Translate

23 settembre, 2021

Santi Zaccaria ed Elisabetta

 Santi Zaccaria ed Elisabetta


Nome: Santi Zaccaria ed Elisabetta
Titolo: Genitori di San Giovanni Battista
Ricorrenza: 23 settembre
Tipologia: Commemorazione




I Santi Elisabetta e Zaccaria furono, dopo Maria e Giuseppe, genitori protetti dalla grazia. Elisabetta, discendente di Aronne e Zaccaria, della classe di Abìa, ebbero in figlio Giovanni Battista.

I due coniugi osservavano attentamente ogni legge di Dio e quotidianamente dimostravano in lui una immensa fiducia. Nonostante i numerosissimi tentativi non riuscirono a concepire un bambino e ormai in età avanzata persero in parte le speranze di poter avere un figlio.

Un giorno mentre Zaccaria lavorava al Tempio di Gerusalemme gli apparve innanzi l’Arcangelo Gabriele che gli annunciò la nascita di un figlio, così dicendo: “Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore”.

Inizialmente Zaccaria non gli credette ma Gabriele duramente rispose lui “Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio” e poi aggiunse che gli avrebbe fatto perdere la parola fino al momento in cui il suo primogenito non fosse stato concepito.

Nel corso del sesto mese di gravidanza di Elisabetta, Maria che era sua parente si recò personalmente presso la sua dimora per farle visita siccome aveva avuto notizia dall’Arcangelo Gabriele di questa tanto attesa gravidanza. Entrambe erano consapevoli di portare in grembo la salvezza per gli uomini.

Durante questo episodio, conosciuto come la Visitazione, Elisabetta riconobbe Maria come la madre del Salvatore e la salutò con la famosa espressione “benedetta tra le donne”, Maria rispose con l’inno del Magnificat.

PRATICA. Impegniamoci quotidianamente alla perseveranza che, se unita alla preghiera ed alle fede nel nostro Signore che ci porterà nella sua gloria.

PREGHIERA. O Dio che hai donato tanta pazienza ad Elisabetta e Zaccaria fa che anche noi possiamo essere capaci di attendere con gioia quanto la vita ha in serbo per noi

MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione dei santi Zaccaria ed Elisabetta, genitori di san Giovanni Battista, Precursore del Signore. Elisabetta, accogliendo in casa sua Maria, sua parente, piena di Spirito Santo, salutò la Madre del Signore benedetta tra le donne; Zaccaria, sacerdote, pieno di spirito profetico, alla nascita del figlio, lodò Dio redentore e predisse il prossimo avvento di Cristo, che verrà dall’alto come sole che sorge.

San Pio da Pietrelcina

 San Pio da Pietrelcina


Nome: San Pio da Pietrelcina
Titolo: Sacerdote cappuccino
Nascita: 25 maggio 1887, Pietrelcina, Benevento
Morte: 23 settembre 1968, San Giovanni Rotondo, Foggia
Ricorrenza: 23 settembre
Tipologia: Memoria liturgica
Sito ufficiale:www.padrepio.it




Pochi santi furono, come padre Pio, dotati di doni straordinari che hanno richiamato su di lui l'attenzione del mondo intero: le stimmate, il profumo misterioso che emanava dal suo corpo, i carismi di profezie e di scrutamento dei cuori, le guarigioni e le conversioni attribuite alla sua preghiera. Nel convento del Gargano, nel quale l'umile frate cappuccino viveva, la ressa di devoti era quotidiana: tutti lo volevano vedere, toccare; tutti desideravano assistere alla sua messa "un momento di rara intensità spirituale" e soprattutto confessarsi, rimettersi in sintonia con Dio guidati da lui. La confessione era un incontro che spesso sconvolgeva le persone mutando per sempre la loro vita, mentre il numero dei «convertiti» e dei devoti estimatori aumentava incessantemente.


Ma poi, in concreto, per lui la vita fu un lungo calvario che egli visse unendosi a Cristo per la salvezza delle anime, fedele a un programma di vita, che egli aveva così espresso nell'immagine ricordo della sua prima messa: «Gesù, mio sospiro e mia vita, oggi che trepidante ti elevo in un mistero d'amore, con te io sia per il mondo Via, Verità e Vita e per te sacerdote santo, vittima perfetta».

Francesco Forgione (così si chiamava padre Pio prima di indossare il saio francescano) nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi, non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Tanto che papà Orazio un giorno si imbarcò per l'America sperando in una sorte migliore. Gli andò bene, lavoratore instancabile e avveduto, riuscì a mettere insieme una discreta fortuna.

Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, perché era il più gracile, spesso in preda a misteriose e violente febbri, e dotato di una fine sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. E si chiedeva, mamma Maria, che cosa avrebbe potuto fare da grande quel suo figliolo così gracile. Risolse lui stesso il problema. Indicando con la mano il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo».
Ma poi, in concreto, per lui la vita fu un lungo calvario che egli visse unendosi a Cristo per la salvezza delle anime, fedele a un programma di vita, che egli aveva così espresso nell'immagine ricordo della sua prima messa: «Gesù, mio sospiro e mia vita, oggi che trepidante ti elevo in un mistero d'amore, con te io sia per il mondo Via, Verità e Vita e per te sacerdote santo, vittima perfetta».

Francesco Forgione (così si chiamava padre Pio prima di indossare il saio francescano) nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi, non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Tanto che papà Orazio un giorno si imbarcò per l'America sperando in una sorte migliore. Gli andò bene, lavoratore instancabile e avveduto, riuscì a mettere insieme una discreta fortuna.

Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, perché era il più gracile, spesso in preda a misteriose e violente febbri, e dotato di una fine sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. E si chiedeva, mamma Maria, che cosa avrebbe potuto fare da grande quel suo figliolo così gracile. Risolse lui stesso il problema. Indicando con la mano il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo».

Nel 1903, indossando il saio francescano nel convento dei cappuccini di Morone, iniziava il cammino di preparazione alla vita religiosa e sacerdotale che si concluse il 10 agosto 1910. E non fu un cammino facile: le misteriose malattie che lo avevano tormentato a casa, continuarono con assalti di una virulenza tale da far temere che non sarebbe mai giunto vivo all'ordinazione, tant'è vero che, non appena ebbe l'età minima richiesta dal diritto canonico, fu consacrato sacerdote.

Con gli sgargianti paramenti sacri addosso pareva ancora più debole ed emaciato, tanto che i superiori ebbero compassione di lui e, anziché inserirlo subito nell'attività pastorale, lo mandarono a Pietrelcina, sperando che l'aria di casa gli avrebbe fatto tornare un po' di forze; qui invece il giovane frate imboccava dritto la strada di quel calvario che percorrerà per tutta la vita.

Stimmate di Padre Pio


Il 5 agosto 1918 gli apparve un misterioso personaggio che gli trafisse il cuore con un dardo infuocato, mentre il 20 settembre riceveva le stimmate, inizialmente invisibili. «Ero in coro "ha raccontato lui stesso" dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso da un riposo simile a un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni nonché le stesse facoltà dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile. Vi subentrò subito una grande pace. E mentre tutto questo si andava operando, vidi innanzi un misterioso Personaggio, simile a quello visto il 5 agosto, che si differenziava solamente in questo: aveva le mani, i piedi e il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì. Mi sentii morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore che sentivo sbalzare dal petto. Il Personaggio si ritirò e io mi avvidi che mani, piedi e costato erano trasformati e grondavano sangue».

Un fatto mistico accompagnato da dolore fisico acuto e lacerante. Ma sopportabile. Più profondo e più lacerante fu il dolore provocato invece dai giudizi, dai sospetti e dalle condanne che gli vennero da istituzioni ecclesiastiche, da confratelli e da ambienti scientifici per i quali le ferite del frate del Gargano erano frutto di isterismo.

Scienziati di ogni tipo, inviati da organismi religiosi e dallo stesso Vaticano, si accanirono per dimostrare che i fenomeni attribuitigli non avevano alcuna origine soprannaturale. E riuscirono a convincere il Sant'Uffizio, promotore di una delle inchieste più clamorose durante il pontificato di Pio XI, che si trattava di fenomeni isterici. E gli arcigni monsignori del Vaticano nel 1923, con un apposito decreto, vietavano al frate di Pietrelcina di dire la messa in pubblico e di confessare i fedeli. Un'atroce tortura, durata una decina d'anni, che padre Pio visse in silenzio, senza protestare, rifugiandosi nella preghiera e nella penitenza.

La gente, che non aveva mai messo in dubbio l'origine soprannaturale di quelle misteriose piaghe, quando cessò l'ostracismo, riprese a salire la mulattiera che conduceva al convento per ascoltare la messa celebrata dal frate delle stimmate.

Padre Pio definiva la messa «il mistero tremendo». Ed era per lui un momento di grande emozione spirituale: il volto trasfigurato, gli occhi luminosissimi, il corpo rapito oltre il tempo e lo spazio. Ma anche per quanti la seguivano era un momento di rara tensione e, dopo la messa, facevano la coda davanti al suo confessionale per accedere al sacramento del perdono e per chiedergli di intercedere per loro presso Dio. E c'era chi se ne andava deluso o irritato, e chi interiormente trasformato. Molte le conversioni anche di personaggi notissimi al grande _pubblico che verso il frate stigmatizzato nutrirono sempre profonda riconoscenza e devozione. Padre Pio, uomo di grande carità e umiltà, aveva anche il dono di leggere nei cuori, «sentiva» se chi lo avvicinava era sincero o ambiguo; per qucsto con alcuni era buono e con altri spicciativo o addirittura burbero. Invitava tutti comunque a pregare sempre, a essere in continuo contatto con il Signore.

Nel 1940, mentre il mondo era alle prese con il terribile dramma della guerra, nascevano su suo invito i «Gruppi di preghiera», un'istituzione che presto si diffuse proficuamente in tutto il mondo. «La preghiera "aveva detto ai suoi confratelli" è la chiave dei tesori di Dio, è l'arma del combattimento e della vittoria in ogni lotta per il bene e contro il male».

Nel medesimo anno, spinto da un grande amore per il prossimo, soprattutto per quanti erano afflitti dalla malattia, metteva in moto un movimento di carità e di solidarietà per poter realizzare una struttura ospedaliera a servizio dei malati poveri. L'idea si concretizzava nel 1956 con l'inaugurazione della Casa sollievo della sofferenza, destinata a diventare uno degli ospedali meglio attrezzati del Meridione, nel quale lavorano luminari della medicina e dove tutti sono invitati a vedere nel malato e nel povero il volto stesso di Gesù.

Tra i tanti doni di cui era dotato, padre Pio ebbe anche quello di prevedere il tempo della sua morte. Un giorno, ed eravamo nel 1918 quando aveva appena ricevute le stimmate, disse a uno che frequentava il convento: «Coraggio: abbiamo ancora cinquant'anni davanti». E cinquant'anni dopo, 1968, mentre con i devoti si accingeva a commemorare il mezzo secolo dall'evento, padre Pio avvicinò quel fedele e con un filo di voce gli sussurrò: «Cinquant'anni sono passati».

La domenica 20 settembre si fece gran festa, padre Pio celebrò messa e poi si affacciò a benedire i pellegrini che erano accorsi in gran numero. Fu l'ultima volta che lo videro vivo, perché la notte del 23, dopo aver recitato per intero il rosario, moriva.

Padre Pio

La gente lo venerò come un santo, prima ancora che la chiesa si esprimesse in tal senso. Il convento e la chiesa dove celebrava messa sono diventati ben presto meta di incessanti pellegrinaggi e luogo di preghiera, di carità e di conversione. Il cammino verso gli altari, però, fu più tortuoso. Coloro che lo avevano avversato in vita, anche per motivi poco nobili (leggi: l'uso delle tante offerte che la gente inviava per le sue iniziative di carità), misero molti pali tra le ruote.

Ma alla fine la verità sulla sua santità ha avuto il sopravvento. Padre Pio, che definiva se stesso «un frate che prega», è stato proclamato beato da papa Giovanni Paolo II, che nutriva per lui grande devozione, il 2 maggio del 2000, e due anni dopo, il 16 giugno 2002 lo stesso Pontefice in piazza San Pietro, lo proclamò Santo e ne stabilì la memoria liturgica per il 23 settembre, "giorno della sua nascita al cielo".

Il luglio 2004 fu inaugurata la nuova grande chiesa a S. Giovanni Rotondo progettata dal celebre architetto Renzo Piano.

PRATICA. Riflettiamo sulle parole di San Pio, (ASN, 15): "La vita non è che una perpetua reazione contro se stessi e non si schiude in bellezza, che a prezzo del dolore. Tenete sempre compagnia a Gesù nel Getsemani ed egli saprà confortarvi nelle ore angosciose che verranno".

PREGHIERA. O Dio, per la tua misericordia e per i meriti di questo tuo grande santo, concedi anche a noi una fede capace di scorgere nei poveri e nei sofferenti il volto di Gesù. Insegna anche a noi l'umiltà del cuore, perché in tuo nome, scopriamo la gioia di perdonare i nostri nemici.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Pio da Pietrelcina (Francesco) Forgione, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia si impegnò molto nella direzione spirituale dei fedeli e nella riconciliazione dei penitenti ed ebbe tanta provvidente cura verso i bisognosi e i poveri da concludere in questo giorno il suo pellegrinaggio terreno pienamente configurato a Cristo crocifisso.



PREGHIERA A PADRE PIO DA PIETRELCINA
"O Gesù, pieno di grazia e di carità e vittima per i peccati, che, spinto dall’amore per le anime nostre, volesti morire sulla croce, io ti prego umilmente di glorificare, anche su questa terra, il servo di Dio, San Pio da Pietrelcina" 🙏
O Gesù, pieno di grazia e di carità
e vittima per i peccati,
che, spinto dall’amore per le anime nostre,
volesti morire sulla croce,
io ti prego umilmente di glorificare,
anche su questa terra,
il servo di Dio, San Pio da Pietralcina
che, nella partecipazione generosa
ai tuoi patimenti, tanto ti amò e tanto si prodigò
per la gloria del Padre tuo e per il bene delle anime.
Ti supplico perciò di volermi concedere,
per la sua intercessione,
la grazia che ardentemente desidero.

Pensiero del 23 settembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Lc 9,7-9

Gesù è di più.

Gesù si presenta come colui che è più grande: più grande di tutti i profeti che l’hanno preceduto. Dopo Erode, la storia ha continuamente cercato di definire l’identità di Cristo richiamando il paragone con altri personaggi storici, o con categorie e parametri che ne potessero circoscrivere l’immagine entro una cornice già conosciuta: Gesù uomo eccezionale, Gesù grande maestro, benefattore, legislatore, e perfino rivoluzionario. Sono immagini che sfiorano appena l’identità di Gesù, perché Gesù è di più. La fede semplice di chi l’ha incontrato e lo incontra anche oggi sa riconoscerlo con fiducia e abbandono. I sapienti – come i teologi – devono indagare, e fino a un certo punto si tratta di un’operazione legittima: è il lavoro di comprensione cominciato con gli apostoli, depositato nei Vangeli, e che ha percorso tutti i secoli della Chiesa. Chi è veramente Gesù? Gesù è un uomo che è Dio. I tratti della sua vita rivelano un’umanità grande e compiuta, ma nello stesso tempo annunciano un’eccedenza impossibile da contenere: Gesù è sempre oltre, sempre di più di quel che noi possiamo comprendere e trattenere. C’è di più nelle sue parole, nelle sue azioni, nella sua personalità. Per esprimerlo in modo chiaro e compiuto, la fede della Chiesa arriva a dire che in Gesù di Nazaret si è incarnato e vive il Figlio Unigenito del Padre, Dio da Dio: la persona divina del Figlio abita e vive un’umanità piena e reale; una natura umana e una natura divina, nell’unica persona divina del Figlio eterno. Queste espressioni usate dalla teologia cristiana non sono leziose e inutili; servono invece a esprimere, in linguaggio umano chiaro, il contenuto della fede e dànno ragionevolezza e plausibilità a un avvenimento nuovo e originale apparso sulla faccia della terra. Gesù di Nazaret ha suscitato, e continua a suscitare sorpresa, scandalo, rifiuto, ma anche ammirazione, entusiasmo, adorazione. Accade ancora.

23 settembre

Il Signore ama il suo popolo

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

(Giovanni 14,6)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 149)
Rit: Il Signore ama il suo popolo.

Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.
Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion.

Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria.

Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca:
questo è un onore per tutti i suoi fedeli.

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

(Giovanni 14,6)

22 settembre, 2021

Pensiero del 22 settembre 2021

 La crescita del Regno, non è opera umana: «Edificare la Chiesa, non è potere degli uomini, solo GESÚ, ha questo Potere che trasmette ai Dodici Apostoli». 

Meditazione sul Vangelo di Lc 9,1-6

La forza del Vangelo.

Già nella vita terrena, Gesù comunica agli apostoli la sua stessa missione anticipando il compito che dovranno svolgere alla fine, e li provoca a un primo esercizio nell’annuncio del regno e nell’opera delle guarigioni. Che cosa li abilita a questo, e che cosa li può sostenere? A loro bastano “la forza e il potere” di Gesù. Il Vangelo non è solo un contenuto trasmesso da trasportatori anonimi, o da esperti delle tecniche apostoliche e missionarie. Si trasmette quello che si è visto e udito. La convivenza con Gesù viene comunicata nel dono dello Spirito: lo si vede nella stesura stessa dei Vangeli, i quali non sono altro se non il deposito della predicazione apostolica. La predicazione è racconto e testimonianza. La Chiesa vive non solo del messaggio del Signore, ma della sua stessa presenza e della sua forza, che agisce come guarigione del corpo e dello spirito e come salvezza della vita. Gesù dà “forza e potere”. Tutto questo è continuato ad avvenire anche dopo l’ascensione del Signore, come troviamo documentato negli Atti e nelle lettere degli Apostoli, e come è documentato dalla storia della Chiesa. L’annuncio cristiano, proposto dalla Chiesa, continua a suscitare una novità e verità di vita tra gli uomini. La potenza del Vangelo si manifesta nel modo di pensare, di scegliere e di vivere di coloro che incontrano Cristo e diventano suoi amici. Viene comunicata una corrente di vita e di grazia. Nessuna potenza umana, nessun abile esperto, nessuna comunità cristiana, per se stessi e per la propria potenza, rendono efficace la presenza della Chiesa nel mondo. Questa è solo il risultato della santità, cioè dell’unità con Gesù e dell’appartenenza a lui, per l’intensità e la densità di un’amicizia realmente vissuta.

22 Settembre

Benedetto Dio che vive in eterno

Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.

(Marco 1,15)

SALMO RESPONSORIALE (Tobia 13)
Rit: Benedetto Dio che vive in eterno.

Benedetto Dio che vive in eterno,
benedetto il suo regno;
egli castiga e ha compassione.
Fa scendere agli inferi, nelle profondità della terra,
e fa risalire dalla grande perdizione:
nessuno sfugge alla sua mano.

Lodatelo, figli d’Israele, davanti alle nazioni,
perché in mezzo ad esse egli vi ha disperso
e qui vi ha fatto vedere la sua grandezza.

Date gloria a lui davanti a ogni vivente,
poiché è lui il nostro Signore, il nostro Dio,
lui il nostro Padre, Dio per tutti i secoli.

Vi castiga per le vostre iniquità,
ma avrà compassione di tutti voi
e vi radunerà da tutte le nazioni,
fra le quali siete stati dispersi.

Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.

(Marco 1,15)

21 settembre, 2021

Auguri di cuore d'un buon onomastico a Matteo Ferrari

 Oggi, è san Matteo, Evangelista, ed Apostolo del Signore.

Auguri di cuore, d'un buon onomastico a Matteo Ferrari.
Dio, ti benedica!



Beato Rosario Angelo Livatino

 Beato Rosario Angelo Livatino




Nome: Beato Rosario Angelo Livatino
Nasce: 03 ottobre 1952
Morte: 21 settembre 1990
Titolo: Martire di mafia
Ricorrenza: 29 ottobre
Tipologia: Commemorazione




Rosario Angelo Livatino nacque a Canicattì, in provincia di Agrigento, in Sicilia, il 3 ottobre 1952 e nel 1975 conseguì la laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti; membro dell'Azione Cattolica sin da giovane, aiutava nei corsi prematrimoniali e partecipava agli incontri organizzati dalle associazioni cattoliche, abitudine conservata anche una volta divenuto Magistrato.

Svolgendo la sua attività lavorativa ad Agrigento, mentre si recava a lavoro si fermava spesso presso la chiesa di San Giuseppe per porgere il suo saluto al Santissimo Sacramento.

Entrato in Magistratura nel 1978 come Uditore giudiziario, fu Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Agrigento dal 1984 al 1988, risultando il Magistrato più produttivo.

Continuando la sua partecipazione alla cristianità, a 35 anni ricevette il Sacramento della Cresima.

Nel 1989 divenne Giudice nella sezione penale, in un momento storico in cui i clan emergenti della Stidda si contrapponevano a Cosa Nostra in una vera guerra tra mafiosi, nel territorio di Agrigento; uno dei capi di quest'ultima, Giuseppe Di Caro, abitava nello stesso palazzo del Giudice.

Il 21 settembre 1990 Rosario Angelo Livatino venne assassinato in un agguato mentre si recava a lavoro ad Agrigento, con il colpo di grazia esploso in pieno volto dopo che pare ebbe chiesto agli assassini: «Picciotti [ragazzi], che cosa vi ho fatto?» ; definito Santocchio da Di Caro, fu ucciso perché, uomo di fede, risultava incorruttibile.

Nella sua infinita bontà, il Giudice, sapendo i rischi del suo lavoro, non volle sposarsi né avere una scorta per non mettere in pericolo altre persone.

Il 9 maggio 1993 Papa San Giovanni Paolo II, a colloquio con i poveri genitori dichiarò che lui e gli altri uccisi dalla mafia sono «martiri della giustizia e indirettamente della fede»; e dopo che Papa Francesco il 21 dicembre 2020 definisce la sua morte come martirio perché il movente ultimo è l'odio contro la fede, Rosario Angelo Livatino, detto anche il giudice ragazzino, è stato beatificato il 9 maggio 2021

San Matteo Evangelista

 San Matteo Evangelista

autore Caravaggio anno 1602 titolo San Matteo e l'angelo

 
Titolo: Apostolo ed evangelista
Nascita: I secolo, Sconosciuto
Morte: I secolo, Sconosciuto
Ricorrenza: 21 settembre
Tipologia: Festa




S. Matteo, che prima si chiamava Levi, è l'autore del primo Vangelo, che scrisse in aramaico, ed è uno dei primi Apostoli che Gesù chiamò alla sua sequela.

Giudeo di nascita, figlio di Alfeo, secondo S. Marco egli esercitava il mestiere di gabelliere in Cafarnao. Quando il Maestro Divino gli disse di seguirlo, stava appunto seduto al banco delle gabelle sulle rive del lago. Ecco il tratto evangelico : « E Gesù tornò verso il mare; e tutto il popolo andava a lui e li ammaestrava. E nel passare vide Levi d'Alfeo, seduto al banco della gabella, e gli disse : Seguimi. Ed egli, alzatosi, lo segui ».

Mirabile generosità! Matteo aveva un ufficio che gli assicurava una certa agiatezza. Ma questa pronta rinuncia ai beni per seguire Gesù gli meritò una tale abbondanza di grazia da raggiungere le più alte cime della perfezione cristiana. S. Matteo ebbe in seguito la fortuna di ospitare in casa sua il Salvatore, onde i Farisei si scandalizzarono moltissimo, perché Gesù mangiava coi pubblicani e coi peccatori. Ma conosciamo la solenne risposta di Gesù: « Non son venuto per i sani, ma per i malati ».

Ricevuto lo Spirito Santo nella Pentecóste, predicò il Vangelo nella Giudea e nelle contrade vicine e poco dopo la dispersione degli Apostoli per il 'mondo, scrisse il Vangelo destinato ai Giudei.

S. Matteo, siccome scriveva per i suoi connazionali, volle dimostrare che Gesù Crocifisso era il Messia aspettato, il Redentore d'Israele profetato dalle Scritture. Ad ogni passo infatti si trova l'espressione: « Come è stato scritto da Isaia profeta, dai profeti », ecc. ecc.; e minuziosamente prova come le profezie e le promesse dell'Antico Testamento si siano compiute in Gesù Cristo.

Predicò poi il Vangelo nell'Africa, in Etiopia, e si sa per testimonianza di Clemente Alessandrino, che praticava l'esercizio della contemplazione e conduceva vita austerissima, non mangiando altro che erbe, radici e frutta selvatica.

Fu trucidato da una squadra di feroci pagani, mentre celebrava il santo sacrificio. Le sue reliquie furono trasportate dopo trecento anni in Bretagna, e di qui nella sontuosissima cattedrale a lui dedicata nella città di Salerno.

Martirio di San Matteo
autore Caravaggio anno 1599-1600 titolo Martirio di san Matteo



Come gli altri Evangelisti, anche S. Matteo è figurato dai quattro misteriosi animali descritti dal profeta Ezechiele, e nell'Apocalisse da S. Giovanni. È comune sentenza dei Ss. Padri della Chiesa che l'animale che aveva la figura quasi d'uomo raffigura S. Matteo, il quale appunto comincia il Vangelo colla generazione temporale di Gesù.

PRATICA. Ad onore di S. Matteo leggiamo oggi un tratto di Vangelo.

PREGHIERA. Ci vengano in aiuto, o Signore, le preghiere del tuo beato apostolo ed evangelista Matteo, affinché ciò che non ottengono le nostre forze, ci sia donato per sua intercessione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Festa di san Matteo, Apostolo ed Evangelista, che, detto Levi, chiamato da Gesù a seguirlo, lasciò l'ufficio di pubblicano o esattore delle imposte e, eletto tra gli Apostoli, scrisse un Vangelo, in cui si proclama che Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo, ha portato a compimento la promessa dell'Antico Testamento.

Il Cristo benedicente
titolo Il Cristo benedicente
autore Fernando Gallego anno 1492


IL TETRAMORFO

Il tetramorfo è una raffigurazione iconografica di “Quattro esseri viventi” citati nell’Apocalisse accanto al Trono dell’Altissimo e divenuti simbolo degli Evangelisti, derivano dalle creature dal quadruplice aspetto descritte dal profeta Ezechiele nel racconto della sua visione: “Avevano sembianza umana, ma ciascuno quattro volti e quattro ali. Le loro gambe erano diritte e i piedi simili agli zoccoli di un bue, lucenti come bronzo fuso. Di sotto le ali, ai lati apparivano mani d’uomo; tutti e quattro avevano lo stesso aspetto e identiche ali. Il loro aspetto era: davanti d’uomo, di leone a destra, di bue a sinistra e di aquila dietro.”

Sant'Ireneo di Lione fu il primo a collegare il quaternario con i Vangeli, specificando come il leone esprima il concetto della regalità, il bue del sacrificio, l’uomo dell’incarnazione e l’aquila dello Spirito che sorregge la Chiesa.

Fu invece san Girolamo ad associare gli “animali” agli Evangelisti:
  • il Vangelo di Matteo inizia con l’incarnazione ed è simboleggiato dall'uomo simili ad un angelo, probabilmente perché egli insiste, con la genealogia, sull’umanità di Gesù;

  • Marco è raffigurato con un leone il suo racconto comincia con la figura del Battista, “Voce di uno che grida nel deserto”;

  • Luca è simboleggiato con un bue ovvero con un vitello, simbolo del sacrificio di Zaccaria che apre il vangelo;

  • Giovanni, infine viene raffigurato con un'aquila, compie con il suo Prologo al Vangelo con una visione maggiormente spirituale e teologica, rivolta verso l'Assoluto.
  • Preghiera a San Matteo Apostolo ed Evangelista
    "Per quell’ammirabile prontezza, con cui voi, o glorioso san Matteo, abbandonaste l’impiego, la casa e la famiglia, per conformarvi agli inviti di Gesù Cristo, ottenete a noi tutti la grazia d'approfittare sempre con giubilo di tutte le divine ispirazioni" 🙏
    Per quell’ammirabile prontezza, con cui voi, o glorioso san Matteo, abbandonaste l’impiego, la casa e la famiglia, per conformarvi agli inviti di Gesù Cristo, ottenete a noi tutti la grazia d'approfittare sempre con giubilo di tutte le divine ispirazioni.
    Per quell’ammirabile umiltà, con cui voi, o glorioso san Matteo, scrivendo prima d’ogni altro il Vangelo di Gesù Cristo, non vi qualificaste altrimenti che con il nome di pubblicano, impetrate a noi tutti la grazia divina e tutto quello che serve a conservarcela.
    O San Matteo, Apostolo ed Evangelista, che sei tanto potente presso Dio a favore del suo popolo pellegrino sulla terra, soccorrici nei nostri bisogni spirituali e temporali. Le numerose grazie che i tuoi devoti, in ogni tempo e in ogni luogo, hanno ottenuto e piamente raffigurato nel tuo santuario ci fanno sperare che anche a noi concederai la tua protezione.
    Chiedi per noi la grazia d'ascoltare la Parola di Gesù che tu hai coraggiosamente annunziato, fedelmente trascritta nel tuo Vangelo e generosamente testimoniata con il sangue. Ottienici l’assistenza divina contro i pericoli che minacciano la salute dell’anima e la integrità del corpo. Intercedici una vita serena e benefica in questo mondo e la salvezza dell’anima nell’eternità. Amen.


Pensiero del 21 settembre 2021

 Per Matteo, è bastato lo Sguardo affettuoso di Gesù, per metterlo in cammino. La felicità, è accogliere Cristo, e poter vivere di nuovo sotto il Suo sguardo premuroso.

Meditazione sul Vangelo di Mt 9,9-13

Un nome pronunciato con amore.

Oggi celebriamo la festa di san Matteo. Ricordare con tutta la Chiesa questo apostolo ed evangelista equivale a ravvivare la nostra chiamata, a riascoltare il nostro nome pronunciato da Dio, a riscoprire la bellezza e la freschezza del nostro essere battezzati. Nella prima lettura anche san Paolo vuole renderci sempre più consapevoli della grandezza di appartenere alla Chiesa, e della responsabilità che ciascuno ricopre in essa. È una liturgia carica di speranza e di luce, perché ci ricorda che Dio non si aspetta da noi la perfezione, ma l’accoglienza gioiosa del Suo dono di salvezza.

Nella chiamata di Matteo, siamo colpiti dalla dinamica lineare e tempestiva in cui questa avviene. Non si frappone nessun dialogo, nessuna titubanza. Cristo vede Matteo, lo chiama ed egli si alza. Cosa ha mosso Matteo a seguire un uomo di cui non sappiamo se avesse sentito parlare? In fondo aveva un ottimo guadagno con il suo lavoro di esattore delle tasse, e non correva pericoli nei confronti dei romani. Perché ha abbandonato le sue sicurezze? Possiamo immaginare quanti sguardi di odio e di malignità si posavano ogni giorno su di lui a causa della sua attività. Possiamo anche immaginare la sua solitudine, la sua tristezza e insoddisfazione, perché il ruolo anche comodo che ricopriva lo circondava si di garanzie economiche ma anche di disprezzo. Sicuramente lo sguardo di Gesù su di lui non era come quello dei suoi concittadini. Cristo non lo giudica, ma nel vedere nel cuore tutto il suo peccato, è mosso da misericordia. Sembra quasi che Matteo non desideri altro che ricevere questo sguardo amorevole su di lui, e quella parola che lo libera. Proprio mentre sta estorcendo denaro alla sua gente, mentre sta “peccando” viene chiamato. Perché Gesù agisce così: sana e libera chi è malato, non chi crede di non aver bisogno di lui. Non si aspetta da noi la perfezione, né ha bisogno di discepoli ineccepibili! Desidera semplicemente accoglienza del dono che vuole farci! Per questo i farisei non capiscono e sono anzi scandalizzati dagli atteggiamenti di Gesù! «Pubblicani e peccatori stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli» (Mt 9,10). Essi non si riconoscono malati, bisognosi del medico e non ne accettano le attenzioni. Arroccati nell’osservanza delle leggi, non sanno cosa significhi il termine “misericordia”, e non possono quindi accogliere la novità della salvezza portata dal Messia.

21 Settembre

 Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio

Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore; t'acclama il coro degli apostoli.
(Tedeum)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 18)
Rit: Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio.

I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
ed ai confini del mondo il loro messaggio.

Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore; t'acclama il coro degli apostoli.

(Teum)



IL BEATO ROSARIO LIVATINO, TESTIMONE “CREDIBILE” D'IMPEGNO ILLUMINATO DAL VANGELO

 IL BEATO ROSARIO LIVATINO, TESTIMONE “CREDIBILE” D'IMPEGNO ILLUMINATO DAL VANGELO

Il 21 settembre del 1990 il magistrato originario di Canicattì veniva ucciso in un agguato della Stidda. Lo scorso 9 maggio è stato proclamato Beato e Martire



20 settembre, 2021

Mi manchi

Stiamo come stiamo - Buon Compleanno alle sorelle Bertè


Buon Compleanno alle sorelle Bertè

Pensiero del 20 settembre 2021

 La luce, è fatta per illuminare. Se la nostra vita, non è luce per il mondo a che serviamo?

Meditazione sul Vangelo di Lc 8,16-18

Nella logica del dono.

Inizia oggi la lettura di Esdra, sacerdote che visse all’epoca del ritorno degli israeliti in patria, dopo l’esilio babilonese. Nelle sue pagine si respira tutto l’impegno per la faticosa ricostruzione, non solo materiale, ma soprattutto religiosa. L’ascolto della parola di Dio nel recupero della fiducia e dell’identità come popolo che appartiene al Dio di Abramo, diventa sempre più centrale. Anche nel Vangelo è evidente il riferimento all’ascolto: il nostro essere luce dipende dalla nostra apertura all’ascolto della Parola, che ci raggiunge ogni giorno attraverso molteplici occasioni.

I versetti immediatamente precedenti questo Vangelo, ci parlano della parabola del seminatore, che abbiamo meditato sabato scorso. Oggi ci troviamo sulla stessa scia: si riceve il seme che il contadino sparge generosamente, e si riceve la luce che ugualmente è data con assoluta gratuità. Nessuno riceve il seme per lasciarlo inutilizzato, così come nessuno riceve la luce per nasconderla, evitando che illumini. Tutto l’insegnamento di Gesù rientra nella logica del dono: la luce che riceviamo non può essere conservata, occultata, ma largamente ridonata. Ma cos’è questa luce che Gesù ci invita a ricevere per poi ridonare? «Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12), dirà Gesù! Dalla relazione con Lui, dalla sapienza di vita che acquisiamo nello stare in Suo ascolto, dall’attenzione alle piccole e grandi cose della giornata che Lui ci presenta, questo ci rende a nostra volta “luce”. Siamo allora chiamati a testimoniare la Sua luce, perché chiamati ad essere, a nostra volta, luce. Dimettersi da questo impegno, equivale alla nostra sterilità, alla nostra stessa morte: non saremmo fedeli, non solo alla Parola affidataci, ma a noi stessi, alla nostra profonda e redenta natura umana. Perché chi siamo noi? Cos’è l’uomo? Anche il salmista esclama: “che cosa è l’uomo perché te ne ricordi?… Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli …” (Sal 8,5-6). Ci risponde il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Gaudium et spes (22), dicendo: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’Uomo.  Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». Veramente la nostra dignità è altissima e potremmo gustare il dono della vita solo nel rispetto di ciò che siamo: raggiunti dalla luce di Cristo, essere a nostra volta luce donata ai fratelli.

20 Settembre

Grandi cose ha fatto il Signore per noi

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buonee rendano gloria al Padre vostro.

 (Matteo 5,16)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 125)
Rit: Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buonee rendano gloria al Padre vostro.

 (Matteo 5,16)

19 settembre, 2021

Pensiero del 19 settembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Mc 9,30-37

Come bambini.

Nel vangelo proclamato oggi abbiamo udito Gesù dare per la seconda volta l’annuncio della sua passione e risurrezione. Il Maestro prepara in questo modo i suoi discepoli affinché, quando sarà giunto il momento, non si scandalizzino della croce, ma sappiano comprendere che essa porterà la salvezza per il mondo. Nel Vangelo di Marco ritroviamo altri due annunci simili, uno prima e uno dopo questo brano. L’evangelista usa questo crescendo drammatico, per consentire al lettore-credente di prepararsi gradualmente ad accogliere i fatti decisivi che segneranno la svolta nella storia dell’umanità: la croce e la risurrezione.

Questo brano del vangelo di Marco appare composto da due scene e due discorsi dai toni differenti: la prima scena si svolge lungo le strade della Galilea. Lungo il percorso che conduce a Cafarnao, Gesù fa ai discepoli una rivelazione sconcertante. E lo sconcerto dei dodici dovette essere davvero grande, se lungo la via non trovarono niente di meglio su cui discutere, se non chi tra loro fosse il più importante! Un atteggiamento in parte giustificabile, se consideriamo la loro incapacità di comprendere quanto il Maestro aveva rivelato e la loro esitazione a chiedere ulteriori spiegazioni. Sono ancora lontani dal pensiero e dal modo di vivere di Gesù. Devono convertirsi, cambiare mentalità, aprirsi alla novità che è Gesù. Nella seconda scena, Gesù dà con grande delicatezza ai discepoli un nuovo insegnamento. Le parole del Signore ci illuminano anche sul nostro essere suoi discepoli: “ultimo” e “servo” è colui che fa tutto ciò che gli è possibile per gli altri. Per esemplificare il suo insegnamento, Gesù compie un gesto di grande consolazione per il nostro cuore: prende un bambino, lo mette in mezzo e lo abbraccia. Il bambino rappresenta la figura del vero discepolo, quello che Gesù ama affettuosamente, che suscita nel suo cuore vera e propria commozione. I bambini rappresentano l’innocenza, la mitezza, l’affetto spontaneo, l’affidamento totale ai genitori, la capacità di vera gratitudine. Atteggiamenti che Dio desidera venire in noi. E’ tanto vera e grande questa condizione, che Gesù arriva a dire: «Qualunque cosa avete fatto a uno di questi piccoli, l’avete fatta a me»: questo avviene quando ci mettiamo a servizio degli altri, specialmente dei bisognosi, sapendo vedere in essi Gesù; questo è il modo più sicuro per giungere in paradiso.

19 Settembre

Il Signore sostiene la mia vita

Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo, per entrare in possesso della gloriadel Signore nostro Gesù Cristo.

(Cf 2Ts 2,14)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 53)
Rit: Il Signore sostiene la mia vita.

Dio, per il tuo nome salvami,
per la tua potenza rendimi giustizia.
Dio, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.

Poiché stranieri contro di me sono insorti
e prepotenti insidiano la mia vita;
non pongono Dio davanti ai loro occhi.

Ecco, Dio è il mio aiuto,
il Signore sostiene la mia vita.
Ti offrirò un sacrificio spontaneo,
loderò il tuo nome, Signore, perché è buono.

Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo, per entrare in possesso della gloriadel Signore nostro Gesù Cristo.

(Cf 2Ts 2,14)