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13 aprile, 2021

Don Olinto Marzocchini primo parroco di Rolando Maria Rivi

 Ciò che scrisse don Olinto a proposito dei partigiani comunisti

«È un atto d'azione barbarica, scatenato dall'odio satanico, di cui sono animati i materialisti, che sotto la finta di partigiani, svolgono una vera attività di brigantaggio di persecuzione religiosa».
(Don Olinto Marzocchini primo parroco di Rolando Maria Rivi)

La mamma, Albertina, quando Rolando tornava a casa dalla Messa gli diceva: “Rolando togliti la veste talare”, ma lui rispondeva: “Mamma non posso. È il segno che sono di Gesù. Portandola non faccio male a nessuno”.

 La mamma, Albertina, quando Rolando tornava a casa dalla Messa gli diceva: “Rolando togliti la veste talare”, ma lui rispondeva: “Mamma non posso. È il segno che sono di Gesù. Portandola non faccio male a nessuno”.

Nonostante il pericolo, Rolando non aveva paura di proclamare il suo amore per il Signore. Era diventato lui stesso un testimone, un maestro che suscitava negli altri ragazzi il desiderio di seguire Cristo attraverso il suo esempio. Voleva che gli amici e i cugini più piccoli imparassero a pregare, mattino e sera; insegnava loro a servire la Messa; spiegava le ragioni per cui non dovevano litigare, ma volersi bene e diceva: “Se ami il Signore vuoi bene a tutti”. Organizzava i giochi più divertenti e, al termine, invitava gli amici in chiesa perché desiderava il loro vero bene.


Tu fosti

 Rolando Maria, Tu, fosti spento, dagli uomini, che provano dell'odio verso Dio, la Veste Talare che t'identificava, e Dio t'illuminò al suo cospetto divino.

Tu, ora celebri, con Dio, l'Amore Eterno del Signore, e della Vergine Maria.

Ora Tu, sei luce, illumina questo mondo ed i cuori di quanti ancora non credono alla sua parola.

Con Cristo….Per Cristo…..ed in Cristo.     Canzano Barbara




Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : Pensiero di don Salvatore Lazzara sul Beato Roland...

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : Pensiero di don Salvatore Lazzara sul Beato Roland...:   «Domani un prete di meno». Era il 13 Aprile 1945, quando con questa motivazione i partigiani comunisti, decisero il martirio del 14enne se...



BEATO ROLANDO MARIA RIVI - “Io sono di Gesù”

 BEATO ROLANDO MARIA RIVI

“Io sono di Gesù”
Onore e Gloria, a te mio dolcissimo Amico, Rolando, grazie, per la tua fedeltà e coerenza a Cristo.
Aiutaci ad essere fedeli e coerenti come lo sei stato tu, fino al battesimo di sangue per testimoniare, la tua Grande Fede in Cristo Nostro Signore. Il tuo esempio, sia Luce, per il nostro cammino e per cuore, inaridito da tante cose astratte e non da cose concrete.
Il tuo esempio, sia Speranza, per essere persone migliori, per credere a ciò che vogliamo essere.
Comunque, vada il nostro destino, insegnaci a camminare, mano nella mano con Gesù, amarlo ed onorarlo senza vergognarci mai, come hai fatto tu dicendo: “Io sono di Gesù.” Amen.
Rolando Maria, Tu, fosti spento, dagli uomini, che provano dell'odio verso Dio, la Veste Talare che t'identificava, e Dio t'illuminò al suo cospetto divino.
Tu, ora celebri, con Dio, l'Amore Eterno del Signore, e della Vergine Maria.
Ora Tu, sei luce, illumina questo mondo ed i cuori di quanti ancora non credono alla sua parola.
Con Cristo….Per Cristo…..ed in Cristo.
Canzano Barbara





Beato Rolando Maria Rivi

 Beato Rolando Maria Rivi




Nome: Beato Rolando Maria Rivi

Titolo: Seminarista e martire
Nascita: 7 gennaio 1931, San Valentino, Reggio Emilia
Morte: 13 aprile 1945, Piane di Monchio, Modena
Ricorrenza: 29 maggio
Tipologia: Commemorazione




Rolando Rivi nasce il 7 gennaio 1931, nella Casa del Poggiolo, a San Valentino, nel Comune di Castellarano (Reggio Emilia). Il padre si chiama Roberto Rivi e la madre Albertina Canovi.

Fanciullo intelligente e vivace, intimamente amico di Gesù, chierichetto assiduo nel servizio all'altare, si sente presto chiamato da Dio a diventare sacerdote. Nell'ottobre del 1942, a undici anni, Rolando Rivi entra nel Seminario minore di Marola, nel Comune di Carpineti (Reggio Emilia), e veste l'abito talare. Qui si distingue per lo studio, l'amore al Signore Gesù, la preghiera intensa, la bontà verso gli altri.

Nell'estate del 1944 il Seminario viene chiuso per motivi di guerra. Rolando torna a casa, ma continua a fare vita da seminarista, indossando sempre l'abito talare e alimentando il suo desiderio di diventare sacerdote e missionario con la Confessione, la Comunione quotidiana e il Santo Rosario alla Madonna.

Venerdì 13 aprile 1945, nel clima di odio contro i sacerdoti diffusosi in quel periodo sul finire della seconda guerra mondiale, Rolando Rivi viene barbaramente ucciso in località Piane di Monchio (Modena) per la sola colpa di indossare l'abito talare e testimoniare la sua fede cristiana. Il Comitato Amici di Rolando Rivi ha promosso la causa di beatificazione.

Il 21 settembre 2013 Papa Francesco ha firmato la Lettera Apostolica che proclama Rolando Beato per aver testimoniato la fede sino al martirio. La cerimonia di beatificazione si è svolta a Modena il 5 ottobre 2013.

Pensiero del 13 aprile 2021

 Come possiamo conoscere lo sguardo di DIO? Ascoltando l'Unico che lo conosce fino in fondo, che lo ha visto e vede. Accogliendo la Sua Parola riceviamo in cambio uno sguardo nuovo su noi stessi, sulla nostra vita, sulla nostra storia.

13 Aprile

Il Signore regna, si riveste di maestà

Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

(Giovanni 3,15)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 92)
Rit: Il Signore regna, si riveste di maestà.

Oppure:
Regna il Signore, glorioso in mezzo a noi.

Il Signore regna, si riveste di maestà:
si riveste il Signore, si cinge di forza.

È stabile il mondo, non potrà vacillare.
Stabile è il tuo trono da sempre,
dall’eternità tu sei.

Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!
La santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore.

Ascoltatemi, esperti della giustizia, popolo che porti nel cuore la mia legge. Non temete gli insulti degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni.

(Isaia 51,7)

Nonostante fosse stato consigliato diversamente, non smise mai di portare il suo abito religioso: i genitori, infatti, gli dicevano: «Togliti la veste nera. Non portarla per ora ...».
Ma Rolando rispondeva: «Ma perché? Che male faccio a portarla? Non ho motivo di togliermela». Gli fecero notare che forse era conveniente farlo in quei momenti, così insicuri.
Replicò Rolando: «Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù».

(Beato Rolando Maria Rivi)

Un atto d’amore che pagherà con la vita.

06 aprile, 2021

Racconto di Emilia Negri una nipote della Beata Pierina Morosini

 «Mia zia fu subito colpita dal viso pulito, dolce e luminoso di Pierina Morosini. Adesso può sembrare scontata questa affermazione, ma mia zia lo affermò subito, quando la fama di santità di Pierina non era diffusa. Fu molto colpita anche dalla treccia sciolta, che considerava un segno della semplicità di una ragazza figlia del popolo bergamasco, religioso e gran lavoratore». Emilia Negri, 79 anni, di Lecco, infermiera in pensione, ricorda con commozione e precisione il racconto, ascoltato tante volte dalla zia paterna suor Emma Spreafico, della congregazione delle suore di Carità, che restò al capezzale della Beata Pierina Morosini nei giorni di agonia in ospedale, dal 4 al 6 aprile 1957, dopo l’aggressione sul monte Misma. «All’epoca — racconta Emilia — mia zia suor Emma stava per concludere i corsi d'infermiera professionale, che comprendevano il tirocinio nel reparto di Seconda Divisione di chirurgia generale. La sera del 4 aprile 1957 ci fu grande agitazione nel reparto perché stava arrivando una autoambulanza con una ragazza in gravissime condizioni a causa dell’aggressione di un malintenzionato. Mia zia fu incaricata di stare al suo capezzale tutta la notte. Ad accogliere Pierina c’erano la caposala suor Ausilia Pellicioli, mentre il professor Gianforte Postiglione, collaboratore del primario, prestò le cure più urgenti. La ragazza fu trasportata in barella nella sala medicazione dove non venne più mossa perché in coma profondo. Pierina — prosegue Emilia con voce commossa, come se avesse vissuto quei momenti drammatici in prima persona — aveva la testa fracassata, aveva perso molto sangue a causa del tempo trascorso tra il ritrovamento e il trasporto in ospedale. Anche i capelli portavano i segni del sangue. Una treccia, come allora usavano le ragazze nei paesi, scendeva sul collo, perché si era sciolta nei momenti dell’aggressione». E la giovane infermiera suor Emma, futura caposala del reparto, passò due notti al capezzale di Pierina. «Le cure di allora — aggiunge la nipote — non erano ai livelli attuali. In ospedale neppure esistevano i reparti di rianimazione e neurochirurgia. Gli esiti degli esami, la successiva autopsia e i racconti sulla sua vita fecero subito dire che la ragazza in fin di vita era una santa. Anzi, il professor Postiglione dichiarò apertamente a tutti che per lui Pierina Morosini era la Maria Goretti bergamasca».

Stando al capezzale di Pierina, suor Emma conobbe i congiunti. «Nei giorni di degenza — racconta ancora Emilia — mia zia non sentì mai parole di vendetta o imprecazioni, che sarebbero state comprensibili a mente umana. Quanto raccontato da mia zia conferma le testimonianze confluite nella biografia della Beata. A un figlio che aveva urlato “Dov’è il responsabile che lo aggiusto io?”, la mamma di Pierina, abbracciandolo, rispose: “Stai calmo. Se Pierina potesse parlare ti direbbe di perdonare”». Poi ineluttabilmente sopraggiunse la morte di Pierina. «Mia zia — conclude Emilia, sempre ripercorrendo i ricordi — fu tra le persone che composero la salma, avvolta in veli bianchi come si usava allora per le giovani. Fu un omaggio postumo, anzi una vera opera di misericordia. Da quel giorno, mia zia divenne devotissima di Pierina e l'ha indicò come modello di vita ed impegno al personale medico-infermieristico che incontrò nella sua vita passata negli ospedali di Bergamo, Milano e Clusone. E ripeteva sempre: i miei occhi hanno visto una santa, perché sono tante le ragazze che difendono il loro corpo dalla violenza, ma Pierina l’aveva difeso in nome della fede e dei suoi ideali cristiani».

(Carmelo Epis)






Pensiero su Santa Maria Goretti e la Beata Pierina Morosini

 Pensiero su Santa Maria Goretti e la Beata Pierina Morosini

In me, viene tanta rabbia, quando certe persone si paragonano a Santa Maria Goretti ed alla Beata Pierina Morosini.

Li farei molto volentieri, andare a piedi, sia a Nettuno (Rm) che a Fiobbio (Bg), così, oltre a rimanere snelle dimagrisco anche la lingua.

Perché non sanno, cosa vuol dire veramente la Verginità e la Purezza.

Canzano Barbara




PREGHIERA ALLA BEATA PIERINA EUGENIA MOROSINI

PREGHIERA ALLA BEATA PIERINA EUGENIA MOROSINI
O Dio,
sostegno degli innocenti e dei puri di cuore,
che alla vergine Beata Pierina Morosini,
nel fiore della giovinezza, hai dato la grazia
di serbare intatta la sua castità e la gloria del martirio,
fa che perseveriamo con la stessa fede e fortezza d'animo
nella via dei tuoi precetti
per poter godere eternamente della tua visione nel cielo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Beata Pierina,
ti chiediamo d'intercedere
per i giovani d'oggi,
affinché possano consacrarti come te,
all'amore di Dio e al lavoro generoso,
non per il lusso sfrenato, ma per il sostentamento
della loro famiglia e dei bisognosi.
Per Cristo nostro Signore. Amen.



Beata Pierina Eugenia Morosini

 Beata Pierina Eugenia Morosini


Nome: Beata Pierina Eugenia Morosini
Titolo: Vergine e martire
Nascita: 7 gennaio 1931, Fiobbio, Bergamo
Morte: 4 aprile 1957, Fiobbio, Bergamo
Ricorrenza: 6 aprile
Tipologia: Commemorazione




Pierina nacque a Fiobbio (Bergamo) il 7 gennaio 1931, primogenita dei nove figli di Rocco e Sara Noris. Fini la scuola elementare ma fu costretta ad abbandonare gli studi, per i quali era molto portata, poiché, in seguito alla malattia del padre, il suo lavoro rappresentava la principale forma di sostentamento della famiglia. Fece pratica per un certo periodo come sarta e a quindici anni ottenne un impiego in una fabbrica tessile locale.

Entrò in un gruppo dell'Azione cattolica e partecipò a tutte le attività della parrocchia, dedicandosi soprattutto all'insegnamento del catechismo e alle visite ai malati. Fu anche intensamente impegnata a promuovere le vocazioni per il seminario locale e le missioni estere. Riceveva la comunione tutti i giorni, mostrando segni di devozione non comuni, alzandosi ogni mattina alle quattro per pregare e partecipare alla Messa prima di iniziare a lavorare. Avrebbe voluto diventare religiosa per potere operare in una missione all'estero, ma dovette continuare a dedicarsi al sostentamento della famiglia. Divenne membro del Terz'ordine francescano e dei Figli di Maria. Le sue colleghe di lavoro apprezzavano molto la sua coscienziosità, il suo carattere amichevole verso tutti, caratterizzato da una certa riservatezza e la sua profonda fede religiosa.

Pierina andò in pellegrinaggio a Roma nel 1947 per assistere alla canonizzazione di S. Maria Goretti (6 lug.) e rimase profondamente impressionata dall'esempio di questa giovane morta per difendere la propria purezza, dicendo varie volte di sperare una fine simile. Entrò a fare parte della "crociata locale per la purezza" e compose una preghiera per la castità dei suoi membri, che recita tra l'altro: «Possa io non dare mai spazio alle attrazioni del mondo o dcl piacere; possa io non concedermi nemmeno il più piccolo compromesso con il peccato nell'abbigliamento, nel parlare, nelle letture, negli sguardi o nel divertimento [...]. Rendimi piccolo apostolo per tutte le ragazze deviate dal mondo.

E se avrò mai la sventura di cadere, possa la tua mano immacolata sollevarmi il più presto possibile, o Gesù, e farmi ritrovare l'intimità del tuo cuore [...]. Se mi chiami al matrimonio, aiutami a portare fino all'altare la mia innocenza battesimale. Provoca tra le giovani dell'Azione cattolica molte sante vocazioni religiose».

Il 4 aprile 1957, nel primo pomeriggio, Pierina stava recandosi a casa per una stradina solitaria quando fu accostata bruscamente da un giovane ventunenne: al rifiuto delle sue profferte seguì un tentativo di violenza; Pierina lottò strenuamente e colpita ripetutamente con una pietra cadde in corna, morendo due giorni dopo in ospedale senza avere ripreso conoscenza.

Pare che l'uomo l'avesse infastidita per circa un anno e che l'aggressione fosse stata il risultato di una scommessa con gli amici; arrestato, confessò. È interessante notare che il medico dell'ospedale che provò a salvare la vita di Pierina, sentiti i particolari sul delitto, esclamò: «Qui abbiamo una nuova Maria Goretti!».

Questa idea si diffuse rapidamente e una vasta folla partecipò al suo funerale, il 9 aprile. La sua tomba si trasformò rapidamente in luogo di pellegrinaggio, soprattutto per i seminaristi e i membri dell'Azione cattolica; la sua prima biografia fu pubblicata nel 1960. Nel 1983 le sue spoglie furono trasferite in un reliquiario di marmo nella chiesa parrocchiale e nel 1987 venne beatificata. È importante non vedere la sua morte come disgiunta dal resto della sua vita, perché di quest'ultima, vissuta coerentemente da cristiana, essa fu una logica, seppur estrema, conseguenza.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nella cittadina di Fiobbio di Albino vicino a Bergamo, beata Pierina Morosini, vergine e martire, che, a ventisei anni, mentre faceva ritorno a casa dalla fabbrica in cui lavorava, morì ferita a morte al capo nel tentativo di difendere dall’aggressione di un giovane la propria verginità consacrata a Dio.

Pensiero del 06 aprile 2021

 Gesù chiama ognuno di noi per nome e ci conosce nel profondo più di chiunque altro. Ognuno di noi ha un posto speciale nel Cuore di DIO.

06 Aprile

Dell’amore del Signore è piena la Terra

Questo è il giorno fatto dal Signore: «Rallegriamoci ed esultiamo».

(Salmo 117,24)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 32)
Rit: Dell’amore del Signore è piena la terra.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

Io sono pieno di forza, dello spirito del Signore, di giustizia e di coraggio, per annunciare a Giacobbe le sue colpe, ad Israele il suo peccato.

(Michea 3,8)

03 aprile, 2021

Veglia pasquale


Sabato 3 aprile 2021 alle ore 19 dalla Cattedrale di Reggio Emilia, il vescovo Massimo Camisasca presiede la Veglia Pasquale.


Omelia nella santa Messa di Pasqua


Cattedrale di Reggio Emilia
03-04-2021

Cari fratelli e sorelle,

l’annuncio che la Chiesa rinnova ogni anno: “Cristo è risorto, egli è veramente risorto!”, non nasce da una infatuazione dei primi cristiani, da un mito che ha sostenuto la nascita della Chiesa, da una tradizione senza fondamento che sarebbe arrivata fino a noi.

No, quell’annuncio trae origine da un evento storico. Se nessuno ha potuto assistere alla resurrezione, tranne il Padre e gli angeli, molti hanno visto il Risorto. Dalla loro fede e testimonianza, dai quaranta giorni che Cristo, dopo la resurrezione, ha passato apparendo sulla terra fino alla sua definitiva ascesa al Padre, trae origine la storia di un popolo che è giunta fino a noi, tanto è vero che noi oggi proclamiamo con la stessa gioia di allora, anzi con una gioia moltiplicata: “Cristo è veramente risorto!”.

 

Durante le letture che abbiamo ascoltato in questa [nella] notte santa ci è stata presentata una lunga vicenda che dalla creazione, attraverso la fede di Abramo, la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto e gli annunci dei profeti, ci ha portati a contemplare l’evento dell’Incarnazione e, infine, la Pasqua di Gesù da cui è scaturito il battesimo, l’evento che ci innesta nella sua vita, che ci rende partecipi della sua sepoltura e della sua vita nuova. Se siamo stati intimamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche in una resurrezione simile alla sua… Se siamo morti con Cristo crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risorto dai morti non muore più (cfr. Rom 6).

 

È di fondamentale importanza riaffermare davanti a tutto il mondo che la resurrezione di Cristo non è una fiaba. Abituati come siamo ormai dalle serie televisive e, più in generale, dai mass media e dai social, a considerare che tutto è vero e tutto è falso, che tutto è storia e tutto è favola, possiamo equiparare il racconto della resurrezione e l’esperienza tra noi del Risorto ad una storia bella, inventata dai nostri nonni o dai nonni dei nostri nonni per rassicurarci e rendere più lieto l’inizio della primavera. Non si tratta assolutamente di questo. Così come nessuno di noi oserebbe mettere in dubbio l’esistenza e i fatti principali della vita di Cesare Augusto o di Napoleone, allo stesso modo i Vangeli costituiscono una documentazione storica altrettanto importante sulla vita, morte e resurrezione di Gesù.

Certo, i Vangeli non hanno né la pretesa né lo scopo di farci una cronaca giornalistica dell’accaduto. Essi vogliono piuttosto veicolare un evento, cioè un fatto storicamente accertabile con tutte le conseguenze che esso ha per la nostra vita. Il loro è un racconto, ma anche un annuncio. È un testo di storia, ma anche di teologia. La storia, lo sappiamo, si fonda sui documenti, sulle testimonianze. Gli eventi del passato nella loro interezza ci sfuggono, ma possiamo accostarci ad essi attraverso coloro che in un modo o in un altro ne sono stati testimoni e partecipi. Così è per i Vangeli e gli altri scritti del Nuovo Testamento. Scrive Ratzinger nell’introduzione al primo volume del suo Gesù di Nazaret: «Io ho fiducia nei Vangeli […]. Io ritengo che questo Gesù – quello dei Vangeli – sia una figura storicamente sensata e convincente» (pp. 17-18).

 

Dopo la morte di Gesù e la dispersione degli Apostoli, nessuno poteva immaginare che di lì a pochi giorni tutto sarebbe ricominciato. Il martirio di Stefano e di Giacomo a Gerusalemme, la conversione di Paolo, la nascita delle prime comunità in tutto l’Impero non possono essere spiegate con una fiaba. Non si dà la vita per dei personaggi inventati. Soprattutto non si cambia l’esistenza, non si passa da nemici ad amici, da sconosciuti a fratelli, soltanto per dei testi fondativi. È occorso qualcosa di infinitamente più grande e decisivo.

Tutto ciò ci parla del carattere unico di questo evento storico, che non solo è accaduto nel passato, ma continua ad accadere perché il suo protagonista è vivo. Entrato nell’eterno, egli continua ad agire nella storia, ad essere presente nelle forme che egli stesso ha indicato ed è quindi contemporaneo ad ogni epoca dell’umanità. La sua storicità, quindi, non si basa solo sui documenti e sulle testimonianze come per tutti gli altri eventi della storia, ma anche sull’esperienza presente di coloro che lo incontrano oggi.

 

La Chiesa nasce in piccole comunità destinate poi a invadere l’Impero solo perché la donazione di Cristo, iniziata sulla croce, si manifesta capace di vincere il tempo, il male e la morte e di compiersi nell’effusione dello Spirito, una forza aggregativa che cambia la mentalità delle persone e converte i loro cuori.

Il cristianesimo nascente non si propone semplicemente come un gruppo di amici che si radunano per commemorare il fondatore di una setta o per leggere i suoi scritti. Essi sono consapevoli che Egli è vivo, invisibile e visibile nello stesso tempo. Invisibile, perché è tornato al Padre, cioè alla sua vita originaria, ma visibile perché egli ha detto: “chi incontra voi incontra me, che accoglie voi accoglie me”. Ha stabilito un legame stretto tra sé e i suoi discepoli che ne continuano la storia.

 

Cari fratelli e sorelle,

tutto ciò ci porta a considerare le ragioni profonde della gioia di Pasqua. Cristo è vivo, è presente in mezzo a noi nei suoi sacramenti, nella comunione della Chiesa e nella forza trasformatrice del suo Spirito! La nostra speranza è fondata su questa certezza che ogni giorno ci raggiunge e ci sveglia dal torpore delle nostre depressioni e delle nostre paure. Cristo risorto ci fa uscire dai sepolcri in cui siamo tentati di rinchiuderci e apre davanti a noi gli orizzonti della vita nuova.

La fede nella Resurrezione è ciò di cui il nostro mondo e anche la nostra Chiesa ha più bisogno. Chiediamo per tutti noi, per i nostri cari e per tutti gli uomini e le donne di buona volontà questa grazia che ci permette di alzare gli occhi e guardare con fiducia al futuro che ci attende.

Amen.

 ✝ Massimo Camisasca FSCB

Mons. Vescovo Reggio Emilia - Guastalla





02 aprile, 2021

Via Crucis


Venerdì 2 aprile 2021 alle ore 20.30 dalla Cattedrale di Reggio Emilia, il vescovo Massimo Camisasca presiede la Via Crucis.

Omelia nell’azione liturgica In Passione Domini

Cattedrale di Reggio Emilia
02-04-2021

Cari fratelli e sorelle,

in questo giorno in cui tutto tace – campane, organo, persino la celebrazione della santa Messa – anche le nostre voci vengono meno. Di fronte al mistero della Passione e morte di Nostro Signore siamo chiamati a stare in silenzio, a non coprire con le nostre parole e i nostri pensieri quanto oggi la Chiesa pone davanti ai nostri occhi.

Il nostro silenzio è pieno di sgomento di fronte all’incommensurabilità del sacrificio di Cristo. Nello stesso tempo il nostro cuore è invaso dalla commozione e dalla gratitudine perché la croce, prezzo del nostro riscatto (cfr. 1Pt 1,18), ci parla del valore infinito che le nostre vite hanno davanti a Dio. Se egli è arrivato a consegnare suo Figlio alla morte per noi, questo significa che ogni persona che Egli ha voluto e portato all’essere è preziosa ai suoi occhi.

Il castigo che dà salvezza si è abbattuto su di lui – ci ha ricordato il profeta Isaia nella prima lettura di questa liturgia – per le sue piaghe siamo stati guariti. Salvezza e guarigione: sono i frutti della croce. Salvezza dal nostro male e guarigione dalle nostre ferite. Il sacrificio di Cristo apre per noi la strada della vita, ci rigenera ad una speranza che non avremmo potuto costruire con le nostre forze. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge – continua il profeta – ognuno seguiva la sua strada. Quante volte, ancora oggi, persino nella Chiesa, sembra che ognuno continui a seguire solo se stesso, rendendo vana la croce di Cristo!

In questo venerdì santo, chiediamo perdono per le nostre offese all’unità e alla comunione che Gesù ha pagato per noi con il suo sangue. Chiediamo la grazia di nulla anteporre a questa unità, anche a costo di sacrificare il nostro personale punto di vista. Lasciamoci guarire dalla contemplazione della croce. Lasciamo che le nostre divisioni, i nostri narcisismi e la nostra suscettibilità si sciolgano davanti a Colui che per noi ha accettato gli sputi, gli insulti, le percosse e, infine, una morte ignominiosa. La salvezza non viene dalle nostre idee o dalle nostre battaglie. La salvezza e la vita vera sgorgano dal sacrificio e dalla donazione di sé. Nel disegno di Dio il compimento dell’esistenza, di ogni esistenza, sta nella partecipazione alla vita e alla donazione del Figlio.

La croce è il segno supremo e definitivo della fedeltà di Dio al suo disegno. Come ebbe a dire papa Francesco qualche anno fa, essa è una “cattedra”, è la cattedra da cui Dio insegna che cosa è l’esistenza e che cosa significa amare. «Noi – afferma il Papa – abbiamo bisogno di essere raggiunti dal suo amore, che si china su di noi; non possiamo farne a meno, non possiamo amare senza farci prima amare da Lui, senza sperimentare la sua sorprendente tenerezza» (cfr. Francesco, Omelia nella domenica delle Palme, 20 marzo 2016).

Mettiamoci oggi alla scuola della croce e imploriamo per noi, per tutti i nostri cari, per la Chiesa universale e per tutti i nostri fratelli e sorelle di buona volontà i doni della contrizione, dell’unità e della pace.

Amen.

✝ Massimo Camisasca FSCB

Mons. Vescovo Reggio Emilia - Guastalla



 



Passato e Presente - Alessandro Barbero - Gli ultimi giorni di Gesù


Passato e Presente - Alessandro Barbero - Gli ultimi giorni di Gesù

Il Beato Rolando Maria Rivi scrisse nel Venerdì Santo del 1945

 Il Beato Rolando Maria Rivi scrisse nel Venerdì Santo del 1945

Il Venerdì, baciando il Crocifisso, ha ripetuto l’offerta al suo grande Amico: “Tutta la mia vita per Te, o Gesù, per amarti e farti amare”.



01 aprile, 2021

Messa Crismale

 Giovedì 1 aprile 2021, alle ore 9.30, dalla Cattedrale di Reggio Emilia il Vescovo Massimo Camisasca presiede la Messa Crismale.


Omelia della Messa in Coena Domini

Cattedrale di Reggio Emilia
01-04-2021

Cari fratelli e care sorelle,

la tradizione della Chiesa fa risalire al Giovedì Santo, e precisamente proprio a questo momento che stiamo vivendo, quello della cena del Signore arricchito dal preparativo della lavanda dei piedi, l’istituzione del sacerdozio ordinato e dell’Eucarestia.

Sorgono tante domande che vorrei qui soltanto accennare per poi rispondere.

Quando e perché Gesù ha voluto il sacerdozio ordinato? Il termine è naturalmente più recente, ma la sostanza è antica e, secondo la Chiesa, risale proprio a Gesù. E perché lo ha istituito? Non aveva detto Gesù stesso poche ore prima distruggerò il tempio?

E dunque, se non c’era più tempio non c’era più necessità di sacerdozio. Non aveva Gesù combattuto contro la classe sacerdotale accusandola di ipocrisia, di usurpazione del potere? Non aveva Gesù combattuto ciò che la classe sacerdotale faceva? I sacrifici, il culto mosaico? Non si sentiva in quei momenti un’atmosfera di fine del tempo?

Gli evangelisti stessi sembrano non presentare Gesù come sacerdote. Sarà la lettera agli Ebrei che esplicitamente dirà perché sia lecito, anzi necessario, attribuire a Gesù il titolo di sacerdote.

Per quanto riguarda l’Eucarestia: che bisogno c’è dell’Eucarestia? Gesù non aveva promesso il dono dello Spirito che avrebbe donato abbondantemente dopo la sua salita al cielo? Non basta lo Spirito a fare di noi una cosa sola? C’è qualcosa oltre la Trinità?

Sono domande che sono state poste durante la storia della Chiesa e a cui la Chiesa ha risposto. Vogliamo raccogliere questa sera alcune di queste risposte.

Innanzitutto: perché Gesù istituisce un nuovo sacerdozio e di quale sacerdozio si tratta?

Qui ci viene in aiuto la lettera agli Ebrei. Gesù non istituisce nessun sacerdozio oltre al suo. Con la sua incarnazione, passione, morte e resurrezione, il Verbo di Dio fatto carne, diventa l’unico mediatore salvifico fra Dio e gli uomini. Tutti i sacerdozi antichi – sia quelli pagani che, con altro valore, quello ebraico – sono destituiti di ogni efficacia.

Erano tutti nobilissimi tentativi dell’uomo, anche su indicazione del Dio pedagogo, di ingraziarsi il perdono di Dio. Ma, come dice chiaramente la lettera agli Ebrei, nessun sangue di buoi o di capri può cancellare i peccati dell’uomo.

Il sacerdozio che si inaugura con Gesù è dunque un sacerdozio completamente nuovo, come è nuova l’alleanza. Questo sacerdozio nasce dal sì di Gesù al Padre, è interno a questo si. Il Figlio di Dio ha detto al Padre: “Si, voglio obbedire e voglio farlo da uomo, con una voce di uomo, con una libertà di uomo, con un corpo di uomo, per cancellare, nella mia umanità, ogni disobbedienza degli uomini’’.

In questo modo il sì di Cristo, corpo, anima e divinità diventa l’atto supremamente sacerdotale. Affinché questo atto sacerdotale potesse, dopo la salita al cielo di Gesù, comunicarsi a tutti gli spazi e a tutti i tempi della storia, Gesù ha scelto alcuni, chiamati poi apostoli, per comunicare a loro lo stesso compito di mediazione santificatrice che il Padre aveva concesso al Figlio. Il sacerdozio cristiano, dunque, nasce direttamente da Cristo, anzi dal Padre, è una sola cosa con il sacerdozio di Cristo. Non ci sono tanti sacerdoti, ce n’è uno solo, Cristo Gesù, ed Egli, per comunicare agli uomini, di tutti i tempi di tutti gli spazi, i doni del suo sacerdozio sceglie nel tempo taluni perché possano essere strada di comunicazione della sua grazia.

Il sacerdozio ordinato, dunque, è una decisione che nasce dal cuore del Padre, si manifesta nell’obbedienza del Figlio e si coagula in due parole che abbiamo ascoltato questa sera: Fate questo. L’abbiamo sentito due volte da Gesù quando spezza il pane: Questo è il mio corpo, fate questo e quando fa passare il calice, Fate questo.

Il sacerdozio nasce da lì e si raccoglie tutto lì perché tutto ciò che nasce da lì è spiegato soltanto da quella origine.

Il sacerdozio cristiano non ha certamente solo il compito di celebrare la liturgia, ma tutto ciò che nasce, nasce dalla liturgia. Così la vita diventa liturgia. La carità, l’annuncio della fede, la guida delle anime, il radunarsi del popolo, il suo influsso relativo e umanistico nella storia degli uomini: Fate questo.

Mi sono chiesto: che bisogno c’è dell’Eucarestia? Se Cristo aveva promesso lo Spirito, non bastava una Chiesa spirituale, cioè radunata dallo Spirito?

Evidentemente Gesù ha avvertito il grave pericolo che una Chiesa tutta spirituale potesse diventare una Chiesa spiritualista, evanescente, una Chiesa in cui dominasse l’arbitrio delle coscienze e dei pensieri degli uomini. Egli, invece, ha voluto una Chiesa in cui si perpetuasse la presenza del Suo corpo come punto di rifermento e di aggregazione della Chiesa stessa.

Se è vero che il Suo corpo è in cielo accanto al Padre, è altrettanto vero che il Suo corpo risorto è anche sulla terra. Ed è sulla terra in molti modi. Il modo sommo della presenza del Suo corpo sulla terra è la comunità cristiana. Ma in funzione della comunità cristiana, per il suo sorgere, per il suo perdurare, per la sua purificazione Gesù ha voluto l’Eucarestia e cioè la presenza della Sua carne, del Suo sangue sotto il velo del pane e del vino.

L’Eucarestia, perciò, ci fa comprendere che cosa sia la Chiesa e quale sia il metodo di Dio nella storia dell’uomo. Se noi la guardiamo soltanto con i nostri occhi di uomini e di donne possiamo anche non comprenderne niente, ma se noi siamo introdotti dalla fede allora si aprono davanti a noi orizzonti immensi e luminosi.

Il primo è l’orizzonte della carità. Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo figlio unigenito e il Figlio ha tanto amato il mondo da non lasciarlo solo. Salito al cielo alla destra del Padre ha lasciato i segni eucaristici del suo corpo e del suo sangue, è rimasto in mezzo a noi, è qui, è presente.

In secondo luogo l’Eucarestia ci insegna che la comunicazione d Cristo avviene nel silenzio, nel nascondimento. Prima di essere luce è adorazione. Prima di essere trasformazione esteriore della nostra mente e del nostro cuore, è offerta di sé.

Sacerdozio ed Eucarestia sono i doni imprevedibili e imprevisti di Gesù alla Sua Chiesa, sono l’asse portante della vita della Chiesa, affinché la Chiesa sia.

Sacerdozio ed Eucarestia sono destinati a terminare con il terminare del tempo. Nell’eterno non ci saranno sacerdozio ed Eucarestia, ma ci sarà il frutto dell’Eucarestia: la carità.

San Paolo dice che la carità, delle tre virtù, è quella che resterà. È vero, perché la fede sarà sostituita dalla visione e la speranza dalla realizzazione, ma la carità è il contenuto del Paradiso e l’anticipazione della carità è l’Eucarestia. E il sacerdozio ordinato è in funzione dell’Eucarestia: Fate questo.

Dovesse sparire il sacerdozio ordinato, sparirebbe la Chiesa. Là dove non c’è Eucarestia non c’è Chiesa.

Questo inizio del triduo santo deve essere un inno di ringraziamento a Dio per questi due grandi doni, deve essere un inno di supplica perché il popolo cristiano torni a comprendere il valore fondamentale per la propria vita del sacerdozio ordinato e dell’Eucarestia. Supplica perché innanzitutto i preti comprendano il valore del sacerdozio e dell’Eucarestia.

Si parla di evangelizzazione che è il compito supremo della Chiesa. L’Eucarestia è uno strumento privilegiato di evangelizzazione, è il silenzio luminoso di Cristo che attrae tutti a sé. Guai a chi contrappone evangelizzazione e sacramenti! Non c’è possibilità di entrare nella luce dei sacramenti se non c’è la fede e quindi se non c’è l’evangelizzazione. Ma da che cosa è sostenuta la fede? da cosa è sostenuta la carità se non dai sacramenti della Chiesa?

Perciò un inno di lode, di gratitudine e di supplica si deve levare da tutti noi questa sera al Signore, soprattutto di supplica per le vocazioni sacerdotali. Possiamo discutere all’infinito sulle cause della riduzione delle vocazioni sacerdotali, ma una è quella fondamentale: l’acerbità della fede delle nostre comunità. Là dove non c’è fede o la fede è piccola non si sente la necessità dell’Eucarestia e perciò del sacerdozio. Là dove c’è la fede il sacerdozio rifiorisce.

Chiediamo per la nostra Chiesa e per tutta la Chiesa che tutti tornino a meditare i grandi doni del sacerdozio e dell’Eucarestia dati da Cristo alla Chiesa.

 

Amen.

 

✝ Massimo Camisasca FSCB

Mons. Vescovo Reggio Emilia - Guastalla



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