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16 aprile, 2023

✝ Pensiero del 16 aprile 2023

 

SUB TUTELA DEI
S. T. D. E DELLA B. V. M.
GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato

Rosario Angelo, TU hai avuto, quel soffio di grazia, nella MISERICORDIA DI DIO, nel giudicare l’uomo.

Barbara

Versetto del Giorno
Del resto, tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati.
II Timoteo 3:12

Giornata dedicata alla Divina Misericordia del Signore.

Nella Memoria Liturgica di santa Bernadette Soubirous

2.a DOMENICA DI PASQUA – (o DELLA DIVINA MISERICORDIA)

Meditazione sul Vangelo di Gv 20,19-31
Il soffio di grazia.
Tra i doni che Gesù offre nelle Sue apparizioni troviamo spesso la pace. È il saluto abituale di Gesù. In questa apparizione, Gesù aggiunge il dono dello Spirito. Il vero protagonista della prima comunità cristiana è lo Spirito Santo che Cristo aveva promesso nell’Ultima Cena. Questa prima comunità cristiana si muove grazie alla forza dello Spirito. Tutti i prodigi dei quali ci parla la Prima Lettura sono dovuti a questa presenza dello Spirito. Allo stesso tempo, quando l’evangelista Giovanni dice che Cristo alitò su di loro, ci riporta alla memoria il soffio vivificante della creazione.
Oggi è un giorno propizio per fare una riflessione sul Battesimo. Questa domenica dopo Pasqua viene detta “in albis” perché coloro che avevano ricevuto il Battesimo nella veglia pasquale in questo giorno deponevano il loro vestito bianco. Sant’Agostino esortava a rivestirsi di Cristo e ad evitare che la cura del corpo accendesse i desideri cattivi. Occorre forse approfondire il significato del Battesimo. Quando riceviamo questo sacramento che ci rende figli di Dio, veniamo rigenerati non da sangue né da desiderio di uomo, ma rinasciamo da Dio. Siamo, dunque, creature nuove, essenzialmente diverse da quelle che sono prive di questa grazia. San Leone Magno dice che per mezzo del Battesimo rinasciamo per le cose future. Certamente il Battesimo ci purifica dal peccato originale, ci incorpora nella Chiesa, nel cui seno ci santifica, e vi sono molti altri benefici e frutti che questo sacramento produce. Ma, nel contempo, esso è un impegno: rinunciamo al Maligno per unirci a Cristo, per ricercare ciò che è di Cristo e per lottare e cancellare tutto quanto ci allontana da lui. Per mezzo del Battesimo diveniamo discepoli di Gesù. Ciò significa ascoltare e mettere in pratica la sua parola. Non possiamo limitarci solamente a professare una formula di fede. Sarebbe una fede morta. I battezzati sono persone vive, perché abbiamo la stessa vita del Risorto.
Dopo la morte di Cristo, gli apostoli rimasero soli. Ebbero paura al punto di rinchiudersi per il timore delle persone malevole. Avevano vissuto tre lunghi anni con il Maestro, ma non l’avevano capito, al punto che Cristo dovette rimproverarli seriamente (Lc 24,25). Non l’avevano capito perché il loro modo di pensare restava troppo terra terra. Vedendo Cristo impotente e senza coscienza sulla sua croce, essi avevano gettato tutt’intorno sguardi impauriti, dimenticando ciò che era stato detto loro: “Vi vedrò di nuovo, e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (Gv 16,22). Ed ancora: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).
I discepoli si rallegrarono al vedere Cristo, furono rassicurati dalle sue parole: “Pace a voi! Ricevete lo Spirito Santo!”. Ma essi dovettero attendere la Pentecoste perché lo Spirito Santo venisse a purificare i loro spiriti e i loro cuori, a dare loro il coraggio di proclamare la gloria di Dio, di portare la buona novella agli stranieri e di infondere coraggio ai loro seguaci. Dio si è riavvicinato agli uomini ed essi si sono rimessi nelle sue mani, per mezzo di Cristo e dello Spirito Santo.
Concedendo agli apostoli il potere di rimettere i peccati, Cristo ha detto loro: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20,22-23). Come Cristo ha fatto con gli apostoli, così il vescovo, imponendo le mani ai sacerdoti che vengono ordinati, trasmette oggi il potere dello Spirito Santo, che permette loro di dispensare i sacramenti e, attraverso di essi, di assolvere i peccati. Ogni sacramento, non solo evoca il ricordo di Cristo, ma è Cristo in persona, che agisce immediatamente per salvare l’uomo. Nel dispensare i sacramenti, la Chiesa si mette in un certo senso ai piedi della croce per portare la salvezza ai credenti. Come potrebbe quindi dimenticare la fonte dalla quale scaturiscono le grazie di salvezza che sgorgano dalle sue mani?
Dio realizzerà il suo più grande desiderio, renderà l’uomo felice se egli lo vorrà, se risponderà “sì” al Padre che gli offre la gioia, a Cristo che gli porta la salvezza, allo Spirito Santo che gli serve da guida.
Dio non impone il suo amore agli uomini. Egli attende che l’uomo stesso faccia un passo in avanti. Dio salva chi si apre a lui per mezzo della fede, della speranza e dell’amore. Dio si avvicina, e anche l’uomo deve avvicinarsi a lui. Allora Dio e l’uomo si incontrano sullo stesso cammino, in Cristo, nella sua Chiesa.
Cristo non è solo uomo, né solo Dio. È Dio e uomo allo stesso tempo; grazie a questa duplice natura, egli è come un ponte teso tra l’umanità e Dio. Il sacrificio offerto a Dio da Cristo ha cancellato le colpe passate, presenti e future. “Egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso” (Eb 7,27). Da allora gli uomini possono “per mezzo di lui accostarsi a Dio” fiduciosi del fatto che “egli resta sempre” (Eb 7,25).
Così, per la sua natura prodigiosa e il suo sacrificio completo, Cristo è il solo Intercessore e Sacerdote Supremo. In Cristo, gli uomini ritornano al Padre. In Cristo il Padre rivela agli uomini l’amore che egli porta loro.
È sempre più facile avvicinarsi a Dio prendendo la mano caritatevole che il Padre tende all’uomo per aiutarlo a seguire Cristo, nostro Redentore. Tale è il senso del salmo che evoca l’uomo miserabile il cui grido giunse fino agli orecchi del Signore, e che fu liberato dai suoi mali.

Domenica 16 Aprile 

2.a di Pasqua (anno A) [DIVINA MISERICORDIA] 

S. Bernardetta Sourbirous; S. Benedetto G. Labre

At 2,42-47; Sal 117; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31

Rendete grazie al Signore perché è buono: «Il suo amore è per sempre»

Alleluia, alleluia.Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! Alleluia.
(Giovanni 20,29)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 117)
Rit: Rendete grazie al Signore perché è buono: «Il suo amore è per sempre».

Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Alleluia, alleluia. Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! Alleluia.
(Giovanni 20,29)

13 aprile, 2023

Io sono di Gesù di Edoardo Tincani

 Io sono di Gesù

Sono stato scatenato da bambino,
nei miei giochi al Poggiolo in allegria.
Sotto il cielo dolce di San Valentino
m’innamoravo della Liturgia.
E rivedo i castagneti di Marola,
là studiavo e pregavo in compagnia
tra le regole severe della scuola
e la musica, fonte d’armonia.
Soprattutto da un Amico, in seminario
io capivo che ero amato più che mai:
avrei voluto partire missionario
e così avvenne quando Lo incontrai.
Io sono di Gesù,
non ho paura di alcun nemico.
In Lui non muoio più
con la pace nel cuore lo dico!
Poi la guerra ci obbligò ad abbandonare
quella grande casa, che sentivo mia;
non avevo tolto l’abito talare
e non volevo perdere la via.
Tra chi resisteva ai nazifascisti
certi avevano una cieca ideologia,
dalla quale i preti erano malvisti:
mi accusarono di essere una spia.
Con l’inganno mi condussero al calvario,
fui percosso e tenuto in prigionia:
silenzi, pianti, misteri del rosario
a sostenere giorni d’agonia.
Io sono di Gesù,
non ho paura di alcun nemico.
In Lui non muoio più
con la pace nel cuore lo dico!
Come vittima di quel disegno losco
alle tre del pomeriggio, il venerdì,
fui spogliato della veste in mezzo al bosco
e trascinato per morire lì.
In ginocchio io pregai per i miei cari
presso l’orlo di una fresca cavità,
alle spalle mi raggiunsero due spari:
per un attimo fu l’oscurità.
Sembrò vincere l’orrore della guerra
e il perdono parve un fuoco spento già
ma come un seme cade nella terra
portavo frutto nella carità.
Io sono di Gesù,
non ho paura di alcun nemico.
In Lui non muoio più
con la pace nel cuore lo dico!
Nessuno mai da Cristo mi ha diviso,
nessuno più alcun male mi farà.
Adesso c’è solo gioia in paradiso,
la luce piena dell’eternità.
Edoardo Tincani



Pensiero di Don Salvatore Lazzara

 «Domani un prete di meno». Era il 13 Aprile 1945, quando alcune schegge impazzite dei partigiani comunisti, decisero il martirio del 14enne seminarista Rolando Rivi. Venne barbaramente trucidato perché voleva essere solo di "#Gesù" e di nessun altro. Meditiamo. 🙏


Don Salvatore Lazzara


12 aprile, 2023

San Giuseppe Moscati

 San Giuseppe Moscati

Nome: San Giuseppe Moscati
Titolo: Laico
Nome di battesimo: Giuseppe Moscati
Nascita: 25 luglio 1880, Benevento
Morte: 12 aprile 1927, Napoli
Ricorrenza: 12 aprile
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
16 novembre 1975, Roma, papa Paolo VI
Canonizzazione:
25 ottobre 1987, Roma, papa Giovanni Paolo II
Luogo reliquie:Chiesa del Gesù Nuovo


Settimo figlio di Francesco, magistrato, e di Rosa De Luca, Giuseppe nacque a Benevento il 25 luglio 1880. Ma era cresciuto a Napoli, dove la famiglia si era trasferita essendo il papà stato chiamato a svolgere la sua professione presso la Corte d'appello. Giuseppe era dotato di una vivace intelligenza, ma anche di una intensa sensibilità religiosa e umana che lo portava a essere vicino a chi si trovava nel disagio e nella sofferenza.

Per fare qualcosa di concreto per loro, decise di fare il medico. Con i rimedi offerti dalla medicina avrebbe portato anche il conforto della fede. Studiò con impegno, tanto da riuscire a laurearsi a soli ventidue anni. E con il massimo dei voti. Partecipò ad alcuni importanti concorsi, che vinse, aprendosi la strada per una brillante e comoda carriera. Ottenne l'abilitazione all'insegnamento universitario ed entrò nella prestigiosa Accademia partenopea di medicina e chirurgia. Ma poi mise tutte le sue doti di intelligenza e di cuore al servizio dei malati poveri scegliendo il posto di «medico ordinario» nell'Ospedale degli incurabili, il più antico della città. Ritenne quello il luogo ideale per poter svolgere la missione che s'era prefissato fin da ragazzino, così sintetizzata in un suo scritto: «Negli ospedali la missione dei medici è di collaborare all'infinita misericordia di Dio, aiutando, perdonando, sacrificandosi».

A questo programma ispirò la sua vita di medico, dedicandosi senza risparmio a lenire le sofferenze degli altri, sia nella quotidiana assistenza ai malati in ospedale o andandoli a visitare nei miseri tuguri dei quartieri più poveri della città, sia dedicandosi allo studio e alla ricerca per aggiornare le proprie conoscenze da porre al servizio dei malati.

Come diagnostico era bravissimo. In un tempo in cui gli strumenti di analisi e di ricerca erano quasi inesistenti, l'individuazione della malattia era affidata alla preparazione e all'intuizione del medico. E in questo la capacità di diagnosticare di Moscati sorprendeva gli stessi colleghi che vedevano nelle sue diagnosi qualcosa di miracoloso. Lui con molta umiltà rispondeva che aveva una fonte segreta cui attingeva a piene mani ed era l'eucaristia alla quale si accostava ogni giorno. Dio è l'artefice della vita, era solito dire, noi siamo suoi collaboratori, ma il più lo fa lui.

Una volta era riuscito a diagnosticare l'esatta malattia di un operaio che i suoi colleghi avevano inesorabilmente dichiarato tisico: si trattava invece di un ascesso polmonare che con una cura apposita si risolse. L'operaio, felice per la salute ritrovata, voleva a tutti i costi pagarlo. E Moscati: «Se proprio mi vuoi pagare, vatti a confessare perché è Dio che ti ha salvato».

Con i poveri si comportava sempre così, non accettava compensi. Caso mai, era lui a dare loro qualche soldo. Non faceva il medico per la carriera, e tanto meno per arricchirsi. Come Francesco d'Assisi aveva preso sul serio la povertà evangelica, a essa conformava la propria vita. Viveva da povero e con i poveri spartiva quello che aveva. Assisteva, ad esempio, un anziano signore che viveva in uno dei miserevoli tuguri della città, e non potendo andare a trovarlo ogni giorno, lo aveva invitato a recarsi tutte le mattine a fare colazione (avrebbe pagato lui) al bar di fronte all'entrata dell'ospedale. «Andando al lavoro — gli aveva detto — darò un'occhiata all'interno del caffè, se vi vedo vuol dire che tutto va bene, altrimenti verrò a farvi visita a casa».

La carità gli moltiplicava le forze, lo rendeva disponibile ai suoi malati, ai suoi poveri in qualsiasi ora del giorno e della notte e sempre in prima fila, quando calamità e tragedie colpivano la povera gente. Nel 1906 c'era stata un'eruzione del Vesuvio particolarmente violenta. Molti i danni e le vittime. A Torre del Greco, uno dei paesi più colpiti, l'ospedale dove erano ricoverati gli anziani minacciava di crollare sotto il peso di quintali di cenere: bisognava sgomberare in tutta fretta i reparti. Moscati, allora giovane medico, si era associato ai soccorritori lavorando duramente per trasferire malati e quant'altro era ritenuto utile: venti ore di lavoro, sotto la minaccia della lava che continuava ad avanzare lungo le pendici del vulcano. Avevano trasferito l'ultimo degente quando l'ospedale rovinava fragorosamente sui letti ormai vuoti.

Ma anche quando, nel 1911, Napoli fu colpita da una terribile epidemia di colera, il medico Moscati non risparmiò tempo ed energie: molti poveri se la cavarono, grazie alle sue cure, e altri morirono con il conforto della fede che lui aveva loro portato.

Moscati, medico buono e santo che aveva posto la sua intelligenza e il suo cuore al servizio dei poveri e dei sofferenti, moriva in età ancora giovane, a soli quarantasette anni, il pomeriggio del 12 aprile 1927. La mattina s'era recato come al solito all'ospedale a visitare i malati. Avrebbe dovuto proseguire le visite il pomeriggio, ma i suoi pazienti lo attesero invano. Verso le quindici avvertì un intenso malore. Ritiratosi nella camera, si accasciò sulla poltrona. «Sto male», disse ai fratelli che lo avevano visto impallidire. Furono le ultime parole. Un istante dopo cessava di vivere.

I poveri di Napoli accolsero la notizia con dolore e costernazione. Perdendo lui, perdevano un amico, un fratello. Ma guadagnavano un santo in cielo. E tale lo ritennero da subito.

Paolo VI confermò la loro certezza elevandolo nel 1975 all'onore degli altari con il titolo di beato. Fu proclamato santo nel 1987 da Giovanni Paolo Il, al termine del sinodo dei vescovi «Sulla vocazione e missione dei laici nella chiesa».

MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, san Giuseppe Moscati, che, medico, mai venne meno al suo servizio di quotidiana e infaticabile opera di assistenza ai malati, per la quale non chiedeva alcun compenso ai più poveri, e nel prendersi cura dei corpi accudiva al tempo stesso con grande amore anche le anime.

11 aprile, 2023

Buon compleanno ad Aleandro Baldi


Aleandro Baldi   Ci vuole un attimo

Oggi, si ricorda, il compleanno Alfredino Rampi.

 Oggi, si ricorda, il compleanno Alfredino Rampi.

AUGURI DI CUORE



C'è sempre un Angelo accanto a Noi

 C'è sempre un Angelo accanto a Noi

C'è Angelo che precede ogni nostro passo,....c'è sempre un Angelo che soccorre in nostro aiuto,....c'è sempre un Angelo che ascolta le nostre preghiere,.....c'è sempre un Angelo che asciuga le nostre lacrime...c'è sempre un Angelo che abbraccia ogni nostro fremito......c'è sempre un Angelo, vicino ad ognuno di noi.

10 aprile, 2023

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : «Non cercatelo. Viene un momento con noi. I partig...

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : «Non cercatelo. Viene un momento con noi. I partig...:   Nel 1945, era 10 aprile come oggi. Rolando Maria Rivi, uscito di chiesa, mentre i suoi genitori si recarono a lavorare nei campi, Rolando,...



Lunedì dell'Angelo

 Lunedì dell'Angelo

autore: Andrea Mantegna anno: 1426 titolo: Marie al sepolcro


Nome: Lunedì dell'Angelo
Titolo: L'angelo incontra le donne
Ricorrenza: 10 aprile
Tipologia: Commemorazione


Il Lunedì dell'Angelo, comunemente chiamato “pasquetta” è il giorno immediatamente successivo alla Pasqua, diventato festività civile nel dopoguerra per prolungare le ferie pasquali. E' festivo, oltre che in Italia, in quasi tutta l'Europa e in diversi altri Paesi.

Il suo nome è rappresentativo del  fatto che in questo giorno si ricorda un evento narrato nel Vangelo, l'incontro dell'angelo con le donne giunte al Sepolcro in cui era stato posto Gesù dopo la sua crocifissione, dove erano andate per imbalsamare il  Suo corpo con degli oli aromatici.

Leggiamo in   Marco 16, 1-3 “Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: -Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?-.”

Passione e  della Crocifissione, videro il masso scostato e il sepolcro vuoto, e fecero il loro incontro sovrannaturale con l'angelo che annunciò la resurrezione del Cristo, sebbene Luca e Giovanni parlino di due angeli.

(Mc 16, 5-7) “Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”.

Questo evento è la prova di quanto  la parola del Messia fosse  veritiera, Egli era davvero il Figlio di Diorisorto dalla morte per tornare al Padre dopo aver sacrificato la sua vita per i nostri peccati.

Su questo luogo di culto tanto significativo per i cristiani, a Gerusalemme,  sorge oggi la Basilica del Santo Sepolcro.

✝ Pensiero del 10 aprile 2023

 ✝

SUB TUTELA DEI

S. T. D. E DELLA B. V. M.

GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato


Rosario Angelo, oggi è la festa dell’Angelo, TU, lo eri, sulla Terra, poi da quasi trentatré anni, lo sei, Eternamente. Auguri tesoro mio!

Barbara


Versetto del Giorno

Verrò presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona.

Apocalisse 3:11

Oggi, si ricorda la nascita di Madre Elena Aiello


LUNEDÍ DELL’ANGELO
Meditazione sul Vangelo di Mt 28,8-15
Scelte per il primo annuncio.

Le donne delle quali parla san Matteo in questo racconto sono le stesse che furono presenti sul Calvario e che l’evangelista Giovanni nomina una ad una. Esse sono quelle che accorsero al sepolcro per completare l’opera di imbalsamazione del corpo di Gesù. Fu per loro una vera sorpresa trovare il sepolcro vuoto e una sorpresa ancor più grande udire dall’angelo l’annuncio della Sua Risurrezione. Certamente fu una gioia addirittura indicibile quella che provarono al vedere lo stesso Gesù il quale le rese, così, portatrici dell’annuncio della Risurrezione. È un vangelo segnato dai contrasti: da un lato la gioia della Risurrezione di Gesù e dall’altro l’atteggiamento di chiusura delle autorità ebraiche. Il tono del vangelo cambia radicalmente con l’evento della Risurrezione: dalla tristezza del Calvario alla gioia straripante della Domenica di Risurrezione. La pedagogia divina nella storia della salvezza è sempre la stessa: la scelta dei più poveri, di coloro che sembrerebbero meno affidabili per comunicare le verità più essenziali della fede. Perché Gesù dovrebbe scegliere delle donne per farne le prime evangelizzatrici della sua Risurrezione? Nel vangelo possiamo constatare una realtà molto confortante per le donne: alcune delle donne che il Maestro incontrò durante la sua vita terrena non dubitarono mai di Lui. Tra le donne del vangelo nessuna lo rinnegò. Il sostegno della fede non si trova tanto nell’intelligenza quanto nel cuore, nell’amore. Mosse dall’amore, furono le donne le più premurose nel voler tornare alla tomba per stare con quel Gesù che esse credevano fosse morto. Quell’amore fu ricompensato in misura sovrabbondante. Cristo lo si scopre più per amore che per ragionamento. Per questo agli scribi e ai farisei costava di più credere in Gesù, nonostante tutte le manifestazioni di benevolenza che aveva dato loro il Signore. Ma essi non seppero corrispondere a tutte quelle dimostrazioni di vicinanza e perfino di affetto. È molto difficile credere quando il cuore è indurito. Quando il cuore riconosce i benefici di Dio, quando il cuore si apre all’amore di Dio, la fede diventa più semplice. È più semplice scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti della propria vita: nei momenti di gioia e nei momenti di dolore: sul Calvario e alla Risurrezione.
In questo primo giorno della settimana che segue la grande festa, è la vita quotidiana della fede che comincia. Una fede che non si accorda spontaneamente alla vita passata. Perché, se quello che noi cantiamo e diciamo a Pasqua è vero, è solamente quando il Cristo risuscitato fa sapere ai suoi che egli resta con loro e per loro fino all’ultimo giorno che tutti gli uomini riscoprono il significato della vita.
I fatti di Pasqua che gli evangelisti hanno vissuto e riassunto nella loro narrazione sono una testimonianza. Testimonianza contestata nella loro epoca, come oggi.
San Matteo parla di Maria di Magdala e dell’“altra Maria”, che incontrano un angelo al levarsi del giorno vicino alla tomba. Quando gli obbediscono e lasciano la tomba, il Cristo risuscitato va ad incontrarle. Conferma egli stesso la missione che li aspetta: “Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno”.
Ed è anche presso la tomba vuota che si sviluppano la nuova opposizione - che contesta la risurrezione - e il rifiuto di credere. Mentre le due donne sono in cammino, le guardie si recano in città dai loro capi. Questi sanno che è inutile sigillare e sorvegliare la tomba di Gesù, perché nessuna potenza terrestre può resistere od opporsi all’opera di Dio. Pertanto, poiché non possono accettare la verità della Pasqua, danno al mondo una “spiegazione”. Spiegazione che può trarre in inganno solo coloro che si rifiutano di incontrare il Signore.


Lunedì 10 Aprile 

Ottava di Pasqua [LUNEDÍ DELL’ANGELO]

S. Palladio; S. Maddalena di Canossa; S. Fulberto  

At 2,14.22-32; Sal 15; Mt 28,8-15

Proteggimi, o Dio: «In te mi rifugio».


Alleluia, alleluia.
Questo è il giorno fatto dal Signore: «Rallegriamoci ed esultiamo».

(Salmo 117,24)

Alleluia.

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 15)
Rit: Proteggimi, o Dio: «In te mi rifugio».

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu,
solo in te è il mio bene».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Alleluia, alleluia.
Questo è il giorno fatto dal Signore: «Rallegriamoci ed esultiamo».

(Salmo 117,24)

Alleluia.

09 aprile, 2023

Beato Ubaldo da San Sepolcro

 Beato Ubaldo da San Sepolcro

Nome: Beato Ubaldo da San Sepolcro
Titolo: Frate Servita
Nome di battesimo: Ubaldo Adimari
Nascita: 1245 circa, Firenze
Morte: 9 aprile 1315, Monte Senario, Firenze
Ricorrenza: 9 aprile
Tipologia: Commemorazione


Ubaldo Adimari nacque a Firenze da famiglia agiata; da giovane condusse una vita piuttosto dissoluta, godendosi le proprie ricchezze e giocando un ruolo importante nelle turbolente vicende politiche del tempo, dalla parte dell'imperatore contro il papa. All'età di circa trent'anni sentì una predica di S. Filippo Benizi (23 ago.), che si trovava a Firenze per una missione di pace, e ne rimase così toccato da abbandonare la carriera militare promettendo di passare il resto della vita in penitenza per farsi perdonare il passato. S. Filippo lo ammise nell'Ordine dei. Servi di Maria e fu ordinato sacerdote.

Divenne famoso per la sua gentilezza, tanto che si narrava che al suo ingresso nel giardino del monastero gli uccelli gli si appoggiassero sulla testa e sulle spalle. Gli furono attribuiti vari miracoli e lo stesso S. Filippo rimase così impressionato dalla sua santità da sceglierlo come proprio confessore, oltre che condurlo con sé nelle missioni di predicazione.

Ubaldo visse gran parte della vita nel monastero servita di Monte Senario, dove mori il 9 aprile 1315. Nella chiesa di S. Maria Annunziata di Firenze è conservato un ritratto del xvi secolo che lo mostra come persona scarna, dallo sguardo ascetico. Il suo culto fu approvato nel 1821.

MARTIROLOGIO ROMANO. Presso il monte Senario in Toscana, beato Ubaldo da Borgo Sansepolcro, sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria, che san Filippo Benizi convertì dalla milizia terrena al servizio di Maria.

Pasqua di Risurrezione del Signore

 Pasqua di Risurrezione del Signore

autore: Noël Coypel anno: 1700 titolo: La resurrezione di Cristo luogo: Museo delle Belle Arti, Francia

Nome: Domenica di Pasqua
Titolo: Risurrezione del Signore
Ricorrenza: 9 aprile
Tipologia: Solennità movibile
Patrono di:
Cherasco


Alla sera del venerdì, appena Gesù aveva reso lo spirito un soldato per assicurarsi che era veramente morto gli aveva passato il cuore con una lancia. Giuseppe d'Arimatea, nobile decurione, e Nicodemo chiesero a Pilato il corpo adorabile di Gesù e, ottenutolo, lo avvolsero in una sindone con aromi e lo deposero in un sepolcro nuovo, scavato nel vivo sasso. Il giorno seguente i Principi dei Sacerdoti, ricordandosi che Gesù aveva detto che dopo tre giorni sarebbe risuscitato, domandarono a Pilato che ne facesse custodire il sepolcro per tre giorni, affinchè, dicevano essi, non vengano i suoi discepoli a rapirne il corpo, e poi dicano ch'è risorto. Pilato acconsentì, e furono posti i soldati a guardia del sepolcro, e venne suggellata la pietra. Al terzo giorno, di buon mattino, si sentì un gran terremoto; un Angelo sfolgoreggiante di luce discese dal cielo, rovesciò la pietra del sepolcro e vi sedette sopra. Gesù vincitore della morte e dell'inferno era risorto come aveva promesso. Le guardie sbigottite caddero come morte, ma poi riavutesi, corsero in città a dar l'avviso dell'accaduta ai Principi dei Sacerdoti. Questi però diedero loro del denaro, affinchè dicessero che mentre esse dormivano erano venuti i discepoli, e ne avevano portato via il corpo.

Al mattino presto (le donne) si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno"».

È ancora buio e le donne si recano al sepolcro di Gesù, le mani cariche di aromi. Vanno a prendersi cura del suo corpo, con ciò che hanno, come solo loro sanno. Sono quelle donne che l'avevano seguito dalla Galilea, sostenendolo con i loro beni in ciò che era necessario. Con lui avevano assaporato la ricchezza del «più che necessario», giorni di libertà felice, germogli di un mondo nuovo. Sono quelle che stavano sotto la croce. L'avevano guardato morire. E nessuno a soccorrerlo. Ora vanno al sepolcro: ciò che le muove non è un atto di fede nella divinità di Gesù, non una speranza segreta, ma un atto d'amore. Lo amano ancora, semplicemente, ma è ciò che rimette in marcia la vita: «non è possibile amare la divinità di Cristo se non amando prima la sua umanità» (Heidewick di Anversa).

Il racconto di Luca è di estrema sobrietà: «entrarono e non trovarono il corpo del Signore». Tutto si blocca, l'assenza del corpo di Gesù entra dolorosamente in loro come uno smarrimento, un vuoto pieno solo di domande. E alla desolazione si aggiunge paura: due uomini vestiti di lampi. Come è contrastata la fede di Pasqua! Quasi fossero doglie di parto. Si innesta su di una ferita, su di una assenza patita dolorosamente, su di una perdita.

Perché cercate tra i morti colui che è vivo?


Voi state cercando il vostro tesoro perduto, avete fame di colui che vi ha riempito di senso le vite.

Perché cercate colui che è vivo?


Bellissimo nome di Gesù: Lui è il vivente. Non solo è vivo adesso, come uno che non è più un morto, ma è il vivente, colui che continuamente vive, cui appartiene il vivere, l'autore della vita: la sua missione, la sua azione è germinare vita, fiorire vita.

Non è qui, è risuscitato, si è alzato.


I Vangeli raccontano la risurrezione di Gesù con i due verbi del mattino dell'uomo, svegliarsi e alzarsi. Come se i nostri giorni fossero una piccola risurrezione quotidiana, e la Pasqua un giorno senza più tramonto. Ma la tomba vuota non basta, gli angeli non bastano perché la fede venga alla luce: Ricordatevi come vi parlò: bisogna che io sia crocifisso e risorga... ed esse ricordarono le sue parole.
Adesso tutto esplode. Le donne ricordano, credono perché ricordano, credono non per le parole degli angeli, ma per la parola di Gesù. Credono prima di vedere. Non sono le apparizioni che fanno credere, né le vesti sfolgoranti, ciò che fa credere è sempre la sua Parola, Vangelo custodito anche nei giorni della perdita e dell'assenza. Le donne hanno conservato quelle parole perché le amano, perché nell'uomo si imprime e persiste solo ciò che ci sta davvero a cuore. Principio di ogni incontro con il Vivente è, anche per noi, la custodia amorosa della sua Parola.

MASSIMA. Il nostro Agnello pasquale, Cristo, è stato immolato. Perciò facciam festa non col vecchia lievito della malizia, ma con gli azimi della parità e della verità. S. Paolo ai Corinti.

PRATICA. La solennità di tutte le solennità che la Provvidenza ha voluto assegnarvi in questo mese, sollevi al cielo il vostro spirito, la mente ed il cuore: tutto quello che non è pel cielo, è tutto perduto. O Adamo, felice il tuo peccato Che un sì gran Redentor ci ha meritato!

MARTIROLOGIO ROMANO. In questo giorno, che il Signore ha fatto, solennità delle solennità e nostra Pasqua: Risurrezione del nostro Salvatore Gesù Cristo secondo la carne.





ICONOGRAFIA


L'iconografia della Resurrezione di Cristo vanta di tantissime opere d'arte quasi sempre raffiguranti il Cristo che risorge dal sepolcro con una bandiera crociata simbolo della resurrezione, insieme a lui in basso quasi sempre troviamo i soldati che erano di guardia al sepolcro, in molte rappresentazioni sono presenti anche le donne che portarono gli aromi sulla tomba del Signore, Maria Maddalena, Maria di Cleofa e Giovanna la Mirofora o Maria Solome. Una delle più celebri rappresentazioni della resurrezione è sicuramente quella di Raffaello che con i suoi meravigliosi colori esalta la forza e la bellezza della scena dove oltre ai tipici soggetti sono visibili anche due splendidi angeli che sono i primi testimoni e gli interpreti del Risorto e che aprono la strada all’annuncio di vittoria sulla morte e avranno un ruolo importante nell'incontro con le Tre Marie

Resurrezione di Crist
titolo Resurrezione di Cristo
autore Raffaello anno 1501-1502


Anche la magnifica opera di Piero della Francesca conservata nel Museo Civico di Sansepolcro è una grande rappresentazione della scena con i soldati che sono addormentati.

Resurrezione
titolo Resurrezione
autore Piero Della Francesca anno 1458-1474


Anche la celebre opera di Peter Paul Rubens conservata a Palazzo Pitti di Firenze rappresenta come Cristo si leva trionfante, reggendo il vessillo crociato, con un angelo che lo scopre e due putti che gli reggono la corona di spine.

Resurrezione di Cristo
titolo Resurrezione di Cristo
autore Pieter Paul Rubens anno 1616 circa


Di notevole fascino anche l'opera di Domenico Ghirlandaio artista del XV sec

Resurrezione di Cristo
titolo Resurrezione di Cristo
autore Domenico Ghirlandaio anno 1490-1498