Translate

16 luglio, 2023

✝ Pensiero del 16 Luglio 2023

 ✝

SUB TUTELA DEI

S. T. D. E DELLA B. V. M.

GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato


Caro Rosario Angelo, chi non ama, la pianta, e le sue radici, non può dire, d’amare, il suo frutto.

Barbara


Versetto del Giorno

E Pietro disse: «Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo».

Atti degli Apostoli 2:38


Memoria


Oggi, la chiesa, fa memoria liturgica, della Madonna sul Monte Carmelo.


Roberto Rivi, diede come secondo nome MARIA, al figlio secondogenito Rolando, per devozione alla Madonna del Monte Carmelo e per affidamento filiale.


BUON ONOMASTICO AL BEATO ROLANDO MARIA RIVI


Domenica – 15.a Tempo Ordinario – B.V. MARIA DEL MONTE CARMELO
Meditazione sul Vangelo di Mt 13,1-23
Un terreno arato e dissodato.
La parabola del seminatore ci ricorda come sia necessaria la preparazione del terreno affinché il seme possa germinare. Gesù spiega ai suoi discepoli la parabola sottolineando quello che poi la Chiesa chiamerà “iniziazione cristiana”: si diventa cristiani giorno dopo giorno, e c’è bisogno di qualcuno che, passandoci il
testimone (traditio), ci abiliti a riconsegnare ciò che si è ricevuto (redditio), attraverso l’esperienza vissuta.
Perché Gesù parla in parabole e solo alcuni comprendono? Com’è possibile non rimanere affascinati dalle Parole del Cristo, e non coglierne la portata rivoluzionaria ed escatologica, celeste e terrena, e rifiutarle? Chi scopre la forza del Vangelo percepisce una straordinaria luce interiore, una verità, una forza della vita, e non si capacita del fatto che qualcuno rifiuti, resti indifferente, contrasti. Oggi comprendiamo come molto dipenda dall’atteggiamento degli ascoltatori, ma anche dall’opera del seminatore che deve anzitutto ben preparare il terreno. L’organizzazione della semina passa anche attraverso la personale testimonianza, lo stile, la coerenza. Un comportamento errato la può offuscare e farla diventare controproducente. Gesù stesso parla di campi seminati, e chi ha dimestichezza con la campagna conosce bene la fatica e gli odori dei campi arati e dissodati. Impariamo dalla pazienza del contadino, che irriga, pulisce, sistema la terra perché gli evangelizzatori non possono essere distaccati dalla terra e dagli uomini. I sacerdoti in particolare sono invitati a una verifica: discorsi, prediche, interventi ben fatti, con un’oratoria invidiabile, forbiti nel linguaggio e perfetti nelle citazioni sono, talvolta, così poco incisivi! Le parole possono essere vuote e vane, se non vengono accompagnate da una sincera testimonianza di vita. Gli errori e i peccati sono perdonati quando c’è il desiderio e l’impegno per una sincera conversione. Perché mai gettare il seme tra le spine, o sulla strada o in tutti quei posti dove è chiaro che non potrà crescere? Ancora una volta dobbiamo aprirci alla speranza: le spine possono seccare, la strada diventare terra fertile, i sassi tolti. C’è sempre una possibilità di cambiamento: il deserto diventa giardino, il raccolto è abbondante, perché Dio è fedele alle promesse e non dimentica il suo popolo. Seminiamo ovunque, senza calcoli e cautele.
Il Vangelo ci racconta - se si eccettua l’ultima frase - la storia di una catastrofe. Tutto comincia nella speranza e, nonostante questo, non tarda ad essere ridotto ad un nulla: gli uccelli mangiano il seme; il terreno pietroso gli impedisce di mettere le radici; le piante spinose lo soffocano... tutto segue il suo corso disperante.
Tuttavia, in mezzo a questa catastrofe, Dio annuncia il suo “ma”: in mezzo al campo di concentramento di Auschwitz, padre Kolbe - morendo nel "bunker della fame" - loda ancora Dio onnipotente.
Nella parabola del seminatore si incontra il “ma” di Dio: ci sono poche speranze, ma vi è almeno una terra buona per portare cento frutti.
È con gli occhi di Gesù che bisogna leggerle questo genere di storie catastrofiche. E bisogna leggerle con Gesù fino in fondo.
La prima parte mostra che tutto è vano. Eppure la storia di questa sconfitta porta ad una conclusione inattesa. Dio, nella sua infinita misericordia, non lascia che il seminatore soccomba come un personaggio tragico.
Forse abbiamo qui, davanti a noi, una legge che vale per tutte le azioni di Dio nel mondo. Poiché la causa di Dio nel mondo è spesso povera e poco appariscente. Quando la si prende a cuore, si può soccombere alla tentazione della disperazione. Ma le storie di Dio hanno un lieto fine. Anche se all’inizio nulla lascia presagirlo.
Forse Gesù non racconta solo questa storia alle persone che sono sulle rive del lago. Forse la racconta a se stesso per consolarsi. Si chiede: cosa sarà di ciò che intraprendo? Si scontra con la cecità, il rifiuto, la pedanteria e la violenza. Non è ignaro delle sconfitte. “Ma” la sua parola porta i suoi frutti nel cuore degli uomini.

Domenica 16 Luglio

B.V. Maria del M. Carmelo (mf); B. Irmengarda; S. Antioco  

15.a del Tempo Ordinario (anno A)

Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23 

Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli

Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:
«Chiunque trova lui, ha la vita eterna».

(Matteo 13,19.23)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 64)

 Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.

Tu visiti la terra e la disseti,

la ricolmi di ricchezze.

Il fiume di Dio è gonfio di acque;

tu prepari il frumento per gli uomini. 

Così prepari la terra:

ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle,

la bagni con le piogge

e benedici i suoi germogli.  

Coroni l’anno con i tuoi benefici,

i tuoi solchi stillano abbondanza.

Stillano i pascoli del deserto

e le colline si cingono di esultanza. 

I prati si coprono di greggi,

le valli si ammantano di messi:

«Gridano e cantano di gioia!». 

Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:
«Chiunque trova lui, ha la vita eterna».
(Matteo 13,19.23)








15 luglio, 2023

Memoria Nel 1624, in questo giorno, ci fu, il ritrovamento delle ossa, di santa Rosalia.

 Memoria


Nel 1624, in questo giorno, ci fu, il ritrovamento delle ossa, di santa Rosalia.

15 luglio 1624

Nel luogo indicato, sotto una grande lastra di marmo, vengono ritrovate ossa umane che emanano un intenso profumo di fiori.

Sul monte salgono molte persone, pregano, bevono l’acqua e ottengono così molte guarigioni miracolose.

Le ossa vengono pulite e portate in città nella cappella dell’Arcivescovo Giannettino Doria che vorrebbe certezza sull’autenticità dei resti.


11 luglio, 2023

Memoria veine recuperato il corpicino ormai esanime del piccolo Alfredino Rampi

Memoria

11 luglio 1981 11 luglio 2023

Alle 15 dell’11 luglio il recupero. Sarà Spartaco Stacchini, 37 anni all’epoca, a separare il corpo di Alfredino dalla terra indurita dall’azoto liquido. «Quando arrivò in superficie - sottolineò Stacchini nelle cronache dell’epoca - era ridotto a un blocco di ghiaccio, fu un momento molto emozionante».





San Benedetto da Norcia

 San Benedetto da Norcia

autore: Hans Memling anno: 1487 titolo: Trittico di Benedetto Portinari luogo: Galleria degli Uffizi

Nome: San Benedetto da Norcia
Titolo: Abate, patrono d'Europa
Nascita: 480, Norcia
Morte: 21 marzo 547, Montecassino, Frosinone
Ricorrenza: 11 luglio e 21 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Festa
Sito ufficiale:ora-et-labora.net


S. Benedetto, padre del monachismo d'Occidente, restauratore dello spirito cristiano dei suoi tempi, nacque a Norcia, nell'Umbria, dalla nobile famiglia Anicia nel 480. Inviato a Roma per addottorarsi nelle discipline liberali, tosto si ritirò dal mondo. Prese dimora nello speco di Subiaco ove rimase per tre anni nascosto e ignoto a tutti, conducendo vita penitente e angelica. Essendosi sparsa la fama della sua santità, alcuni monaci si posero sotto la sua guida sapiente ed illuminata. Ma la sua condotta era un continuo rimprovero e uno stridente contrasto con la loro vita rilassata. Non volendo essi sottomettersi ai suoi richiami, tentarono di avvelenarlo: però, fatto egli, come era suo costume, il segno della croce, ii bicchiere che gli veniva presentato si spezzò.

Allora ii nostro Santo si ritirò nuovamente nella solitudine, e accorrendo a lui gran numero di discepoli, dovette costruire dodici monasteri. Si trasferì poi a Montecassino, ove, abbattuta la statua di Apollo, fondò quel celebre monastero, meraviglia di bellezza e di arte, da cui partirono i primi apostoli benedettini. Qui creò la sua nota regola nella quale si organizzava nei minimi particolari la vita dei monaci all'interno di una "corale", questa filosofia dava nuova ed autorevole sistemazione alla complessa, ma spesso vaga e imprecisa, precettistica monastica precedente. I concetti principali erano due stabilitas loci (l'obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero) e la conversatio(la buona condotta morale, la pietà reciproca e l'obbedienza all'abate), il "padre amoroso" (il nome deriva proprio dal siriaco abba, "padre") mai chiamato superiore, e cardine di una famiglia ben ordinata che scandisce il tempo nelle varie occupazioni della giornata durante la quale la preghiera e il lavoro si alternano nel segno del motto ora et labora ("prega e lavora").

S. Benedetto fu dotato da Dio del dono della profezia: predisse. tra l'altro le gesta e il tempo della morte a Totila, re del Goti. Pochi mesi prima predisse la propria morte: sei giorni innanzi si fece aprire il sepolcro; il sesto giorno, portatosi in chiesa a ricevervi l'eucarestia, spirò tra le braccia dei suoi monaci. La sua anima fu vista salire al cielo su un fulgore di luci mentre un uomo diceva: «Questa è la via per cui Benedetto ascende al cielo ». Aveva oltre sessanta anni.

« S. Benedetto, scrive D. Guéranger, è il padre dell'Europa perché egli per mezzo dei suoi figli numerosi come le stelle del cielo e l'arena del mare, ha rialzato gli avanzi della società romana, schiacciata sotto l'invasione dei barbari; ha presieduto allo stabilimento del diritto pubblico e privato delle nazioni, ha portato il Vangelo e la civiltà nell'Inghilterra, nella Germania, tra i popoli del Nord e perfino tra gli Slavi; ha distrutto la schiavitù, insegnata l'agricoltura e salvato infine il deposito delle lettere e delle arti dal naufragio che sembrava inghiottirle senza speranza di salvezza ».

Tanto fu grande il suo spirito di mortificazione ed estrema e delicata la sua purezza, che non esitò a ravvolgersi tra le spine per vincere una violenta tentazione.

Grandissima fu la sua prudenza di legislatore e di direttore di anime: egli è uno dei quattro grandi patriarchi d'Occidente e le sue regole sono tutt'ora adottate e seguite da molte famiglie religiose.

L'ordine religioso fondato da S. Benedetto si estese in tutto il mondo, e diede un numero grandissimo di santi, papi, vescovi e personaggi illustri. Tra i santi benedettini più celebri si annoverano S. Mauro Abate e S. Placido Martire, S. Willibrodo, S. Vifrido, S. Ruberto, S. Bonifazio, S. Gregorio Magno, S. Agostino di Canterbury, per non dire di tanti altri.

Le comunità benedettine e il calendario della Forma straordinaria lo ricordano il 21 marzo, mentre la Chiesa cattolica invece lo celebra l'11 luglio, da quando Papa Paolo VI il 24 ottobre 1964 con il breve Pacis nuntius proclamò san Benedetto da Norcia patrono d'Europa in onore della consacrazione della Basilica di Montecassino.

PRATICA. Da questo Santo impariamo la prontezza e l'estrema decisione nello scacciare le tentazioni.

PREGHIERA. Deh! Signore, ci renda accetti l'intercessione del San Benedetto, affinché quello che non possiamo con i nostri meriti, lo conseguiamo per il suo patrocinio

MARTIROLOGIO ROMANO. A Montecassino il natale di san Benedétto Abate, il quale restaurò e meravigliosamente propagò nell'Occidente la disciplina monastica, che era quasi estinta. La sua vita, gloriosa per virtù e per miracoli, fu scritta dal beato Gregório Papa.

PROVERBIO. San Benedetto la rondine sotto al tetto

ICONOGRAFIA


Nell'iconografia San Benedetto è raffigurato solitamente come un anziano barbuto vestito con il saio nero da abate, sostituito poi dal XV secolo da quello bianco dell’ordine riformato. Suoi attributi sono il libro della regola, il bastone abbaziale e talvolta un fascio di verghe, simbolo di disciplina e penitenza, come nella splendida tavola di Bernardo Daddi, artista fiorentino attivo agli inizi del XIV sec.

San Benedetto da Norcia
titolo San Benedetto da Norcia
autore anno


San Benedetto da Norcia
titolo San Benedetto da Norcia
autore Bernardo Daddi anno XIV sec


In alcune rappresentazioni è presente anche santa Scolastica, sua sorella gemella, badessa del monastero di Subiaco.

San Benedetto e Santa Scolastica
titolo San Benedetto e Santa Scolastica
autore Giuseppe Santini anno XVII sec


Oltre le classiche riproduzioni del santo di Norcia esistono anche altre opere caratterizzate da due attributi importanti: la coppa e il corvo. Si tratta di episodi ritratti nell'agiografia che redige papa Gregorio Magno nel secondo libro dei suoi Dialoghi, interamente dedicato al santo di Norcia.

La coppa, quasi sempre contenente un serpente, è il simbolo di un tentativo di avvelenamento che vide come protagonisti Benedetto da Norcia e alcuni monaci, presso Vicovaro (Roma). Questi ultimi, vedendo «che sotto la sua direzione le cose illecite non erano assolutamente permesse e d’altra parte le inveterate abitudini non se la sentivano davvero di abbandonarle» (Gregorio Magno, Dialoghi, II, 3), decisero di liberarsi di san Benedetto mediante una coppa di vino avvelenato. Quando il santo tracciò un segno di croce sopra la coppa, nell’intento di benedirla, questa si infranse, «come se al posto di una benedizione vi fosse stata scagliata una pietra» (ibidem).

San Benedetto da Norcia
titolo San Benedetto da Norcia
autore Ricardo Cinalli anno XXI sec


L’immagine del corvo rimanda anch'essa ad un secondo tentativo di avvelenamento, «tristo costume dei cattivi» (ibidem), ai danni di Benedetto. L’episodio narra di come il sacerdote Fiorenzo, «istigato dallo spirito maligno e bruciante d’invidia per i progressi virtuosi dell’uomo di Dio», (ivi, II, 8) inviò a Benedetto un pane avvelenato. Avvedutosi dell’inganno, Benedetto comandò ad un corvo che «veniva abitualmente dalla vicina selva […] e beccava poi il pane dalle mani di lui» di raccogliere quel pane e gettarlo in un luogo dove nessun altro avrebbe potuto cibarsene. Il corvo «l’afferrò col becco, lo sollevò e volò via» (ibidem). Secondo alcune interpretazioni, l’episodio del corvo e del pane rimanderebbe ad Elia, cui i corvi «portavano pane e carne al mattino, e pane e carne alla sera» (1Re 17,6).

San Benedetto da Norcia
titolo San Benedetto da Norcia
autore Tommaso Bona anno XVI sec

✝ Pensiero del 11 Luglio 2023

 ✝

SUB TUTELA DEI

S. T. D. E DELLA B. V. M.

GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato


Caro Rosario Angelo, TU, eri un po’, come SAN BENEDETTO, ORAT ET LABRAT !

Barbara


Versetto del Giorno

Non invidiare l'uomo violento e non imitare affatto la sua condotta, perché il Signore ha in abominio il malvagio, mentre la sua amicizia è per i giusti.

Proverbi 3:31-32


Memoria

La chiesa, oggi, fa memoria di SAN BENEDTTO DA NORCIA

Il suo vero transito celeste, fu il 21 marzo, venne, spostato all’ 11 luglio, per rispettare, il Tempo Quaresimale e Pasquale, che avviene tra marzo ed aprile.


 Alle 15 dell’11 luglio il recupero. Sarà Spartaco Stacchini, 37 anni all’epoca, a separare il corpo di Alfredino dalla terra indurita dall’azoto liquido. «Quando arrivò in superficie - sottolineò Stacchini nelle cronache dell’epoca - era ridotto a un blocco di ghiaccio, fu un momento molto emozionante».



Martedì – 14.a Tempo Ordinario FESTA DI SAN BENEDETTO PATRONO D’EUROPA
Meditazione del Vangelo di Mt 19,27-29
Ricerca della saggezza e glorificazione di Dio.
I santi sono come dei compagni di viaggio che la misericordia di Dio pone accanto all’umanità in cammino verso la patria eterna, quali luci che illuminano il sentiero indicando quello cui non si deve assolutamente rinunciare. Benedetto di Norcia è uno di loro, un dono di Dio cui, credenti e non, rimangono ancor oggi debitori. Egli, infatti, indica la ricerca della sapienza e il portare frutto come segni distintivi della vita cristiana, e perciò esperienze autenticamente comunitarie perché aperte a tutti. Esperienze valide e significative anche dal punto vista puramente umano, perché la ricerca della sapienza è l’anima e il fondamento di ogni processo educativo. Il portare frutto è il modo migliore per vivere attivamente i propri diritti in quanto persona umana e in quanto costruttrice di una cittadinanza veramente responsabile, in grado di dialogare all’interno del complesso mondo postmoderno. Nel nostro specifico cristiano, una Chiesa priva della ricerca della sapienza, o paga di se stessa e dei suoi frutti perché convinta di aver già dato tutto il possibile, sarebbe ben strana per Benedetto. E lo sarebbe perché lontana dalle vie che la Scrittura le prescrive al fine di diventare il segno e lo strumento della benedizione con cui la Trinità avvolge la storia e le persone. Richiamando tali vie, Benedetto lancia un messaggio chiaro: “Chiesa, sii ciò che la grazia di Dio ha fatto di te, e diventarlo, per amore di coloro cui sempre sei inviata per servire e non per essere servita”. Ma soprattutto, con la sua esperienza di cristiano all’interno di un’Europa allora sconvolta dalle continue guerre, Benedetto richiama il fatto che la ricerca della sapienza e il portare frutto hanno senso e valore lì dove si sperimentano le linee di frattura che dividono l’umanità e trasformano la ricerca della sapienza in ideologia, e il portare frutto in esclusione dell’altro.
Noi potremmo facilmente tenere il Vangelo a distanza pensando: “Sono i discepoli ad essere coinvolti, o, tutt’al più, i santi come Benedetto, che Dio ha chiamato a realizzare una grande opera”. Ma il Vangelo non è solo un libro di storia. Non si accontenta di raccontare gli avvenimenti. Gli apostoli, i santi e i missionari rimandano a me. Guardate Pietro che ha accompagnato Gesù e gli altri discepoli che hanno abbandonato tutto; o guardate Benedetto che, giovane studente, rifiuta la vita brillante di Roma per ritirarsi nella solitudine! Tutti sono implicati nella storia. Noi saremmo semplici spettatori? Il Vangelo non ci riguarderebbe?
Eppure il Vangelo parla dell’avvento di un nuovo regno, del segreto inaudito che fa sì che Dio permetta che nasca un regno senza fine. Ciò significa dunque che Dio ha delle aspettative su di noi. È il dramma dell’amore. E la mia storia con Dio. La storia del regno dei cieli è già cominciata. Bisogna continuare a raccontare la storia come storia di Dio e del suo mondo. In questo Vangelo, è la sua storia che Gesù racconta quando dice: “Nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria...” (Mt 19,28).
Per Gesù, ciò vuol dire amore fino alla croce.
Egli sa: “Mio padre mi manda nel mondo per amore e dice: Tu genererai un popolo nuovo. La tua missione è di diffondere l’amore nel mondo intero”. Dio vuole che il suo amore si riversi nel mondo. Si tratta del dramma dell’amore. Noi possiamo parteciparvi lasciando che Dio ci mostri il nostro posto. Poiché egli si indirizza a noi, personalmente. Quante volte abbiamo rifiutato questo invito: eppure la redenzione ha luogo qui e ora, oggi. Non è in teoria, ma nell’istante stesso che Gesù ama, agisce e parla. Ciò che importa è che io alzi gli occhi per vedere cosa accade. A cosa serve, se qualcuno mi perdona in teoria ma non nel suo cuore, né ora? La pratica di Gesù ci mostra una cosa: egli è andato incontro a tutti. Il suo invito valeva per tutti. Non debbo, dunque avere paura. Non sono tenuto a diventare prima un uomo a posto, posso venire quale sono. E, per una comunità, ciò significa semplicemente poter esistere anche con le proprie debolezze.

Martedì 11 Luglio 

S. Benedetto patr. Europa (f); S. Pio I; S. Leonzio; S. Olga 

14.a del Tempo Ordinario

Pr 2,1-9; Sal 33; Mt 19,27-29

Gustate e vedete come è buono il Signore


Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

(Matteo 5,3)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 33)
Rit: Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
«I poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: «Mi ha risposto

e da ogni mia paura mi ha liberato».


Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.

Temete il Signore, suoi santi:
«Nulla manca a coloro che lo temono.
I leoni sono miseri e affamati,
ma a chi cerca il Signore non manca alcun bene».

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

(Matteo 5,3)







09 luglio, 2023

Memoria della LAUREA ROSARIO ANGELO LIVATINO

 



Memoria


🎓Il 9 luglio del 1975 Rosario Angelo Livatino si laureò brillantemente in giurisprudenza a soli 22 anni con il massimo dei voti.

TESI DI LAUREA discussa FEDE e DIRITTO



✝ Pensiero del 09 Luglio 2023

 ✝

SUB TUTELA DEI

S. T. D. E DELLA B. V. M.

GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato


Caro Rosario Angelo, oggi, si fa MEMORIA, della TUA LAUREA. Auguri di cuore, VITA MIA DOLCISSIMA. TI AMO!

Barbara


Versetto del Giorno

In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.

Genesi 1:1-2



Memoria


🎓Il 9 luglio del 1975 Rosario Angelo Livatino si laureò brillantemente in giurisprudenza a soli 22 anni con il massimo dei voti.

TESI DI LAUREA discussa FEDE e DIRITTO





08 luglio, 2023

Memoria Nel 1902 in questo giorno, si svolsero i funerali di Maria Goretti, nella parrocchia di Santa Barbara, parrocchia, adiacente all’ospedale.

  


Memoria


Nel 1902 in questo giorno, si svolsero i funerali di Maria Goretti, nella parrocchiadi Santa Barbara, parrocchia, adiacente all’ospedale.


Ma il ricovero che lasciò un’eco perenne fu quello della sera del 5 luglio 1902, quando dalla vicina tenuta delle Ferriere giunse in Ospedale il corpicino straziato di Santa Maria Goretti. La giovinetta, per difendere la sua innocenza, era stata selvaggiamente trafitta 14 volte con un lungo punteruolo di 27 centimetri. Consapevole della gravità della situazione, il dottor Bartoli prima dell’intervento aveva fatto chiamare il cappellano fra Martino Guijarro, perché la confessasse. L’intervento durò oltre un’ora, ma la piccola martire morì all’indomani per complicazioni infettive, impossibili a dominare in quell’epoca in cui non esistevano ancora gli antibiotici. Subito dopo l’intervento la ricoverarono in un villinetto al margine della proprietà, riservato alle donne fu lì che fra Guijarro seguì l’agonia della piccola Marietta e notò la devozione mariana della giovinetta e di come mantenesse fisso lo sguardo su un’immagine della Madonna che adornava la parete della stanza e pensò allora di proporle di iscriversi tra le figlie di Maria, la giovinetta accettò con entusiasmo e baciò con devozione la medaglietta che Fra Guijarro le mise al collo. Passò a confortarla anche Don Signori e la esortò a perdonare il suo aggressore, cosa che fece anche Fra Guijarro. La fine appariva imminente e prima di somministrarle come Viatico la Santa Comunione, le chiese ancora se perdonavo il feritore. Senza esitazione ella replicò che per amor di Gesù lo perdonava, anzi desiderava anche per lui il Paradiso. Fu quel perdono il tocco finale della santità della fanciulla, tanto che la stanza in cui ella spirò e che fu poi trasformato in cappella, viene oggi significativamente, indicata come Tenda del Perdono Quando la mattina dell’8 luglio venne celebrato il funerale nella Chiesa dei Fatebenefratelli, uno folla strabocchevole, venuta da Nettuno e da Anzio, accorse alla Messa Solenne, presieduta da Don Signori con tutto il Capitolo della Collegiata e poi un lungo corteo i snodò per accompagnare verso il cimitero, sito all’altro lato del paese, il feretro, che fu portato a spalla attraverso le vie cittadine.