Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara sono una ragazza disabile, dalla nascita. Sono devota a Maria Regina della Famiglia apparsa nel maggio 1944 a Ghiaie di Bonate (Bg) ad Adelaide Roncalli a soli sette anni. Scopo mantenere viva la Memoria. Sono devota al GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE
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17 novembre, 2021
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Sant' Elisabetta d'Ungheria
Sant' Elisabetta d'Ungheria
Appena quindicenne adunque per volontà dei parenti impalmò il promesso sposo Ludovico IV, langravio di Turingia, il quale per primo dono di nozze le presentò uno specchio riflettente l'immagine del Salvatore. D'allora un triplice amore: verso la famiglia, Dio ed il prossimo divenne l'occupazione di tutta la sua vita. A questo fine Elisabetta divise le ore del giorno tra la preghiera, il lavoro, le visite agli infermi e il soccorso agli indigenti.
Biasimata spesso dai cortigiani quasi che il suo modo di vivere convenisse più ad una monaca che ad una principessa, essa appoggiata dal suo pio marito seppe imporre silenzio ed indurre molti a seguire i suoi esempi. Entrando in chiesa, deponeva la regale corona, stimandosi indegna di comparire col capo ornato di gemme dinanzi a Colui che fu incoronato di spine. Similmente aborriva ogni sfarzo, ma pregava, lavorava e colla sua carità illuminata prìavvedeva ogni giorno a più di 900 poveri. Ella stessa si portava nei tuguri dei villaggi e li consolava materialmente e spiritualmente i miseri. L'incontrò un giorno il duca in questo pio esercizio con un involto pieno di pani, e volle ad ogni costo veder cosa contenesse: apertolo, non vi trovò che un fascio di rose fragranti. Altra volta raccolse un fanciullo lebbroso e, curatolo, lo depose nel suo letto coniugale; salito il principe in camera e tirate le coperte, invece del lebbroso trovò l'immagine del Crocifisso.
In quel tempo si diffuse in tutta la Germania una spaventosa carestia a cui la madre dei poveri (così era comunemente chiamata la nostra Santa) andò incontro dando fondo al ricco erario e privandosi di tutti gli oggetti di lusso.
Ma il Signore volle dalla sua serva fedele prove d'amore e fedeltà ben maggiori. Ludovico, partito coi crociati per la Terra Santa, quando fu giunto ad Otranto, cadde infermo e morì. A tanta sciagura si aggiunse la più spietata persecuzione. Il cognato Enrico, usurpato il langraviato, spogliò Elisabetta di tutte le sue possessioni e barbaramente la scacciò di corte con i suoi bambini. Un bando vietava ai sudditi di accoglierla, e la regina dei poveri non trovò rifugio che in una stalla. È straziante quella pagina della sua vita; ella però tutto sopportò con animo profondamente rassegnato, e Dio volle che le fosse resa giustizia. Per opera del padre suo fu reintegrata nei suoi diritti e in quelli dei figli: restituiti i beni, le fu restituita la corona e proposta anche la mano di un principe; ma essa, vestendo l'abito e la fune del poverello d'Assisi, preferì la povertà ad ogni gloria umana, riconoscente a Dio dei dolori e di tutte le ingratitudini sofferte.
Le celesti consolazioni del suo Divino Sposo allietarono i suoi ultimi giorni ed ella morì il 17 novembre 1231 a soli 25 anni di età.
PRATICA. Facciamo sempre la carità ai poveri.
PREGHIERA. Illumina, Dio misericordioso, i cuori dei tuoi fedeli, e per le preghiere gloriose della beata Elisabetta fa' che noi disprezziamo le prosperità del mondo e godiamo sempre delle consolazioni celesti.
MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di santa Elisabetta di Ungheria, che, ancora fanciulla, fu data in sposa a Ludovico, conte di Turingia, al quale diede tre figli; rimasta vedova, dopo aver sostenuto con fortezza d'animo gravi tribolazioni, dedita già da tempo alla meditazione delle realtà celesti, si ritirò a Marburg in Germania in un ospedale da lei fondato, abbracciando la povertà e adoperandosi nella cura degli infermi e dei poveri fino all'ultimo respiro esalato all'età di venticinque anni.
Pensiero del 17 novembre 2021
Meditazione sul Vangelo di Lc 19,11-28
Non abbiate paura!
Nelle prime letture di questi ultimi giorni abbiamo visto come il re siriano Antioco Epifane profanò il Tempio, saccheggiò Gerusalemme, scatenò una feroce persecuzione e impose il culto degli dei greci. Nel 168 a.G. scoppiò la rivolta ebraica, capeggiata da Mattatia Maccabeo e dai suoi figli, tra i quali il più famoso è Giuda; egli, combattendo contro l’esercito siriano, ottenne per i giudei la libertà di vivere secondo le proprie leggi e il proprio culto. ln questo contesto storico si situa, dunque, l’episodio narrato nella prima lettura.
Gesù, ormai vicino a Gerusalemme, racconta una parabola nell’estremo tentativo di correggere la mentalità dei Dodici. Un uomo nobile deve partire per ricevere il titolo di re ed affida a ciascuno dei suoi servi un gruzzolo da far fruttare. Tutti obbediscono eccetto uno, che rimane inattivo per paura del padrone, che ritiene severo ed ingiusto. Oggi c’è chi ritiene l’insegnamento della Chiesa un ostacolo alla felicità dell’uomo; molti sostengono che senza regole morali, politiche ed economiche, il benessere sarebbe assicurato a tutti, e per questo approvano leggi contro Dio. Dalla millenaria storia ebraica, attraverso le parole di una donna e del suo giovane figlio, riportate nella prima lettura, giunge fino a noi l’esortazione a non abbandonare la Legge dell’Amore. Dice, infatti, la madre: “Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato all’origine l’uomo, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi». E il figlio risponde al carnefice: «Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri». Anche noi dobbiamo resistere al nuovo invasore, più subdolo, perché non impone la sua mentalità con le armi, ma, come il verme nella mela, svuota dal di dentro le coscienze ed il pensiero. Facciamo risuonare, dunque, nei luoghi in cui viviamo, il grido di Giovanni Paolo II: «Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!».
17 Novembre
Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto
Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.
(Giovanni 15,16)
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 16)
Rit: Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.
Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.
Custodiscimi come pupilla agli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi.
Io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine.
Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.
(Giovanni 15,16)
16 novembre, 2021
San Giuseppe Moscati Medico dei poveri di Napoli
Il 16 novembre 1930 i suoi resti furono traslati dal Cimitero di Poggioreale alla Chiesa del Gesù Nuovo, racchiusi in un'urna bronzea, opera dello scultore Amedeo Garufi, motivo per il quale è a questa data che fu posta la sua memoria liturgica.
"Tu, che hai risanato tante malattie ed hai soccorso tante persone, accogli le mie suppliche e ottienimi dal Signore di vedere esauditi i miei desideri".
La preghiera per gli ammalati gravi a San Giuseppe Moscati
Tante volte mi sono rivolto a te, o medico santo, e tu mi sei venuto incontro. Ora ti prego con sincero affetto, perché il favore che ti domando richiede un tuo particolare intervento (nome dell'ammalato) si trova in gravi condizioni e la scienza medica può fare ben poco. Tu stesso hai detto: «Che cosa possono fare gli uomini? Che cosa possono opporre alle leggi della vita?
Ecco la necessità del rifugio in Dio».
Tu, che hai risanato tante malattie ed hai soccorso tante persone, accogli le mie suppliche e ottienimi dal Signore di vedere esauditi i miei desideri.
Concedimi anche di accettare la santa volontà di Dio e una fede grande per accogliere le disposizioni divine. Amen.
Santa Margherita di Scozia
Santa Margherita di Scozia
Nel 1057 il padre fu richiamato in Inghilterra da Edoardo il Confessore (1042-1066; 13 ott.), che sperava diventasse suo erede; ma Edoardo, che era più giovane, morì subito dopo il suo arrivo in Inghilterra, aprendo la strada ai normanni. Dopo la conquista, Margherita non era più al sicuro, dato che era una dei pochi membri della famiglia reale anglosassone a rimanere in Inghilterra, perciò seguì il fratello, Edgardo l'Erede, in Scozia, dove fu accolta nella corte di re Malcolm III Canmore (10581093), che attratto dalla sua bellezza e intelligenza, la sposò nel 1070 ca. e visse con lei per almeno venticinque anni. Dei loro sei figli, tre (Edgardo, Alessandro e Davide, quest'ultimo venerato anche come santo, 24 mag.), governarono la Scozia, e Matilda, una delle loro due figlie, sposò il re inglese Enrico l (1100-1135).
Fu Matilda che chiese a Turgot, priore di Durham c poi vescovo di S. Andrea, che era anche stato il confessore di Margherita, di scrivere una Vita di sua madre: la Vita Margaretae Scotiae regine, scritta tra il 1104 e il 1108, che, sebbene segua il modello consueto comune a tutte queste biografie, beneficia del fatto che l'autore conosceva molto bene il suo soggetto. Secondo Turgot, l'importanza di Margherita fu notevole, a livello privato e pubblico; la vita presso la corte scozzese, che fino ad allora era stata poco elevata e carente dal punto di vista culturale, fu trasformata dalla sua presenza, sebbene alcuni protestassero che stesse diventando troppo "anglicizzata". Ella promosse anche la riforma della Chiesa di Scozia, contribuendo, per esempio, a portare il culto locale in linea con il culto della Chiesa di Roma in questioni come l'osservanza della Quaresima e della Pasqua, e l'astensione dal lavoro la domenica. Fu una fondatrice entusiasta di monasteri: uno dei suoi più grandi progetti fu la ricostruzione dell'abbazia di lona, oltre alla costruzione di Dunfermline, destinato a essere luogo di sepoltura della famiglia reale scozzese. Si interessò anche della costruzione di alcuni ricoveri per i pellegrini di S. Andrea, su entrambe le rive del Forth, e mise a loro disposizione delle barche per passare da una sponda all'altra.
Durante il tempo libero, quando non si occupava dei suoi figli o di quelli dei poveri, Margherita pregava o leggeva, oltre a ricamare molto abilmente. Malcolm, che si affidava al suo costante supporto e seguiva i suoi consigli, imparò anche ad apprezzarne la devozione, accorgendosi, secondo quanto afferma il suo biografo «che Cristo dimorava realmente nel suo cuore [...] Ciò che lei rifiutava, lo rifiutava anche lui [...] ciò che amava, lo amava anche lui per amore di lei». E sebbene non imparasse mai a leggere, apprezzava la rilegatura o le illustrazioni dei libri che Margherita leggeva. Esistono ancora un paio dei suoi libri, inclusa un'edizione tascabile del Vangelo (Biblioteca Bodleiana, Oxford), una Vita illustrata di S. Cmberto (20 mar.) e un salterio (di cui è stata messa in dubbio la paternità, conservato al Collegio Universitario di Oxford).
Margherita si ammalò gravemente, forse per la sua intensa attività, verso la fine del 1093; proprio prima di morire, giunse la notizia che Malcolm e uno dei suoi figli minori erano stati uccisi dall'esercito di Guglielmo II il Rosso (1087-1100) ad Alnwick. Cercarono di nasconderle questa notizia, ma senza risultato, e Margherita accettò questa perdita come un segno del volere di Dio.
Morì' il 16 novembre 1093 e fu seppellita a Dunferrnline assieme al marito; il culto nacque immediatamente, ma non fu confermato fino al m secolo, quando papa Innocenzo IV (1243-1254) richiese di analizzare la sua vita e i miracoli, consentendo la canonizzazione nel 1250. Dunfermline fu saccheggiata nel 1560, ma le reliquie furono messe al sicuro; il corpo di Margherita e quello di Malcolm furono trasferiti in una cappella all'Escorial, vicino a Madrid (il cranio prima a Edimburgo, poi presso i gesuiti a Douai); nel 1673, S. Margherita fu nominata patrona della Scozia.
MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Edimburgo, nella Scòzia, il natale di santa Margherita Vedova, Regina di Scòzia, celebre per la carità verso i poveri e per la povertà volontaria.
Pensiero del 16 novembre 2021
La voce, della coscienza spinge Zaccheo, a salire sull'albero, dal quale il Signore, lo fa scendere, per farne un uomo nuovo. Per ciascuno di noi, c'è sempre un sicomoro, dove Gesù c'attende.
Meditazione sul Vangelo di Lc 19,10
Zaccheo, il risorto
All’inizio della sua predicazione, Gesù entrò a Nazareth, la città dove era stato allevato. I nazareni volevano vedere miracoli, ma la loro fede era superficiale: non ne videro! Per questo tentarono di uccidere Gesù, che, «passando in mezzo a loro se ne andò» (Lc 4,30). Quasi al termine della sua missione, Gesù entra in un’altra città, Gerico che, un tempo fortezza inespugnabile, ora si lascia attraversare dal suo Signore e Salvatore. La città è simbolo della nostra anima; sta a noi essere docili alla sua Parola e permettere che essa ci attraversi: Zaccheo ne è un esempio.
Il Vangelo narra la vicenda di un’anima, che si è lasciata espugnare da Gesù e delle meraviglie compiute da questa sua pacifica conquista. Si tratta di un uomo, Zaccheo, capo dei pubblicani esattore delle tasse per conto dei Romani, ricco, a causa della sua disonestà nell’esigere le imposte, dunque disprezzato da tutti. Ma chi è veramente? «Cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura». In mezzo alla “folla” dei suoi peccati e del rancore della gente, tuttavia, la mente ed il cuore di questo omuncolo sono già nella Luce, Gesù lo sta già chiamando. Egli corre, s’arrampica, si libera di ogni pudore, pur di giungere in fretta all’appuntamento con l’Unico che lo ama perché è suo figlio, da troppo tempo lontano. Ed ecco, lo sguardo di Gesù incrocia quello di Zaccheo, il male che era nel suo cuore si sgretola come le mura di Gerico! L’usuraio Zaccheo è morto. Risorge Zaccheo il generoso, che dà la metà dei suoi beni ai poveri; il giusto, che applica al suo prossimo il tasso di interesse prima preteso per sé, restituendo quattro volte quello che ha frodato. L’Amore ha stravinto, ma Gesù vuole la piena riabilitazione dell’ex pubblicano e chiede di essere ospitato da lui. Delicatezza di Dio! Non umilia il peccatore, ma lo solleva dalla polvere, facendosi Lui stesso mendicante d’amore. Ad ognuno dice: ho bisogno di te, della casa di Zaccheo, degli amici al Getsemani… (Mt 26,33).
16 Novembre
Il Signore mi sostiene
Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio, come vittima d'espiazione per i nostri peccati.
(I Giovanni 4,10)
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 3)
Rit: Il Signore mi sostiene.
Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono.
Molti dicono della mia vita:
«Per lui non c’è salvezza in Dio!».
Ma tu sei mio scudo, Signore,
sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.
A gran voce grido al Signore
ed egli mi risponde dalla sua santa montagna.
Io mi corico, mi addormento e mi risveglio:
«Il Signore mi sostiene. Non temo la folla numerosa, che intorno a me si è accampata».
Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio, come vittima d'espiazione per i nostri peccati.
(I Giovanni 4,10)
15 novembre, 2021
PREGHIERA DEGLI ARTISTI per Lando Buzzanca
PREGHIERA DEGLI ARTISTI, per Lando Buzzanca.
Sant'Alberto Magno
Sant'Alberto Magno
Terminati gli studi ed emessi i voti religiosi, fu designato come professore a Colonia, Ratisbona, Strasburgo e poco dopo all'Università di Parigi. Tra i suoi discepoli il più illustre fu S. Tommaso d'Aquino, la cui elevatezza di mente egli per primo conobbe ed esaltò.
Nel 1254 fu tolto dall'insegnamento ed eletto provinciale dei Domenicani in Germania. Due armi dopo si portò a Roma. e nel Concistoro di Anagni, alla presenza del Sommo Pontefice difese vittoriosamente, contro alcuni avversari, i diritti della Santa Sede e dei Religiosi Mendicanti. Il Papa ne fu così entusiasta che lo tenne a corte e gli assegnò una cattedra all'Università Pontificia. Rinunziò allora alla carica di provinciale, ma dovette nuovamente portarsi in patria, prima come arbitro a Colonia, poi come mediatore di pace politica e sociale in un'infinità di contese.
Al principio dell'anno 1260 lo sorprese la notizia che il Papa l'aveva eletto vescovo di Ratisbona. Lo stato della diocesi non era lusinghiero : decaduta spiritualmente e finanziariamente, aveva bisogno di uno zelante riformatore. Alberto ubbidì alla chiamata pontificia e divenne, colla sua vita santa ed apostolica, modello dei sacerdoti e dei vescovi. Visitava chiese, predicava, confessava, lavorava in tutti i modi al miglioramento spirituale della diocesi, a cui, allorché fu ristabilito l'ori dine, la disciplina e le finanze, decise di rinunziare. i Dietro sue insistenze quindi, Urbano IV lo esonorò dall'ufficio pastorale, ed egli ritornò lieto nel suo convento di Colonia, spendendo il resto della sua vita tra la preghiera. la direzione spirituale, la composizione di opere scientifiche ed ascetiche ed esplicando una vasta azione di pacificazione sociale. Meritò il titolo di dottore universale.
Mentre un giorno, già più che ottantenne. teneva una lezione, perdette improvvisamente la memoria; piangendo scese dalla cattedra. Si preparò alla morte che lo colpì poco dopo, al 15 di novembre 1280, fra il compianto di tutta la cristianità.
PRATICA. Leggiamo o ascoltiamo una istruzione
PREGHIERA. O Dio, che hai reso grande il tuo beat vescovo e dottore Alberto nel far servire la sapienza umana alla fede divina, deh! concedici di seguire le 0;ne del suo insegnamento onde godere della luce perfetta nei cieli.
MARTIROLOGIO ROMANO. Sant'Alberto, detto Magno, vescovo e dottore della Chiesa, che, entrato nell'Ordine dei Predicatori, insegnò a Parigi con la parola e con gli scritti filosofia e teologia. Maestro di san Tommaso d'Aquino, riuscì ad unire in mirabile sintesi la sapienza dei santi con il sapere umano e la scienza della natura. Ricevette suo malgrado la sede di Ratisbona, dove si adoperò assiduamente per rafforzare la pace tra i popoli, ma dopo un anno preferì la povertà dell'Ordine a ogni onore e a Colonia in Germania si addormentò piamente nel Signore.
Pensiero del 15 novembre 2021
Meditazione sul Vangelo di Lc 18,35-43
Portatore di speranza.
È ora! La salvezza dell’umanità è vicina, Gesù ne conosce il prezzo. Come Luca ci narra nel capitolo 18 del suo vangelo – nel brano che precede quello odierno – Egli, risoluto, si dirige verso Gerusalemme, il luogo della sua immolazione. Chiama a sé i Dodici: nuovamente, li prepara ad accogliere la sua morte, ma soprattutto la sua Risurrezione. Tuttavia, in Gesù, forse, c’è anche il desiderio di avere vicini i suoi amici in questo momento tremendo ed insieme splendido. Essi non comprendono nulla, perché il suo parlare rimane oscuro per loro. Intanto, come abbiamo visto oggi, giungono a Gerico, e la fede di un mendicante cieco porta molti alla Luce.
Gesù e i suoi giungono a Gerico, luogo altamente simbolico. Secondo la fede del popolo ebraico, infatti, le mura di questa imprendibile fortezza caddero (Gs 6,5) e Israele prese possesso della Terra Promessa. Gli apostoli, forse, sperano in un’altra vittoria, ma le parole di Gesù li hanno confusi, sono al buio. Entrando in Gerico, tuttavia, si accende una piccola luce grazie ad un mendicante cieco. Per la mentalità del tempo, la sua invalidità era causata dai suoi gravi peccati. Gesù, in occasione della guarigione di un altro cieco, confuterà questo pregiudizio che condannava all’esclusione chi già soffriva (cfr. Gv 9,2). Nel corso del Giubileo dell’anno 2000, Giovanni Paolo II definì i disabili portatori di un’abilità diversa, «perché portano nei loro corpi e nelle loro vita un’acuta speranza della liberazione che Cristo ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione». In questo episodio evangelico, ne abbiamo un esempio. Il cieco è immobile, mentre tutti camminano. Non vede con gli occhi, ma, sentinella di Dio, sente che intorno c’è uno strano movimento, fa domande. «Passa Gesù il Nazareno», rispondono. Il cieco è abituato a tendere la mano, non si vergogna, grida: “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Riconosce in Gesù il Messia, lo zittiscono, ma lui grida più forte, come gridò il popolo ebraico; allora, crollarono le mura di Gerico, ora, è la sua cecità fisica a crollare. E tutto il popolo, grazie alla sua fede ottiene la vista e dà lode Dio.
15 Novembre
Dammi vita, Signore, ed osserverò la tua parola
Io sono la luce del mondo, dice il Signore; chi segue me avrà la luce della vita.
(Giovanni 8,12)
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 118)
Rit: Dammi vita, Signore, ed osserverò la tua parola.
Mi ha invaso il furore contro i malvagi
che abbandonano la tua legge.
I lacci dei malvagi mi hanno avvolto:
non ho dimenticato la tua legge.
Riscattami dall’oppressione dell’uomo
e osserverò i tuoi precetti.
Si avvicinano quelli che seguono il male:
sono lontani dalla tua legge.
Lontana dai malvagi è la salvezza,
perché essi non ricercano i tuoi decreti.
Ho visto i traditori e ne ho provato ribrezzo,
perché non osservano la tua promessa.
Io sono la luce del mondo, dice il Signore; chi segue me avrà la luce della vita.
(Giovanni 8,12)
14 novembre, 2021
Pensiero del 14 Novembre 2021
Meditazione sul Vangelo di Mc 13,24-32
Vieni, Signore!
Al termine dell’anno liturgico ci si presenta il tema della speranza. Daniele, con toni di accesa speranza per il futuro nella vita eterna, ci dice che tutto il popolo si salverà. Gesù, da parte sua, nel discorso escatologico mostra come le profezie dell’Antico Testamento si stanno compiendo. Così nella Lettera agli Ebrei, ci viene presentata la figura di Cristo assiso alla destra di Dio nel momento del giudizio per i suoi nemici. Abbiamo ascoltato un linguaggio a tratti misterioso, carico di simbolismo, ma che ci aiuta ad entrare nel clima di vigilanza nell’attesa della fine dei tempi.
Il mondo non è eterno. Ha conosciuto un inizio e conoscerà una fine. L’attesa del suo Regno sarà il filo conduttore di questa settimana. Alle costanti richieste di aumentare la fede che ci sono state rivolte finora, si aggiunge adesso l’invito ad avere una salda speranza e una profonda fiducia nel Signore. I primi cristiani vivevano questa attesa invocando continuamente “maranatha”, “vieni Signore”. L’immagine del fico mette in risalto il tempo intermedio tra l’oggi storico e la fine della storia. Esiste, dunque, un rapporto tra il tempo e l’eternità. Abbiamo, infatti, la certezza della fine della vita e, quindi, della storia. Ma l’attesa di questa fine, che è certa, può essere vissuta con atteggiamenti differenti. Esiste, infatti, in ogni essere umano un senso di speranza e fiducia per il futuro che fonda tutta la sua esistenza: ma dalla qualità della nostra speranza dipende anche il modo in cui guardiamo alla vita e ai nostri affetti. Quando Gesù parla dell’ora finale fa cenno solo agli eletti, senza riferirsi a dei condannati, seppur ce ne fossero: l’ultimo giorno si chiude con un lieto fine. La sorte finale di ciascuno è avvolta nel mistero, ma quanto ascoltiamo nel vangelo di oggi infonde un grande conforto ed una straordinaria fiducia nel potere e nella misericordia di Dio.
14 Novembre
Proteggimi, o Dio: «In te mi rifugio».
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo.
(Luca 21,36)
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 15)
Rit: Proteggimi, o Dio: «In te mi rifugio».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: «Nelle tue mani è la mia vita».
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo.
(Luca 21,36)
14 novembre 1951, l'alluvione del Polesine: cento vittime e 180mila senza una casa
13 novembre, 2021
Pensiero del 13 novembre 2021
Meditazione sul Vangelo di Lc 18,1-8
La verità sulla preghiera.
Gesù ha parlato più volte della preghiera, non solo con le sue parole ma anche con il suo esempio. Oggi la liturgia ci presenta una delle parabole più note su questo argomento, nella quale il Signore sottolinea un aspetto importante: essa è efficace e tocca il cuore di Dio.
Dai brevi versetti della parabola narrata da Gesù, possiamo apprendere alcune verità sulla preghiera. La prima: l’evangelista Luca, introducendo la parabola, scrive: «Disse una parabola sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi». Poche parole, che però dicono molto: pregare è una necessità che richiede costanza e che deve superare lo scoraggiamento. La vedova del Vangelo, infatti, non smette di bussare alla porta del giudice, insiste senza sosta e ottiene alla fine risposta. La seconda: nella preghiera è importante presentare al Signore la propria situazione personale, senza timori. Farlo significa prendere sempre più coscienza di ciò che attraversa la nostra esistenza, dei no stri bisogni, dei nostri limiti e chiedere a Dio di aiutarci a leggere dentro tutto ciò per discernere. In questo modo si crea una relazione profonda con il Signore, che facciamo entrare nella nostra vita dalla porta principale. La terza: la preghiera non può essere separata dal cammino di fede. Gesù alla fine della parabola pone, infatti, una domanda: “Ma il Figlio dell’uomo quando verrà troverà la fede sulla terra?”. Spesso ci domandiamo se la nostra preghiera sia stata ascoltata e abbiamo dubbi sul fatto che le nostre richieste possano essere esaudite. Una cosa non va mai dimenticata: la preghiera, quando è sincera, cambia il cuore di chi prega, lo rende più docile, più attento alla voce di Dio. Questa è la sua prima efficacia. E così “tocca” la nostra fede, l’aiuta a crescere, a consolidarsi. Ma è poi la nostra fede che ci fa percepire nell’intimo l’efficacia della preghiera. Più la nostra vita interiore è profonda più ci accorgiamo, con un istinto spirituale, che pregare dà frutto, anche se non sappiamo dare un nome a questo frutto. Capiamo che «la preghiera è la nostra azione più potente e più intensa perché è nella preghiera che noi operiamo maggiormente con Dio. E sarà la nostra ultima azione nell’ora della nostra morte» (M. Legaut).
13 Novembre
Ricordate le meraviglie che il Signore ha compiuto
Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.
(II Tessalonicesi 2,14)
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 104)
Rit: Ricordate le meraviglie che il Signore ha compiuto.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Colpì ogni primogenito nella loro terra,
la primizia di ogni loro vigore.
Allora li fece uscire con argento e oro;
nelle tribù nessuno vacillava.
Così si è ricordato della sua parola santa,
data ad Abramo suo servo.
Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.
Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.
(II Tessalonicesi 2,14)