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01 maggio, 2023

✝ Pensiero del 01 maggio 2023

 

SUB TUTELA DEI
S. T. D. E DELLA B. V. M.
GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato

Rosario Angelo, Oggi inizia il mese di Maggio dedicato alla Madonna, donale un bacio da parte mia, e dai un abbraccio anche a mio nonno Angelo, in questo compiva gli anni.
Barbara

Versetto del Giorno
Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.
Giovanni 13:14

Lunedì – 4.a di Pasqua – SAN GIUSEPPE LAVORATORE
Poche sono le notizie dei Vangeli su san Giuseppe: sappiamo che era discendente del re Davide, e che faceva il falegname. Ma questa “riservatezza” degli evangelisti sul suo conto è forse anche un’ulteriore riprova del suo stile di vita umile e discreto. Come Maria, sua sposa, anche Giuseppe, infatti, disse il suo umile “sì” al progetto di Dio; come lei, nutriva in sé una fede profonda. La loro unione sponsale era vera comunione di cuori, cementata da profonde affinità spirituali. Giuseppe, padre adottivo di Gesù e sposo di Maria, è l’uomo che è stato loro più vicino nella vita terrena e, a maggior ragione, lo è ora in cielo. Per questo motivo, innumerevoli sono i patronati a lui affidati. ln questa memoria di san Giuseppe si riconosce la dignità del lavoro umano, come dovere e perfezionamento dell’uomo, esercizio benefico del dominio dell’uomo sul creato, servizio della comunità, prolungamento dell’opera del Creatore, contributo al piano della salvezza. Pio XII nel 1955 istituì questa memoria liturgica nel contesto della festa dei lavoratori, universalmente celebrata in questa data.
Meditazione sul Vangelo di Mt 13,54-58
Non é forse il figlio del carpentiere?
L’atteggiamento degli abitanti di Nazaret davanti alla predicazione di Gesù riflette stupore misto ad invidia: il figlio del carpentiere, uno qualunque, non può possedere il livello di saggezza e di popolarità che né loro né i loro figli hanno. È uno dei tanti paradossi della vita del Signore; molti lo seguono dovunque vada, altri lo rifiutano perché non lo capiscono e altri – come i suoi concittadini – lo rifiutano per- ché credono di conoscerlo troppo. Sanno chi è sua madre e suo padre, di quest’ultimo sanno pure che mestiere fa, hanno visto crescere Gesù con i loro figli e non possono credergli ora che parla del Padre suo che è nei cieli e dice di essere venuto a compiere la Sua volontà. La sua predicazione non rientra nella loro composizione mentale, è fuori dal loro schema. Seguirla li obbligherebbe a cambiare certi atteggiamenti, ad entrare in una logica diversa e non si sentono disposti a rinunciare alle loro piccole sicurezze quotidiane per vivere l’avventura divina che Gesù promette loro. ln definitiva non vogliono convertirsi. Inutili appaiono ai loro occhi non solo le parole del Signore, ma anche i suoi stessi miracoli. E cosi perdono un’occasione straordinaria, perché per la loro durezza di cuore Gesù farà ben pochi miracoli nella sua patria. C’è un contrasto stridente con l’entusiasmo e l’affetto con cui invece è accolto da tante altre persone semplici, che scorgono in Lui una sapienza, che viene da Dio e che giunge facilmente al loro cuore. Se ne lasciano conquistare senza resistenze e si aprono all’azione della grazia, che li guida alla conversione del cuore, senza particolari difficoltà. Ciò che sembra impossibile quando lottiamo da soli, perché la nostra volontà è sfibrata dall’egoismo, diventa facilmente accessibile con l’aiuto della grazia. Ciò che gli abitanti di Nazareth non hanno capito allora, e molti non capiscono neppure oggi, è che il Signore non viene a chiederci l’impossibile, viene piuttosto a darci ciò che per noi può sembrare impossibile: un cuore nuovo per amare Lui e per vivere in pace con tutti gli altri.
La reazione della gente di Nazaret a proposito della sapienza di Gesù fa pensare al capitolo del Siracide, che contrappone il lavoro manuale e la legge. La gente del popolo (operai, contadini) dice il Siracide, mette tutta la sua attenzione nelle cose materiali; lo scriba invece ha pensieri profondi, cerca le cose importanti e può essere consultato per il buon andamento della città.
La gente di Nazaret si domanda: "Da dove mai viene a costui questa sapienza? Non è il figlio del carpentiere?", che non ha studiato e non può avere cultura?
È chiaro: la sapienza di Gesù è sapienza divina ed egli ha insistito varie volte sul mistero di Dio che viene rivelato ai piccoli, ai semplici e nascosto ai sapienti ed ha criticato gli scribi "che dicono e non fanno".
D'altra parte il Vangelo insiste anche sulla parola: è necessario accogliere la parola di Dio E soltanto se ispirato alla parola di Dio il lavoro vale. "Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre".
"Tutto quello che fate", siano lavori materiali, siano discorsi. Il Vangelo inculca il servizio sincero, umile, la disponibilità nella carità, per essere uniti a Gesù, figlio del carpentiere, che ha dichiarato di essere venuto a servire.
La vera dignità consiste nel servizio dei fratelli, secondo le proprie capacità, in unione con Gesù, Figlio di Dio.
Verifichiamo la nostra scala di valori, per renderla sempre più aderente ai pensieri di Dio.

Lunedì 01 Maggio 

S. GIUSEPPE, lavoratore (mf); S. Riccardo Pampuri

4.a di PaIsqua

Gen 1,26 – 2,3; opp. Col 3,14-15.17.23-24; Sal 89; Mt 13,54-58

Rendi salda, Signore, l’opera delle nostre mani


SALMO RESPONSORIALE (Sal 89)

 Rendi salda, Signore, l’opera delle nostre mani.

Prima che nascessero i monti

e la terra e il mondo fossero generati,

da sempre e per sempre tu sei, o Dio. 

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,

quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».

Mille anni, ai tuoi occhi,

sono come il giorno di ieri che è passato,

come un turno di veglia nella notte. 

Insegnaci a contare i nostri giorni

e acquisteremo un cuore saggio.

Ritorna, Signore: fino a quando?

Abbi pietà dei tuoi servi! 

Saziaci al mattino con il tuo amore:

esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.

Si manifesti ai tuoi servi la tua opera

e il tuo splendore ai loro figli. 

 Alleluia, alleluia.

Di giorno in giorno benedetto il Signore: A noi Dio porta la salvezza. Alleluia.

 (Salmo 68,20)



16 aprile, 2023

Santa Bernardetta Soubirous

Santa Bernardetta Soubirous


Nome: Santa Bernardetta Soubirous
Titolo: Vergine
Nome di battesimo: Marie Bernarde Soubirous
Nascita: 7 gennaio 1844
Morte: 16 aprile 1879
Ricorrenza: 16 aprile
Tipologia: Commemorazione
Protettrice:
degli ammalati
Beatificazione:
14 giugno 1925, Roma , papa Pio XI
Canonizzazione:
8 dicembre 1933, Roma , papa Pio XI


Si chiamava Maria Bernarda, ed era nata a Lourdes, sconosciuto paesino della Francia meridionale. Era figlia d'un mugnaio, che presto dovette abbandonare il proprio mulino per ridursi a vivere di stenti nel paese.

La mattina dell'11 febbraio 1858 faceva freddo, e in casa Soubirous non c'era più legna da ardere. Bernardetta, con la sorella Antonietta e una compagna, furon mandate a cercar rami secchi nei dintorni del paese. Le tre bambine giunsero così vicino alla Rupe di Massabielle, che formava, dalla parte del fiume, una piccola grotta. Dentro a quella grotta giaceva un bel pezzo di legno. Per poterlo raccogliere, bisognava però attraversare un canale d'acqua, che veniva da un mulino e si gettava nel fiume.

Antonietta e l'amica calzavano gli zoccoli, senza calze. Se li tolsero, per entrare nell'acqua fredda. Bernardetta invece, essendo delicata e soffrendo d'asma, portava le calze. Pregò l'amica di prenderla sulle spalle, ma l'amica si rifiutò, e discese, con Antonietta, verso il fiume.

Bernardetta rimase sola. Pensò di togliersi gli zoccoli e le calze, ma mentre si accingeva a far questo udì un grande rumore: alzò gli occhi e vide che la quercia abbarbicata al masso di pietra si agitava violentemente, per quanto non spirasse alito di vento. Poi la grotta fu piena d'una nube d'oro, e una splendida signora apparve sulla roccia della grotta.

Istintivamente, la bambina s'inginocchiò, tirando fuori la coroncina del Rosario. La Signora la lasciò pregare, facendo passare tra le sue dita, come faceva la piccola orante, i grani del Rosario, che pur essa teneva in mano, senza però mormorare l'Ave Maria. Soltanto, alla fine della posta, s'univa a Bernardetta per recitare il Gloria Patri.

Quando il Rosario terminò, la bella Signora scomparve; sparì la nuvola d'oro, e la grotta tornò nera, dopo tanto splendore. L'apparizione si ripeté varie volte, e Bernardetta non si contraddì mai nel descrivere la bella Signora. « vestita di bianco - diceva -, con un nastro celeste annodato alla vita e con le estremità lunghe fin quasi ai piedi ».

Ma lo strano fu quando la fanciulla per tre volte chiese alla bella signora chi fosse. Per tre volte si sentì rispondere: « Io sono l'Immacolata Concezione ». « Questa risposta non ha significato », dissero coloro che ebbero il compito d'interrogare la povera pastorella. Ma Bernardetta insisteva:

« Ha detto così ».

Né mai si smentì o si contraddisse.

Intanto alla grotta accorrevano fedeli in preghiera, ed ecco che dal fianco della montagna scaturisce il più copioso fiume di miracoli che mai si fosse conosciuto. I ciechi riacquistavano la vista, i sordi riavevano l'udito, gli storpi venivano raddrizzati. Questa volta furono gli scienziati, prima a indignarsi, poi a stupirsi, poi a convincersi che il miracolo negato dai Positivisti era qualcosa di veramente positivo.

Attorno alla grotta di Lourdes si accesero le devozioni più fervide e le discussioni più clamorose. E su Bernardetta si appuntarono curiosità e ammirazione. Ella però soffriva dì tanta attenzione; chiese perciò di entrare in un convento, a Nevers. « Son venuta qui per nascondermi », disse umilmente. Stremata di forze, oppressa dall'asma, respirava a fatica. « Tu soffri molto », le dicevano le consorelle.« Bisogna che sia così », rispondeva la giovane suora.

Bisognava che soffrisse, per restare degna del privilegio che aveva ricevuto, di vedere la Vergine Immacolata.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nevers sempre in Francia, santa Maria Bernarda Soubirous, vergine, che, nata nella cittadina di Lourdes da famiglia poverissima, ancora fanciulla sperimentò la presenza della beata Maria Vergine Immacolata e, in seguito, preso l’abito religioso, condusse una vita di umiltà e nascondimento.

Domenica della Divina Misericordia

 Domenica della Divina Misericordia

Nome: Domenica della Divina Misericordia
Titolo: Liberazione dalle pene
Ricorrenza: 16 aprile
Tipologia: Commemorazione


La Festa della Divina Misericordia è la più importante forma di devozione alla Divina Misericordia tra tutte quelle rivelate da Gesù a Santa Faustina.

Gesù parlò per la prima volta di questa solennità a Plock nel 1931 proprio a Santa Faustina, quando le trasmise la sua volontà riguardo all'immagine: « La sera, stando nella mia cella, vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l'altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l'uno e l'altro pallido. Muta tenevo gli occhi fissi sul Signore; l'anima mia era presa da timore, ma anche da gioia grande. Dopo un istante, Gesù mi disse: Dipingi un'immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù, confido in Te. Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella, e poi nel mondo intero. Prometto che l’anima, che venererà quest'immagine, non perirà. Prometto pure già su questa terra, ma in particolare nell’ora della morte, la vittoria sui nemici...»(Diario, p. 75).

La richiesta del dipinto che Gesù fece a Faustina fu cosa irrealizzabile date le sue scarse abilità artistiche ma provò ugualmente a dipingere il quadro senza riuscirci e ciò le provocò una sofferenza enorme. Ma il Signore non demorde e incoraggia ulteriormente la Santa nel portare a termine la sua opera: « Ad un tratto vidi il Signore che mi disse: Sappi che, se trascuri di dipingere quell'immagine e tutta l'opera della Misericordia, nel giorno del giudizio risponderai di un gran numero di anime »

Successivamente Faustina si trasferì a Vilnius dove incontrò il suo confessore e direttore spirituale, don Sopocko che incaricò l'artista pittore Eugeniusz Kazimirowski di dipingere questa immagine sacra mantenendo il segreto. Con i dettagli e le correzioni necessarie di Faustina Eugeniusz cercava di ottenere un'immagine fedele di Gesù Misericordioso esattamente come quella della visione, ma il risultato non era soddisfacente come fu chiaramente riportato sul diario della Santa: « Andai subito in cappella e mi sfogai piangendo a dirotto. Dissi al Signore: Chi può dipingerTi bello come sei? - All'improvviso udii queste parole: Non nella bellezza dei colori nè del pennello sta la grandezza di questa immagine, ma nella Mia grazia » L'immagine fu esposta nella finestra della cappella di Porta dell'Aurora a Vilnius, nei giorni 26-28 aprile 1935 e per la prima volta fu venerata pubblicamente durante le solennità di chiusura del Giubileo di 1900-ennio della Redenzione del Mondo.

Gesù Misericordioso


I due raggi rappresentano il Sangue e l'Acqua. Il raggio pallido rappresenta l'Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime. Entrambi i raggi uscirono dall'intimo della Mia Misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia (...). Beato colui che vivrà alla loro ombra, poiché non lo colpirà la giusta mano di Dio

Ma l'immagine attuale fu realizzata successivamente da Adolf Hyla che si propose spontaneamente di dipingere una nuova opera e donarla alla Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. Giunto a Cracovia Lagiewniki seguendo le indicazioni delle suore nel 1944 realizzò il dipinto e fu collocato nella cappella della Congregazione a Cracovia, dove è venerata fino ad oggi.

Oltre alla commissione dell'opera Gesù ordinò a Faustina come venerare la sua immagine impressa nel dipinto: « Io desidero che vi sia una festa della Misericordia: voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia »

Fu scelta proprio la domenica dopo Pasqua per il forte legame tra il mistero pasquale della Redenzione e il mistero della Divina Misericordia ed è il concetto principale della Novena alla Divina Misericordia che precede la festa e inizia il Venerdì Santo e durante la quale si recita la Coroncina. La festa non è soltanto un giorno di particolare adorazione di Dio nel mistero della misericordia, ma è un tempo di grazia per tutti gli uomini: «Desidero che la Festa della Misericordia sia un rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori. In quel giorno sono aperte le viscere della mia Misericordia, riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicineranno alla sorgente della mia Misericordia. L'anima che si accosta alla confessione ed alla Santa Comunione, riceve il perdono totale delle colpe e delle pene. In quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me, anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto (Diario 699). Figlia mia, dì che la Festa della mia Misericordia è uscita dalle mie viscere a conforto del mondo intero » (Diario, p. 440).

Dal diario di Faustina si evince concretamente perché Gesù ha voluto fortemente l'istituzione della festa: « Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione. Concedo loro l'ultima tavola di salvezza, cioè la festa della Mia Misericordia. Se non adoreranno la Mia Misericordia, periranno per sempre » (Diario, p. 561)

L'importanza di questa festa si misura con le straordinarie promesse che Gesù ha legato ad essa: « In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene » (Diario, p. 235)

Per ottenere questi grandi doni bisogna adempiere alle condizioni del Culto alla Divina Misericordia (fiducia nella bontà di Dio e carità attiva verso il prossimo), essere in stato di grazia (dopo la confessione) e ricevere degnamente la santa Comunione: « Nessun'anima troverà giustificazione finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia e perciò la prima domenica dopo Pasqua deve essere la festa della Misericordia ed i sacerdoti in quel giorno debbono parlare alle anime della Mia grande ed insondabile Misericordia »(Diario, p.378).

PREGHIERA. Dio, Padre Misericordioso, che hai rivelato il Tuo amore nel Figlio Tuo Gesù Cristo, e l'hai riversato su di noi nello Spirito Santo Consolatore, Ti affidiamo oggi i destini del mondo e di ogni uomo. Chinati su di noi peccatori, risana la nostra debolezza, sconfiggi ogni male, fa' che tutti gli abitanti della terra sperimentino la Tua Misericordia, affinché in Te, Dio Uno e Trino, trovino sempre la fonte della speranza. Eterno Padre, per la dolorosa Passione e la Resurrezione del Tuo Figlio, abbi misericordia di noi e del mondo intero. Amen.

✝ Pensiero del 16 aprile 2023

 

SUB TUTELA DEI
S. T. D. E DELLA B. V. M.
GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato

Rosario Angelo, TU hai avuto, quel soffio di grazia, nella MISERICORDIA DI DIO, nel giudicare l’uomo.

Barbara

Versetto del Giorno
Del resto, tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati.
II Timoteo 3:12

Giornata dedicata alla Divina Misericordia del Signore.

Nella Memoria Liturgica di santa Bernadette Soubirous

2.a DOMENICA DI PASQUA – (o DELLA DIVINA MISERICORDIA)

Meditazione sul Vangelo di Gv 20,19-31
Il soffio di grazia.
Tra i doni che Gesù offre nelle Sue apparizioni troviamo spesso la pace. È il saluto abituale di Gesù. In questa apparizione, Gesù aggiunge il dono dello Spirito. Il vero protagonista della prima comunità cristiana è lo Spirito Santo che Cristo aveva promesso nell’Ultima Cena. Questa prima comunità cristiana si muove grazie alla forza dello Spirito. Tutti i prodigi dei quali ci parla la Prima Lettura sono dovuti a questa presenza dello Spirito. Allo stesso tempo, quando l’evangelista Giovanni dice che Cristo alitò su di loro, ci riporta alla memoria il soffio vivificante della creazione.
Oggi è un giorno propizio per fare una riflessione sul Battesimo. Questa domenica dopo Pasqua viene detta “in albis” perché coloro che avevano ricevuto il Battesimo nella veglia pasquale in questo giorno deponevano il loro vestito bianco. Sant’Agostino esortava a rivestirsi di Cristo e ad evitare che la cura del corpo accendesse i desideri cattivi. Occorre forse approfondire il significato del Battesimo. Quando riceviamo questo sacramento che ci rende figli di Dio, veniamo rigenerati non da sangue né da desiderio di uomo, ma rinasciamo da Dio. Siamo, dunque, creature nuove, essenzialmente diverse da quelle che sono prive di questa grazia. San Leone Magno dice che per mezzo del Battesimo rinasciamo per le cose future. Certamente il Battesimo ci purifica dal peccato originale, ci incorpora nella Chiesa, nel cui seno ci santifica, e vi sono molti altri benefici e frutti che questo sacramento produce. Ma, nel contempo, esso è un impegno: rinunciamo al Maligno per unirci a Cristo, per ricercare ciò che è di Cristo e per lottare e cancellare tutto quanto ci allontana da lui. Per mezzo del Battesimo diveniamo discepoli di Gesù. Ciò significa ascoltare e mettere in pratica la sua parola. Non possiamo limitarci solamente a professare una formula di fede. Sarebbe una fede morta. I battezzati sono persone vive, perché abbiamo la stessa vita del Risorto.
Dopo la morte di Cristo, gli apostoli rimasero soli. Ebbero paura al punto di rinchiudersi per il timore delle persone malevole. Avevano vissuto tre lunghi anni con il Maestro, ma non l’avevano capito, al punto che Cristo dovette rimproverarli seriamente (Lc 24,25). Non l’avevano capito perché il loro modo di pensare restava troppo terra terra. Vedendo Cristo impotente e senza coscienza sulla sua croce, essi avevano gettato tutt’intorno sguardi impauriti, dimenticando ciò che era stato detto loro: “Vi vedrò di nuovo, e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (Gv 16,22). Ed ancora: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).
I discepoli si rallegrarono al vedere Cristo, furono rassicurati dalle sue parole: “Pace a voi! Ricevete lo Spirito Santo!”. Ma essi dovettero attendere la Pentecoste perché lo Spirito Santo venisse a purificare i loro spiriti e i loro cuori, a dare loro il coraggio di proclamare la gloria di Dio, di portare la buona novella agli stranieri e di infondere coraggio ai loro seguaci. Dio si è riavvicinato agli uomini ed essi si sono rimessi nelle sue mani, per mezzo di Cristo e dello Spirito Santo.
Concedendo agli apostoli il potere di rimettere i peccati, Cristo ha detto loro: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20,22-23). Come Cristo ha fatto con gli apostoli, così il vescovo, imponendo le mani ai sacerdoti che vengono ordinati, trasmette oggi il potere dello Spirito Santo, che permette loro di dispensare i sacramenti e, attraverso di essi, di assolvere i peccati. Ogni sacramento, non solo evoca il ricordo di Cristo, ma è Cristo in persona, che agisce immediatamente per salvare l’uomo. Nel dispensare i sacramenti, la Chiesa si mette in un certo senso ai piedi della croce per portare la salvezza ai credenti. Come potrebbe quindi dimenticare la fonte dalla quale scaturiscono le grazie di salvezza che sgorgano dalle sue mani?
Dio realizzerà il suo più grande desiderio, renderà l’uomo felice se egli lo vorrà, se risponderà “sì” al Padre che gli offre la gioia, a Cristo che gli porta la salvezza, allo Spirito Santo che gli serve da guida.
Dio non impone il suo amore agli uomini. Egli attende che l’uomo stesso faccia un passo in avanti. Dio salva chi si apre a lui per mezzo della fede, della speranza e dell’amore. Dio si avvicina, e anche l’uomo deve avvicinarsi a lui. Allora Dio e l’uomo si incontrano sullo stesso cammino, in Cristo, nella sua Chiesa.
Cristo non è solo uomo, né solo Dio. È Dio e uomo allo stesso tempo; grazie a questa duplice natura, egli è come un ponte teso tra l’umanità e Dio. Il sacrificio offerto a Dio da Cristo ha cancellato le colpe passate, presenti e future. “Egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso” (Eb 7,27). Da allora gli uomini possono “per mezzo di lui accostarsi a Dio” fiduciosi del fatto che “egli resta sempre” (Eb 7,25).
Così, per la sua natura prodigiosa e il suo sacrificio completo, Cristo è il solo Intercessore e Sacerdote Supremo. In Cristo, gli uomini ritornano al Padre. In Cristo il Padre rivela agli uomini l’amore che egli porta loro.
È sempre più facile avvicinarsi a Dio prendendo la mano caritatevole che il Padre tende all’uomo per aiutarlo a seguire Cristo, nostro Redentore. Tale è il senso del salmo che evoca l’uomo miserabile il cui grido giunse fino agli orecchi del Signore, e che fu liberato dai suoi mali.

Domenica 16 Aprile 

2.a di Pasqua (anno A) [DIVINA MISERICORDIA] 

S. Bernardetta Sourbirous; S. Benedetto G. Labre

At 2,42-47; Sal 117; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31

Rendete grazie al Signore perché è buono: «Il suo amore è per sempre»

Alleluia, alleluia.Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! Alleluia.
(Giovanni 20,29)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 117)
Rit: Rendete grazie al Signore perché è buono: «Il suo amore è per sempre».

Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Alleluia, alleluia. Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! Alleluia.
(Giovanni 20,29)

13 aprile, 2023

Io sono di Gesù di Edoardo Tincani

 Io sono di Gesù

Sono stato scatenato da bambino,
nei miei giochi al Poggiolo in allegria.
Sotto il cielo dolce di San Valentino
m’innamoravo della Liturgia.
E rivedo i castagneti di Marola,
là studiavo e pregavo in compagnia
tra le regole severe della scuola
e la musica, fonte d’armonia.
Soprattutto da un Amico, in seminario
io capivo che ero amato più che mai:
avrei voluto partire missionario
e così avvenne quando Lo incontrai.
Io sono di Gesù,
non ho paura di alcun nemico.
In Lui non muoio più
con la pace nel cuore lo dico!
Poi la guerra ci obbligò ad abbandonare
quella grande casa, che sentivo mia;
non avevo tolto l’abito talare
e non volevo perdere la via.
Tra chi resisteva ai nazifascisti
certi avevano una cieca ideologia,
dalla quale i preti erano malvisti:
mi accusarono di essere una spia.
Con l’inganno mi condussero al calvario,
fui percosso e tenuto in prigionia:
silenzi, pianti, misteri del rosario
a sostenere giorni d’agonia.
Io sono di Gesù,
non ho paura di alcun nemico.
In Lui non muoio più
con la pace nel cuore lo dico!
Come vittima di quel disegno losco
alle tre del pomeriggio, il venerdì,
fui spogliato della veste in mezzo al bosco
e trascinato per morire lì.
In ginocchio io pregai per i miei cari
presso l’orlo di una fresca cavità,
alle spalle mi raggiunsero due spari:
per un attimo fu l’oscurità.
Sembrò vincere l’orrore della guerra
e il perdono parve un fuoco spento già
ma come un seme cade nella terra
portavo frutto nella carità.
Io sono di Gesù,
non ho paura di alcun nemico.
In Lui non muoio più
con la pace nel cuore lo dico!
Nessuno mai da Cristo mi ha diviso,
nessuno più alcun male mi farà.
Adesso c’è solo gioia in paradiso,
la luce piena dell’eternità.
Edoardo Tincani



Pensiero di Don Salvatore Lazzara

 «Domani un prete di meno». Era il 13 Aprile 1945, quando alcune schegge impazzite dei partigiani comunisti, decisero il martirio del 14enne seminarista Rolando Rivi. Venne barbaramente trucidato perché voleva essere solo di "#Gesù" e di nessun altro. Meditiamo. 🙏


Don Salvatore Lazzara


12 aprile, 2023

San Giuseppe Moscati

 San Giuseppe Moscati

Nome: San Giuseppe Moscati
Titolo: Laico
Nome di battesimo: Giuseppe Moscati
Nascita: 25 luglio 1880, Benevento
Morte: 12 aprile 1927, Napoli
Ricorrenza: 12 aprile
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
16 novembre 1975, Roma, papa Paolo VI
Canonizzazione:
25 ottobre 1987, Roma, papa Giovanni Paolo II
Luogo reliquie:Chiesa del Gesù Nuovo


Settimo figlio di Francesco, magistrato, e di Rosa De Luca, Giuseppe nacque a Benevento il 25 luglio 1880. Ma era cresciuto a Napoli, dove la famiglia si era trasferita essendo il papà stato chiamato a svolgere la sua professione presso la Corte d'appello. Giuseppe era dotato di una vivace intelligenza, ma anche di una intensa sensibilità religiosa e umana che lo portava a essere vicino a chi si trovava nel disagio e nella sofferenza.

Per fare qualcosa di concreto per loro, decise di fare il medico. Con i rimedi offerti dalla medicina avrebbe portato anche il conforto della fede. Studiò con impegno, tanto da riuscire a laurearsi a soli ventidue anni. E con il massimo dei voti. Partecipò ad alcuni importanti concorsi, che vinse, aprendosi la strada per una brillante e comoda carriera. Ottenne l'abilitazione all'insegnamento universitario ed entrò nella prestigiosa Accademia partenopea di medicina e chirurgia. Ma poi mise tutte le sue doti di intelligenza e di cuore al servizio dei malati poveri scegliendo il posto di «medico ordinario» nell'Ospedale degli incurabili, il più antico della città. Ritenne quello il luogo ideale per poter svolgere la missione che s'era prefissato fin da ragazzino, così sintetizzata in un suo scritto: «Negli ospedali la missione dei medici è di collaborare all'infinita misericordia di Dio, aiutando, perdonando, sacrificandosi».

A questo programma ispirò la sua vita di medico, dedicandosi senza risparmio a lenire le sofferenze degli altri, sia nella quotidiana assistenza ai malati in ospedale o andandoli a visitare nei miseri tuguri dei quartieri più poveri della città, sia dedicandosi allo studio e alla ricerca per aggiornare le proprie conoscenze da porre al servizio dei malati.

Come diagnostico era bravissimo. In un tempo in cui gli strumenti di analisi e di ricerca erano quasi inesistenti, l'individuazione della malattia era affidata alla preparazione e all'intuizione del medico. E in questo la capacità di diagnosticare di Moscati sorprendeva gli stessi colleghi che vedevano nelle sue diagnosi qualcosa di miracoloso. Lui con molta umiltà rispondeva che aveva una fonte segreta cui attingeva a piene mani ed era l'eucaristia alla quale si accostava ogni giorno. Dio è l'artefice della vita, era solito dire, noi siamo suoi collaboratori, ma il più lo fa lui.

Una volta era riuscito a diagnosticare l'esatta malattia di un operaio che i suoi colleghi avevano inesorabilmente dichiarato tisico: si trattava invece di un ascesso polmonare che con una cura apposita si risolse. L'operaio, felice per la salute ritrovata, voleva a tutti i costi pagarlo. E Moscati: «Se proprio mi vuoi pagare, vatti a confessare perché è Dio che ti ha salvato».

Con i poveri si comportava sempre così, non accettava compensi. Caso mai, era lui a dare loro qualche soldo. Non faceva il medico per la carriera, e tanto meno per arricchirsi. Come Francesco d'Assisi aveva preso sul serio la povertà evangelica, a essa conformava la propria vita. Viveva da povero e con i poveri spartiva quello che aveva. Assisteva, ad esempio, un anziano signore che viveva in uno dei miserevoli tuguri della città, e non potendo andare a trovarlo ogni giorno, lo aveva invitato a recarsi tutte le mattine a fare colazione (avrebbe pagato lui) al bar di fronte all'entrata dell'ospedale. «Andando al lavoro — gli aveva detto — darò un'occhiata all'interno del caffè, se vi vedo vuol dire che tutto va bene, altrimenti verrò a farvi visita a casa».

La carità gli moltiplicava le forze, lo rendeva disponibile ai suoi malati, ai suoi poveri in qualsiasi ora del giorno e della notte e sempre in prima fila, quando calamità e tragedie colpivano la povera gente. Nel 1906 c'era stata un'eruzione del Vesuvio particolarmente violenta. Molti i danni e le vittime. A Torre del Greco, uno dei paesi più colpiti, l'ospedale dove erano ricoverati gli anziani minacciava di crollare sotto il peso di quintali di cenere: bisognava sgomberare in tutta fretta i reparti. Moscati, allora giovane medico, si era associato ai soccorritori lavorando duramente per trasferire malati e quant'altro era ritenuto utile: venti ore di lavoro, sotto la minaccia della lava che continuava ad avanzare lungo le pendici del vulcano. Avevano trasferito l'ultimo degente quando l'ospedale rovinava fragorosamente sui letti ormai vuoti.

Ma anche quando, nel 1911, Napoli fu colpita da una terribile epidemia di colera, il medico Moscati non risparmiò tempo ed energie: molti poveri se la cavarono, grazie alle sue cure, e altri morirono con il conforto della fede che lui aveva loro portato.

Moscati, medico buono e santo che aveva posto la sua intelligenza e il suo cuore al servizio dei poveri e dei sofferenti, moriva in età ancora giovane, a soli quarantasette anni, il pomeriggio del 12 aprile 1927. La mattina s'era recato come al solito all'ospedale a visitare i malati. Avrebbe dovuto proseguire le visite il pomeriggio, ma i suoi pazienti lo attesero invano. Verso le quindici avvertì un intenso malore. Ritiratosi nella camera, si accasciò sulla poltrona. «Sto male», disse ai fratelli che lo avevano visto impallidire. Furono le ultime parole. Un istante dopo cessava di vivere.

I poveri di Napoli accolsero la notizia con dolore e costernazione. Perdendo lui, perdevano un amico, un fratello. Ma guadagnavano un santo in cielo. E tale lo ritennero da subito.

Paolo VI confermò la loro certezza elevandolo nel 1975 all'onore degli altari con il titolo di beato. Fu proclamato santo nel 1987 da Giovanni Paolo Il, al termine del sinodo dei vescovi «Sulla vocazione e missione dei laici nella chiesa».

MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, san Giuseppe Moscati, che, medico, mai venne meno al suo servizio di quotidiana e infaticabile opera di assistenza ai malati, per la quale non chiedeva alcun compenso ai più poveri, e nel prendersi cura dei corpi accudiva al tempo stesso con grande amore anche le anime.

11 aprile, 2023

Buon compleanno ad Aleandro Baldi


Aleandro Baldi   Ci vuole un attimo

Oggi, si ricorda, il compleanno Alfredino Rampi.

 Oggi, si ricorda, il compleanno Alfredino Rampi.

AUGURI DI CUORE



C'è sempre un Angelo accanto a Noi

 C'è sempre un Angelo accanto a Noi

C'è Angelo che precede ogni nostro passo,....c'è sempre un Angelo che soccorre in nostro aiuto,....c'è sempre un Angelo che ascolta le nostre preghiere,.....c'è sempre un Angelo che asciuga le nostre lacrime...c'è sempre un Angelo che abbraccia ogni nostro fremito......c'è sempre un Angelo, vicino ad ognuno di noi.

10 aprile, 2023

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : «Non cercatelo. Viene un momento con noi. I partig...

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : «Non cercatelo. Viene un momento con noi. I partig...:   Nel 1945, era 10 aprile come oggi. Rolando Maria Rivi, uscito di chiesa, mentre i suoi genitori si recarono a lavorare nei campi, Rolando,...



Lunedì dell'Angelo

 Lunedì dell'Angelo

autore: Andrea Mantegna anno: 1426 titolo: Marie al sepolcro


Nome: Lunedì dell'Angelo
Titolo: L'angelo incontra le donne
Ricorrenza: 10 aprile
Tipologia: Commemorazione


Il Lunedì dell'Angelo, comunemente chiamato “pasquetta” è il giorno immediatamente successivo alla Pasqua, diventato festività civile nel dopoguerra per prolungare le ferie pasquali. E' festivo, oltre che in Italia, in quasi tutta l'Europa e in diversi altri Paesi.

Il suo nome è rappresentativo del  fatto che in questo giorno si ricorda un evento narrato nel Vangelo, l'incontro dell'angelo con le donne giunte al Sepolcro in cui era stato posto Gesù dopo la sua crocifissione, dove erano andate per imbalsamare il  Suo corpo con degli oli aromatici.

Leggiamo in   Marco 16, 1-3 “Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: -Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?-.”

Passione e  della Crocifissione, videro il masso scostato e il sepolcro vuoto, e fecero il loro incontro sovrannaturale con l'angelo che annunciò la resurrezione del Cristo, sebbene Luca e Giovanni parlino di due angeli.

(Mc 16, 5-7) “Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”.

Questo evento è la prova di quanto  la parola del Messia fosse  veritiera, Egli era davvero il Figlio di Diorisorto dalla morte per tornare al Padre dopo aver sacrificato la sua vita per i nostri peccati.

Su questo luogo di culto tanto significativo per i cristiani, a Gerusalemme,  sorge oggi la Basilica del Santo Sepolcro.