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15 aprile, 2022

✝ Pensiero del 15 aprile 2022

 

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Gesù, inchiodato alla Croce, sembri immobile ed impotente, ma le Tue mani, sono aperte per abbracciarmi.
Santo Venerdì di Redenzione.
Nella MEMORIA dell'affondamento del TITANIC nel 1912 era 15 aprile alle ore 2.20 come oggi
Campo di concentramento di Bergen-Belsen
La liberazione del campo (15 aprile 1945)
Quando gli inglesi ed i canadesi della 11ª Divisione Corazzata dell'esercito britannico sotto il comando di Bernard Montgomery liberarono il campo il 15 aprile 1945 si trovarono di fronte ad uno spettacolo orrendo. Vi trovarono circa 60 000 prigionieri, una gran parte dei quali moribondi o in pessime condizioni di salute, e migliaia e migliaia di corpi insepolti od accatastati all'interno e nei pressi del campo.
Le strutture del campo di Bergen-Belsen dovettero essere bruciate con i lanciafiamme dagli inglesi stessi per combattere l'epidemia di tifo e l'infestazione da pidocchi. Ci vollero settimane a riportare la situazione sotto controllo, settimane durante le quali non si riuscì ad evitare la morte di oltre 13.000 ex-prigionieri, ormai troppo debilitati per sopravvivere. Una speciale cerimonia segnò il 21 maggio 1945 la distruzione delle ultime baracche del campo.
La liberazione del campo ebbe vastissima eco nell'opinione pubblica inglese e americana. Le immagini dei cadaveri insepolti e delle migliaia di persone moribonde furono pubblicate con grande rilievo sulla stampa, mentre le interviste ai sopravvissuti svelarono in modo inequivocabile la brutalità dei campi di concentramento nazisti.

Nel luglio 1945, circa 6.000 persone furono inviate per convalescenza dalla Croce Rossa in Svezia. Oltre 11.000 affollarono il campo profughi allestito dagli alleati nelle vicinanze del campo.

Meditazione sul Vangelo di Gv 18,1-19.42

Non rintocchi di morte, ma semi di vita.

Ti capita ancora se abiti in qualche paese di campagna o di periferia di sentire ogni tanto i rintocchi gravi di campana, quel rimbombo lento, talvolta straziante perché ti ricorda che vai a seppellire un amico, un familiare. Ed attorno si fa silenzio. Il paese si ferma, la gente si stringe attorno per darti quel poco di solidarietà che può. Si crea quell’atmosfera surreale, ma vera, di bisogno di superare lo smarrimento, che fa parte della nostra vita. Noi veniamo al mondo a suon di campane di allegria per il battesimo e siamo portati a sepoltura da rintocco di tristezza. Oggi ci dovrebbe essere questo silenzio: ancora in tante fabbriche, in tanti studi commerciali, in tanti luoghi istituzionali, si usa fare un momento di silenzio: ricordiamo la morte di Gesù. Possiamo essere credenti o no, ma tutti possiamo ricordare chi ha dato una svolta decisiva alla storia del mondo. Oggi per Lui c’è silenzio forse, non rintocco di campane. Non è morto come tutti e non è ricordato cadavere. Vogliamo risentirci per l’ennesima volta la sua passione, la vogliamo vedere rappresentata, noi stessi ci mettiamo ad assumere una parte in questa storia: c’è chi fa Giuda e rappresenta tutti i nostri tradimenti, chi fa Maria e rappresenta tutte le nostre mamme che soffrono per la morte dei figli, chi fa il soldato o la canaglia e rappresenta le nostre violenze quotidiane, chi fa il traditore lo fa per dare un volto a tutti i tradimenti della vita e della storia. Lì tutti andiamo a farci rappresentare, per farci giudicare. È una catarsi necessaria, non è una fiction, lì ci andiamo con il cuore pentito, almeno una volta nella vita. Chissà che proprio a questi sentimenti di stasera sia legata la nostra felicità definitiva, quella vera. I sentimenti sono passeggeri, ma se hanno sotto un cuore che ama, sono tappe di una vita nuova. Andiamo sotto quella croce a farci nascere speranza; perché quello che vediamo piagato e disprezzato non resta cadavere, ma trionfa sulla morte e dona vita piena.

Quella croce è segno di speranza e sconfigge ogni altra croce della nostra vita ed ogni violenza che rappresenta.

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte ed a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

(Filippesi 2,8-9)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 30)
Rit: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.

Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare.

Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.

Sul tuo servo fa splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore.

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte ed a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

(Filippesi 2,8-9)

14 aprile, 2022

Giovedì Santo

 Giovedì Santo

autore: Daniele Crespi anno: 1625 titolo: L'Ultima Cena luogo: Pinacoteca di Brera, Milano

Nome: Giovedì Santo
Titolo: L'ultima cena
Ricorrenza: 14 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Solennità


Il Giovedì Santo si celebra il rito della benedizione degli olii santi durante la Messa del Crisma al mattino e nel pomeriggio si ricorda l'ultima Cena del Signore nella messa serale dando così inizio al Triduo Santo.

Nella Chiesa, ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è "solidarietà", saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto». La sorgente di questo dono per la Chiesa e per ogni singolo credente è la Mensa Eucaristica nella quale la comunità radunata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito, ripetere il gesto compiuto da Gesù con l'istituzione del Sacramento dell'Altare.

Il comando di Gesù rivolto ai suoi discepoli chiamati a perpetuare quanto da lui stesso compiuto nel cenacolo si prolunga poi nel segno della lavanda dei piedi, tanto che lo stesso Maestro e Signore dice ai suoi commensali: «Vi ho dato l'esempio perché come ho fatto io facciate anche voi». Così facendo pone una relazione profonda e indisgiungibile tra l'Eucaristia, sacramento della sua offerta sacrificale al Padre per la salvezza del mondo, e il comandamento dell'amore che si traduce nel servizio incondizionato, sino al dono della vita, ai fratelli.

Dall'Eucaristia la Chiesa trae la sua origine permanente e all'Eucaristia essa deve fare ritorno in ogni istante della sua esistenza e della sua missione perché possa essere e crescere secondo il pensiero e il disegno di Dio. Del resto «la Chiesa è stata fondata, come comunità nuova del Popolo di Dio, nella comunità apostolica di quei dodici che, durante l'ultima cena, sono divenuti partecipi del corpo e del sangue del Signore sotto le specie del pane e del vino. Cristo aveva detto loro: "Prendete e mangiate...", "prendete e bevete". Ed essi, adempiendo questo suo comando, sono entrati, per la prima volta, in comunione sacramentale col Figlio di Dio, comunione che è pegno di vita eterna.

Da quel momento sino alla fine dei secoli, la Chiesa si costruisce mediante la stessa comunione col Figlio di Dio, che è pegno di pasqua eterna». La ricchezza di questo mistero di salvezza è sapientemente raccolta in un'opera in avorio che fa parte di una collezione più vasta di tavolette eburnee istoriate, molte delle quali illustrano scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, probabilmente costituenti nel loro insieme un paliotto d'altare. Oggi sono conservate al Museo S. Matteo di Salerno.

Ultima Cena Avori Salernitani


La "tavola" qui illustrata è divisa in verticale in due scene distinte e complementari. La parte superiore è occupata dall'episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, chiaro rimando al mistero eucaristico. Gesù è intento a consegnare il pane moltiplicato ai suoi discepoli che a loro volta lo distribuiscono alla folla. La parte inferiore è invece costituita a sua volta da due scene. Innanzitutto l'ultima cena, in cui possiamo vedere Gesù seduto assieme ai suoi discepoli a una tavola imbandita con al centro un grande pesce, simbolo cristologico ed eucaristico, poco prima di annunciare il tradimento di Giuda. Poi ecco la lavanda dei piedi, lì dove Gesù, dopo aver deposto la veste su uno sgabello posto alle sue spalle ed essersi cinto di un asciugatoio, lava i piedi a Pietro e agli altri discepoli. Il suo gesto ha una forte connotazione liturgica e richiama immediatamente ciò che durante la celebrazione della Cena Domini compie il sacerdote quando ripete l'azione compiuta da Gesù nel cenacolo.

Le due scene sono strettamente relazionate e celebrano un solo mistero: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Verso Cristo, il quale «ci nutrisce con tutto il sangue del suo corpo e del suo cuore, sotto il peso di inauditi dolori, pressato come in un torchio, solo per la forza del suo amore infinito» (M. S. Scheeben), si muove il cuore della Chiesa alla quale il Maestro «prima di consegnarsi alla morte, affidò il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore» (Preghiera Colletta).




ICONOGRAFIA


"Una casa. Al suo interno c’è una tavola con focacce e piatti colmi di cibo; c’è una coppa e un grande recipiente per il vino. Cristo è seduto a tavola con gli apostoli. Sul lato sinistro, Giovanni è disteso sul suo grembo; a destra Giuda allunga la mano nel piatto e guarda Cristo." Così recita il manoscritto d’iconografia bizantina redatto tra il X e l’XI secolo d. C. che detta le regole per rappresentare l'ormai tradizionale culto eucaristico con la figura di Cristo tra i discepoli.

Fractio Panis delle Catacombe di Priscilla
titolo Fractio Panis delle Catacombe di Priscilla


In epoca paleocristiana il rito del banchetto sacro, l'agape, veniva rappresentato nel contesto di un’abitazione, come nella Fractio Panis delle Catacombe di Priscilla risalenti al III sec sicuramente una delle più antiche raffigurazione della Cena Eucaristica. Col passare dei secoli troviamo un Cristo-Filosofo tra i discepoli, disposti a semicerchio coi pesci al centro come nel mosaico di Sant’Apollinare Nuovo (inizio del VI sec.) che non si discosta troppo dalla Codex Purpureus Rossanensis già ispirata a modelli orientali.

Codex Purpureus Rossanensis
titolo Codex Purpureus Rossanensis


Se con Giotto e Duccio possiamo ammirare i commensali sui due lati del tavolo con Cristo al centro, con Andrea del Castagno, il Ghirlandaio e Luca Signorelli vediamo gli apostoli allineati lungo un tavolo con Cristo al centro e Giuda da solo di fronte agli altri.

Ultima Cena
titolo Ultima Cena
autore Giotto anno 1303-1305


Ma la rappresentazione più celebre di sempre è quella vinciana, che ne rivoluziona i dettami con i 13 commensali tutti dallo stesso lato, le profonde fughe prospettiche e soprattutto la scelta del momento da rappresentare, ovvero l’annuncio dell’imminente tradimento e la conseguente reazione degli apostoli.

Ultima Cena
titolo Ultima Cena
autore Leonardo Da Vinci anno 1494-1498


Da lì a poco le varianti del Cenacolo saranno sempre più importanti. Perde di linearità e sintesi per arricchirsi di personaggi, animali e nuovi elementi con il capolavoro del Tintoretto.

Ultima Cena
titolo Ultima Cena
autore Tintoretto anno 1592-1594


O come la magnifica rappresentazione del pittore spagnolo Juan Vicente Macip realizzato tra il 1555-1562 e conservato nel Museo del Prado a Madrid.

Ultima Cena
titolo Ultima Cena
autore Juan Vicente Macip anno 1555 - 1562


Oltre alla raffigurazione dell'ultima cena nel Giovedì Santo viene rappresentata la lavanda dei piedi che è il gesto che Gesù fece durante l'Ultima Cena narrato nel Vangelo secondo Giovanni, atto che simbolizza l'amore di Cristo per gli umili. Uno dei dipinti più rappresentativi della scena è sicuramente quello di Giotto conservato nella Cappella degli Scrovegni a Padova.

Lavanda dei piedi
titolo Lavanda dei piedi
autore Giotto anno 1303-1305 circa


Ma anche il capolavoro del Caracciolo mostra come umilmente Gesù si inginocchia al cospetto di Pietro. Questi, che non può comprendere il gesto del Signore, tenta umilmente di sottrarvisi non ritenendosene degno. Gli altri apostoli si interrogano stupefatti con sguardi e gesti d'incredulità. Sul tavolo alle spalle di Gesù, ben illuminato, vi è un pane, ovvia allusione al pane eucaristico.

Lavanda dei piedi
titolo Lavanda dei piedi
autore Battistello Caracciolo anno 

✝ Pensiero del 14 aprile 2022

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Nell'agonia del Getsemani, c'è un Mistero, che non possiamo comprendere. Possiamo, semplicemente stare lì vicino a Gesù, vigilanti nell'amore. 

Santo TRIDUO

Meditazione sul Vangelo di Gv 13,1-15

Tutto comincia da qui.

È sempre bello poter rifarsi a qualcosa che t'incanta e t'incatena nello stesso tempo. È l’amore, per esempio, tra un uomo ed una donna, tra un ragazzo ed una ragazza: «Sei passato per caso, s’è accesa una passione, uno spasimo, una gioia che non puoi contenere, hai fatto pazzie per capire, per incontrarti, per vedere come saziare questo desiderio, come dargli un nome, come possederlo: non ce l’hai mai fatta perché ogni espressione non è mai stata capace di definirlo, di comprenderlo fino in fondo; c’è sempre stata una sete che non poteva esaurirsi. La vita è così: accende forti passioni per farci alzare lo sguardo all’infinito, anche se noi facciamo finta che ci possiamo accontentare di qualcosa che vale molto meno: i soldi, il potere, il sesso fine a se stesso. Ma nessuno si inganni con se stesso: sono tutte pezze di felicità che cercano di tappare un colabrodo che è la nostra vita e che fa acqua da tutte le parti. Per un cristiano, un’esperienza profonda è l’Eucaristia, questa semplicissima cena, in cui Gesù anticipa nei gesti, nei segni, nel pane e nel vino l’offerta di sé per la pienezza di vita del mondo, per colmare la sete di amore dell’uomo, per proporsi come riferimento alle nostre ricerche e alle nostre paure. È contemplazione soprattutto, ma anche decisione di mettersi al servizio degli altri. Frasi fatte, ma non sempre, perché in quell’ultima cena Gesù si mette a lavare i piedi agli apostoli. Tra l’annuncio di un tradimento e la crocifissione, prende tra le mani quei piedi e li lava. Ha strofinato con le sue mani i piedi di Pietro, quelli che l’avrebbero fra poco portato lontano da lui nel tradimento, ha preso tra le mani i piedi di Giovanni, il giovane innocente e ingenuo che avrebbe preso il suo posto accanto alla mamma Maria, ha preso tra le mani i piedi di Giuda che presto avrebbero oscillato al vento, ha preso tra le mani i piedi di ciascuno di noi, ha pensato a tutti i nostri percorsi sbagliati, le nostre fughe da lui, le nostre avventure incoscienti, i nostri tradimenti ed i nostri passi d’amore verso i poveri. A quei piedi è affidato l’annuncio di speranza che dovrà varcare ogni confine del mondo».

A noi questa speranza è arrivata e non dobbiamo tenerla per noi.

Giovedì 14 Aprile 
Giovedì Santo – CENA DEL SIGNORE

S. Lamberto; Ss. Tiburzio, Valeriano e Massimo
Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza
Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

Gloria e lode a te, Cristo Signore!
Lo Spirito del Signore è sopra di me: «Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio».

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

(Isaia 61,1)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 88)
Rit: Canterò per sempre l’amore del Signore.

Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l’ho consacrato;
la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.

La mia fedeltà e il mio amore saranno con lui
e nel mio nome s’innalzerà la sua fronte.
Egli mi invocherà: «Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza».

Gloria e lode a te, Cristo Signore!
Lo Spirito del Signore è sopra di me: «Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio».

Gloria e lode a te, Cristo Signore!

(Isaia 61,1)

13 aprile, 2022

Mons. Giacomo Morandi nel 77° del Martirio del Beato Rolando Rivi

Sulla sua tomba, papà Roberto fece scrivere le parole da lui composte: “Tu che dalle tenebre e dall’odio fosti spento, vivi nella luce e pace di Cristo

 Sulla sua tomba, papà Roberto fece scrivere le parole da lui composte: “Tu che dalle tenebre e dall’odio fosti spento, vivi nella luce e pace di Cristo”.

Sono i giovani d'oggi a doversi sostenere nel prendere decisioni coraggiose e definitive, non dimenticando che Rolandi Rivi proclamò a fronte alta davanti al mondo: “Vitam et sanguinem pro Christo nostro Rege”. Solo ragazzi e giovani come lui potranno essere capaci ancora d'una rivoluzione spirituale davanti a cui nessuno potrà chiudere gli occhi e tanto meno chiudere il cuore.



Preghiera della sera Preghiera per chiedere Grazie con l’intercessione del beato Rolando Maria Rivi

 Preghiera della sera


Preghiera per chiedere Grazie con l’intercessione del beato Rolando Maria Rivi
O Dio, Padre misericordioso,
che scegli i piccoli
per confondere i potenti del mondo,

Ti ringrazio per averci donato,
nel seminarista Rolando Rivi,
una testimonianza di amore totale
al Tuo Figlio Gesù e alla sua Chiesa,
fino al sacrificio della vita.

Illuminato da questo esempio
e per intercessione di Rolando,
Ti chiedo di darmi la forza
di essere sempre segno vivo
del Tuo amore nel mondo

e Ti supplico di volermi concedere la grazia…
che ardentemente desidero.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

Glória Patri
et Fílio
et Spirítui Sancto.

Sicut erat in princípio,
et nunc et semper
et in sǽcula sæculórum. Amen. 


Don Mario Galbiati, fondatore di Radio Maria, e Radio Mater, ospite di Monica Mondo a #SOUL


Don Mario Galbiati, fondatore di Radio Maria, e Radio Mater, ospite di Monica Mondo a #SOUL

Santo Rosario nel 77° anniversario del martirio del Beato Rolando Rivi.

Era il venerdì Santo del 13 aprile 1945 alle ore 15.00 A Monchio Reggio Emilia I Partigiani: «Da domani avremo un prete di meno».

 Rolando Maria Rivi in Odio alla Fede ed in Odio alla Veste Talare.

Diocesi Propria Emilia Romagna

I Partigiani:
«Da domani avremo un prete di meno».

era il venerdì Santo del 13 aprile 1945
alle ore 15.00

A Monchio Reggio Emilia



Beato Rolando Maria Rivi


Nome: Beato Rolando Maria Rivi

Titolo: Seminarista e martire
Nascita: 7 gennaio 1931, San Valentino, Reggio Emilia
Morte: 13 aprile 1945, Piane di Monchio, Modena
Ricorrenza: 13 aprile e Memoria Liturgica 29 maggio
Tipologia: Commemorazione


Rolando Rivi nasce il 7 gennaio 1931, nella Casa del Poggiolo, a San Valentino, nel Comune di Castellarano (Reggio Emilia). Il padre si chiama Roberto Rivi e la madre Albertina Canovi.

Fanciullo intelligente e vivace, intimamente amico di Gesù, chierichetto assiduo nel servizio all'altare, si sente presto chiamato da Dio a diventare sacerdote. Nell'ottobre del 1942, a undici anni, Rolando Rivi entra nel Seminario minore di Marola, nel Comune di Carpineti (Reggio Emilia), e veste l'abito talare. Qui si distingue per lo studio, l'amore al Signore Gesù, la preghiera intensa, la bontà verso gli altri.

Nell'estate del 1944 il Seminario viene chiuso per motivi di guerra. Rolando torna a casa, ma continua a fare vita da seminarista, indossando sempre l'abito talare e alimentando il suo desiderio di diventare sacerdote e missionario con la Confessione, la Comunione quotidiana e il Santo Rosario alla Madonna.

Venerdì 13 aprile 1945, nel clima di odio contro i sacerdoti diffusosi in quel periodo sul finire della seconda guerra mondiale, Rolando Rivi viene barbaramente ucciso da un gruppo di partigiani comunisti in località Piane di Monchio (Modena) per la sola colpa di indossare l'abito talare e testimoniare la sua fede cristiana. Il Comitato Amici di Rolando Rivi ha promosso la causa di beatificazione.

Il 21 settembre 2013 Papa Francesco ha firmato la Lettera Apostolica che proclama Rolando Beato per aver testimoniato la fede sino al martirio. La cerimonia di beatificazione si è svolta a Modena il 5 ottobre 2013.

Mercoledì Santo

 Mercoledì Santo


Nome: Mercoledì Santo
Titolo: Il tradimento di Giuda
Ricorrenza: 13 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Nel terzo giorno della Settimana Santa, il mercoledì, si ricorda una triste vicenda, il tradimento di Gesù da parte di uno dei suoi discepoli, Giuda Iscariota, si approfondisce questa parte del Vangelo già accennata il giorno precedente.

Il brano in questione recita “In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: -Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?”- E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.”

Mentre sono a cena  tutti assieme, Gesù annuncia l'imminente tradimento da parte di uno di loro, e risponde a chi gli chiede chi sia : “Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!” Giuda, il traditore, disse: “Rabbì, sono forse io?” Gli rispose: “Tu l’hai dettoquasi come a lasciargli una scelta, la possibilità di ripensarci.

Ma cosa ha portato Giuda a questa decisione? Che Gesù non abbia accettato le sue critiche su quanto successo giorni prima, la sua osservazione sullo spreco che fa la donna dell'olio profumato che ha usato per lavargli i piedi.

La tristezza di questo tradimento è resa dalle parole “Colui che ha intinto con me la mano nel piatto”  perché questo è un gesto che indica espressione di intimità e fiducia. Il racconto serve a ricordarci che chiunque di noi potrebbe comportarsi come Giuda, chiunque, pur affermando di amare il Signore,  potrebbe  tradirlo  con le proprie azioni, i compromessi. Ma nonostante tutto, l'amore di Gesù supera il tradimento e la negazione, perché è immenso e gratuito, non dipende cioè da quello che facciamo per lui. Questa è la sua grandezza.

✝ Pensiero del 13 aprile 2022

 

S. T. D. E DELLA B. V. M.

Beato Rosario Angelo Livatino_GIUDICE UOMO LAICO_MARTIRE PER LA GIUSTIZIA E PER LA VERITÁ in_Odio_ alla_Fede

Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli,
sulla terra e sotto terra,
perché Gesù umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Gesù Cristo è Signore
a gloria di Dio Padre. 

(Filippesi 2,10.8.11)

Meditazione sul Vangelo di Mt 26,14-25

Non siamo destinati, ma liberati.

Non c‘è nessun destino nella vita umana, c’è sempre e solo capacità di intercettare una proposta, una chiamata e la creatività di rispondere o di rifiutare. Dio ci fa liberi, ma la nostra vita non è automaticamente collocata nella bontà. Esiste sempre la necessità di scegliere e le scelte sono collocate entro un disegno di amore. Destino è una parola che non sta bene sulla bocca del cristiano e noi la usiamo molto spesso. Era destino che… è stato il suo destino… vuol dire che era destinato a… ce l’ha messa tutta, ma non ce l’ha fatta: era destino che… Non è assolutamente vero. Dio ci chiama alla libertà e ci offre tutte le condizioni per viverla. Resta sempre un grande mistero, quello sì. E la parola mistero non è un’affermazione sbrigativa, per dirci che non val la pena di pensarci, ma è una espressione di coinvolgimento in un piano superiore alle nostre vedute e immerso in una atmosfera di amore. Resta un mistero la sua volontà che non può essere scalfita da disobbedienza alcuna; resta un mistero la nostra libertà di scegliere; resta un mistero come si accordino, ma sappiamo che in Dio abbiamo un posto di amore. Giuda non ci ha più creduto; si è tormentato, si è confrontato, ha avuto la debolezza di lasciarsi incantare da abbagli di morte e non ha più avuto il coraggio di riprendere in mano la vita, come invece è riuscito a fare Pietro. Ambedue traditori, ma uno chiuso in sé, l‘altro aperto alla misericordia di Dio. È penosa la scena di quella intimità profonda tra Gesù e i suoi all’ultima cena. Gesù apre tutto il suo cuore in maniera struggente e tutti stanno a tirarsi indietro con quel bugiardo: sono forse io Signore? Si, ciascuno aveva in cuore un piccolo o grande tradimento, ciascuno il giorno dopo non avrebbe retto alla prova, si sarebbe squagliato, avrebbe fatto tutte le carte false possibili per far credere di non essere mai stato con Lui. Anche noi forse in queste giornate vedremo rappresentazioni della passione: Staremo anche noi a tirarci indietro con quel farisaico “sono forse io Signore?”.

O ci rigireremo le nostre responsabilità e apriremo la mente, il cuore a quella unica speranza della nostra vita che è il suo perdono?

Mercoledì 13 Aprile 
Settimana Santa, Beato Rolando Maria Rivi in Odio alla Fede ed in Odio alla Veste Talare.

Diocesi Propria Emilia Romagna

S. Martino I; S. Ermenegildo; B. Ida
O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi
Is 50,4-9a; Sal 68; Mt 26,14-25

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Salve, nostro Re, obbediente al Padre: «Sei stato condotto alla croce, come agnello mansueto al macello».

Lode e onore a te, Signore Gesù!

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 68)
Rit: O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi.

Per te io sopporto l’insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
sono diventato un estraneo ai miei fratelli,
uno straniero per i figli di mia madre.
Perché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.

Mi sento venir meno.
Mi aspettavo compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
Mi hanno messo veleno nel cibo
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.

Loderò il nome di Dio con un canto,
lo magnificherò con un ringraziamento,
Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Salve, nostro Re, obbediente al Padre: «Sei stato condotto alla croce, come agnello mansueto al macello».

Lode e onore a te, Signore Gesù!

12 aprile, 2022

San Giuseppe Moscati

 San Giuseppe Moscati


Nome: San Giuseppe Moscati
Titolo: Laico
Nascita: 25 luglio 1880, Benevento
Morte: 12 aprile 1927, Napoli
Ricorrenza: 12 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Luogo reliquie:Chiesa del Gesù Nuovo


Settimo figlio di Francesco, magistrato, e di Rosa De Luca, Giuseppe nacque a Benevento il 25 luglio 1880. Ma era cresciuto a Napoli, dove la famiglia si era trasferita essendo il papà stato chiamato a svolgere la sua professione presso la Corte d'appello. Giuseppe era dotato di una vivace intelligenza, ma anche di una intensa sensibilità religiosa e umana che lo portava a essere vicino a chi si trovava nel disagio e nella sofferenza.

Per fare qualcosa di concreto per loro, decise di fare il medico. Con i rimedi offerti dalla medicina avrebbe portato anche il conforto della fede. Studiò con impegno, tanto da riuscire a laurearsi a soli ventidue anni. E con il massimo dei voti. Partecipò ad alcuni importanti concorsi, che vinse, aprendosi la strada per una brillante e comoda carriera. Ottenne l'abilitazione all'insegnamento universitario ed entrò nella prestigiosa Accademia partenopea di medicina e chirurgia. Ma poi mise tutte le sue doti di intelligenza e di cuore al servizio dei malati poveri scegliendo il posto di «medico ordinario» nell'Ospedale degli incurabili, il più antico della città. Ritenne quello il luogo ideale per poter svolgere la missione che s'era prefissato fin da ragazzino, così sintetizzata in un suo scritto: «Negli ospedali la missione dei medici è di collaborare all'infinita misericordia di Dio, aiutando, perdonando, sacrificandosi».

A questo programma ispirò la sua vita di medico, dedicandosi senza risparmio a lenire le sofferenze degli altri, sia nella quotidiana assistenza ai malati in ospedale o andandoli a visitare nei miseri tuguri dei quartieri più poveri della città, sia dedicandosi allo studio e alla ricerca per aggiornare le proprie conoscenze da porre al servizio dei malati.

Come diagnostico era bravissimo. In un tempo in cui gli strumenti di analisi e di ricerca erano quasi inesistenti, l'individuazione della malattia era affidata alla preparazione e all'intuizione del medico. E in questo la capacità di diagnosticare di Moscati sorprendeva gli stessi colleghi che vedevano nelle sue diagnosi qualcosa di miracoloso. Lui con molta umiltà rispondeva che aveva una fonte segreta cui attingeva a piene mani ed era l'eucaristia alla quale si accostava ogni giorno. Dio è l'artefice della vita, era solito dire, noi siamo suoi collaboratori, ma il più lo fa lui.

Una volta era riuscito a diagnosticare l'esatta malattia di un operaio che i suoi colleghi avevano inesorabilmente dichiarato tisico: si trattava invece di un ascesso polmonare che con una cura apposita si risolse. L'operaio, felice per la salute ritrovata, voleva a tutti i costi pagarlo. E Moscati: «Se proprio mi vuoi pagare, vatti a confessare perché è Dio che ti ha salvato».

Con i poveri si comportava sempre così, non accettava compensi. Caso mai, era lui a dare loro qualche soldo. Non faceva il medico per la carriera, e tanto meno per arricchirsi. Come Francesco d'Assisi aveva preso sul serio la povertà evangelica, a essa conformava la propria vita. Viveva da povero e con i poveri spartiva quello che aveva. Assisteva, ad esempio, un anziano signore che viveva in uno dei miserevoli tuguri della città, e non potendo andare a trovarlo ogni giorno, lo aveva invitato a recarsi tutte le mattine a fare colazione (avrebbe pagato lui) al bar di fronte all'entrata dell'ospedale. «Andando al lavoro — gli aveva detto — darò un'occhiata all'interno del caffè, se vi vedo vuol dire che tutto va bene, altrimenti verrò a farvi visita a casa».

La carità gli moltiplicava le forze, lo rendeva disponibile ai suoi malati, ai suoi poveri in qualsiasi ora del giorno e della notte e sempre in prima fila, quando calamità e tragedie colpivano la povera gente. Nel 1906 c'era stata un'eruzione del Vesuvio particolarmente violenta. Molti i danni e le vittime. A Torre del Greco, uno dei paesi più colpiti, l'ospedale dove erano ricoverati gli anziani minacciava di crollare sotto il peso di quintali di cenere: bisognava sgomberare in tutta fretta i reparti. Moscati, allora giovane medico, si era associato ai soccorritori lavorando duramente per trasferire malati e quant'altro era ritenuto utile: venti ore di lavoro, sotto la minaccia della lava che continuava ad avanzare lungo le pendici del vulcano. Avevano trasferito l'ultimo degente quando l'ospedale rovinava fragorosamente sui letti ormai vuoti.

Ma anche quando, nel 1911, Napoli fu colpita da una terribile epidemia di colera, il medico Moscati non risparmiò tempo ed energie: molti poveri se la cavarono, grazie alle sue cure, e altri morirono con il conforto della fede che lui aveva loro portato.

Moscati, medico buono e santo che aveva posto la sua intelligenza e il suo cuore al servizio dei poveri e dei sofferenti, moriva in età ancora giovane, a soli quarantasette anni, il pomeriggio del 12 aprile 1927. La mattina s'era recato come al solito all'ospedale a visitare i malati. Avrebbe dovuto proseguire le visite il pomeriggio, ma i suoi pazienti lo attesero invano. Verso le quindici avvertì un intenso malore. Ritiratosi nella camera, si accasciò sulla poltrona. «Sto male», disse ai fratelli che lo avevano visto impallidire. Furono le ultime parole. Un istante dopo cessava di vivere.

I poveri di Napoli accolsero la notizia con dolore e costernazione. Perdendo lui, perdevano un amico, un fratello. Ma guadagnavano un santo in cielo. E tale lo ritennero da subito.

Paolo VI confermò la loro certezza elevandolo nel 1975 all'onore degli altari con il titolo di beato. Fu proclamato santo nel 1987 da Giovanni Paolo Il, al termine del sinodo dei vescovi «Sulla vocazione e missione dei laici nella chiesa».

MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, san Giuseppe Moscati, che, medico, mai venne meno al suo servizio di quotidiana e infaticabile opera di assistenza ai malati, per la quale non chiedeva alcun compenso ai più poveri, e nel prendersi cura dei corpi accudiva al tempo stesso con grande amore anche le anime.

Martedì Santo

Martedì Santo


Nome: Martedì Santo
Titolo: Gesù tradito e rinnegato
Ricorrenza: 12 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione


Nel secondo giorno della Settimana Santa che precede la Pasqua si riflette sul brano del Vangelo che descrive l'annuncio del tradimento di Gesù, che Egli fa ai suoi discepoli.

“In quel tempo, mentre Gesù era a mensa con i suoi discepoli, si commosse profondamente e dichiarò: -In verità, in verità vi dico, uno di voi mi tradirà.- I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse.” Ovviamente sono tutti esterrefatti, increduli che uno di loro possa fare una cosa del genere, e lo stesso Giuda capisce che Gesù è a conoscenza delle sue intenzioni, ma non cambia idea e va avanti nel suo proposito.

Quando gli chiedono chi compirà questo orribile gesto, Gesù risponde “È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò”. E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui.”

Dove prima c'erano dubbi, calcoli, ragionamenti, adesso c'è il male, l'oscurità, la tenebra, è Satana che ha portato l'odio nel cuore del discepolo, che si allontana poi nella notte dopo l'esortazione “Quello che devi fare fallo al più presto”. E' tutto deciso, tutto va come dovrebbe, e allora il Figlio di Dio afferma “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui.” La sua morte non è una sconfitta ma un trionfo, è appunto la sua glorificazione che porterà il ritorno al Padre. Dopodiché annuncia “Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma [...]dove vado io voi non potete venire” E alla protesta di Pietro “perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!” la risposta “in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte” è in fondo l'annuncio di un ulteriore tradimento.