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17 ottobre, 2021

Pensiero del 17 ottobre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Mc 10,35-45

Autorità per il servizio.

Gli apostoli Giacomo e Giovanni desiderano avere i posti migliori in cielo, nella gloria, accanto a Gesù. Il Signore risponde che non sta a lui concedere questo, ma è per coloro per i quali è stato preparato. Questa richiesta dei due fratelli suscita però le gelosie e le proteste degli altri dieci apostoli. Da questo avvenimento Gesù prende spunto per insegnare il significato dell’essere grandi nella Chiesa: è grande chi serve, chi ama, chi si fa ultimo e schiavo dei suoi fratelli.

C’è qualcosa di male nel desiderare di stare il più possibile vicino a Gesù risorto in cielo? Proprio nulla. Diversi mistici hanno espresso il desiderio di avere Gesù tutto per sé. Molti santi volevano essere i prediletti di Cristo e perciò si sforzavano di amarlo senza limiti. Presa in questo senso, la richiesta di Giacomo e Giovanni è una buona cosa. Essa però assume tratti negativi quando si desidera stare più vicino a Cristo solo per dominare sugli altri. Un insegnamento simile, applicato non alla Gerusalemme celeste, ma alla Chiesa, lo si incontra in una lettera di san Paolo. Scrivendo a Timoteo, l’apostolo diceva: “Se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile” (1Tm 3,1-2). Come a dire che i grandi compiti, quelli che danno anche una certa visibilità oltre all’autorità, è lecito desiderarli;  ma solo ed esclusivamente per fare il bene e non per spadroneggiare sul prossimo o per ottenere quei privilegi che pure è necessario vi siano. Se uno desidera fare carriera politica, fa bene, se ne ha le doti e l’inclinazione. Ma bisogna che l’uomo politico sia irreprensibile: possiamo tradurre così, per l’ambito civile, ciò che Paolo dice per quello ecclesiastico. E gli esempi potrebbero continuare. Se uno desidera il matrimonio, o il sacerdozio, fa bene. Ma per quale ragione e in vista di cosa? E così via. E’ molto importante avere delle motivazioni nobili nella vita. Molto spesso nella storia dell’umanità e della Chiesa i peggiori mali sono venuti dagli arrivisti, che hanno fatto di tutto per raggiungere una certa posizione e che, una volta riusciti nel loro intento, hanno sfogato la loro rabbia, il delirio di onnipotenza, o il proposito di vendetta sui veri o presunti nemici. L’autorità è data per fare il bene, per servire, dice Cristo. Qualunque sia il nostro compito e la nostra autorità, dobbiamo applicare a noi stessi questi precetti.

17 Ottobre

Donaci, Signore, il tuo amore: «In te speriamo».

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire, e dare la propria vita in riscatto per molti.

(Marco 10,45)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 32)
Rit: Donaci, Signore, il tuo amore: «In te speriamo».

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire, e dare la propria vita in riscatto per molti.

(Marco 10,45)

16 ottobre, 2021

Tanti auguri di cuore a Marietta -Santa Maria Goretti di BUON COMPLEANNO!

 A SANTA MARIA TERESA GORETTI

Un Angelo discese dal cielo
Un Angelo discese dal cielo per dare la sua testimonianza d'Amore al Signore e alla Madonna fin a sopportare la Passione di Nostro Signore, perdonando colui che le fece tanto male, facendo aprire la Porta Santa del Paradiso portandolo con sé
Marietta, mia dolce sorellina anche diventasti l'Angelo prediletto di Dio e della Madonna, fa che ogni nostro Perdono sia sincero, casto e puro come il Tuo per donarlo al Signore e alla Madonna con tutto l'Amore che abbiamo nel nostro cuore. Amen.
Tanti auguri di cuore a Marietta -Santa Maria Goretti di BUON COMPLEANNO!

Pensiero del 16 ottobre 2021

 Se hai incontrato veramente Gesù, e hai sperimentato il Suo Amore, sarà difficile allontanarsi da Lui. Riconoscere una persona vuol dire averla già conosciuta prima.

Meditazione sul Vangelo di Lc 12,8-12

Rendete testimonianza!

Il cristiano è l’uomo che ha fede e spera contro ogni speranza. La fede costa sempre enormemente e contrasta la tendenza naturale che mira ad avere sicurezze evidenti. Il brano evangelico di oggi ci dice che non dobbiamo vergognarci mai di essere testimoni di Gesù; diversamente, Gesù stesso davanti al Padre, nell’ultimo giudizio, non ci riconoscerà. Ma non essere riconosciuti da Cristo significa essere destinati alla perdizione eterna. Del resto la professione cristiana sarà sostenuta dalla forza dello Spirito Santo. Gesù parla anche del peccato contro lo Spirito, che non è perdonabile, in quanto è il rifiuto della salvezza.

Il discepolo è chiamato ad annunziare al mondo Gesù Salvatore e lo deve annunziare senza paura, senza ipocrisia. Da ciò dipende la sua salvezza. Non farlo significa non riconoscere Gesù davanti agli uomini, rinnegarlo, bestemmiare contro lo Spirito Santo. L’ultima espressione è dura in Luca che la rivolge direttamente ai discepoli, a coloro che già hanno riconosciuto Gesù come Messia inviato da Dio e lo hanno accolto nella fede. Gesù, però, prevede che alcuni, sotto l’incalzare della persecuzione, della prova, o perché sollecitati dai piaceri e dal fascino delle ricchezze, verranno meno e negheranno di averlo conosciuto. Così del resto, farà Pietro, preso dalla paura, anche se poi se ne pentirà (22,54-62). In questa luce dobbiamo leggere tutto il brano evangelico di oggi. Il Signore invita a risolvere la situazione presente, pensando a quale sarà la situazione nel giorno in cui Lui, come Figlio dell’uomo glorioso, ritornerà. Sarà una situazione di fedeltà o di infedeltà? Dal modo di parlare di Gesù, secondo Luca, traspare sofferenza. Basti osservare che quando parla del discepolo che lo riconosce davanti agli uomini dice: “Anche il Figlio dell’uomo, cioè anche io, dirò che lo conosco davanti agli angeli di Dio”. Quando invece parla del discepolo che lo ha rinnegato, usa un passivo impersonale: “sarà rinnegato”. Gesù non dice esplicitamente che toccherà a Lui questo compito; Egli non vuole trovarsi in questa situazione. Ci sia dunque nel discepolo il vero timore di Gesù, la paura di dispiacergli, di essere separato da Lui. Di fronte al tribunale di Dio, Gesù vuole essere il nostro avvocato e vuole poter dire davanti al Padre: “Io lo conosco, appartiene a me, è mio discepolo”.

16 Ottobre

Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza

Lo Spirito della verità darà testimonianza di me, dice il Signore, e anche voi date testimonianza.

(Giovanni 15,26)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 104)
Rit: Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza.

Voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.

Così si è ricordato della sua parola santa,
data ad Abramo suo servo.
Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.

Lo Spirito della verità darà testimonianza di me, dice il Signore, e anche voi date testimonianza.

(Giovanni 15,26)

16 OTTOBRE 1943 - RASTRELLAMENTO DEL GHETTO EBRAICO DI ROMA!

 16 OTTOBRE 1943 - RASTRELLAMENTO DEL GHETTO EBRAICO DI ROMA!

All'alba di sabato 16 ottobre, nei cortili della caserma di Macao e di un ex convento in Via Salaria,
dove alloggiano le tre compagnie di Polizia d'Ordine tedesche, vengono impartiti i primi ordini relativi a un'operazione "straordinaria" da compiere in mattinata. I nazisti si dirigono in camion nei 26 distretti in cui è stata suddivisa la città , raggiunti dagli uomini di Kappler e dai membri dell'Einzatzkommando di Dannecker. I nazisti prevedono la cattura di tutti gli ebrei, di ogni età e in qualunque condizione di salute.
Le operazioni iniziano dopo le ore 5.30: piccole squadre composte da tre a sei agenti l'una si recano presso gli indirizzi che sono stati loro assegnati.
Nell'area dell'antico ghetto vengono chiuse tutte le strade di accesso; nelle altre zone, sorvegliati i portoni. Alcuni uomini rimangono di guardia al camion, mentre altri fanno irruzione nei palazzi e negli appartamenti sorprendendo gli ebrei nel sonno.
Alle vittime viene consegnato un biglietto in italiano con le istruzioni relative alla loro imminente deportazione: hanno 20 minuti per preparare le valigie e abbandonare le case dopo averle chiuse a chiave.
Tutti, compresi quelli gravemente ammalati, devono raggiungere i camion che man mano vanno riempiendosi. Gli ordini urlati in una lingua incomprensibile, le divise e le armi ostentate contribuiscono a creare un'atmosfera di terrore.
In Prati, ai Parioli, al Trionfale, alla Garbatella e in tutta la città gli uomini che formano le squadre di arresto restrellano le persone di casa in casa, ma la maggior parte non è addestrata per questo genere di operazioni e procede quindi in modo piuttosto improvvisato.
Il modus operandi varia da squadra a squadra: alcuni, particolarmente zelanti, forzano le porte con veemenza, mettono fuori uso le linee telefoniche, perquisiscono i palazzi per intero; altri, in particolare i componenti della Polizia d'Ordine, si limitano a bussare. Spesso si fidano di quanto viene loro dichiarato dagli altri inquilini e in molti casi trascurano di sorvegliare le possibili vie di fuga. Persino il controllo delle persone da deportare non avviene in maniera sistematica: alcune squadre fermano tutti i presenti; altre si attengono agli elenchi, in altri casi ancora c'è chi con un pretesto riesce a passare per un ospite occasionale e a sfuggire così all'arresto.
Le notizie sulla razzia in atto si diffondono velocemente, Non tutti gli ebrei vengono catturati: una parte al momento della retata è già fuori di casa; altri riescono a fuggire scappando sui tetti, per i cortili interni o saltando sui tram.
Molti bussano ai portoni di sconosciuti, anche di alcuni conventi; altri ancora vagano semplicemente per la città, non sapendo dove e come nascondersi.
Ad aiutarli sono spesso i vicini, i portieri, i passanti che spontaneamente li accolgono in casa, distraggono i persecutori, mettono in allerta chi non è ancora stato cercato.
La retata si conclude nella tarda mattinata. Circa 1250 persone vengono caricate sul camion e condotte al Collegio militare, in attesa di essere deportate.
Per i nazisti, che avevano nel mirino 8000 ebrei, è un insuccesso, per la comunità ebraica una tragedia inenarrabile, per lo Stato italiano una delle pagine più vergognose della sua storia.
Delle 1022 vittime della retata, soltanto 16 sopravvivranno, quindici uomini e una sola donna.
Nessun bambino.
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Tratto da: "16 ottobre 1943. La razzia"
a cura di Marcello Pezzetti
Fondazione Museo della Shoah di Roma
Gangemi Editore International
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Fonte: Associazione Figli della Shoah



15 ottobre, 2021

Taizé - Nada te turbe Santa Teresa d'Avila


Preghiera a Santa Una riflessione della santa spagnola
Nella giornata in cui viene ricordata santa Teresa d'Avila, vi proponiamo una sua riflessione.
"Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, solo Dio non cambia. La pazienza ottiene tutto. Chi ha Dio non manca di nulla: solo Dio basta! Il tuo desiderio sia vedere Dio, il tuo timore, perderlo, il tuo dolore, non possederlo, la tua gioia sia ciò che può portarti verso di lui e vivrai in una grande pace".
Teresa d'Avila

Nascita: 
28 marzo 1515, Gotarrendura, Spagna

Morte: 4 ottobre 1582, Alba de Tormes, Spagna

Santa Teresa d'Avila

 Santa Teresa d'Avila



Nome: Santa Teresa d'Avila
Titolo: Vergine e Dottore della Chiesa
Nascita: 28 marzo 1515, Gotarrendura, Spagna
Morte: 4 ottobre 1582, Alba de Tormes, Spagna
Ricorrenza: 15 ottobre
Tipologia: Memoria liturgica




S. Teresa di Gesù nacque ad Avila (Spagna) il 28 marzo dell'anno 1515, da nobile ed antica famiglia.

Teresa si distinse fin da bambina per un grande amore alla lettura di buoni libri, e specialmente della Sacra Scrittura.

Leggendo ad un suo fratellino le gesta dei Martiri, tutti e due furono accesi di santo ardore di morire per il nome di Gesù, ed un giorno, non visti, fuggirono per andare tra i Mori infedeli: « Così, dicevano, voleremo subito in Paradiso! ».

Mirabile ingenuità! Ma un loro zio li ricondusse alla casa paterna. Allora pensarono di condurre una vita solitaria e si costruirono una celletta nel giardino, dove si ritiravano in preghiera.

A 12 anni le morì la madre e Teresa provò tale dolore da non trovare conforto sulla terra.

Pensò allora che le rimaneva un'altra madre ben più amorosa e potente: la Madonna, e a Lei si affidò. Intanto andava preparandosi pel chiostro e a 20 anni seguì la divina chiamata. Si ritirò nel monastero dell'Incarnazione del Monte Carmelo in Avila, dove ben presto rifulse per ogni virtù.

Per una grave malattia dovette lasciare il monastero e ritornare in famiglia: guarì, ma perdette il primitivo fervore.

Una visione la fece ritornare in sè ed allora si diede con tutte le forze alla propria santificazione. Così si preparò a quella grande riforma dei monasteri Carmelitani, che fu accettata non solo da tutti i monasteri delle suore, ma anche da parecchi conventi dei frati. Aveva conosciuto S. Giovanni della Croce, tenuto in grande fama di dotto e santo, e se ne servi come del più valido aiuto.

Santa Teresa d'Avila e i Carmelitani


Indicibili furono i dolori fisici, le penitenze e le discipline, ma sostenne tutto colla più dolce serenità di spirito. Gesù la ricompensava con sublimi estasi, rivelandole verità altissime che ella tramandò nelle sue mirabili « Opere ».

Statua Santa Teresa d'Avila
autore Gian Lorenzo Bernini
titolo Transverberazione di santa Teresa d'Avila



Non conosceva altro bene in questa vita che quello d'imitare Gesù Cristo paziente e crocifisso, e si sforzava di acquistare, per mezzo dei patimenti, nuovi meriti per l'eternità. Ammirabile la sua preghiera: « Signore, o patire o morire ». Il suo cuore, infiammato dell'amor di Dio, altro non sospirava che di uscire da questa valle di pianto e di unirsi per sempre al suo diletto Sposo, nella gloria celeste. Il Signore esaudì i fervidi voti e, nel monastero di Alba di Tormes, alla età di 67 anni, passò da questa vita. Era il 13 ottobre del 1582.

PRATICA. Leggiamo le « Opere » e l'« Autobiografia » di questa Santa.

PREGHIERA. Esaudiscici, Dio nostro Salvatore, affinché come ci allietiamo per la festa della tua beata vergine Teresa, così siamo nutriti dalla sua celeste dottrina e formati al sentimento di una tenera devozione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di santa Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa: entrata ad Ávila in Spagna nell’Ordine Carmelitano e divenuta madre e maestra di una assai stretta osservanza, dispose nel suo cuore un percorso di perfezionamento spirituale sotto l’aspetto di una ascesa per gradi dell’anima a Dio; per la riforma del suo Ordine sostenne molte tribolazioni, che superò sempre con invitto animo; scrisse anche libri pervasi di alta dottrina e carichi della sua profonda esperienza.

Pensiero del 15 ottobre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Lc 12,1-7

Vincere l’ipocrisia.

Gesù, uscito dalla casa dove aveva mangiato, istruisce una grande folla invitando a non essere ipocriti. Spiega che l’ipocrisia non avrà futuro nel Regno dei Cieli e che tutto verrà alla luce. Nella seconda parte del brano, sembra aver intuito la paura della gente, soprattutto dei suoi seguaci più stretti. Gesù, infatti, aveva apertamente aggredito la “classe dirigente” e chi lo segue temeva evidentemente delle ritorsioni. Allora Gesù chiama i suoi discepoli “amici” per rassicurarli, poi dice loro di temere solo il diavolo; Dio, invece, li conosce e li protegge.

Non è necessario mostrarci diversi da ciò che siamo per essere più apprezzati o stimati. Forse, così facendo, potremmo riuscire ad ingannare gli uomini, ma non certo Dio! Il nostro rappresentarci diversi da ciò che siamo prima o poi verrà alla luce. Quando Gesù chiama “ipocriti” i farisei, lo fa mettendo in guardia la gente che lo segue, affinché non si faccia “contagiare” da questo modo di fare. L’ipocrisia, infatti, facilmente genera altra ipocrisia, rendendo la nostra vita tutta una finzione. Talvolta è la paura che ci fa seguire la via dell’ipocrisia. Ci mostriamo diversi da come siamo per non doverne subire conseguenze. O anche perché non riusciamo a guardarci dentro, non siamo in grado – per varie ragioni – di essere veramente onesti con noi stessi. Non riusciamo ad essere semplicemente così com’è il nostro cuore, ma pensiamo di dover fingere con noi stessi, con gli estranei e a volte anche con Dio. Gesù ci dice che non c’è ragione per questa ipocrisia. Ci chiama amici – nonostante le nostre paure, le nostre debolezze e i nostri limiti -, ci sta vicino. Un amico non è come un servo o un impiegato che può essere licenziato sulla base del suo rendimento. L’amicizia è un legame più profondo, che non si basa su calcoli di convenienza. Quantomeno l’amicizia che ci offre Gesù. Dinanzi ad un vero amico possiamo e dobbiamo essere onesti. Sarebbe peraltro assai ingenuo non esserlo. Gesù ci dice che addirittura i passeri sono conosciuti da Dio e sono amati da Lui ad uno ad uno. E ciò che abbiamo di “superfluo”, come i nostri capelli, sono contati da Dio. Egli ci conosce meglio di quanto ci conosciamo noi stessi: è quindi inutile fingere. Dovremmo, anzi, chiedergli di mostrarci dove e come cambiare! E se poi, nonostante Lui ci conosca così bene, ci chiama “amici”, comprendiamo che i giudizi degli uomini non ci possono fare alcunché.

15 Ottobre 

Tu sei il mio rifugio, Signore

Su di noi, sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo.

(Salmo 32,22)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 31)
Rit: Tu sei il mio rifugio, Signore.

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Rallegratevi nel Signore
ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore,
gridate di gioia!

Su di noi, sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo.

(Salmo 32,22)

14 ottobre, 2021

Così Giovanni Paolo I ha salvato una bambina dalla morte. “Fu un miracolo”, Papa Luciani Beato

Così Giovanni Paolo I ha salvato una bambina dalla morte. “Fu un miracolo”, Papa Luciani Beato

Una ragazzina argentina rischiava la vita o di rimanere allo stato vegetativo. Dopo una notte di preghiera guarì da una gravissima encefalopatia: l’episodio attribuito al Pontefice avvenne il 23 luglio 2011 a Buenos Aires




CITTÀ DEL VATICANO. È disperato il volo dell’elicottero da un ospedale dello Stato argentino del Paraná al prestigioso Istituto Favaloro, nosocomio tra i più all’avanguardia nella capitale Buenos Aires. Ci sono scarsissime speranze di salvare la vita alla piccola Irene (nome di fantasia), una bambina affetta da «grave encefalopatia infiammatoria acuta, stato di male epilettico refrattario maligno, shock settico», come si legge nel bollettino medico. È il mese di maggio dell’anno 2011. La migliore aspettativa per la ragazzina è lo stato vegetativo. E invece dieci anni dopo, quella bambina è diventata una ragazza di 21 anni che sta bene, ha finito regolarmente gli studi secondari e adesso frequenta, allegra e determinata, l’università nell’entroterra argentino, dando prospettive incoraggianti alla sua famiglia - madre e due sorelle - che vive in dignitosa povertà. E Irene con la sua famiglia ieri ha esultato e festeggiato - «era felicissima», assicura chi le ha parlato - alla notizia giunta dall’altra parte del mondo, dalle Sacre Stanze vaticane: il suo «salvatore», Albino Luciani diventato papa Giovanni Paolo I per trentatré giorni nel 1978, diventerà beato per volere di un successore, Francesco, conterraneo della «miracolata». Per la beatificazione di un non martire, la Chiesa «pretende» un miracolo. Ecco com’è andata.

Il calvario di Irene è iniziato «il 20 marzo 2011» - si legge nelle carte della Congregazione delle Cause dei Santi - con «un forte mal di testa che continuò sino al 27 marzo, quando si manifestarono febbre, vomito, disturbi comportamentali e della parola». La diagnosi è devastante: «Encefalopatia epilettica ad insorgenza acuta, con stato epilettico refrattario ad eziologia sconosciuta». Il quadro clinico è gravissimo, con numerose crisi epilettiche quotidiane, «tanto che fu necessario intubarla». Passano due mesi, e la situazione non migliora. Così, il 26 maggio «la piccola venne trasferita, con prognosi riservata, a Buenos Aires». Altri due mesi senza luce all’orizzonte. E il 22 luglio la condizione clinica «peggiorò ulteriormente per la comparsa di uno stato settico da broncopolmonite». I dottori convocano i familiari per pronunciare la sentenza di «morte imminente».

Ma non hanno tenuto conto di un parroco, padre Josè, il pastore della parrocchia vicina. Il prete «si recò al capezzale della piccola e propose alla madre di chiedere insieme l’intercessione di Giovanni Paolo I, al quale era molto devoto». Quella notte - con «un lungo momento di preghiera», racconta il postulatore della causa, il cardinale Beniamino Stella - chi vuole bene a Irene si aggrappa spiritualmente alla veste bianca del Papa veneto morto 33 anni prima, per domandargli di «convincere» Dio a compiere il prodigio.


Il giorno dopo, 23 luglio 2011, nella sorpresa generale, si registra «un rapido miglioramento dello shock settico, che continuò con il recupero della stabilità emodinamica e respiratoria». E nelle settimane successive sarà un susseguirsi di buone e straordinarie novità. L’8 agosto la paziente viene «estubata»; il 25 agosto «lo stato epilettico apparve risolto e il 5 settembre la paziente venne dimessa». La bambina riacquisterà «la completa autonomia fisica e psico-cognitiva-comportamentale». Guarita. Inspiegabilmente dal punto di vista medico-scientifico. Per i teologi si è dimostrato chiaro «il nesso causale con l’invocazione a Giovanni Paolo I».

Oltretevere spiegano che si tratta di una «restitutio ad integrum», uno di quei miracoli «grossi», di più c’è solo la resurrezione: significa che sono stati pienamente ricostituiti i gravi danni, in particolare al cervello, provocati dalla malattia.

Pensiero del 14 ottobre 2021

 Non ci accada, di farci bastare la sicurezza, che nasce dal sentirsi a posto davanti a Dio, e che non accada di contaminare altri. con questa auto salvezza.

Meditazione sul Vangelo di Lc 11,47-54

Profeti del nostro tempo

Il passo odierno della lettera ai Romani sintetizza quanto abbiamo visto fino ad ora: tutti sono sottoposti al peccato, pertanto tutti hanno bisogno della grazia di Dio in Cristo. Ne hanno bisogno non solo i pagani, ma anche i Giudei perché nessuno può pretendere di accumulare crediti di fronte a Dio. Il tema del sangue di Cristo, strumento di espiazione, collega la prima lettura al Vangelo, dove si parla del sangue dei profeti, anticipazione del sangue di Cristo. Questo è il destino dei profeti e degli apostoli.

Tutto l’arco della storia della salvezza, dall’inizio alla fine, è segnato dall’uccisione degli inviati di Dio. Questa generazione deve rendere conto del sangue dei profeti e degli apostoli. L’affermazione vale prima di tutto per il tempo di Gesù: i capi religiosi di Israele devono rispondere della morte dell’inviato definitivo di Dio. Gesù non è un profeta come gli altri. L’affermazione, tuttavia, ha valore anche oggi. Ogni generazione deve mantenere un atteggiamento di umiltà, e non giudicare troppo facilmente le generazioni passate. Dio, infatti, manda continuamente i suoi messaggeri, e non sempre si è in grado di riconoscerli. Nel momento in cui condanniamo i nostri padri perché non hanno accolto gli inviti alla conversione rivolti loro dai profeti del loro tempo, siamo sicuri di seguire i profeti del nostro tempo? E’ più facile sapere come avrebbero dovuto comportarsi gli uomini del passato, che sapere come dobbiamo comportarci noi oggi. Come faccio a discernere la Volontà di Dio trasmessa dai suoi messaggeri oggi? Il criterio fondamentale è la Parola di Dio: il messaggio è in sintonia con quanto dice la Bibbia? E il secondo criterio è l’attenzione ai  segni dei tempi: come Dio si manifesta oggi? La Bibbia è il Codice di interpretazione della realtà: una realtà senza codice, rimane indecifrabile, e un codice senza aggancio alla realtà, non ha più la capacità di parlare. I dottori della legge si rifiutano di interpretare correttamente la Scrittura perché non ne accolgono il criterio fondamentale di accesso: Cristo. Solo in Cristo tutto assume significato. E Lui la chiave di interpretazione della realtà, dell’esistenza, della mia vita. Ho mai letto la mia vita alla luce di Cristo? L’ho fatto diventare il criterio in base al quale comprendere e comprendermi? Il danno peggiore che posso fare a una persona è impedirle l’accesso all’interpretazione della vita a partire da Cristo. E, al contrario, questo è il dono più bello che posso darle.

14 Ottobre

Con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

 (Giovanni 14,6)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 129)
Rit: Con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione.

Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.

Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

 (Giovanni 14,6)

13 ottobre, 2021

13 ottobre 1917 104 anni fa

 13 ottobre 1917 104 anni fa

Con il Miracolo del Sole, si concludono le Apparizioni Mariane di Fatima.
È curioso osservare come il Giornale portoghese "O Seculo", noto per essere laicista e anticattolico, riportò la narrazione del miracolo con la testimonianza dei presenti.
Charlie Bunga Banyangumuka



Papa Luciani, riconosciuto il miracolo: «sarà proclamato beato».

Papa Luciani, riconosciuto il miracolo: «sarà proclamato beato».


Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sulla guarigione miracolosa attribuita all’intercessione di Giovanni Paolo I, un Pontefice rimasto nel cuore della gente

VATICAN NEWS

Papa Francesco ricevendo stamane in udienza il cardinale Marcello Semeraro ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto che riconosce un miracolo attribuito all’intercessione di Giovanni Paolo I. Si tratta della guarigione avvenuta il 23 luglio 2011 a Buenos Aires, di una bambina undicenne affetta, si legge sul sito del dicastero, da “grave encefalopatia infiammatoria acuta, stato di male epilettico refrattario maligno, shock settico” e ormai in fin di vita: il quadro clinico era molto grave, caratterizzato da numerose crisi epilettiche giornaliere e da uno stato  settico da broncopolmonite. L’iniziativa di invocare Papa Luciani era stata presa dal parroco della parrocchia a cui apparteneva l’ospedale.

Il Pontefice veneto è dunque ormai prossimo alla beatificazione e ora si attende soltanto di conoscerne la data, che sarà stabilita da Francesco.
 


Nato il 17 ottobre 1912 a Forno di Canale (oggi Canale d’Agordo), in provincia di Belluno, e morto il 28 settembre 1978 in Vaticano, Albino Luciani è stato Papa soltanto per 33 giorni, uno dei pontificati più brevi della storia. È figlio di un operaio socialista che aveva lavorato a lungo da emigrante in Svizzera. Nel biglietto che gli scrive suo padre, dandogli il consenso a entrare in seminario, si legge: “Spero che quando tu sarai prete, starai dalla parte dei poveri, perché Cristo era dalla loro parte”. Parole che Luciani metterà in pratica durante tutta la sua vita.

Albino viene ordinato prete nel 1935 e nel 1958, subito dopo l’elezione di Giovanni XXIII che da patriarca di Venezia l’aveva conosciuto, viene nominato vescovo di Vittorio Veneto. Figlio di una terra povera caratterizzata dall’emigrazione, ma anche molto vivace dal punto di vista sociale, e di una Chiesa segnata da figure di grandi sacerdoti, Luciani partecipa all’intero Concilio Ecumenico Vaticano II e ne applica con entusiasmo le direttive. Trascorre molto tempo in confessionale, è un pastore vicino alla sua gente. Negli anni in cui si discute della liceità della pillola anticoncezionale, più volte si esprime in favore di un’apertura della Chiesa sul suo impiego, avendo ascoltato molte giovani famiglie. Dopo l’uscita dell’enciclica Humanae vitae, con la quale Paolo VI nel 1968 dichiara moralmente illecita la pillola, il vescovo di Vittorio Veneto si farà promotore del documento, aderendo al magistero del Pontefice. Paolo VI, che ha avuto modo di apprezzarlo, alla fine del 1969 lo nomina patriarca di Venezia e nel marzo 1973 lo crea cardinale.
 

Luciani, che ha scelto per il suo stemma episcopale la parola “humilitas”, è un pastore che vive sobriamente, fermo in ciò che è essenziale nella fede, aperto dal punto di vista sociale, vicino ai poveri e agli operai. È intransigente quando si tratta dell’uso spregiudicato del denaro ai danni della gente, come dimostra la sua fermezza in occasione di uno scandalo economico a Vittorio Veneto che vede coinvolto un suo sacerdote. Nel suo magistero insiste particolarmente sul tema della misericordia. A Venezia, da patriarca, avrà molto da soffrire a causa della contestazione che caratterizza gli anni del post-concilio. Nel Natale 1976, in un periodo in cui le fabbriche del polo industriale di Marghera erano occupate, pronuncia parole ancora oggi attualissime: “Sfoggiare lusso, sprecare denaro, rifiutare di investirlo, trafugandolo all’estero, non costituisce solo insensibilità ed egoismo: può diventare provocazione e addensare sulle nostre teste quella che Paolo VI chiama ‘la collera dei poveri dalle conseguenze imprevedibili’ ”. Grande comunicatore, è autore di un fortunato libro che si intitola “Illustrissimi”, con lettere da lui scritte e idealmente spedite ai grandi del passato con giudizi sul presente. Particolare importanza rivestono per lui la catechesi e la necessità per chi trasmette i contenuti della fede di farsi capire da tutti. Dopo la morte di Paolo VI, il 26 agosto 1978 viene eletto in un conclave che dura lo spazio di una giornata. 

Il doppio nome è già un programma: unendo Giovanni e Paolo, egli non soltanto offre un tributo di riconoscenza ai Papi che l’hanno voluto vescovo e cardinale, ma segna anche una via di continuità nell’applicazione del Concilio, sbarrando la strada sia a nostalgici ripiegamenti nel passato sia a incontrollate fughe in avanti. Abbandona l’uso del “Noi”, del plurale maiestatis, e nei primi giorni rifiuta l’uso della sedia gestatoria, piegandosi alla richiesta dei suoi collaboratori solo quando si rende conto che procedendo a piedi le persone che non stanno nelle prime file faticano a vederlo. Le udienze del mercoledì durante il suo brevissimo pontificato sono incontro di catechesi: il Papa parla senza testo scritto, cita poesie a memoria, invita un ragazzo e un chierichetto ad avvicinarsi e dialoga con loro. In un discorso a braccio, ricorda di aver patito la fame da bambino e ripete le coraggiose parole del suo predecessore sui “popoli della fame” che interpellano i “popoli dell’opulenza”. Esce una sola volta dal Vaticano, nelle afose settimane della fine estate 1978, per prendere possesso della sua cattedrale, San Giovanni in Laterano, e riceve l’omaggio del sindaco di Roma, il comunista Giulio Carlo Argan, rivolgendosi al quale il nuovo Papa cita il Catechismo di san Pio X ricordando che tra “i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio” ci sono “opprimere i poveri” e “defraudare la giusta mercede agli operai”.

Muore improvvisamente nella notte del 28 settembre 1978. Viene ritrovato senza vita dalla suora che ogni mattina gli portava il caffè in camera. In poche settimane di pontificato era entrato nel cuore di milioni di persone, per la sua semplicità, per la sua umiltà, per le sue parole in difesa degli ultimi e per il suo sorriso evangelico. Attorno a quella morte improvvisa e inaspettata si sono costruite molte teorie su presunti complotti che sono serviti per vendere libri e produrre film. Una ricerca documentata sulla morte, che chiude definitivamente il caso, è stata firmata dalla vice-postulatrice del processo di beatificazione, Stefania Falasca (Cronaca di una morte, Libreria Editrice Vaticana).

La fama di santità di Albino Luciani si è diffusa molto presto. Tante persone lo hanno pregato e lo pregano. Tante persone semplici e anche un intero episcopato – quello del Brasile – hanno chiesto l’apertura del processo che ora, dopo un iter ponderato, è arrivato alla sua conclusione.

Pensiero del 13 ottobre 2021

 Se il cuore, non si lega in modo indissolubile al Padre celeste, la religione è falsata qualsiasi cosa si faccia, anche la più buona. Una religione incentrata sul proprio io e sull'apparire giusti agli occhi del mondo, è la peggiore delle religioni.

Meditazione sul Vangelo di Lc 11,42-46

L’autogiustificazione.

Nel Vangelo di oggi Gesù critica due categorie: i farisei e i dottori della legge. Non critica la loro attenzione alla legge. Ma li critica perché sono così orgogliosi da ritenere di essere gli unici a sapere cosa significa l’obbedienza alla legge. Inoltre, essi non riconoscono che Dio può dire ed esigere ben oltre la legge. E che lo fa in Gesù. Contro questo atteggiamento Gesù risponde con estrema forza.

Sembra assai duro il Signore. Non riconosciamo quasi quel Gesù che perdona, che accoglie anche il peccatore, che ci accetta così come siamo. Riprende, invece, in modo assai duro i farisei, quelli che si giustificano da sé. Sono coloro che meticolosamente si attengono ad ogni regola, anche la più piccola, ma perdono di vista ciò che è ben più importante: l’amore e la giustizia di Dio. E nel fare ciò che è giusto vogliono anche essere lodati, riveriti, vogliono ricevere onore. Si sentono i modelli da seguire. Gesù, invece, dice loro che sono “morti dentro”, che sono marci e che il contatto con loro rende la gente – anche se non lo sa – impura. Udito ciò, i dottori della legge si sentono chiamati in causa. Sono loro che interpretano la legge. E lo fanno a loro vantaggio. Mentre pretendono dagli altri un’assoluta attenzione alle leggi, loro trovano le scappatoie. Gesù condanna severamente il loro modo di fare. Gesù non è cambiato in questi versetti di Luca. È sempre lo stesso Gesù che perdona e che ci accoglie. Ma il peccatore deve pentirsi, e l’uomo deve riconoscere che non può farsi giustizia da solo. Seguire alla lettera le regole non rende automaticamente più giusti, più buoni, più grandi davanti al Signore. È l’amore e la fiducia nella giustizia di Dio che, nel seguire le norme e le leggi, ci apre la porta alla salvezza. Gesù lo mostra chiaramente quando i suoi discepoli non seguono farisaicamente le regole del sabato. La legge di Gesù non è quella dei dottori della legge. Egli non interpreta meticolosamente ogni piccolo dettaglio, non riprende coloro che non si attengono a questo regolamento. Non stila cataloghi di leggi, ma offre due comandamenti chiave che racchiudono tutto. Come dire che Gesù riesce a perdonare le trasgressioni – è morto portando i nostri peccati affinché noi avessimo salva la vita – ma nulla può fare con chi non si affida a lui, con chi si appoggia solo alla propria giustizia.

13 Ottobre

Secondo le sue opere, Signore, tu ripaghi ogni uomo

Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore, ed io le conosco ed esse mi seguono.

(Giovanni 10,27)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 61)
Rit: Secondo le sue opere, Signore, tu ripaghi ogni uomo.

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia salvezza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: mai potrò vacillare.

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia speranza.
In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.

Confida in lui, o popolo, in ogni tempo;
davanti a lui aprite il vostro cuore:

«Nostro rifugio è Dio».

Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore, ed io le conosco ed esse mi seguono.

(Giovanni 10,27)