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06 settembre, 2022

Sub Tutela Dei: la mostra su Rosario Livatino al Meeting di Rimini

Sub Tutela Dei: la mostra su Rosario Livatino al Meeting di Rimini



di Francesco Inguanti

Tra le mostre del Meeting di Rimini di quest’anno quella dal titolo: Sub Tutela Dei, sulla figura del beato Rosario Livatino ha riscosso un notevole successo. Anche la sua storia è particolarmente significativa ed è per questo che l’abbiamo in parte ricostruita con le testimonianze di alcuni tra i promotori. Pubblichiamo oggi la prima parte.

È giunto il momento. Dopo 6 giorni l’edizione 2022 del Meeting di Rimini si conclude. La soddisfazione generale è palpabile: il covid non ha ucciso il Meeting, che ha ripreso la sua marcia, iniziata nel lontano 1980. Mentre gli ultimi visitatori si apprestano a lasciare gli stand espositivi in uno c’è ancora gente che attende. È quello dove è stata allestita la mostra “Sub Tutela Dei”, in ricordo di Rosario Livatino, il magistrato agrigentino ucciso dalla mafia locale il 21 settembre del 1990. Ci siamo dati appuntamento con alcuni degli organizzatori, con cui non è stato possibile intrattenerci nei giorni precedenti perché indaffaratissimi ad accogliere ed illustrare la mostra ai visitatori.

L’inizio di questa splendida storia si deve all’avvocato veronese Guido Facciolo, colui che per primo si è imbattuto con la personalità di Rosario Livatino e che da quel giorno ha trascinato in una impensabile avventura tante altre persone.

Gli chiediamo un primo giudizio su come è andata, a partire dal numero dei visitatori. “Il numero finale lo avremo fra qualche giorno, ma una valutazione sulle presenze giornaliere ci porta a dire che sono stati più di 10.000 coloro che sono venuti a visitarla”. Gli chiediamo allora che tipo di pubblico è transitato tra le sale. “Il pubblico del Meeting è molto variegato: ci sono tanti nonni ed anche tanti nipotini, oltre agli adulti. Possiamo dire che son venuti un po’ tutti. Tantissimi non conoscevano né la persona né le vicende dell’uccisione del magistrato, ma moltissimi uscivano commossi”.

Ne chiediamo il motivo a Paolo Tosoni, un altro avvocato tra i curatori della mostra. “Rosario Livatino è stato un eroe civile perché cattolico e non viceversa. Il suo fascino è legato al fatto che è una figura ordinaria, cioè alla nostra portata che ha fatto delle cose straordinarie, ma nella normalità. Faceva il suo lavoro, era dedito alla famiglia, rivolgeva molta attenzione ai suoi amici, aveva una particolare attenzione per gli anniversari. In questa sua normalità ha esplicato qualcosa di veramente straordinario che è da una parte una umanità fortissima e dall’altra anche una intelligenza che possiamo definire come l’intelligenza della fede”.  Lo invitiamo a spiegare cos’è questa intelligenza della fede. “E’ la capacità di vedere – risponde – al di là del cliché che in genere si usa per amministrare la giustizia. In genere si parte dal reato, poi si individua la norma che contempla il reato e quindi si applica la pena. Che dietro tutto ciò ci sia una persona diventa una questione secondaria. L’intelligenza della fede fa vedere tutti i fattori in campo. Livatino aveva una visione del mondo a 360 gradi. È una visione diversa dalla nostra anche se noi ce la mettiamo tutta per fare il meglio. Di fronte ad ogni elemento di indagine non si fermava al primo impatto, cercava di scavare sempre e scopriva cose che altri non notavano”.

È giunto il momento di conoscere la genesi dell’iniziativa e la parola torna a Guido Facciolo. “Se vogliamo datare l’inizio di questa avventura dobbiamo andare al settembre del 2019 quando ho letto sul quotidiano Avvenire un articolo del postulatore della causa di beatificazione mons. Vincenzo Bertolone, nel quale c’era riportata una frase di Rosario, che abbiamo riportato anche nella mostra: Perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio e poi aggiungeva che questo rapporto diretto con Dio passa attraverso un rapporto indiretto con Dio che è il rapporto d’amore con la persona che devo giudicare o che è inquisita. Quando ho letto questo articolo, (conoscevo Livatino come tanti, cioè poco più che niente), ho avuto come una folgorazione e mi sono subito detto che era importante per me andare a fondo di questa personalità, entrare in sintonia con lei”. Prosegue poi il racconto: “Ho cominciato a parlare con amici e colleghi, soprattutto quelli che fanno parte della LAF (Libera Associazione Forense), riscontrando un certo interesse che però non produceva effetti immediati, se non il desiderio di conoscere meglio questa figura”.

La LAF è un’associazione di avvocati senza scopo di lucro, attiva presso il Tribunale di Milano già dal 1997, e con sedi in varie città d’Italia, la quale offre formazione a praticanti e avvocati e organizza, convegni e corsi di aggiornamento accreditati per professionisti. La LAF è una delle tre realtà associative che hanno promosso la mostra. La seconda è il Centro Studi Rosario Livatino; e la terza è il Centro Culturale di Palermo di cui si dirà dopo.

Riprende la parola Guido Facciolo. “In quella fase il nostro massimo obiettivo era fare un convegno a Verona. Lo avevamo fissato per il 7 maggio del 2020, ma ovviamente il covid lo ha fatto abortire prima della nascita. Ma non ci siamo fermati, ed abbiamo proseguito leggendo e confrontandoci con i tre scritti di Rosario per trovare sostegno nel nostro lavoro. L’incontro è stato poi fatto il 16 settembre del 2021 a Verona e ha riscosso un grande successo, grazie anche al Presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati del consiglio di verone e al Presidente del Tribunale locale che ha sostenuto la nostra idea e ci ha invitato ad aprirlo a tutta la città, non solo agli ambiti forensi, perché diceva: Rosario appartiene a tutti”.

Ma la storia prosegue. Il salto di qualità dal convegno alla mostra al Meeting nasce da una telefonata fatta al presidente del Meeting Bernhard Scholz, il quale propose subito che la figura di Livatino fosse fatta conoscere a Rimini non con una semplice conferenza, ma con una mostra che avrebbe richiesto certo più fatica, ma che avrebbe coinvolto ovviamente molte più persone. Ma questa grande possibilità aprì al gruppo degli organizzatori un nuovo problema: la copertura dei costi.

Guido Facciolo prosegue nel suo racconto: “Il preventivo che avevamo fatto era di una certa somma ma noi curatori non eravamo riusciti a recuperarla per intero e mancavano ancora diverse migliaia di euro. Abbiamo deciso di chiedere aiuto a Rosario. Uno altro dei curatori Carlo Torti ci riferisce che un suo parente, imprenditore bresciano e grande amico del Meeting, era morto da qualche giorno. A suo giudizio forse i familiari li avrebbero potuti aiutare, sostenendo in parte i costi dell’opera, dedicandola a lui. La moglie del defunto non mostra alcune esitazione e devolve la somma mancante. “Questo è uno dei motivi – precisa Faccioli – per cui sostengo senza infingimenti che la mostra l’ha fatta Rosario e noi siamo stati semplici strumenti”.

Carlo Torti racconta allora la sua personale sperienza. “Mi sono inserito in questa bella avventura nel 2021, quando alcuni colleghi avvocati mi hanno parlato dell’idea di una mostra su Rosario Livatino al Meeting. Tra l’altro il titolo di quest’anno “Una passione per l’uomo” era molto in sintonia con la figura del giudice siciliano.   L’aspetto che mi ha maggiormente coinvolto è stato la ricostruzione e la sintesi dei video che erano stati realizzati in Sicilia. Per questo motivo mi sono recato più volte a Verona e con Roberta e Guido abbiamo realizzato il prodotto finale che è stato proiettato nelle varie sale. Un compito tanto semplice quanto impegnativo per giungere ad una sintesi di qualità”.

Gli chiediamo quale è stato il suo apporto specifico. “Ho organizzato tutto il lavoro di conoscenza e studio con le guide, costituite soprattutto da studenti universitari, ma anche da magistrati, avvocati ecc. che hanno presentato la mostra al Meeting. Mi ha colpito il loro entusiasmo, la loro voglia di partecipare ed il riscontro di questo lavoro è stato la soddisfazione e la commozione di quanti uscivano dopo aver visto la mostra. In particolare conservo il ricordo delle illustrazioni fatte ad alcuni ragazzi stranieri, i quali certamente non conoscevano prima Livatino. Mi ha colpito il fatto che un uomo semplice, competente e dedito al lavoro come Livatino, che ha saputo dare un’anima alla amministrazione della giustizia, sia stato in grado di parlare anche a loro.

Per finire gli chiediamo cosa gli ha lasciato la mostra. “La cosa più significativa di questo lavoro è stata la pubblicazione del libro guida della mostra, che grazie alla disponibilità del vescovo di Agrigento, contiene gran parte delle agendine di Livatino, che non erano mai stata pubblicate. Le agendine sono servite a due cose: recuperare l’umanità del magistrato e la sua profonda fede. Queste mio hanno insegnato ciò che mi porto da questa esperienza: anch’io posso vivere l’ordinario in modo straordinario, come lui ha fatto”.

Si aggiunge alla conversazione un’altra promotrice, Roberta Masotto che racconta delle modalità con cui è proseguito il lavoro. “Assunta la decisione di proporre una mostra al Meeting ci siamo divisi i compiti tra noi della LAF ed io mi sono occupata in modo particolare insieme a Guido di fare le interviste. Attraverso testi, amicizie, telefonate abbaiamo individuato un buon numero di testimoni da intervistare. Questa particolare esperienza è stata bellissima: tutti coloro che abbiamo incontrato erano felici di poter parlare di Rosario e lo ricordavano con affetto. Anche nei suoi colleghi ha lasciato una sensibilità particolare. Tutti ci hanno dato una immagine molto concreta della sua persona. Decisivo è stato poi il nostro viaggio in Sicilia e ad Agrigento”.

Ce lo racconta ancora Guido Facciolo. “L’altro grande segno dell’impegno di Rosario nella mostra è l’amicizia che è nata con gli amici della diocesi di Agrigento, a partire dal Vescovo, il quale alla nostra richiesta si è detto subito disponibile a che la reliquia fosse esposta al Meeting ed anzi di portarle personalmente. Inoltre ci ha dato la possibilità di pubblicare parte delle agendine su cui Rosario annotava ogni piccolo o grande avvenimento della sua giornata. Ecco perché mi sento di affermare che la mostra l’ha fatta Rosario. Il motivo per cui esiste la mostra è la presenza di Rosario. La sua prima eredità è la sua presenza”.

 

Il Vescovo di Agrigento mons. Alessandro Damiano si è fermato alcuni giorni al Meeting intrattenendosi lungamente con i tanti visitatori e acquisendo una ulteriore testimonianza del seguito che la figura del beato Livatino gode anche a tanti km di distanza da Agrigento.

Chiediamo a Roberta Masotto il segreto di questa storia, cosa l’ha resa possibile: “Premesso che il merito di tutto ciò è di Rosario, come ha detto Guido, il segreto si può individuare nella nostra amicizia all’interno della LAF che siamo riusciti ad allargare a tante altre persone, ed anche nella fiducia che ciascuno ripone nell’amico. Ci siamo dati credito l’un l’altro di fronte ad una persona e ad un avvenimento che conoscevamo appena. Quando un amico ti propone una cosa che lo ha entusiasmato tu gli dai credito e ti entusiasmi a tua volta. E la figura di Livatino non può non entusiasmare. E quindi ha entusiasmato noi e tantissimi altri, come ad esempio coloro che hanno fatto da guida alla mostra. Questa è la forza di attrattiva di Rosario, non sarebbe bastata la nostra capacità organizzativa per conseguire questo risultato”.

“L’ultima e più importante sorpresa – aggiunge Paolo Tosoni – è stata immergersi nella vita e nel lavoro del beato Rosario Livatino: l’unità profonda da lui vissuta tra fede, vita e lavoro di magistrato – la sua lucidità di giudizio, fino a coniugare l’esercizio del giudicare con la misericordia – è stata per me e per gli amici coinvolti un segno, una testimonianza che ci porteremo dentro per sempre se, come lui, sapremo affidarci alla Sua tutela. Sub Tutela Dei, STD, appunto, l’acronimo, trovato nelle sue agende e che è stato scelto come titolo della mostra”.

04 settembre, 2022

Oggi, la chiesa celebra SANTA ROSALIA

Oggi, la chiesa celebra SANTA ROSALIA. TANTI AUGURI DI BUON ONOMASTICO ALLA SIGNORA ROSALIA CORBO
CON TANTE BENEDIZIONI

Santa Rosalia

 Santa Rosalia

autore: Giuseppe Velasco anno: XVIII sec titolo: Ritratto di Santa Rosalia
Nome: Santa Rosalia
Titolo: Vergine, eremita di Palermo
Nascita: 1130, Palermo
Morte: 1166, Monte Pellegrino
Ricorrenza: 4 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Nacque da Sinibaldo, signore di Quisquina e discendente del re Carlo Magno. I genitori si preoccuparono di educare la fanciulla nei principi cristiani. E la piccola Rosalia corrispose alle cure dei genitori. Devotamente attendeva alle pratiche di pietà, amava teneramente la Madonna, e per la sua innocenza e bontà di cuore divenne l'idolo dei genitori.

Conoscendo il pregio della verginità, generosamente si consacrò tutta al suo sposo Gesù, mantenendosi illibata per tutta la sua vita. Crescendo negli anni e venendo a conoscere quanto perfido sia il mondo e quanto difficilmente un giglio possa conservarsi intatto tra il fango, fuggì dalla casa paterna e si ritirò in una grotta nei crepacci del monte Quisquina presso Palermo, per darsi all'unione perfetta col suo Sposo Celeste.

Sant'Anna la Vergine e il Bambino
autore Antoon van Dyck anno 1624
titolo Santa Rosalia incoronata dagli angeli



Solo una pastorella conosceva il luogo del rifugio di Rosalia ed ogni giorno le portava pane e latte. P difficile esporre a quali aspre penitenze e digiuni si sottopose Rosalia. Si vede ancora la grotta in cui dimorava. Vi si scende per una scala come in un sepolcro: umida, oscura. Si conserva tutt'ora la pietra su cui riposava la Santa e sul muro si vedono scolpite queste parole: a Io, Rosalia, figlia di Sinibaldo, signore di Quisquina e di Rosa, per amore del Signore mio Gesù Cristo scelsi di abitare in questa grotta ».

Non vi restò però molto tempo perché avvisata dal suo Angelo che se ivi fosse restata presto sarebbe stata trovata dai suoi genitori, si diresse verso il monte Pellegrino. Sulla sommità del monte gli Angeli le indicarono una grotta che aveva un'apertura appena sufficiente per entrarvi. La luce, penetrando in essa, ne rischiarava le nere pareti; il suolo era talmente bagnato che a stento Rosalia trovò un angolo dove riposarsi senza sprofondare nel fango.

Condusse quel genere di vita per vari anni, finché lo Sposo Divino la chiamò a sò. Una viva luce in quella notte illuminò tutto il monte Pellegrino. A tale improvviso prodigio tutta Palermo si scosse, non conoscendone la ragione. Allora quell'umile pastorella che era stata a parte dei segreti della Santa, corse in città ad annunziare la sua morte. Fu trovata morta dai pellegrini il 4 settembre del 1165. Il giorno seguente si radunò tutto il popolo ed in processione salirono a prendere il prezioso corpo di S. Rosalia, trasportandolo trionfalmente nella cattedrale.

D'allora in poi il Signore si degnò di glorificare la Santa con ripetuti miracoli e il culto di lei andò sempre più crescendo nella città di Palermo e fuori, tanto che quando la Sicilia nel 1625 fu desolata dalla peste, con voce unanime quel popolo si volse a S. Rosalia, trasse le sue reliquie dalla cattedrale, le portò processionalmente per la città ed il terribile morbo parve.

PRATICA. Facciamo oggi una mortificazione per amor di Dio.

PREGHIERA. Esaudiscici o Dio, nostro Salvatore affinché come ci rallegriamo per la festa della beata vergine Rosalia, così veniamo ammaestrati nella vera devozione.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Palèrmo il natale di santa Rosalia, Vergine Palermitana, discendente dal sangue regale di Carlo Magno, la quale, per amore di Cristo, fuggì il principato paterno e la reggia, e, solitaria nei monti e nelle spelonche, menò una vita celeste.

(LA) « Ego Rosàlia Sinibaldi Quisquinae Et Rosarum Domini Filia Amore D.ni Mei Iesu Christi In Hoc Antro Habitari Decrevi »

(IT) « Io Rosalia di Sinibaldo, figlia del Signore della Quisquina e del Monte delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo, ho deciso di abitare in questa grotta ».


✝ Pensiero del 04 settembre 2022



S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_alla_Fede

È Gesù, che chiama ed è sempre LUI a donarci la forza del discepolato.

Meditazione sul Vangelo di Lc 14, 25-33

La sequela di Gesù.

Gesù si volta verso quanti lo seguono e parla loro di ciò che significa essere suoi discepoli. È come una gradinata da salire che segna il passaggio a una logica completamente nuova negli affetti, nel rapporto con se stessi, con gli altri, con le cose. Andare con lui esige il lasciar emergere quell’amore straordinario che costituisce l’essere umano. Amare lui al di sopra di tutti, perfino della propria esistenza, amare senza condizioni fino a morire pur di non tradire l’amore, amare liberandosi da ogni pretesa di possesso: ecco il segreto della spesa da fare. Gesù chiede a chi lo segue di misurare la propria capacità di amare. E per chi si sente impari, l’invito è comunque a non indietreggiare: pur di non perdere la guerra di fronte a forze superiori alle proprie, cercare la via di un accordo sereno per non rischiare di compromettersi per sempre.

È dura la Parola di Dio di fronte all’uomo che intende mettersi a servizio del Figlio amato. Discepolo: parola che racchiude un segreto. Parola che porta a camminare su lidi lontani, gli angoli sconfinati delle possibilità interiori ancora celate allo sguardo. Può un uomo non amare suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita? Sì, che può. Ed è sotto i nostri occhi la misura dell’odio verso le persone più care. Ma Gesù non chiede di odiare. L’amore che esige l’essere discepoli è un amore purificato dal sentimento del possesso. L’appartenenza non è più familiare per chi segue il Signore, diventa estranea alle mura paterne e alle proprie mura per farsi familiare di Dio. È possibile ad un uomo rinunciare ai suoi averi? Per chi ama sul serio, non esiste più l’aggettivo “mio”, perché l’esperienza dello stare con Cristo è esperienza del “noi”. La nostra giornata scorre tra mille legami: pensieri legati alle azioni, desideri che legano lo svolgersi delle cose, parole che legano affetti, progetti che legano il tempo. Gesù ci invita all’unico vero legame: amare Lui significa essere liberi da ogni legame che riduca la capacità di essere nel mondo luoghi di incontro. In Lui ogni affetto traspare di luce nuova, come anche ogni cosa. Non si possiede nulla individualmente perché tutto è “nostro”. La pienezza di vita è l’aria che respira il discepolo, il dilatarsi di ogni speranza. E se le forze sono poca cosa, spendere la vita guadagna forze all’edificazione del regno.

Domenica 4 Settembre 2022
S. Mosè pr.; S. Rosalia; B. Caterina Mattei
23.a del Tempo Ordinario (Anno C)
Sap 9,13-18; Sal 89; Fm 9b-10.12-17; Lc 14,25-33
Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione

Fa risplendere il tuo volto sul tuo servo ed insegnami i tuoi decreti.

(Salmo 118,135)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 89)
Rit: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
«Sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca».


Insegnaci a contare i nostri giorni
Ed acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: «Fino a quando?».

Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
«Esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda».

Fa risplendere il tuo volto sul tuo servo ed insegnami i tuoi decreti.

(Salmo 118,135)

03 settembre, 2022

San Gregorio Magno

 San Gregorio Magno

Nome: San Gregorio Magno
Titolo: Papa e dottore della Chiesa
Nascita: 540 circa, Roma
Morte: 12 marzo 604, Roma
Ricorrenza: 3 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Memoria liturgica
Protettore:cantantimusicistipapi


La Chiesa con molta ragione ha decorato questo santo Pontefice con il titolo di Grande, titolo che egli ha meritato con lo splendore delle sue azioni, con l'eccellenza delle sue virtù e dei suoi scritti. La sua vita segna una delle più belle pagine della storia sia ecclesiastica che civile.

Nacque in Roma verso la metà del secolo sesto. Ebbe mente vasta e profonda, energia veramente romana, attività instancabile e grande amore per il vero e per il giusto: prerogative che egli affinò e soprannaturalizzò nella meditazione e nell'esercizio di una perfetta vita claustrale.

Nelle Gallie i nuovi stati dei Franchi si andavano formando; nella Spagna il regno dei Goti non era ancora ben fermo; in Italia i Longobardi nel pieno disordine della loro immigrazione; in Inghilterra i valorosi Anglosassoni non ancora guadagnati al Vangelo: insomma la Chiesa vedeva che la Divina Provvidenza k affidava questi popoli perché li educasse alla verità de Vangelo, perché li avviasse sulla via della vera civiltà del vero progresso.

S. Gregorio, uomo tutto di Dio, per mezzo dei suo scritti e dei suoi apostoli conquistò alla fede e alla morale cristiana questi nuovi popoli, mentre la sede d Roma era circondata dalle spade nemiche.

Le ordinazioni, le prescrizioni, i moniti e le sentenze in materia di diritto, e le sue innumerevoli lettera recarono vera luce nella educazione dei popoli e furorn guida sicura anche negli affari più complicati e difficili.

I suoi scritti andavano a ruba tra il popolo, sia per l'argomento sempre di attualità e magistralmente trattato, sia per l'unzione celeste che spirava da ogni pagina, sia per lo stile semplice e confidente, proprio d un padre, che parla ai suoi figli ancora bambini.

Ma l'attività di S. Gregorio si estese anche largamente ai bisogni della Chiesa di Oriente. Prima di tutto combatté il bizantinismo del regime di Costantino poli, poi ne rintuzzò la smoderata vanità dei suoi patriarchi. Con invitta pazienza ed umile carità, ma con pari forza, dileguò le tendenze di separazione dalla Chiesa di Roma, e ritardò cosi per più secoli lo scisma greco.

Per opera di questo Pontefice scomparvero i funesti residui di superstizione e di culto idolatrico, si dileguarono le eresie che, sebbene più volte sconfitte, tentavano tuttavia di infiltrarsi nella nuova vita dei popoli.

Per le esperienze che S. Gregorio aveva delle cose di mondo, intervenne egli stesso alla difesa di Roma assalita dai nemici, protesse le regioni d'Italia minacciate dalla guerra e mandò istruzioni agli ufficiali sprovvisti di direttive e abbandonati a se stessi dal governo centrale.

In questo modo S. Gregorio pose i primi fondamenti dell'autorità temporale dei Papi.

S. Gregorio si addormentò nel Signore, ricco di meriti, il 12 marzo dell'anno 604.

PRATICA. Il Papa è il dolce Cristo in terra: a lui dobbiamo amore, fedeltà, ubbidienza, preghiera.

PREGHIERA. O Dio, che hai concesso i premi dell'eterna beatitudine al tuo servo Gregorio, concedi propizio a noi, che giacciamo sotto l'incubo delle nostre colpe, la grazia di essere da te sollevati per le sue preghiere.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa: dopo avere intrapreso la vita monastica, svolse l’incarico di legato apostolico a Costantinopoli; eletto poi in questo giorno alla Sede Romana, sistemò le questioni terrene e come servo dei servi si prese cura di quelle sacre. Si mostrò vero pastore nel governare la Chiesa, nel soccorrere in ogni modo i bisognosi, nel favorire la vita monastica e nel consolidare e propagare ovunque la fede, scrivendo a tal fine celebri libri di morale e di pastorale. Morì il 12 marzo.

✝ Pensiero del 03 settembre 2022

 


S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_alla_Fede

Versetto del Giorno
La giustizia consisterà per noi nel mettere in pratica tutti questi comandi, davanti al Signore Dio nostro, come ci ha ordinato.
Deuteronomio 6:25

Meditazione sul Vangelo di Lc 6, 1-5

In giorno di sabato, Davide entrò nella casa di Dio.

Il Vangelo di quest’oggi si inserisce in una delle situazioni di controversia che Gesù vive con le guide spirituali di Israele. La controversia riguarda il riposo sabbatico, una istituzione e un ordinamento fondamentali nel giudaismo rabbinico. I discepoli che hanno fame, raccolgono e sfregano delle spighe, nel giorno di sabato. I farisei, irritati, chiedono spiegazioni e Gesù risponde con l’episodio in cui Davide, per lo stesso motivo (la fame), supera la prescrizione legale, ma soprattutto Gesù rivendica l’autorità suprema sul sabato: “Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato”.

 “Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato”, il Figlio dell’uomo è signore della storia e del tempo, “il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato”. Gesù rompe con il legalismo ossessivo e oppressivo, con un’interpretazione troppo fiscale della legge. Ridona alla fede e al culto il suo vero significato: fede e culto devono nascere dalle profondità dell’uomo, dalla sua interiorità e coerenza di vita. Non sono legate a osservanze solo rituali ed esteriori. Il sabato, inoltre, è dato all’uomo come segno della sua libertà, perché nulla può o deve asservirlo. Gesù, tra rottura e continuità, si impone con novità assoluta, la novità imprevedibile di Dio. La Parola fatta carne e la sola che può dire la Parola. Nel mondo di oggi, Dio e il sabato, o meglio la domenica per noi cristiani, sembrano non avere più nessuna relazione? La domenica è momento di sosta durante la settimana, per rompere il ritmo quotidiano del lavoro divenuto pressante, frenetico e carico di tensione. Il rapporto con il tempo in genere è completamente cambiato. “Il tempo è denaro” è il detto corrente. Il tempo deve essere usato il più intensamente possibile, non se ne può sprecare nemmeno una briciola, perché significherebbe perdere ricchezza e potere. Allora si rincorre il tempo, divenuto ormai signore dell’uomo. L’uomo vive da schiavo, senza Dio, in nome della sua libertà. C’è da interrogarsi seriamente per chi e che cosa usiamo tempo, e su chi è al centro della nostra vita.

Sabato 03 Settembre 
S. Gregorio Magno (m); S. Febe; B. Guala
22.a del Tempo Ordinario
1Cor 4,6b-15; Sal 144; Lc 6,1-5
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

(Giovanni 14,6)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 144)
Rit: Il Signore è vicino a chiunque lo invoca.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

Appaga il desiderio di quelli che lo temono,
ascolta il loro grido e li salva.
Il Signore custodisce tutti quelli che lo amano,
ma distrugge tutti i malvagi.

Canti la mia bocca la lode del Signore
e benedica ogni vivente il suo santo nome,
in eterno e per sempre.

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

(Giovanni 14,6)


01 settembre, 2022

Rosario Livatino nel ricordo del cugino Salvatore Insenga

 Rosario Livatino nel ricordo del cugino Salvatore Insenga

di Francesco Inguanti
Salvatore Insenga è il cugino di Rosario Livatino. Lo abbiamo incontrato al Meeting di Rimini all’ingresso della mostra del magistrato ucciso dalla mafia e gli abbiamo chiesto di riscostruirne il ritratto dall’interno della famiglia.
Qual era con precisione il rapporto di parentela con Rosario Livatino?
Io e Rosario eravamo cugini, perché mia mamma e suo papà erano fratello e sorella. Siamo entrambi figli unici, quindi non ci sono altri cugini in famiglia. Con lui si estingue quel ramo della famiglia Livatino, anche se ci sono altri Livatino che sono parenti appartenenti ad un altro ramo.
Rosario era più grande di lei?
Tra me e lui ci sono 18 anni di differenza. Quindi io da bambino lo ricordo già universitario.
Che cosa ricorda di quei primi anni?
Il ricordo più caro è questa foto scattata per una festa di compleanno. Lui non era ancora laureato. Questa foto mi è cara perché è l’unica in cui lui è rivolto verso la macchina fotografica e sorride. Il piccolo in braccio sono io. Più avanti ci fu un avvenimento che cambiò le nostre vite e il nostro rapporto.
Quale?
La morte di mia nonna a seguito della quale il nostro rapporto si intensificò molto. Io avevo 12 anni e lui era già magistrato. Come era uso in quei tempi, la famiglia decise di affidarmi idealmente e non solo idealmente a lui. In quei giorni successivi al lutto, lui si occupò in tutti i modi di me, facendomi compagnia, consolandomi, mi distraeva in tutti i modi, mi comprava il gelato. Mi ha aiutato ad affrontare l’adolescenza. Da lì è nato un rapporto che da quel momento in poi si è fatto sempre più significativo.
Ma poi lei cresceva e diventava adolescente. Come cambiavano le cose?
Man mamo che io crescevo in conoscenza, curiosità, domande, (in quel periodo mi proclamavo ateo, avevo 16 anni, eravamo nel 1986) il rapporto si incrementava tra telefonate e incontri (la mia famiglia abitava a Palermo e la sua a Canicattì), e altro perché lui ci teneva a questo rapporto. Avevamo fortissimi scambi di opinioni.
Ma c’era sempre una certa differenza di età. Come influiva?
Certo, lui era già un uomo maturo, però mi provocava, mi stuzzicava, mi portava a intuire le cose, non mi dava mai risposte compiute. È stato per me una sorta di “precettore” sia dal punto di vista politico, cioè nell’accezione di polis, sia da un punto di vista religioso.
E quando divenne ancora più grande?
Mi iscrissi a Lettere e quindi erano molti gli spunti di discussione. Inoltre, sei mesi dopo la sua morte, io ho perso mio padre, perdendo così in breve tempo le due guide autorevoli della mia persona. Ed impressi una svolta alla mia vita.
Quale?
Decisi di lasciare Lettere per fare Teologia, all’Istituto di Scienze Religiose di Monreale. I miei maestri furono Francesco Conigliaro, Cosimo Scordato, ed anche altri che mi ricordavano in alcuni aspetti il modo di ragionare di mio cugino Rosario. Ricordo in particolare che Rosario chiedeva sempre la mia opinione. C’era una sorte di “corrispondenza d’amorosi sensi”, anche a livello letterario ma non solo, infatti, discutevano anche di cinema e teologia.
Perché a livello letterario?
Perché se vuoi conoscere Rosario devi leggere quello che lui leggeva. Non era solo un magistrato competente e basta, era un finissimo intellettuale che di professione era magistrato, ed era dotato di grande spiritualità. Ho imparato moltissimo da lui.
Un ricordo particolare?
Quando a 16 anni ero prossimo alla conversione ricordo che mi diceva presso a poco così: “non è importante che tu creda in Dio perché tanto Lui crede in te”. Questa espressione modificò il mio modo di ragionare; nel nostro rapporto vedevo che lui parlando con me parlava anche con sé stesso. Lui stava dandosi le risposte. Parlare con un ragazzo come me gli serviva per ritornare ragazzo, per ritrovare forse quella genuinità tipica dei giovani Quindi eravamo cugini atipici.
Voi in famiglia cosa percepivate del suo lavoro?
La sua professionalità emergeva nel “come”; nel come si portava il lavoro a casa, nel come assiduamente ci lavorava, nel come non si disperdeva mai quando lavorava. Per lui il lavoro era il lavoro. Però nel momento in cui lasciava il lavoro, esisteva la famiglia, e riusciva a trovare il tempo per i suoi genitori, per me e per tutti. Non mi telefonava quando lavorava, ma quando aveva tempo per potermi chiedere come stavo e cosa stessi facendo. E le telefonate non erano mai brevi né formali.
Ma del contenuto del suo lavoro cosa sapevate?
Lui non parlava certo del contenuto del suo lavoro, ma certamente del suo valore, del concetto del giudice, dell’interesse che aveva per l’anima degli altri. Questa attenzione per le persone e per le loro anime l’ha ricevuta da suo nonno.
Chi era suo nonno?
Il nonno era stato sindaco dal 1920 al 1923, in un tempo molto difficile. Si era dimesso con l’avvento del Fascismo poiché non ne condivideva i valori. Era uomo di grande personalità, avvocato, sindaco, antimafioso e antifascista. So dai racconti di mia madre, che ha fatto da balia a Rosario quando era piccolo e che era anche la sua madrina di battesimo, che erano simbiotici. Da lui ha ereditato e ha trasmesso a me e alla famiglia non solo la passione per gli studi giuridici, ma per la giustizia. Fin da bambino respirava in famiglia l’aria che lo portò a fare il magistrato.
Che rilievo ha avuto ed ha questa figura nella sua famiglia?
Ho tre figlie. La grande vive la figura di Rosario con distacco, perché ne avverte una sorta di paura; lo vede come una figura molto alta e colta e quindi difficile da raggiungere. La seconda invece vorrebbe ripercorrerne la strada e non a caso si è iscritta a giurisprudenza. La terza è ancora al liceo psico-pedagogico ed ha una spiccata tendenza nei rapporti con i ragazzi diversamente abili, che ha ereditato proprio da Rosario.
Torniamo alla formazione di Rosario.
Conosceva benissimo i “sacri testi” del marxismo come altrettanto bene conosceva tutti gli autori cattolici. Era poi particolarmente affezionato e competente di San Paolo VI. Le encicliche sociali di Montini erano per lui come una seconda Bibbia. Ecco perché per capire che tipo di giudice fosse Rosario, bisognerebbe leggere tutti i libri che sono conservati nella Casa Museo.
Cosa vi si trova e come si può visitare?
All’interno della casa Museo vi sono conservati tutti gli oggetti tra i quali è cresciuto e basta rivolgersi ai suoi custodi che prontamente la aprono. È un museo ma dovrebbe essere considerato anche un luogo di culto.
Come è nata la sua scelta di fare il magistrato?
Ho già detto dell’aria che ha respirato in casa. Da piccolo si sapeva che avrebbe fatto giurisprudenza, anche se non necessariamente il giudice. Magari avrebbe fatto l’avvocato, visto che il nonno e il padre erano avvocati.
E della pericolosità del suo lavoro faceva cenno in famiglia?
Mai. La scelta di non avere la scorta si accompagnava anche al fatto che tutta la famiglia e il vicinato vivevano con fastidio il via vai di auto della polizia che transitavano nei pressi. Ma probabilmente il motivo principale fu, come i fatti gli hanno dato ragione, di non coinvolgere altri in un ipotetico attentato.
Quindi la notizia della morte cruenta fu inaspettata?
Nessuno sapeva quali pericoli correva e lui faceva di tutto per occultarli; basti pensare che il giornalaio presso cui si recava tutti i giorni non sapeva che fosse un giudice.
Qual è la più grande eredità che ci lascia suo cugino?
La sua più grande eredità è una vera e propria “rivoluzione Copernicana”: lui non era semplicemente contro la mafia e più in generale contro l’illegalità, lui era sempre pro giustizia e pro legalità. Vedeva nell’altro sempre l’uomo e Dio anche se in quel momento era eclissato dalle azioni delittuose e viveva nella speranza che un giorno sarebbe “risorto”, proprio come Cristo.