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21 novembre, 2021

TU SEI IL MIO RE

 TU SEI IL MIO RE


Christus vincit

Christus vincit, Christus regnat,
Christus, Christus imperat!
Laudate Dominum omnes gentes;
laudate eum omnes populi.
Quoniam confirmata est
super nos misericordia eius,
et veritas Domini manet in aeternum.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto,
sicut erat in principio, et nunc, et semper
et in saecula saeculorum. Amen.
Cristus vincit, Christus regnat,
Christus imperat!
Con strofe in italiano:

Christus vincit! Christus regnat!
Christus, Christus imperat!
A te, N.N., successore di Pietro
e pastore di tutto il gregge di Dio,
pace, vita e salvezza
in questo giorno e per sempre!
A te, N.N., vescovo di questa Chiesa,
a tutti i ministri e a tutto il popolo dei credenti
pace, vita e salvezza
in questo giorno e per sempre.
Venga la gioia di Cristo!
Venga la pace di Cristo!
Venga il regno di Cristo!

Io vedo il Re

Presentazione della Beata Vergine Maria

 Presentazione della Beata Vergine Maria

autore: Sirani Giovanni Andrea anno: 1643 circa titolo: Presentazione della Vergine al Tempio luogo: Pinacoteca Nazionale, Bologna

Nome: Presentazione della Beata Vergine Maria
Titolo: Dedicazione di Maria al Signore
Ricorrenza: 21 novembre
Tipologia: Memoria liturgica
Patrona di:MonfalconeFarra di SoligoSan Canzian d'IsonzoFogliano RedipugliaCavaso del TombaMoggio UdineseForni di SopraLasnigoFraconalto
Maria aveva raggiunta l'età di tre anni, ed i suoi genitori, secondo la promessa fatta, la portarono al tempio onde consacrarla al Signore.

Possiamo immaginare il loro dolore nel doversi separare da Colei che per tanto tempo avevano aspettato, per cui tanto avevano sospirato e pregato, e che formava l'unica consolazione e l'unico conforto della loro vecchiaia. Ma la fedeltà al voto doveva trionfare sull'amor naturale, ed essi si disposero al grande sacrifizio.

Maria invece, sebbene piccolina, appena seppe che doveva recarsi al tempio, ben volentieri acconsentì, per consacrarsi interamente al Signore e dimorare in mezzo alle vergini votate al ministero del tempio.

Consolata da questo pensiero, Maria insisté presso i genitori, affinché venisse sollecitata la partenza verso il monte santo, su cui si ergeva superbo e magnifico il tempio di Gerusalemme. E l'ora giunse: Maria si avviò verso la grande città.

Appena scorse da lontano il luogo della sua dimora innalzò i suoi occhi al cielo, ed adorò Colui che doveva incarnarsi nel suo seno.

Il Sommo Sacerdote all'apparire di quella fanciulla rimase estasiato. Quel volto più divino che umano, quegli occhi limpidi e affascinanti, quelle labbra socchiuse ad un sorriso, davano alla fanciulla un'espressione angelica. Il Sacerdote quasi non osava toccarla e solo alle preghiere dei genitori si decise a prendere la fanciulla e ad offrirla al Signore, Dio d'Israele.

E così Maria, docile alla voce celeste, dimentica del popolo e della casa paterna, offrì al suo Divino Sposo il sacrificio più puro, più gradito e più perfetto che abbia mai ricevuto la Divina Maestà dopo il sacrificio della croce.

Intanto la Vergine, ritirata fra quelle mura, dava esempi sublimi di umiltà e modestia: sempre sorridente e gentile con le sue compagne, non faceva mai nulla che le potesse disgustare. La sua anima, sempre assorta in Dio, si intratteneva in lunghe orazioni e veglie, e non sapeva distaccarsi dalla contemplazione del suo Diletto.

Studiava molto le Sacre Scritture, imparò a tessere la seta e le altre stoffe per preparare gli abiti ai sacerdoti e gli, indumenti per il tempio.

E così Maria, qual viola nascosta, trascorse circa undici anni nel ritiro.

PRATICA. Impariamo da Maria a consacrare le nostre forze al Signore e a servirlo con la massima fedeltà.

PREGHIERA. O Dio, che hai voluto che la Beata Maria sempre Vergine, abitacolo dello Spirito Santo, quest'oggi fosse presentata al tempio, deh! fa' che noi per sua intercessione meritiamo di essere presenti nel tempio della sua gloria.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria della Presentazione della beata Vergine Maria. Il giorno dopo la dedicazione della basilica di Santa Maria Nuova costruita presso il muro del tempio di Gerusalemme, si celebra la dedicazione che fece di se stessa a Dio fin dall'infanzia colei che, sotto l'azione dello Spirito Santo, della cui grazia era stata riempita già nella sua immacolata concezione, sarebbe poi divenuta la Madre di Dio.

Solennità di Cristo Re

 Solennità di Cristo Re


Nome: Solennità di Cristo Re
Ricorrenza: 21 novembre
Tipologia: Solennità
Patrono di:ValdericeValledoriaNumanaAymavilles
Il Papa Pio XI, istituendo nell'anno Giubilare 1925 la nuova solennità di Cristo Re, pubblicava la sapientissima enciclica « Quas primas ». Ne riportiamo i punti principali.

« Avendo concorso quest'Anno Santo non in uno ma in più modi, ad illustrare il regno di Cristo, ci sembra che faremo cosa quanto mai consentanea al Nostro apostolico ufficio, se, assecondando le preghiere di moltissimi Cardinali, Vescovi e fedeli fatte a Noi, sia da soli, sia collettivamente, chiuderemo questo stesso Anno coll'introdurre nella sacra Liturgia una festa speciale di Gesù Cristo Re. Da gran tempo si è usato comunemente di chiamare Cristo con l'appellativo di Re, per il sommo grado di eccellenza che ha in modo sovraeminenie fra tutte le cose create. In tal modo infatti, si dice che Egli regna nelle menti degli uomini, non solo per l'altezza del suo pensiero e per la vastità della sua scienza, ma anche perché Egli è la Verità, ed è necessario che gli uomini attingano e ricevano con obbedienza da lui la verità. Similmente Egli regna nelle volontà degli uomini sia perché in Lui alla santità della volontà divina risponde la perfetta integrità e sottomissione della volontà umana, sia perchè con le sue ispirazioni influisce sulla libera volontà nostra, in modo da infiammarci verso le più nobili cose. Infine Cristo è riconosciuto Re dei cuori, per quella sua carità che sorpassa ogni comprensione umana e per le attrattive della sua mansuetudine e benignità ».

La regalità di Gesù Cristo « consta di una triplice potestà: la prima è la potestà legislativa. È dogma di fede che Gesù Cristo è stato dato agli uomini quale Redentore in cui essi debbono riporre la loro fiducia e nel tempo stesso come Legislatore, a cui debbono ubbidire. In secondo luogo egli ebbe dal padre la potestà di giudicare il cielo e la terra, non solo come Dio, ma ancora come uomo. Infine diciamo che Gesù Cristo ha pure il diritto di premiare o punire gli uomini anche durante la loro vita ».

Dove si trova il regno di N. S. Gesù Cristo? Di quali caratteri particolari è dotato? Come si acquista? Il regno di N. S. Gesù Cristo « ha principalmente carattere soprannaturale e attinente alle cose spirituali. Infatti quando i Giudei e gli stessi Apostoli credevano per errore che il Messia avrebbe reso la libertà al popolo ed avrebbe ripristinato il regno di Israele, Egli cercò di togliere loro dal capo queste vane attese, e questa speranza ». Così pure quando la folla, presa da ammirazione per gli strepitosi prodigi da lui operati, voleva acclamarlo re, egli miracolosamente si sottrasse ai loro sguardi e si nascose: ed a Pilato che l'aveva interrogato sul suo regno rispose: « Il mio regno non è di questo mondo ». L'ingresso in questo regno soprannaturale, si attua mediante la penitenza e la fede, e richiede nei sudditi il distacco dalle ricchezze e dalle cose terrene, la mitezza dei costumi, la fame e la sete di giustizia ed inoltre il rinnegamento di se stessi per portare la croce dietro al Signore. Ecco il programma di ogni cristiano che vuole essere vero suddito di Gesù Cristo Re!

MASSIMA. Al regno di Cristo tutti gli uomini sono invitati a entrare mediante la penitenza; questo regno è opposto al regno di Satana e richiede che i suoi sudditi tengano l'animo distaccato dalle ricchezze terrene, e che prendano la loro croce per seguire Gesù Cristo Re. Pio XI.

PRATICA. Consacratevi con tutto il cuore alla sequela di Gesù Cristo, eleggetelo per re della vostra mente, del vostro cuore e della vostra vita.

O Gesù, regna nelle menti e nei cuor E il mondo formi il tuo regno d'amor.

MARTIROLOGIO ROMANO. Solennità di nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo: a Lui solo il potere, la gloria e la maestà negli infiniti secoli dei secoli.

Pensiero del 21 novembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Gv 18,33-37

Signore sei Re.

Il tema dominante di questa domenica è naturalmente la regalità di Gesù Cristo. Ma cosa significa parlare di Cristo “Re”? Il profeta Daniele anticipa riguardo a lui: «Gli diede potere, gloria e regno… non sarà mai distrutto». Ascoltando il Vangelo abbiamo sentito affermare questa regalità in modo diretto. Alla domanda di Pilato: «Tu sei re?» Gesù risponde: «Sì, tu lo dici, io sono re». Ma nella concezione di regalità di Pilato e in quella di Gesù esistono caratteristiche opposte: secondo Pilato la regalità è espressione di forza e potenza che si impone sugli altri, rappresentata dall’imperatore o, al massimo, da Erode. Quando Gesù si autodefinisce re, non si allinea a questa idea terrena, ma rivolge il suo sguardo oltre questo mondo, orientandosi totalmente nella dimensione di Dio.

I profeti annunciarono l’avvento del regno messianico di Cristo. Esso si configura come il compimento delle promesse di Dio in Cristo, il Figlio dell’Uomo a cui Dio dà il potere, la gloria e il regno eterno. Questo regno è presente in questo mondo, ma non gli appartiene. Non lo si vede perché è regno dello Spirito, e perciò risiede nei cuori di coloro che, con fede, accolgono la Parola di Gesù mettendola in pratica ogni giorno. In quanto accolto nei cuori, Cristo Re partecipa la sua regalità a tutti i discepoli che vivono nella verità, cioè in sintonia con lui. Coloro che hanno conosciuto il Gesù terreno aspettavano l’instaurazione di un Regno politico, che si sarebbe avvicendato al dominio dei Romani con forza e violenza. Forse anche oggi tra i suoi discepoli c’è chi spera in un simile intervento risolutore, da parte di Dio, nei confronti di tutti i mali e dolori che affliggono questo nostro mondo. Ma abbiamo visto e crediamo che il Regno di Dio è tale, se ogni uomo è capace di accogliere liberamente e far dimorare stabilmente in sé la verità, praticandola ogni giorno, secondo gli insegnamenti evangelici. Il battesimo ci conferisce anche il dono della regalità, che è presente in noi in maniera latente, e che si dispiega con tutta la sua magnificenza solo accogliendo e praticando il comandamento dell’amore.

21 Novembre 

Il Signore regna, si riveste di splendore

Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!

 (Marco 11,9.10)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 92)
Rit: Il Signore regna, si riveste di splendore.

Il Signore regna, si riveste di maestà:
si riveste il Signore, si cinge di forza.

È stabile il mondo, non potrà vacillare.
Stabile è il tuo trono da sempre,
dall’eternità tu sei.

Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!
La santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!

 (Marco 11,9.10)

20 novembre, 2021

Servo di Dio don Jan Macha (1914-1942), sacerdote diocesano

 

Servo di Dio don Jan Macha (1914-1942), sacerdote diocesano

È nato il 18 gennaio 1914 a Chorzów come il figlio maggiore di Paweł e Anna cognome di nascita Cofałka. La scuola elementare e il ginnasio li ha finiti nella città familiare. Subito dopo l’esame di maturità cercava di essere ammesso al Seminario Ecclesiastico della Slesia di Cracovia. Però, visto che c’era un grande numero delle applicazioni non è stato ammesso. Durante un anno ha studiato alla Facoltà di Legge e Amministrazione dell’Università Jaggiellonica. Nel 1934 ha cominciato gli studi al seminario ecclesiastico. Già come clerico si distingueva per una profonda religiosità e per una particolare sensibilità verso gli altri.
Il 25 giugno 1939 nella chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di Katowice è stato ordinato sacerdote dal vescovo Stanisław Adamski. Ha celebrato la sua prima Messa nella chiesa della parrocchia di Santa Maria Maddalena di Chorzów Stary. Sul suo santino ci ha messo la scritta “Signore mio e Dio mio”.
Dopo le sostituzioni di vacanza nella sua parrocchia familiare, a partire dal 1 settembre 1939, ha cominciato il servizio di vicario nella parrocchia di San Giuseppe di Ruda Śląska. Le prediche conservate di quel periodo rivelano un profondo legame con Dio e impegno nella formazione spirituale dei fedeli. Durante la benedizione delle case all’occasione del Natale ha riconosciuto la situazione delle famiglie polacche i cui mariti, padri e figli sono stati arrestati, fucilati o trasportati ai campi di concentramento e gli è venuto in mente di organizzare un aiuto materiale e spirituale a quelle famiglie: trovava i mezzi materiali, amministrava il sacramento di matrimonio nella lingua polacca, insegnava la religione, consolava gli abbattuti, portava la speranza, ridava forza con la Parola di Dio. Si è impegnato nell’attività degli studenti e degli scout legata all’organizzazione clandestina. La formazione era attiva sul campo: spionistico, propagandistico, caritatevole e di soccorso. La gestione della cosiddetta Assistenza Sociale era per don Jan Macha la questione di maggior importanza.
Il 5 settembre 1941 è stato arrestato dalla Gestapo. È stato messo in prigione di polizia di Mysłowice. Durante i numerosi interrogatori è stato sottoposto ai raffinati metodi d’umiliazione. Non si è abbattuto. Consolava i colleghi, pregava tanto, chiedeva a Dio perdono verso i carnefici, sosteneva i compagni di cella. Nelle lettere alla famiglia chiedeva spesso la preghiera perché gli dava la forza di sopravvivere. Aveva con sé il breviario e ha fatto il rosario dagli spaghi.
Nel giugno del 1942 è stato trasportato in prigione di Katowice in via Mikołowska. Il 17 luglio 1942 è stato condannato a morte. Quel giorno dentro il breviario ci ha messo un foglietto di carta: “Macha Johann zum Tode verurteilt den 17 VII 42” insieme alla preghiera d'amore a Cristo in cui ha scritto “Mi dedico a Lui con tutta la mia personalità”.
La notizia della condanna a morte emessa al giovane sacerdote ha commosso non solo la sua famiglia e la sua parrocchia di Ruda Śląska. Don Franz Wosnitza, il vicario generale della diocesi di Katowice di quel tempo, cercava di far donargli la vita. La sera antecedente l’esecuzione, don Jan si è accostato alla confessione e ha scritto una lettera d’addio alla famiglia. Ha recitato il breviario e dentro ci ha messo un foglietto di carta: “Don Jan Macha giu- straziato il 2 XII 1942”. È restato calmo fino alla fine. L’esecuzione ha avuto luogo un quarto d’ora dopo la mezzanotte, ossia già il 3 XII 1942. È stato ghigliottinato. Non si sa dove è stato sepolto il suo corpo. Probabilmente è stato bruciato in un forno crematorio di Auschwitz. Ha lasciato un ricordo di un prete zelante che amabilmente legava il servizio del sacerdote con l’attività di beneficienza nello spirito di amore di Dio e della Patria.
È stato beatificato, oggi, in Polonia.




Pensiero del 20 Novembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Lc 20,27-40

Dio dei vivi.

I sadducei erano la setta ebraica che si opponeva a quella dei farisei, nell’interpretazione di alcuni aspetti della legge mosaica. La risurrezione era uno dei temi dibattuti tra queste fazioni, poiché i sadducei la negavano, e ora cercano di coinvolgere Gesù nelle loro discussioni per rendergli un tranello e poterlo così accusare di non rispettare i canoni religiosi d’Israele. Il problema presentato, scelto nella casistica più complessa, sembrava irrisolvibile per un credente nella risurrezione… Tuttavia, Gesù lo risolverà illuminando il loro misero concetto di vita eterna. La sua risposta va molto oltre quel che loro avevano immaginato. Non potevano più replicare, solo riconoscere: «Maestro, hai parlato bene».

I veri maestri non sono solo capaci di risolvere questioni complesse, ma anche di dare soluzioni coerenti e praticabili a problemi difficili. In svariate occasioni Gesù ha dimostrato agli scribi questa virtù. La sua spiegazione riguardo alla risurrezione offre anche a noi, oggi, la possibilità di farci un’idea, seppur vaga, del mondo celeste e della vita eterna. Un mondo dove le realtà materiali e fisiche cambieranno la loro consistenza, e dove Dio sarà per coloro che resusciteranno, fonte di eterna felicità. Siamo forse poco abituati a porci complicate questioni come i filosofi, ma nulla ci impedisce di prestare attenzione a Gesù e ascoltarlo parlare della risurrezione come fa qui. Chi, dopo averlo ascoltato, non desidera seguire questo cammino? La fede nella risurrezione dovrebbe essere un motore e un incentivo nella nostra vita. Credere in essa non può lasciarci indifferenti. Si tratta del futuro eterno cui Dio, nella sua bontà, ci ha destinati. Non si tratta più di misurare il tempo in giorni, mesi o anni. È in gioco la vita che ora non possiamo conoscere, ma che sarà, appunto, eterna.

20 Novembre 

Esulterò, Signore, per la tua salvezza

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte, e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.

 (II Timoteo 1,10)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 9)
Rit: Esulterò, Signore, per la tua salvezza.

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
annuncerò tutte le tue meraviglie.
Gioirò ed esulterò in te,
canterò inni al tuo nome, o Altissimo.

Mentre i miei nemici tornano indietro,
davanti a te inciampano e scompaiono.
Hai minacciato le nazioni, hai sterminato il malvagio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.

Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato,
nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede.
Perché il misero non sarà mai dimenticato,
la speranza dei poveri non sarà mai delusa.

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte, e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.

 (II Timoteo 1,10)

19 novembre, 2021

19 novembre 1942, dal diario di Anna Frank

19 novembre 1942, dal diario di Anna Frank

Cara Kitty,

come avevamo immaginato Dussel è d'accordo di dividere la stanza con me.

(...) Dussel ci ha raccontato molte cose del mondo di fuori, da cui ormai manchiamo da tempo.

Sa cose molto tristi.

Innumerevoli amici e conoscenti sono andati verso un destino terribile.

Le automobili militari verdi o grige vanno avanti e indietro di continuo. Suonano a tutte le porte e chiedono se ci sono ebrei. Se sì, si portano via tutta la famiglia, se no vanno via. Nessuno può sottrarsi a quel destino se non si nasconde.

Di sera al buio di frequente vedo camminare quelle file di buona gente innocente, con bambini che piangono, sempre a piedi, comandati da un paio di quei ceffi, picchiati e torturati fino a crollare a terra.

Non si salva nessuno, vecchi, bambini, neonati, donne incinte, malati, tutti, tutti camminano verso la morte.

Come stiamo bene noi, qui belli tranquilli. Non dobbiamo neanche curarci di tutta questa miseria se non fossimo tanto preoccupati per tutti quelli che ci sono cari e che non possiamo più aiutare.

Mi sento male a pensare che mentre io dormo in un letto caldo le mie più care amiche sono state buttate per terra o sono crollate da qualche parte.

Io stessa ho paura se penso a tutti quelli cui mi sentivo così intimamente legata e che adesso sono in mano ai più crudeli carnefici mai esistiti.

E tutto questo perché sono ebrei.

Tua Anne

Foto: Anne Frank House, via Associazione Figli della Shoah




Pensiero del 19 Novembre 2021

 È il Corpo, glorioso del Signore risorto, la casa di preghiera, per tutte le genti.

Meditazione sul Vangelo di Lc 19,45-48

L’amore vince il timore.

I gesti simbolici erano comuni tra i profeti, e Giovanni, profeta del Nuovo Testamento, rispetta la tradizione. Il messaggio è dolce, ma il suo contenuto è amaro. Non è facile conformarsi ad una missione per la quale ci si dovrà rivolgere ad orecchi sordi, che potrebbe essere causa di persecuzione o, perfino, della morte del profeta. Per incoraggiare gli ascoltatori, ma anche colui che deve annunciare la Parola di Dio, il salmo di oggi esalta tutto ciò che Dio comanda, ed esprime il desiderio del fedele di realizzarlo. Il Vangelo è quasi un esempio concreto delle parole “sgradevoli” proclamate da Gesù, che risultano inaccettabili per i rappresentanti ufficiali del tempio. Quelle parole erano dolci per i semplici e per coloro che avevano un cuore aperto, ma provocarono l’amarezza che alla fine portò alla caduta del “Profeta di Nazareth”.

Il salmista recita: “Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto…”. Dio ama tutto ciò che ha creato. Nel primo capitolo della Genesi la frase “Dio vide che era cosa buona” compare sette volte, sottolineando così che il male e tutto ciò che gli è associato non sono stati creati da Dio. Egli, infatti, ci accetta nonostante tutte le nostre imperfezioni e la nostra occasionale mancanza di coerenza, purificandoci da tutto ciò che è incompatibile con la sua bontà. Egli è bontà perfetta, santità assoluta e perfetta, è giustizia. San Giovanni afferma: “Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore” (1Gv 4,18). Dovrebbero esserci paura e timore reverenziale, perché senza di questi l’amore trova un suolo non preparato. Il sentimento che dovrebbe dimorare nel nostro cuore è la paura di allontanarci da Dio, dal suo amore, riponendo ogni nostra fiducia esclusivamente in Lui che solo può essere fedele sempre e non ci abbandona mai, neanche quando, dimentichi del suo amore, lo offendiamo con i nostri peccati.

19 Novembre

Lodiamo il tuo nome glorioso, Signore

Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore, ed io le conosco ed esse mi seguono.

 (Giovanni 10,27)

SALMO RESPONSORIALE (I Cronache 29)
Rit: Lodiamo il tuo nome glorioso, Signore.

Benedetto sei tu, Signore,
Dio d’Israele, nostro padre,
ora e per sempre.

Tua, Signore, è la grandezza, la potenza,
lo splendore, la gloria e la maestà:
perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo.

Tuo è il regno, Signore:
ti innalzi sovrano sopra ogni cosa.
Da te provengono la ricchezza e la gloria.

Tu domini tutto;
nella tua mano c’è forza e potenza,
con la tua mano dai a tutti ricchezza e potere.

Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore, ed io le conosco ed esse mi seguono.

 (Giovanni 10,27)

18 novembre, 2021

Basilica di San Paolo fuori le mura

Basilica di San Paolo fuori le mura

 Nome: Basilica di San Paolo fuori le mura

Titolo: Basilica papale
Indirizzo: Piazzale San Paolo, 1 - Roma
Dedicato a: San Paolo
Reliquie di: San Paolo


Quando la religione cristiana era bandita dall'impero romano, fu eretta, sulla tomba dell'Apostolo S. Paolo, nei pressi della via Ostiense, una sorta di cella sepolcrale, che divenne presto meta di pellegrini e di fedeli. L'imperatore Costantino, dopo aver liberalizzato il Cristianesimo con l'editto del 314, fece costruire, in luogo della modesta tomba, una grande basilica. Questa fu consacrata, così si dice, il 18 novembre dell'anno 324, durante il pontificato di Silvestro (314-335). Nell'anno 386 l'imperatore Valentiniano II ordinò di rendere più maestosa la basilica dedicata a S. Paolo e incaricò un certo Ciriade di eseguire i lavori. Egli realizzò un'imponente costruzione, divisa in cinque navate da 80 colossali colonne marmoree provenienti da antichi edifici pagani. Papa Siricio (384-399) la consacrò nel 390; Galla Placidia, figlia di Teodosio e sorella dell'inetto imperatore Onorio, la fece ornare del grande mosaico nell'arco trionfale, ancora oggi visibile (ache se restauratissimo).

Antica Basilica di San Paolo
L'antica basilica prima dell'incendio


La basilica fu depredata nel 739 dai Longobardi e nell'847 dai Saraceni. Per paura di altre incursioni, papa Giovanni VIII (872-882) fece costruire attorno alla basilica una cinta muraria merlata, all'interno della quale si costituì una sorta di cittadella che fu chiamata (dal nome del papa) «Giovannipoli».

Il mosaico dell'abside fu iniziato durante il pontificato di Onorio III (1216-1227) e fu completato da Niccolò III (1277-1280). Alla fine del XIII secolo Pietro Cavallini dipinse gli affreschi della navata centrale e Arnolfo di Cambio costruì il bellissimo ciborio dell'altar maggiore. Pietro Cavallini fu anche incaricato, da papa Giovanni XXII (1316-1334), di eseguire i mosaici che adornavano l'antica facciata.

Nel 1348 la basilica subì danni notevoli in seguito a un terremoto; il campanile, che risaliva al secolo XI, andò distrutto, ma fu subito ricostruito. Nel 1527 fu saccheggiata dalle milizie di Carlo V. Nei secoli XVII e XVIII furono eseguiti diversi lavori soprattutto all'interno. Nel 1600 fu costruito l'altare maggiore ad opera di Onorio Longhi; pochi anni dopo Carlo Maderno progettò la cappella del Sacramento, la quale era ornata da una serie di dipinti di Giovanni Lanfranco, oggi perduti. Altri lavori di restauro furono eseguiti durante il pontificato di Benedetto XIII (1724-1730) e di Benedetto XIV (1740-1758).

Basilica di San Paolo dopo l'incendio
La basilica dopo l'incendio


LA RICOSTRUIZIONE OTTOCENTESCA


Nella notte tra il 15 e il 16 luglio 1823 scoppiò un violento incendio che distrusse quasi completamente la basilica; si salvarono solamente il transetto, l'abside, il ciborio, parte dell'arco trionfale e il chiostro.

Tutte le altre parti del maestoso edificio furono ridotte a un cumulo di macerie. La notizia del disastro venne taciuta a papa Pio VII Chiaramonti, che in quei giorni era sul letto di morte.

Il suo successore, Leone XII (1823-1829), si adoperò perchè la basilica venisse ricostruita al più presto; da tutto il mondo giunsero aiuti e finanziamenti. L'incarico di eseguire i lavori fu affidato in un primo momento al Valadier; ma il grande architetto fu poi messo in disparte perchè le sue idee erano, a detta dei più, troppo antiquate. Furono allora incaricati Pasquale Belli, Pietro Bosio e Pietro Camporese il Giovane, i quali si misero subito all'opera. Successivamente divenne direttore dei lavori Luigi Poletti, il quale progettò l'esterno, l'interno e il campanile. Virgilio Vespignani firmò il progetto del quadriportico che precede la facciata, il quale fu poi completato da Guglielmo Calderini.

Il grandioso quadriportico che precede la facciata fu eretto in sostituzione del portico costruito nel secolo XVIII, e distrutto nell'incendio. Al centro di esso vi è la statua di S. Paolo, di Pietro Canonica.

Nella parte superiore della facciata, al posto degli antichi mosaici del Cavallini, andati distrutti, vi sono i mosaici ottocenteschi di Filippo Agricola e Nicola Consoni. Il campanile, opera di Luigi Poletti, è una torre a cinque piani, che ricorda il faro di un porto: sostituisce la torre campanaria del XIV secolo.

L'ingresso secondario alla testata del braccio sinistro del transetto, è preceduto da un pronao costituito da 12 colonne dell'antica basilica, che si trovavano un tempo nelle navate laterali.

Interno San Paolo Fuori le Mura
L'interno


L'INTERNO


Lo smisurato interno (m. 131,66X65; altezza m. 29,70), diviso in cinque navate da 80 colonne monolotiche di granito. Tra le finestre della navata centrale vi erano, prima dell'incendio, gli affreschi di Pietro Cavallini; nel secolo scorso furono rimpiazzati con una serie di dipinti, raffiguranti episodi della vita di S. Paolo, eseguiti da un gruppo di ottimi artisti ottocenteschi. Nel fregio sottostante, che gira per tutta la navata centrale e per quelle laterali, vi sono i medaglioni con i ritratti dei 265 papi succeduti da S. Pietro a Giovanni Paolo II. In origine erano affreschi, dei quali rimangono alcuni frammenti conservati nel convento; dopo l'incendio furono rifatti in mosaico.

Colonne entrata San Paolo Fuori le Mura
Le colonne dell'entrata


Da notare, nella parete d'ingresso, le 6 grandi colonne di alabastro donate dal viceré d'Egitto a Gregorio XVI nel 1843. Sopra il portale maggiore, lo stemma di Pio IX è sorretto da due angeli scolpiti da Ignazio Iacometti. Anche al centro del ricco soffitto ligneo a lacunari con fregi d'oro su fondo bianco, campeggia lo stemma di Pio IX.

Il mosaico dell'arco trionfale, eseguito alla fine del IV secolo, fu notevolmente danneggiato dall'incendio del 1823; dopo il restauro ha perso l'antico splendore. Rappresenta Cristo benedicente, al centro, con due angeli adoranti e i simboli dei quattro evangelisti; completano l'immagine le figure di 24 anziani che presentano corone a Cristo e in basso, ai lati, S. Pietro e S. Paolo.

Ciborio San Paolo Fuori le Mura
Il ciborio


Bellissimo il ciborio, realizzato da Arnolfo di Cambio alla fine del '300, in perfetto stile gotico.

Quattro colonne di porfido con capitelli dorati sostengono quattro archi a tre lobi sormontati da frontoni e pinnacoli; al centro si eleva una sorta di campaniletto elegantemente decorato. Negli spigoli esterni, entro nicchie angolari, vi sono le statuette dei SS. Pietro, Paolo, Benedetto e Luca; altri piccoli bassorilievi si trovano ai lati delle ogive dei quattro archi; coppie di angeli sostengono, nei timpani, gli eleganti rosoni traforati. Sotto l'ottocentesco altare maggiore (quello di Onorio Longhi fu distrutto dall'incendio), nella confessione, si trova la tomba di S. Paolo, un grande sarcofago coperto da una lapide marmorea del IV secolo (una copia è visibile in sacrestia).

Altare maggio San Paolo Fuori le Mura
L'altare maggiore con la tomba di San Paolo


Notevole l'antico candelabro per il cero pasquale: dalla base, nella quale sono scolpite figure umane, mostri, leoni e arieti, si erge una colonna composta da sette cilindri sovrapposti, ognuno dei quali è decorato da altorilievi. Sono sculture un po' rozze, ma bellissime; gli autori furono, nella seconda metà del XII secolo, Nicola d'Angelo e Pietro Vassalletto.

Mosaico della calotta absidale
Mosaico della calotta absidale


Anche il mosaico della calotta absidale, che era stato commissionato da Onorio III ad alcuni artisti veneti nella prima metà del '200, in sostituzione di quello assai deteriorato del V secolo, fu alterato notevolmente durante il restauro ottocentesco. Rappresenta Cristo in trono benedicente, affiancato dai SS. Luca, Paolo, Pietro e Andrea; in basso gli Apostoli, separati da curiosi alberelli di palma.

Alle due estremità del transetto, coperto da un ricco soffitto ligneo ornato con gli stemmi di quattro papi (Pio VII, Leone XII, Pio VIII e Gregorio XVI), vi sono due altari elegantemente rivestiti di marmi e lapislazzuli, donati nel secolo scorso dallo Zar di Russia Nicola I. Nella parte posteriore dell'arco trionfale e nell'arco dell'abside, sono visibili alcuni frammenti di mosaici di Pietro Cavallini che ornavano la facciata esterna della basilica.

Nella parete di fondo si aprono quattro cappelle; le più importanti sono quelle che fiancheggiano l'abside, entrambe realizzate da Carlo Maderno nella prima metà del secolo XVII e scampate all'incendio. In quella di sinistra, dedicata al SS. Sacramento, è conservato un crocifisso ligneo da alcuni attribuito a Pietro Cavallini; si dice che l'artista, divenuto vecchio e quasi cieco, si sia dedicato a modellare il legno. Ma questa ipotesi non trova una valida conferma, tanto che recentemente l'opera è stata attribuita, da altri storici, a Tino di Camaino. In una vecchia nicchia nella parete di destra, da notare la statua di S. Brigida eseguita da Stefano Maderno. Nella cappella a destra dell'abside, dedicata a S. Lorenzo, si trova, sull'altare maggiore, un trittico marmoreo del '400 della scuola del Bregno.

Acquasantiera San Paolo Fuori le Mura
L'acquasantiera


La curiosa acquasantiera all'estremità della parete di fondo; fu realizzata da Pietro Galli nel 1860 e raffigura una bambina che si salva dal demonio sfiorando con una mano l'acqua benedetta.

In alcuni ambienti annessi alla sacrestia vi è una pinacoteca con diversi cimeli; il più importante è l'antica porta bronzea della basilica (XI secolo), semidistrutta dall'incendio. Nei 54 riquadri cesellati in argento vi erano rappresentati alcuni episodi della vita di Gesù.

IL CHIOSTRO


Il bellissimo chiostro, uno dei più importanti esempi di arte cosmatesca, fu iniziato nel 1205 e completato probabilmente fra il 1235 e il 1240. Gli autori appartengono quasi certamente alla famiglia dei Vassalletto, famosi mastri marmorari romani; furono gli stessi artisti che realizzarono anche il chiostro di S. Giovanni in Laterano. Una serie di colonnine lisce, ottagonali, tortili e binate sostengono gli archi a tutto sesto, sopra i quali vi è una trabeazione decorata con marmi policromi e mosaici. Alcune colonne sonO ornate da numerose tessere di mosaico, rosse, nere e dorate, che formano eleganti fregi; da notare, fra gli archetti, i graziosi bassorilievi.

Chiostro San Paolo Fuori le Mura
Il chiostro


Numerosi, nel porticato del chiostro, i frammenti provenienti dalla basilica antica, tra i quali spicca un sarcofago romano ornato con bassorilievi raffiguranti scene mitologiche, sul fronte anteriore, e tre navi con amorini e delfini, sul fronte posteriore.

ORARI


VISITE
dalle 07:00 alle 19:00

MESSE
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Ore 07:00 Messa d’orario | Ore 10:00 Messa d’orario | Ore 17:00 Messa d’orario | Ore 18:00 Vespri
SABATO MATTINA
Ore 07:00 Messa d’orario | Ore 10:00 Messa d’orario
SABATO SERA E PREFESTIVI
Ore 17:00 Primi Vespri | Ore 18:00 Messa d’orario
DOMENICA E SOLENNITÀ
Ore 08:00 Messa d’orario | Ore 10:00 Messa conventuale | Ore 12:00 Messa d’orario | Ore 17:00 Vespri | Ore 18:00 Messa d’orari

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ESTERNO




INTERNO




Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo

 Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo

Nome: Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo
Titolo: Apostoli
Ricorrenza: 18 novembre
Tipologia: Memoria facoltativa


Come l'anniversario della dedicazione del tempio di Gerusalemme era giorno solenne presso gli Ebrei, cosi i cristiani celebrano la consacrazione delle loro chiese.

Tra questi luoghi sacri che gli Apostoli di Cristo resero celebri e che i cristiani venerano, il primo fu sempre la Confessione o tomba di S. Pietro.

Si dice che l'illustre Principe degli Apostoli fosse sepolto, subito dopo la morte, nel luogo stesso del martirio, sul colle Vaticano. S. Paolo, decapitato alle Acque Salvie, venne deposto lungo la via Ostiense, fuori le mura di Roma e precisamente ove ora sorge l'attuale e grandiosa basilica in suo onore.

Il pio imperatore Costantino, dopo aver fatto costruire la prima chiesa in Laterano, ne fece fabbricare sette altre a Roma ed un numero maggiore in Italia. La prima delle sette chiese romane, situata sul Colle Vaticano, fu dedicata a S. Pietro; la seconda la fece sorgere lungo la via Ostiense, poco distante dal luogo del martirio di S. Paolo e a lui fu dedicata.

Dopo oltre 11 secoli, l'antica basilica vaticana minacciava di cadere, quando sotto il pontificato di Giulio II nel 1506 fu riedificata secondo l'attuale grandioso disegno e nuovamente consacrata da Papa Urbano VIII il 18 novembre del 1626. I più grandi artisti del tempo, quali Bramante, Raffaello, Michelangelo e Bemini, vi lavorarono. Sotto i suoi altari si conservano le reliquie di un gran numero di Papi martiri e di santi; ma le più preziose sono quelle di S. Pietro, poste sotto un magnifico altare detto della Confessione, su cui solo il Romano Pontefice può celebrare la S. Messa.

La ricchissima basilica di S. Paolo, che il 18 luglio 1823 fu distrutta da un incendio, venne riedificata anche essa con nuovo splendore e riconsacrata con grandissima pompa dal Pontefice Pio IX il 10 dicembre 1854 tra immenso stuolo di cardinali e vescovi convenuti da tutto l'orbe cristiano a Roma per la proclamazione del dogma dell'Immacolata.

Oggi dunque, come 15 secoli addietro, ricordando gli anniversari della consacrazione di queste due basiliche, veneriamo in esse le gloriose spoglie dei Principi degli Apostoli, anche oggi, come allora, meta di continui pellegrinaggi.

PRATICA. La chiesa è la casa del Signore, è luogo di preghiera e perciò merita rispetto e devozione.

PREGHIERA. Ti preghiamo, Dio onnipotente, che in questi luoghi da noi dedicati al tuo nome, tu porga orecchio misericordioso a quanti ti invocano.

MARTIROLOGIO ROMANO. Dedicazione delle basiliche dei santi Pietro e Paolo, Apostoli, delle quali la prima, edificata dall'imperatore Costantino sul colle Vaticano al di sopra del sepolcro di san Pietro, consunta dal tempo e ricostruita in forma più ampia, in questo giorno fu nuovamente consacrata; l'altra, sulla via Ostiense, costruita dagli imperatori Teodosio e Valentiniano e poi distrutta da un terribile incendio e completamente ricostruita, fu dedicata il 10 dicembre. Nella loro comune commemorazione viene simbolicamente espressa la fraternità degli Apostoli e l'unità della Chiesa.

SCOPRIAMO LA BASILICA DI SAN PAOLO


Basilica di San Paolo fuori le mura

Pensiero del 18 novembre 2021

 La tristezza, più grande è quella di non riconoscere, la Presenza di Gesù, nella nostra storia.

Meditazione sul Vangelo di Mt 14,22-33

La presenza di Dio!

Come in molte altre occasioni, anche in questo caso il Maestro dà ai suoi discepoli l’esempio della preghiera. Dopo la fatica e l’impegno della predicazione, è necessario ed opportuno cercare il ristoro: al corpo basta riposare, ma lo spirito ha bisogno di momenti di preghiera, di intimo dialogo con il Padre. Per questo Gesù si ritira in solitudine. E ci resta a lungo: l’evangelista annota che “venuta la sera se ne stava ancora solo lassù” e che soltanto “verso la fine della notte”, cioè poco prima dell’alba, Gesù “venne verso di loro camminando sul mare”: nemmeno la burrasca può impedire al Signore di avvicinarsi ai suoi discepoli!

Appena salì sulla barca, il vento cessò”. La sola presenza di Gesù placa la violenza dei venti e dei flutti. Anche la piccola barca della nostra vita, della nostra famiglia è sottoposta a volte a improvvise mareggiate. Spesso ci sforziamo inutilmente di remare da soli contro vento, e ce la prendiamo col mare delle difficoltà e con le correnti delle preoccupazioni. Ma ci ricordiamo di ritirarci nella preghiera, per chiedere al Signore di salire sulla nostra barca? Se lo invitiamo, non rifiuterà di soccorrerci: sarà lui a placare le intemperie e ricondurci sulla giusta rotta. Nel suo vangelo, poche righe prima, Matteo narra il prodigio della  moltiplicazione dei pani: gli Apostoli avevano appena visto di cosa era capace il loro Signore, e d’altronde trascorrevano con lui tutto il giorno, ma erano così presi a gestire la barca da soli, e così intimoriti e confusi dalle acque agitate che scambiarono il loro Maestro per un fantasma! E si misero a gridare dalla paura. Non riuscivano a credere che il Figlio di Dio potesse camminare sulle acque. Pietro, il capo dei Dodici, prende l’iniziativa, ma pare quasi sfidare Gesù col suo invito, che suona un po’ provocatorio. Ed il Maestro lo esorta: “Vieni!”. Pietro però inizia ad affondare tra le onde del timore e dell’incredulità, ma ha la prontezza di invocare l’aiuto di Gesù. Ed una volta di più è il Signore che stende la mano, lo afferra e lo salva. E gli rimprovera l’esitazione, l’incertezza nella fede. Tra i venti del nostro quotidiano, Dio è un fantasma, o  la sua presenza è reale? Non aspettiamo di cominciare ad affondare per invocare il suo nome.