  la sua presenza è reale? Non aspettiamo di cominciare ad affondare per invocare il suo nome.

17 novembre, 2021

Intervieuw overhandiging archief Janny Brandes-Brilleslijper aan het Ve...


Mercoledì 17 novembre 2021, il Museo della Resistenza di Amsterdam ha acquisito l'archivio della donna ebrea della resistenza Janny Brandes-Brilleslijper (1916-2003). Rob Brandes è venuto a consegnare personalmente l'archivio di sua madre.

Sant' Elisabetta d'Ungheria

 Sant' Elisabetta d'Ungheria


Nome: Sant' Elisabetta d'Ungheria
Titolo: Religiosa
Nascita: 1207, Presburgo (Bratislava), Slovacchia
Morte: 17 novembre 1231, Marburgo, Germania
Ricorrenza: 17 novembre
Tipologia: Commemorazione
Patrona di:PeroCrecchio


S. Elisabetta, figlia di Andrea re d'Ungheria e di Gertrude, nacque in Presburgo l'anno 1207. A quattro anni, secondo l'uso dei tempi, era già promessa in sposa al principino Ludovico, col quale fu educata e crebbe tra il fasto ed i cattivi esempi della corte. Ma il Signore la prevenne con le sue benedizioni e non permise che fosse guastata dall'aria contagiosa delle ricchezze e dei piaceri.

Appena quindicenne adunque per volontà dei parenti impalmò il promesso sposo Ludovico IV, langravio di Turingia, il quale per primo dono di nozze le presentò uno specchio riflettente l'immagine del Salvatore. D'allora un triplice amore: verso la famiglia, Dio ed il prossimo divenne l'occupazione di tutta la sua vita. A questo fine Elisabetta divise le ore del giorno tra la preghiera, il lavoro, le visite agli infermi e il soccorso agli indigenti.

Biasimata spesso dai cortigiani quasi che il suo modo di vivere convenisse più ad una monaca che ad una principessa, essa appoggiata dal suo pio marito seppe imporre silenzio ed indurre molti a seguire i suoi esempi. Entrando in chiesa, deponeva la regale corona, stimandosi indegna di comparire col capo ornato di gemme dinanzi a Colui che fu incoronato di spine. Similmente aborriva ogni sfarzo, ma pregava, lavorava e colla sua carità illuminata prìavvedeva ogni giorno a più di 900 poveri. Ella stessa si portava nei tuguri dei villaggi e li consolava materialmente e spiritualmente i miseri. L'incontrò un giorno il duca in questo pio esercizio con un involto pieno di pani, e volle ad ogni costo veder cosa contenesse: apertolo, non vi trovò che un fascio di rose fragranti. Altra volta raccolse un fanciullo lebbroso e, curatolo, lo depose nel suo letto coniugale; salito il principe in camera e tirate le coperte, invece del lebbroso trovò l'immagine del Crocifisso.

In quel tempo si diffuse in tutta la Germania una spaventosa carestia a cui la madre dei poveri (così era comunemente chiamata la nostra Santa) andò incontro dando fondo al ricco erario e privandosi di tutti gli oggetti di lusso.

Ma il Signore volle dalla sua serva fedele prove d'amore e fedeltà ben maggiori. Ludovico, partito coi crociati per la Terra Santa, quando fu giunto ad Otranto, cadde infermo e morì. A tanta sciagura si aggiunse la più spietata persecuzione. Il cognato Enrico, usurpato il langraviato, spogliò Elisabetta di tutte le sue possessioni e barbaramente la scacciò di corte con i suoi bambini. Un bando vietava ai sudditi di accoglierla, e la regina dei poveri non trovò rifugio che in una stalla. È straziante quella pagina della sua vita; ella però tutto sopportò con animo profondamente rassegnato, e Dio volle che le fosse resa giustizia. Per opera del padre suo fu reintegrata nei suoi diritti e in quelli dei figli: restituiti i beni, le fu restituita la corona e proposta anche la mano di un principe; ma essa, vestendo l'abito e la fune del poverello d'Assisi, preferì la povertà ad ogni gloria umana, riconoscente a Dio dei dolori e di tutte le ingratitudini sofferte.

Le celesti consolazioni del suo Divino Sposo allietarono i suoi ultimi giorni ed ella morì il 17 novembre 1231 a soli 25 anni di età.

PRATICA. Facciamo sempre la carità ai poveri.

PREGHIERA. Illumina, Dio misericordioso, i cuori dei tuoi fedeli, e per le preghiere gloriose della beata Elisabetta fa' che noi disprezziamo le prosperità del mondo e godiamo sempre delle consolazioni celesti.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di santa Elisabetta di Ungheria, che, ancora fanciulla, fu data in sposa a Ludovico, conte di Turingia, al quale diede tre figli; rimasta vedova, dopo aver sostenuto con fortezza d'animo gravi tribolazioni, dedita già da tempo alla meditazione delle realtà celesti, si ritirò a Marburg in Germania in un ospedale da lei fondato, abbracciando la povertà e adoperandosi nella cura degli infermi e dei poveri fino all'ultimo respiro esalato all'età di venticinque anni.

Pensiero del 17 novembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Lc 19,11-28

Non abbiate paura!

Nelle prime letture di questi ultimi giorni abbiamo visto come il re siriano Antioco Epifane profanò il Tempio, saccheggiò Gerusalemme, scatenò una feroce persecuzione e impose il culto degli dei greci. Nel 168 a.G. scoppiò la rivolta ebraica, capeggiata da Mattatia Maccabeo e dai suoi figli, tra i quali il più famoso è Giuda; egli, combattendo contro l’esercito siriano, ottenne per i giudei la libertà di vivere secondo le proprie leggi e il proprio culto. ln questo contesto storico si situa, dunque, l’episodio narrato nella prima lettura.

Gesù, ormai vicino a Gerusalemme, racconta una parabola nell’estremo tentativo di correggere la mentalità dei Dodici. Un uomo nobile deve partire per ricevere il titolo di re ed affida a ciascuno dei suoi servi un gruzzolo da far fruttare. Tutti obbediscono eccetto uno, che rimane inattivo per paura del padrone, che ritiene severo ed ingiusto. Oggi c’è chi ritiene l’insegnamento della Chiesa un ostacolo alla felicità dell’uomo; molti sostengono che senza regole morali, politiche ed economiche, il benessere sarebbe assicurato a tutti, e per questo approvano leggi contro Dio. Dalla millenaria storia ebraica, attraverso le parole di una donna e del suo giovane figlio, riportate nella prima lettura, giunge fino a noi l’esortazione a non abbandonare la Legge dell’Amore. Dice, infatti, la madre: “Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato all’origine l’uomo, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi». E il figlio risponde al carnefice: «Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri». Anche noi dobbiamo resistere al nuovo invasore, più subdolo, perché non impone la sua mentalità con le armi, ma, come il verme nella mela, svuota dal di dentro le coscienze ed il pensiero. Facciamo risuonare, dunque, nei luoghi in cui viviamo, il grido di Giovanni Paolo II: «Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!».

17 Novembre

Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto

Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.

(Giovanni 15,16)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 16)
Rit: Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.

Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.

Custodiscimi come pupilla agli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi.
Io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine.

Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.

(Giovanni 15,16)



16 novembre, 2021

San Giuseppe Moscati Medico dei poveri di Napoli

San Giuseppe Moscati Medico dei poveri di Napoli


Il 16 novembre 1930 i suoi resti furono traslati dal Cimitero di Poggioreale alla Chiesa del Gesù Nuovo, racchiusi in un'urna bronzea, opera dello scultore Amedeo Garufi, motivo per il quale è a questa data che fu posta la sua memoria liturgica.



"Tu, che hai risanato tante malattie ed hai soccorso tante persone, accogli le mie suppliche e ottienimi dal Signore di vedere esauditi i miei desideri".

La preghiera per gli ammalati gravi a San Giuseppe Moscati

Il santo d'origini irpine, terziario francescano, era molto legato a San Francesco

PREGHIERA PER UN AMMALATO GRAVE

Tante volte mi sono rivolto a te, o medico santo, e tu mi sei venuto incontro. Ora ti prego con sincero affetto, perché il favore che ti domando richiede un tuo particolare intervento (nome dell'ammalato) si trova in gravi condizioni e la scienza medica può fare ben poco. Tu stesso hai detto: «Che cosa possono fare gli uomini? Che cosa possono opporre alle leggi della vita?
Ecco la necessità del rifugio in Dio».

Tu, che hai risanato tante malattie ed hai soccorso tante persone, accogli le mie suppliche e ottienimi dal Signore di vedere esauditi i miei desideri.
Concedimi anche di accettare la santa volontà di Dio e una fede grande per accogliere le disposizioni divine. Amen.

Santa Margherita di Scozia

 Santa Margherita di Scozia


Nome: Santa Margherita di Scozia
Titolo: Regina e vedova
Nascita: 1045, Mecseknádasd, Ungheria
Morte: 16 novembre 1093, Edimburgo, Regno Unito
Ricorrenza: 16 novembre
Tipologia: Memoria facoltativa


Margherita, la più giovane di cinque figli, nacque nel 1045 ca., probabilmente in Ungheria; il padre, Edoardo, erede legittimo al trono, figlio di Edmondo, re del Wessex (1016), si era rifugiato in quel paese per sfuggire alla dominazione danese in Inghilterra e aveva sposato la sorella del re ungherese. Margherita ricevette una buona educazione e sembra aver avuto un discreto senso estetico, dato che apprezzava i bei volumi e i manoscritti, oltre agli abiti eleganti.

Nel 1057 il padre fu richiamato in Inghilterra da Edoardo il Confessore (1042-1066; 13 ott.), che sperava diventasse suo erede; ma Edoardo, che era più giovane, morì subito dopo il suo arrivo in Inghilterra, aprendo la strada ai normanni. Dopo la conquista, Margherita non era più al sicuro, dato che era una dei pochi membri della famiglia reale anglosassone a rimanere in Inghilterra, perciò seguì il fratello, Edgardo l'Erede, in Scozia, dove fu accolta nella corte di re Malcolm III Canmore (10581093), che attratto dalla sua bellezza e intelligenza, la sposò nel 1070 ca. e visse con lei per almeno venticinque anni. Dei loro sei figli, tre (Edgardo, Alessandro e Davide, quest'ultimo venerato anche come santo, 24 mag.), governarono la Scozia, e Matilda, una delle loro due figlie, sposò il re inglese Enrico l (1100-1135).

Fu Matilda che chiese a Turgot, priore di Durham c poi vescovo di S. Andrea, che era anche stato il confessore di Margherita, di scrivere una Vita di sua madre: la Vita Margaretae Scotiae regine, scritta tra il 1104 e il 1108, che, sebbene segua il modello consueto comune a tutte queste biografie, beneficia del fatto che l'autore conosceva molto bene il suo soggetto. Secondo Turgot, l'importanza di Margherita fu notevole, a livello privato e pubblico; la vita presso la corte scozzese, che fino ad allora era stata poco elevata e carente dal punto di vista culturale, fu trasformata dalla sua presenza, sebbene alcuni protestassero che stesse diventando troppo "anglicizzata". Ella promosse anche la riforma della Chiesa di Scozia, contribuendo, per esempio, a portare il culto locale in linea con il culto della Chiesa di Roma in questioni come l'osservanza della Quaresima e della Pasqua, e l'astensione dal lavoro la domenica. Fu una fondatrice entusiasta di monasteri: uno dei suoi più grandi progetti fu la ricostruzione dell'abbazia di lona, oltre alla costruzione di Dunfermline, destinato a essere luogo di sepoltura della famiglia reale scozzese. Si interessò anche della costruzione di alcuni ricoveri per i pellegrini di S. Andrea, su entrambe le rive del Forth, e mise a loro disposizione delle barche per passare da una sponda all'altra.

Durante il tempo libero, quando non si occupava dei suoi figli o di quelli dei poveri, Margherita pregava o leggeva, oltre a ricamare molto abilmente. Malcolm, che si affidava al suo costante supporto e seguiva i suoi consigli, imparò anche ad apprezzarne la devozione, accorgendosi, secondo quanto afferma il suo biografo «che Cristo dimorava realmente nel suo cuore [...] Ciò che lei rifiutava, lo rifiutava anche lui [...] ciò che amava, lo amava anche lui per amore di lei». E sebbene non imparasse mai a leggere, apprezzava la rilegatura o le illustrazioni dei libri che Margherita leggeva. Esistono ancora un paio dei suoi libri, inclusa un'edizione tascabile del Vangelo (Biblioteca Bodleiana, Oxford), una Vita illustrata di S. Cmberto (20 mar.) e un salterio (di cui è stata messa in dubbio la paternità, conservato al Collegio Universitario di Oxford).

Margherita si ammalò gravemente, forse per la sua intensa attività, verso la fine del 1093; proprio prima di morire, giunse la notizia che Malcolm e uno dei suoi figli minori erano stati uccisi dall'esercito di Guglielmo II il Rosso (1087-1100) ad Alnwick. Cercarono di nasconderle questa notizia, ma senza risultato, e Margherita accettò questa perdita come un segno del volere di Dio.

Morì' il 16 novembre 1093 e fu seppellita a Dunferrnline assieme al marito; il culto nacque immediatamente, ma non fu confermato fino al m secolo, quando papa Innocenzo IV (1243-1254) richiese di analizzare la sua vita e i miracoli, consentendo la canonizzazione nel 1250. Dunfermline fu saccheggiata nel 1560, ma le reliquie furono messe al sicuro; il corpo di Margherita e quello di Malcolm furono trasferiti in una cappella all'Escorial, vicino a Madrid (il cranio prima a Edimburgo, poi presso i gesuiti a Douai); nel 1673, S. Margherita fu nominata patrona della Scozia.

MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Edimburgo, nella Scòzia, il natale di santa Margherita Vedova, Regina di Scòzia, celebre per la carità verso i poveri e per la povertà volontaria.

Pensiero del 16 novembre 2021

 La voce, della coscienza spinge Zaccheo, a salire sull'albero, dal quale il Signore, lo fa scendere, per farne un uomo nuovo. Per ciascuno di noi, c'è sempre un sicomoro, dove Gesù c'attende.

Meditazione sul Vangelo di Lc 19,10

Zaccheo, il risorto

All’inizio della sua predicazione, Gesù entrò a Nazareth, la città dove era stato allevato. I nazareni volevano vedere miracoli, ma la loro fede era superficiale: non ne videro! Per questo tentarono di uccidere Gesù, che, «passando in mezzo a loro se ne andò» (Lc 4,30). Quasi al termine della sua missione, Gesù entra in un’altra città, Gerico che, un tempo fortezza inespugnabile, ora si lascia attraversare dal suo Signore e Salvatore. La città è simbolo della nostra anima; sta a noi essere docili alla sua Parola e permettere che essa ci attraversi: Zaccheo ne è un esempio.

Il Vangelo narra la vicenda di un’anima, che si è lasciata espugnare da Gesù e delle meraviglie compiute da questa sua pacifica conquista. Si tratta di un uomo, Zaccheo, capo dei pubblicani esattore delle tasse per conto dei Romani, ricco, a causa della sua disonestà nell’esigere le imposte, dunque disprezzato da tutti. Ma chi è veramente? «Cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura». In mezzo alla “folla” dei suoi peccati e del rancore della gente, tuttavia, la mente ed il cuore di questo omuncolo sono già nella Luce, Gesù lo sta già chiamando. Egli corre, s’arrampica, si libera di ogni pudore, pur di giungere in fretta all’appuntamento con l’Unico che lo ama perché è suo figlio, da troppo tempo lontano. Ed ecco, lo sguardo di Gesù incrocia quello di Zaccheo, il male che era nel suo cuore si sgretola come le mura di Gerico! L’usuraio Zaccheo è morto. Risorge Zaccheo il generoso, che dà la metà dei suoi beni ai poveri; il giusto, che applica al suo prossimo il tasso di interesse prima preteso per sé, restituendo quattro volte quello che ha frodato. L’Amore ha stravinto, ma Gesù vuole la piena riabilitazione dell’ex pubblicano e chiede di essere ospitato da lui. Delicatezza di Dio! Non umilia il peccatore, ma lo solleva dalla polvere, facendosi Lui stesso mendicante d’amore. Ad ognuno dice: ho bisogno di te, della casa di Zaccheo, degli amici al Getsemani… (Mt 26,33).

16 Novembre 

Il Signore mi sostiene

Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio, come vittima d'espiazione per i nostri peccati.

(I Giovanni 4,10)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 3)
Rit: Il Signore mi sostiene.

Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono.
Molti dicono della mia vita:
«Per lui non c’è salvezza in Dio!».

Ma tu sei mio scudo, Signore,
sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.
A gran voce grido al Signore
ed egli mi risponde dalla sua santa montagna.

Io mi corico, mi addormento e mi risveglio:

«Il Signore mi sostiene. Non temo la folla numerosa, che intorno a me si è accampata».

Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio, come vittima d'espiazione per i nostri peccati.

(I Giovanni 4,10)

15 novembre, 2021

PREGHIERA DEGLI ARTISTI per Lando Buzzanca

 PREGHIERA DEGLI ARTISTI, per Lando Buzzanca.

O Signore della bellezza, Onnipotente Creatore d'ogni cosa, Tu che hai plasmato le creature imprimendo in loro l’impronta mirabile della tua gloria, Tu che hai illuminato l’intimo di ogni uomo con la luce del tuo volto, volgi su noi lo sguardo e abbi pietà di noi, della nostra debolezza, della nostra povertà, volgi i tuoi occhi sul nostro lavoro, sulle nostre fatiche di ogni giorno, guardaci, siamo gli artisti, i tuoi artisti. Siamo pittori, scultori, musicisti, attori, poeti, danzatori, siamo i tuoi piccoli che amano vivere sulle ali della poesia per poterti stare più vicino, e per aiutare i fratelli a guardare più in alto nel tuo cielo e più in profondità, nel loro cuore. Perdonaci se siamo fragili e incostanti, ma siano uomini, donaci la tua forza, quella che scopriamo nella tua Parola, quella che sentiamo nella tua grazia, quella che riceviamo dalla tua Eucaristia, da quel pane spezzato che è comunione, fraternità e gioia. Ti preghiamo per noi, per tutti gli artisti, per il mondo distratto, fa che possiamo aiutare tutti gli uomini a scoprire qualcosa di Te, attraverso la nostra arte. La nostra vita sia un canto di lode alla tua bellezza e le nostre opere i raggi luminosi che illuminano le strade degli uomini. Donaci il tuo perdono e la tua benevolenza, donaci il tuo Spirito di sapienza e di bellezza, ispiraci con il tuo amore e la tua grazia, e donaci ali stupende affinché con l’arte ci innalziamo fino a te. Te lo chiediamo per Gesù Cristo, Signore e fratello nostro. Amen






Sant'Alberto Magno

 Sant'Alberto Magno


Nome: Sant'Alberto Magno
Titolo: Vescovo e dottore della Chiesa
Nascita: 1206, Lauingen, Germania
Morte: 15 novembre 1280, Colonia, Germania
Ricorrenza: 15 novembre
Tipologia: Memoria facoltativa
Protettore:degli scienziati
Alberto Magno, canonizzato e decorato del titolo di Dottore dal Sommo Pontefice Pio XI, nacque verso la metà del secolo XII dai conti di Bolstldt a Lauingen in Svevia (Germania), dove passò la giovinezza. Recatosi all'Università di Padova per una formazione intellettuale più elevata, fu dal beato Giordano di Sassonia guadagnato all'Ordine Domenicano.

Terminati gli studi ed emessi i voti religiosi, fu designato come professore a Colonia, Ratisbona, Strasburgo e poco dopo all'Università di Parigi. Tra i suoi discepoli il più illustre fu S. Tommaso d'Aquino, la cui elevatezza di mente egli per primo conobbe ed esaltò.

Nel 1254 fu tolto dall'insegnamento ed eletto provinciale dei Domenicani in Germania. Due armi dopo si portò a Roma. e nel Concistoro di Anagni, alla presenza del Sommo Pontefice difese vittoriosamente, contro alcuni avversari, i diritti della Santa Sede e dei Religiosi Mendicanti. Il Papa ne fu così entusiasta che lo tenne a corte e gli assegnò una cattedra all'Università Pontificia. Rinunziò allora alla carica di provinciale, ma dovette nuovamente portarsi in patria, prima come arbitro a Colonia, poi come mediatore di pace politica e sociale in un'infinità di contese.

Al principio dell'anno 1260 lo sorprese la notizia che il Papa l'aveva eletto vescovo di Ratisbona. Lo stato della diocesi non era lusinghiero : decaduta spiritualmente e finanziariamente, aveva bisogno di uno zelante riformatore. Alberto ubbidì alla chiamata pontificia e divenne, colla sua vita santa ed apostolica, modello dei sacerdoti e dei vescovi. Visitava chiese, predicava, confessava, lavorava in tutti i modi al miglioramento spirituale della diocesi, a cui, allorché fu ristabilito l'ori dine, la disciplina e le finanze, decise di rinunziare. i Dietro sue insistenze quindi, Urbano IV lo esonorò dall'ufficio pastorale, ed egli ritornò lieto nel suo convento di Colonia, spendendo il resto della sua vita tra la preghiera. la direzione spirituale, la composizione di opere scientifiche ed ascetiche ed esplicando una vasta azione di pacificazione sociale. Meritò il titolo di dottore universale.

Mentre un giorno, già più che ottantenne. teneva una lezione, perdette improvvisamente la memoria; piangendo scese dalla cattedra. Si preparò alla morte che lo colpì poco dopo, al 15 di novembre 1280, fra il compianto di tutta la cristianità.

PRATICA. Leggiamo o ascoltiamo una istruzione

PREGHIERA. O Dio, che hai reso grande il tuo beat vescovo e dottore Alberto nel far servire la sapienza umana alla fede divina, deh! concedici di seguire le 0;ne del suo insegnamento onde godere della luce perfetta nei cieli.

MARTIROLOGIO ROMANO. Sant'Alberto, detto Magno, vescovo e dottore della Chiesa, che, entrato nell'Ordine dei Predicatori, insegnò a Parigi con la parola e con gli scritti filosofia e teologia. Maestro di san Tommaso d'Aquino, riuscì ad unire in mirabile sintesi la sapienza dei santi con il sapere umano e la scienza della natura. Ricevette suo malgrado la sede di Ratisbona, dove si adoperò assiduamente per rafforzare la pace tra i popoli, ma dopo un anno preferì la povertà dell'Ordine a ogni onore e a Colonia in Germania si addormentò piamente nel Signore.



Pensiero del 15 novembre 2021

Meditazione sul Vangelo di Lc 18,35-43

Portatore di speranza.

 È ora! La salvezza dell’umanità è vicina, Gesù ne conosce il prezzo. Come Luca ci narra nel capitolo 18 del suo vangelo – nel brano che precede quello odierno – Egli, risoluto, si dirige verso Gerusalemme, il luogo della sua immolazione. Chiama a sé i Dodici: nuovamente, li prepara ad accogliere la sua morte, ma soprattutto la sua Risurrezione. Tuttavia, in Gesù, forse, c’è anche il desiderio di avere vicini i suoi amici in questo momento tremendo ed insieme splendido. Essi non comprendono nulla, perché il suo parlare rimane oscuro per loro. Intanto, come abbiamo visto oggi, giungono a Gerico, e la fede di un mendicante cieco porta molti alla Luce.

Gesù e i suoi giungono a Gerico, luogo altamente simbolico. Secondo la fede del popolo ebraico, infatti, le mura di questa imprendibile fortezza caddero (Gs 6,5) e Israele prese possesso della Terra Promessa. Gli apostoli, forse, sperano in un’altra vittoria, ma le parole di Gesù li hanno confusi, sono al buio. Entrando in Gerico, tuttavia, si accende una piccola luce grazie ad un mendicante cieco. Per la mentalità del tempo, la sua invalidità era causata dai suoi gravi peccati. Gesù, in occasione della guarigione di un altro cieco, confuterà questo pregiudizio che condannava all’esclusione chi già soffriva (cfr. Gv 9,2). Nel corso del Giubileo dell’anno 2000, Giovanni Paolo II definì i disabili portatori di un’abilità diversa, «perché portano nei loro corpi e nelle loro vita un’acuta speranza della liberazione che Cristo ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione». In questo episodio evangelico, ne abbiamo un esempio. Il cieco è immobile, mentre tutti camminano. Non vede con gli occhi, ma, sentinella di Dio, sente che intorno c’è uno strano movimento, fa domande. «Passa Gesù il Nazareno», rispondono. Il cieco è abituato a tendere la mano, non si vergogna, grida: “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Riconosce in Gesù il Messia, lo zittiscono, ma lui grida più forte, come gridò il popolo ebraico; allora, crollarono le mura di Gerico, ora, è la sua cecità fisica a crollare. E tutto il popolo, grazie alla sua fede ottiene la vista e dà lode Dio.

15 Novembre 

Dammi vita, Signore, ed osserverò la tua parola

Io sono la luce del mondo, dice il Signore; chi segue me avrà la luce della vita.

 (Giovanni 8,12)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 118)
Rit: Dammi vita, Signore, ed osserverò la tua parola.

Mi ha invaso il furore contro i malvagi
che abbandonano la tua legge.
I lacci dei malvagi mi hanno avvolto:
non ho dimenticato la tua legge.

Riscattami dall’oppressione dell’uomo
e osserverò i tuoi precetti.
Si avvicinano quelli che seguono il male:
sono lontani dalla tua legge.

Lontana dai malvagi è la salvezza,
perché essi non ricercano i tuoi decreti.
Ho visto i traditori e ne ho provato ribrezzo,
perché non osservano la tua promessa.

Io sono la luce del mondo, dice il Signore; chi segue me avrà la luce della vita.

 (Giovanni 8,12)