8 ottobre 1940 | Un trasporto di 342 polacchi deportati dai tedeschi da Tarnów (312) e Cracovia (30) arrivò al campo di Auschwitz.
Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara sono una ragazza disabile, dalla nascita. Sono devota a Maria Regina della Famiglia apparsa nel maggio 1944 a Ghiaie di Bonate (Bg) ad Adelaide Roncalli a soli sette anni. Scopo mantenere viva la Memoria. Sono devota al GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE
Testimonianze dei compagni di seminario di Rolando Maria Rivi
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08 ottobre, 2021
Tanti Auguri don Antonio Maffucci FSCB d'un buon compleanno
Dice il Signore:
Pensiero del 07 ottobre 2021
Meditazione sul Vangelo di Lc 11,15-26
Scelta di campo.
Il brano di Luca di oggi introduce una nuova parte del Vangelo. La spiegazione della preghiera è terminata, ora Gesù incontra varie persone. Scaccia un demone e risponde all’accusa di cacciare i demoni in nome di Satana. Risponderà alla questione del “segno dal cielo” solo nel brano evangelico che sentiremo tra qualche giorno. Anche in questo testo troviamo due brevissime parabole. E l’affermazione forte: “chi non è con Gesù è contro di lui”. Non esistono “vie di mezzo”.
Mettiamoci nei panni dell’indemoniato. Ha appena conosciuto la liberazione dal male che lo opprimeva da molto tempo. Molto probabilmente, non ha avuto un grande ruolo nell’avvicinare Gesù. I suoi parenti o amici lo avranno accompagnato e lui si è fidato. Qualsiasi cosa per stare meglio! E poi, appena scacciato il demone, i suoi concittadini accusano Gesù di essere uno di quegli spiriti maligni che lo hanno perseguitato per tanto tempo. Deve essere difficile per lui. Avrà avuto quello stesso dubbio che capita a noi quando, dopo aver incontrato il Signore nella preghiera, nella liturgia, in un buon colloquio, qualcuno o qualcosa ci suggerisce: non c’è Dio, è tutto solo un inganno psicologico, un vago sentimentalismo. Ci sono persone che ci ripetono che la fede non serve e che la Chiesa non è certo raccomandabile. A volte, come l’indemoniato guarito, stiamo a vedere cosa ci succede. Sappiamo quanto abbiamo avuto da Gesù, l’indemoniato è stato guarito e noi siamo salvi, grazie al Battesimo, in Cristo. Ci è stata donata la fede, una comunità che ci accoglie, l’Eucaristia, il perdono… Ed ora siamo lì ad attendere, ad osservare quanto succede. Non prendiamo subito posizione. Gesù risponde alle accuse. La domanda di Gesù «i vostri discepoli a nome di chi li scacciano?» è davvero pungente. Cosa mettiamo al posto di Dio, della fede, della Chiesa se li accusiamo di essere “male”? Chi o cosa governa la nostra vita, se non è Dio a farlo? Gesù è molto chiaro. Non esiste una neutralità in questo campo. Esiste solo: “chi non è con me, è contro di me”. Quindi bisogna decidere, come forse avrà fatto l’indemoniato guarito. Dobbiamo fare una scelta di campo, chiara e forte, senza lasciare spazi vuoti che, se non sono riempiti dal Signore, saranno riempiti da chi lo combatte, dal suo nemico. Non esiste una neutralità. Non possiamo starcene in disparte per evitare gli attacchi.
08 Ottobre
Il Signore governerà il mondo con giustizia
Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.
Ed io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me.
(Giovanni 12,31-32)
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 9)
Rit: Il Signore governerà il mondo con giustizia.
Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
annuncerò tutte le tue meraviglie.
Gioirò ed esulterò in te,
canterò inni al tuo nome, o Altissimo.
Hai minacciato le nazioni, hai sterminato il malvagio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato,
nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede.
Ma il Signore siede in eterno,
stabilisce il suo trono per il giudizio:
governerà il mondo con giustizia,
giudicherà i popoli con rettitudine.
Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.
Ed io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me.
(Giovanni 12,31-32)
Muore la mamma di Santa Maria Goretti Assunta Carlini in Goretti
L'8 Ottobre 1954 alle 04:00 del mattino, dopo aver ricevuto la Benedizione Apostolica trasmessagli dal sommo Pontefice, si spegneva serenamente nella pace del Signore MAMMA ASSUNTA, circondata dall'affetto di tutta Corinaldo. Il suo corpo fu ricomposto con l’abito nero e lo scialle del medesimo colore che la ricopre fino ai piedi. Sulle mani incrociate un Crocifisso, il Rosario e un’immagine di sua figlia Santa.
07 ottobre, 2021
Pensiero del 07 ottobre 2021
Chiediamo senza stancarci, chiediamo con fiducia, chiediamo il dono più grande: «Lo Spirito Santo».
Meditazione sul Vangelo di Lc 11,5-13
Non sempre è bene ciò che desidero.
Il Vangelo di oggi segue direttamente quello di ieri, nel quale Gesù aveva insegnato ai discepoli il Padre nostro. Ora Gesù si sofferma sulla preghiera di domanda. Sono inserite nel testo due parabole – una all’inizio ed una alla fine – che fanno da cornice alle tre affermazioni su quanto ottiene chi prega: “ gli sarà dato”, “troverà” e “gli sarà aperto”. Mentre la parabola iniziale è positiva, quella conclusiva mostra per paradosso il negativo.
Oggi pochi aprirebbero ad un amico che bussasse a notte fonda, chiedendo qualcosa da mangiare per altri suoi amici, rientrati affamati da un viaggio. Magari ci ritroveremmo a considerare se non sia giunto il momento di rompere una tale amicizia! I fatti di cronaca, poi, non sembrano dare ragione a Gesù neanche riguardo alla parabola finale. “Caro Gesù – ci verrebbe da dire -, oggi sentiamo attraverso i giornali delle cose terribili, e non ci sembra così scontato che noi, che siamo cattivi, diamo comunque cose buone ai nostri figli. Anzi…!”. C’è certamente da ridire sulla frase: «Chiedete e vi sarà dato». Caro Gesù, avremmo da dire anche in questo caso, non ci sembra proprio, che tu ci stia a sentire – neanche quando chiediamo cose che, tutto sommato, sono più che ragionevoli. Quante volte, infatti, ci chiediamo perché tu non fai nulla, nonostante tutte le nostre preghiere! Forse, però, dobbiamo comprendere meglio queste parabole. Se il figlio chiede un pesce, non gli daremo una serpe. Ma cosa gli diamo noi? Tutto quello che vuole? No, se siamo genitori ragionevoli, non gli daremo ciò che gli fa male. Anche se ce lo chiede con insistenza. A volte, dietro a un “bene” si cela un pericolo. Ma i figli spesso non riescono a vedere dietro le apparenze. Loro chiedono e i genitori responsabili, che li amano e si preoccupano realmente di loro, si assumono anche l’onere di dire “no”. Ma anche ai genitori fa piacere quando i figli chiedono qualcosa. “Papà, posso prendere la tua macchina?”. È bello se chiedono. Mostrano rispetto per il ruolo dei genitori e per le cose che non sono loro. Sanno che il padre, se potrà, dirà “sì”, perché li ama. Forse Gesù vuol dirci che anche a Dio piace se chiediamo. Se ci rendiamo conto che dobbiamo tutto a lui e che è giusto ricordarlo a noi stessi, domandandogli anche le cose quotidiane – perfino il pane necessario per la nostra vita. E quando poi dice “no”, dobbiamo aspettare e cercare di comprendere. Egli ci ama e non fa nulla che sia male per noi. Anche se noi non sempre riusciamo a comprendere cosa è veramente “bene” per noi. I padri “terreni” possono sbagliare, ma il Padre celeste no. È bello sapere che abbiamo un Padre che, quando sa che è il caso e noi glielo chiediamo, ci darà tutto, anche se stesso.
07 Ottobre
Beato l’uomo che confida nel Signore
Apri, Signore, il nostro cuore, ed accoglieremo le parole del Figlio tuo.
(Atti degli Apostoli 16,14)
SALMO RESPONSORIALE (Sal 1)
Rit: Beato l’uomo che confida nel Signore.
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.
È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.
Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.
Apri, Signore, il nostro cuore, ed accoglieremo le parole del Figlio tuo.
(Atti degli Apostoli 16,14)
06 ottobre, 2021
Ottobe in rosa prevenzione al seno
Fare prevenzione è volersi bene
San Bruno di Colonia
San Bruno di Colonia
S. Brunone nacque da nobile famiglia verso l'anno 1035 nella città di Colonia. Frequentò la scuola presso la chiesa di S. Cuniberto, facendo rapidi progressi nella scienza e nella pietà, tanto che S. Annone, vescovo della città, lo elesse canonico della sua chiesa.
Terminò poi gli studi a Reims, dove ebbe fama di ottimo poeta, eccellentissimo filosofo e teologo, per cui i suoi contemporanei lo riguardavano come uno dei più illustri allievi della scuola di Reims. Quivi rimase molto tempo come insegnante e dimostrò la sua grande santità e il suo straordinario sapere. Non pochi dei suoi discepoli si resero celebri, fra i quali il Papa Urbano II.
Verso il 1067 morì l'Arcivescovo di Reims, di cui egli era il più valido sostegno, ma gli successe a furia di subdoli maneggi Manasse I, il quale tenne un governo non buono, tanto che la S. Sede fu costretta a dimetterlo dalla cattedra episcopale. S. Brunone, suo cancelliere, non poteva soffrire gli abusi di cui. era testimonio e fu costretto ad essere uno dei principali accusatori. Il Legato Pontificio che depose Manasse fu così tocco dalla saggezza e virtù di Brunone, che ne fece un bell'elogio in una lettera al Papa, e lo proponeva come il più degno della prelatura.
Mentre i superiori gli stavano preparando la carica, egli si ritirò in una casa di campagna, ove decise di abbandonare il mondo. Avendo poi comunicati i suoi desideri ad alcuni amici, stabilirono tutti assieme di abbandonare i beni transitori di questa vita e di abbracciare lo stato religioso. Si presentarono pertanto ad Ugo, vescovo di Grenoble, il quale li accolse affettuosamente, e dopo averne elogiato il desiderio, assegnò loro il deserto della Certosa, ove S. Brunone fondò l'ordine dei Certosini.
Passati appena sei anni dacché S. Brunone governava quella comunità, il Pontefice Urbano II, già suo discepolo a Reims, l'obbligava a portarsi a Roma.
L'umile religioso non era mai stato sottoposto a tanta prova; il dover lasciar la solitudine era per lui il più penoso di tutti i sacrifici. Egli non trovò nella corte di Roma quelle dolcezze che aveva gustato nella solitudine, e di più temeva quelle distrazioni mondane, D'altronde il Papa gli era cosi affezionato che non poteva rimanere senza di lui, e lo incitava al accettare l'Arcivescovado di Reggio Calabria. Finalmente le istanze di Brunone furono così vive che il sommo pontefice gli permise di ritirarsi in un deserto della Calabria, confermando Landuino priore della Certosa. Il Santo, raccolti discepoli italiani, si ritirò in un deserto della diocesi di Squillace, riprendendo gli esercizi della vita solitaria con maggior gioia e fervore. In quella solitudine fu scoperto dal conte Ruggero che lo aiutò a costruire la nuova Certosa.
S. Brunone ci lasciò, oltre alle lettere, i commenti sopra il Salterio, sopra le Epistole di S. Paolo ed una elegia in 14 versi sul disprezzo del mondo. Nel settembre del 1101 se ne volò al cielo per ricevere la ricompensa delle sue virtù e delle sue fatiche.
PRATICA. « Provate e vedrete quanto sia dolce servire il Signore con tutto l'affetto dell'anima » (S. Brunone).
PREGHIERA. O Signore, per intercessione di San Brunone confessore, concedici il perdono dei nostri peccati, e liberaci dai mali presenti e futuri.
MARTIROLOGIO ROMANO. San Bruno, sacerdote, che, originario di Colonia in Lotaringia, nel territorio dell’odierna Germania, dopo avere insegnato la teologia in Francia, desideroso di condurre vita solitaria, fondò con pochi discepoli nella deserta valle di Chartroux un Ordine, in cui la solitudine eremitica si combinasse con una minima forma di vita comunitaria. Chiamato a Roma dal papa beato Urbano II, perché lo aiutasse nelle necessità della Chiesa, riuscì tuttavia a trascorrere gli ultimi anni della sua vita in un eremo vicino al monastero di La Torre in Calabria.
Pensiero del 06 ottobre 2021
Non siamo orfani, siamo figli amatissimi. La libertà, grande è chiamare Dio, Padre.
Meditazione sul Vangelo di Lc 11,1-4
Signore, insegnaci a pregare!
Il brano evangelico di oggi ci mostra Gesù maestro di preghiera. Che cosa dobbiamo chiedere ce lo ha insegnato nel “Padre nostro”: la glorificazione del Padre, la venuta del suo regno, il compimento del suo disegno, il pane di ogni giorno, il perdono dei peccati e la liberazione dal male. Non basta, però, pregare: è necessaria la perseveranza, quasi importuna, che si affida al cuore di Dio, più tenero e accondiscendente del cuore di un padre. Dobbiamo pregare senza timore, con assoluto abbandono. La questione decisiva è quella di comprendere la paternità di Dio. Da qui derivano tutto il tono e il clima della nostra vita.
È molto bella l’immagine del discepolo che l’evangelista sta delineando. Intende presentarcelo come l’uomo della preghiera; è chiaro che Gesù vuole che il suo discepolo sia un uomo di preghiera, una persona che, inviata ad evangelizzare, sa tendere le mani al cielo. I discepoli si sono accorti che Gesù ha un suo modo particolare di mettersi in relazione con Dio. Infatti, lo chiama Padre mio (10,21.22). Se lo chiama così, Egli deve necessariamente vivere la preghiera in un modo tutto suo. Per questo gli chiedono di insegnare loro la preghiera dei figli, la preghiera del Figlio. E Gesù accetta. La preghiera che Lui insegna è la preghiera che ci caratterizza come cristiani e figli di Dio. Se gli ebrei, tre volte al giorno, dicono: “Ascolta Israele, il Signore, il nostro Dio, è l’unico Signore” (Dt 6,5), noi cristiani, per tre volte al giorno, almeno al mattino e alla sera e durante l’Eucaristia, diciamo: “Abba”, “Papà”. Messi così in comunione figliale con Dio, convinti che il Padre ci conosce e ci ama come conosce e ama il Figlio suo (10,22), ci sentiamo con il Figlio, desiderosi di rivelare il Padre, di annunziarlo e farlo conoscere a tutti come Padre. Dopo questo, chiediamo a Dio di esercitare la sua autorità paterna, affinché possiamo essere sempre più coscienti di essere chiamati a vivere come suoi figli, e ci sentiamo anche sempre più impegnati a esprimere, nell’agire, il nostro amore filiale e anche nella sofferenza, sentiamo davvero Dio come Padre. Ed ecco il passaggio obbligato anche nella preghiera. Non possiamo rivolgerci a Dio senza pensare e vedere attorno a noi i nostri simili. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è la preghiera che i figli, i fratelli, rivolgono insieme al Padre.
06 Ottobre
Signore, tu sei misericordioso e pietoso
Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
(Romani 8,15)
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 85)
Rit: Signore, tu sei misericordioso e pietoso.
Pietà di me, Signore,
a te grido tutto il giorno.
Rallegra la vita del tuo servo,
perché a te, Signore, rivolgo l’anima mia.
Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi t’invoca.
Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce delle mie suppliche.
Tutte le genti che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, Signore,
per dare gloria al tuo nome.
Grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.
Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
(Romani 8,15)
05 ottobre, 2021
Santa Maria Faustina Kowalska
Santa Maria Faustina Kowalska
Elena Kowalska è conterranea di Giovanni Paolo II che l'ha elevata agli onori degli altari nell'anno 2000. Era nata a Giogowiec nel distretto di Turek, provincia di Lodz, il 25 agosto 1905. Le difficili condizioni economiche e sociali provocate dalla prima guerra mondiale, che avevano messo in ginocchio molte famiglie polacche, compresa la sua, non consentirono a Elena, che pure era di intelligenza vivace, di andare oltre le prime tre classi della scuola elementare. Per contribuire a far quadrare in qualche modo il bilancio familiare, andò a lavorare come domestica in una casa di buona famiglia.
Ma mentre lavava piatti e tirava a cera i lindi pavimenti dei suoi signori, pensava ad altro. Nel suo cuore era germogliato il desiderio di abbracciare la vita religiosa, non certo per sottrarsi alla fatica del lavoro, ma per vivere in modo più profondo e radicale la vocazione cristiana. Incontrò subito l'opposizione dei genitori che con la sua entrata in convento avrebbero perso un'indispensabile fonte di guadagno. La risolutezza di Elena ebbe però la meglio sull'opposizione dei genitori e nel 1924 poteva chiedere finalmente di essere accolta nella Congregazione della beata Vergine Maria della misericordia.
Era consuetudine che ogni aspirante alla vita religiosa portasse con sé, nel momento dell'ammissione, una congrua dote, perché i conventi, essendo poveri, non erano in grado di provvedere al corredo delle aspiranti.
Ma neppure la famiglia di Elena poteva farlo, per cui la giovane dovette lavorare sodo ancora un anno per mettere insieme almeno l'indispensabile. Non le venne invece chiesta la dote vera e propria, che avrebbe richiesto ben più di un anno di lavoro. Aveva vent'anni quando venne ammessa al postulantato, e poi (1926) al noviziato come suora conversa, addetta cioè al servizio della comunità.
Come avviene in altri ordini o congregazioni religiose, con l'occasione cambiò il nome di Elena con quello di Maria Faustina: era un modo per segnare il distacco dalla vita precedente e l'inizio di un nuovo modo di stare con il Signore e con gli altri.
Due anni dopo emise i voti temporanei e nel 1933 quelli definitivi, nel suggestivo rito della professione perpetua.
Per tredici anni suor Faustina lavorò in quasi tutte le case della provincia, che erano allora dieci, occupandosi dei mestieri più umili: la cucina, il giardino e la portineria. Eseguiva sempre con molta fedeltà quanto richiestole, e con gioia, illuminando ogni atto con la luce della sua spiritualità, molto intensa, costellata da slanci mistici dei quali erano a conoscenza solo i suoi direttori spirituali e le superiore.
Nel 1934, obbedendo all'indicazione del suo direttore spirituale, cominciò a scrivere un diario personale che intitolò La divina misericordia nell'anima mia, e che è un resoconto particolareggiato di rivelazioni e di esperienze mistiche.
Nel 1935 Faustina ricette una rivelazione privata da Gesù nella quale le avrebbe richiesto una particolare forma di preghiera detta Coroncina alla Divina Misericordia. Secondo suor Faustina, particolari grazie sarebbero state concesse a chi avrebbe recitato questa preghiera:
La mia misericordia avvolgerà in vita e specialmente nell'ora della morte le anime che reciteranno questa coroncina. Per la recita di questa coroncina mi piace concedere tutto ciò che mi chiederanno. I sacerdoti la consiglieranno ai peccatori come ultima tavola di salvezza; anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della mia infinita misericordia. Quando vicino ad un agonizzante viene recitata questa coroncina, si placa l’ira di Dio e l’imperscrutabile misericordia avvolge l’anima.
La Coroncina della Divina Misericordia
- Si inizia recitando, dopo il segno della croce, un Padre nostro, un Ave Maria e il Credo.
- Sui 5 (cinque) grani del Padre Nostro, ovvero i grani maggiori del Santo Rosario si dice: «Eterno Padre, io Ti offro il Corpo e il Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Nostro Signore Gesù Cristo, in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.»
- Sui 50 (cinquanta) grani minori si dice: «Per la Sua dolorosa Passione, abbi misericordia di noi e del mondo intero.»
- Al termine si dice per tre volte: «Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, abbi pietà di noi e del mondo intero.»
- La preghiera termina con la seguente invocazione: «O Sangue ed Acqua che scaturisti dal Cuore di Gesù come sorgente di misericordia per noi, confido in te!»; ed infine nuovamente il segno della croce.
Suor Faustina viene ricordata anche come l'apostola della devozione a Gesù misericordioso. Una pia pratica che, radicatasi in Polonia grazie al suo zelo, si estese, a partire dai primi anni Quaranta, anche fuori dai confini polacchi per abbracciare tutto il mondo. Con tale pratica si diffuse anche la conoscenza di colei che ne aveva fatto il centro della propria spiritualità.
Il 5 ottobre 1938 suor Faustina tornava alla casa del Padre. Morì nel convento di Lagiewniki nei pressi di Cracovia, offrendosi alla misericordia divina come vittima per la conversione dei peccatori.. Venne sepolta nel cimitero della congregazione. Quando fu avviato il processo informativo per verificare l'eroicità delle sue virtù, le sue spoglie vennero trasferite nella cappella della congregazione, diventata subito cuore della devozione di molti fedeli che si affidano alla sua intercessione per ottenere conforto dell'anima e sollievo nelle malattie.
È stata proclamata beata il 18 aprile 1993 e santa nel 2000, anno del Giubileo, da Giovanni Paolo II.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Cracovia in Polonia, santa Maria Faustina (Elena) Kowalska, vergine delle Suore della Beata Maria Vergine della Misericordia, che si adoperò molto per manifestare il mistero della divina misericordia.
Pensiero del 05 otttobre 2021
Meditazione sul Vangelo di Lc 10,38-42
Ascoltava la sua Parola.
Il brano evangelico di oggi ci parla della premura di Marta e Maria, immagine dell’amore per Cristo, fatto di opere, e ci insegna come vivere l’ospitalità cristiana, che è un appello a vincere la nostra egoistica pigrizia. Maria, però, ha capito soprattutto il valore dell’Ospite e allora si dedica all’ascolto della sua parola. La sua non è una perdita di tempo: Gesù in persona conta più di ogni altra cosa. Egli si presenta così, nella linea dei profeti che richiamano all’interiorità e alla santità, fuori da ogni ostentazione, che soffoca la vera relazione con Dio. Gesù appare come il tempio nuovo, nel quale si compie la comunione con il Padre.
La familiarità che traspare da questo racconto e le due sorelle, Marta e Maria, come pure la loro caratterizzazione, rimandano al racconto di Giovanni della risurrezione di Lazzaro (Gv 1 1) e alla Cena di Betania (Gv 12,l-8). Il luogo dell’incontro è proprio Betania, che si trova vicino a Gerusalemme, sulla strada per Gerico. Ora Luca ha appena parlato di un uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico e, mentre narrava, si è ricordato di un altro fatto capitato su quella strada: l’incontro di Gesù con Marta e Maria. Lo riporta qui, eliminando ogni connotazione cronologica e locale, perché gli serve per precisare meglio l’immagine del discepolo. Maria che sta seduta ai piedi di Gesù è un’immagine tipica del discepolo, ma lo è anche Marta che, nel suo donarsi, si rende davvero prossimo degli altri. Nessuna delle due, però, è ancora una immagine perfetta. Chi solo ascolta e non mette in pratica e “come colui che ha costruito la sua casa sulla terra senza fondamenta” (6,49), ma neppure chi troppo si distrae nel fare e non si fa attento ascoltatore di Gesù è un vero discepolo. Nel Vangelo di Luca la vera discepola è solo la Madre di Gesù, che accoglie con fede la Parola e va subito a servire (1,38-45). Il problema di Luca, però, è un altro. Dopo aver descritto la necessità di farsi prossimo, vuole che il discepolo capisca che non si può continuare in una attività di donazione senza quelle profonde convinzioni che vengono dall’ascolto della Parola di Gesù. E’ l’obbedienza al Padre che ha reso Gesù nostro prossimo; ed è l’obbedienza alla sua parola che rende noi prossimo degli altri. Di qui la necessità di ascoltare assiduamente, senza distrarsi in altro, come fa Marta; di qui il confronto tra il servizio e l’ascolto.
05 Ottobre
Se consideri le colpe, Signore, chi ti può resistere?
Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano.
(Luca 11,28)
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 129)
Rit: Se consideri le colpe, Signore, chi ti può resistere?
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano.
(Luca 11,28)
04 ottobre, 2021
Buon compleanno a Santa Gianna Beretta Molla
Oggi, sarebbe stato il compleanno di Santa Gianna Beretta Molla ed anche il suo onomastico perché lei si chiama Giovanna Francesca.
Proteggici, da lassù!
San Francesco d'Assisi
San Francesco d'Assisi
autore Guido Reni anno 1606 / 1607 titolo San Francesco confortato da angelo musicante |
S. Francesco nacque ad Assisi l'anno 1182 da Pietro Bernardone e da madonna Pica, ricchi commercianti. La sua nascita fu circondata da avvenimenti misteriosi: un mendicante, presentatosi a madonna Giovanna Pica, pochi giorni prima della nascita di Francesco, le disse: « Fra queste mura spunterà presto un sole... »; il giorno stesso della nascita, essendo la madre oltremodo accasciata per i dolori del parto, un altro pellegrino le disse: « Tutto andrà bene, purchè la madre sia condotta nella stalla », e così avvenne. Un altro giorno fu udito pér le vie di Assisi un romito che gridava: « Pace e bene, pace e bene! » il futuro motto di Francesco. La dolce madonna Pica taceva e pregava, pensando: cosa mai sarà di questo fanciullo così prediletto da Dio?
Intanto Francesco cresceva vivace, allegro, amante delle spensierate brigate, delle laute cene, dei suoni e dei canti. Siccome gli affari andavano bene, il padre lo avviò alla mercatura. Di ingegno vivace, riusciva a meraviglia; combattè anche contro Perugia e sostenne lunga prigionia.
La grazia di Dio intanto lavorava. Un giorno gli amici, vedendolo assorto, gli domandarono: « Pensi a prendere moglie? ». « Sì, rispose Francesco, e sposerò la donna più bella e più amabile del mondo ». Si riferiva a « madonna povertà »! Una mattina, è colpito, in una chiesetta di campagna davanti al Crocifisso di San Damiano, da un brano del Vangelo, che dice: "Non tenere né oro né argento né altra moneta; non borse, non sacchi, non due vesti, non scarpe, non bastone". Fu allora che il Crocifisso gli parlò con commovente bontà: “Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’ dunque e restauramela”. Tremante e stupefatto, il giovane rispose: “Lo farò volentieri, Signore”. Egli aveva però frainteso: pensava si trattasse di quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina. Per quelle parole del Cristo egli si fece immensamente lieto e raggiante; sentì nell’anima ch’era stato veramente il Crocifisso a rivolgergli il messaggio.
autore Giotto anno XIII sec.
Si spogliò dunque di tutto, diede quanto aveva in elemosina, e a suo padre che l'aveva citato davanti al Vescovo, diceva rendendogli anche i vestiti: « Finora ho chiamato Pietro di Bernardone mio padre, d'ora in poi a maggior ragione dirò: Padre mio che sei nei cieli ». Esce all'aperto e, immediatamente. mette in pratica il consiglio evangelico. Si scalza, s'infila una tunica contadinesca, getta la cintura di cuoio e al suo posto s'annoda sui fianchi una corda. (La cintura di cuoio era nel medioevo la parte più importante dell'abito, tanto importante che Dante. quando vorrà lodare la rude semplicità dei vecchi fiorentini, li dirà "cinti di cuoio e d'osso")
Da quel giorno l'eroismo di Francesco non ebbe più limiti: i poveri, i lebbrosi, gli ammalati di ogni specie furono la sua parte életta. Fu trattato da pazzo, percosso, vilipeso, maledetto, ed egli ricambiava tutto con preghiere, carità, amore. Ai suoi seguaci che volle chiamare « Frati Minori » insegnava il lavoro, l'elemosina, la preghiera e la povertà più assoluta.
All'inizio del 1209 Francesco assieme ai suo adepti si riunì così in una capanna nella località di Rivotorto, nella pianura sottostante la città di Assisi, presso la Porziuncola, iniziando così la prima scuola di formazione dove oltre ad insegnare i suoi principi fondamentali istruì i discepoli alla questua per sostenersi e per riparare le chiese danneggiate.
Dove passò portò la benedizione di Dio: la pace fra le fazioni e l'amore fra i nemici: convertì peccatori, salvò miserabili, protesse oppressi.
I tre voti francescani, obbedienza, povertà e castità, non erano pesi che il figlio di Pietro Bernardone prendeva sulle sue grame spalle e che imponeva ai compagni d'avventura. Al contrario, quei voti rendevano lui e i suoi seguaci più presti e leggeri. L'obbedienza scioglieva da ogni dubbio; la povertà liberava da ogni cupidigia; la castità sollevava da ogni impegno carnale. I vizi contrari a quei voti, cioè la superbia, l'avarizia e la lussuria, erano tre mostruose fibbie, che imbrigliavano l'uomo mondano.
Benedetto dal papa, estese ovunque ed a tutti la sua opera; istituì le Clarisse; fondò e diffuse il Terz'Ordine. Andò in Egitto e Palestina per far cessare le ostilità tra i due popoli, mandò apostoli dappertutto a portare «pace e bene ».
Alla Verna, Dio impresse sul suo servo fedele il segno del suo amore: le sacre stimmate.
Compose laudi in onore del suo Dio perchè esclamava: « L'amore non è amato, l'amore non è amato! ». Morì, benedicendo i suoi figliuoli e la sua cara città di Assisi, il 3 ottobre 1226.
Fu chiamato il più santo degli Italiani, e il più Italiano dei santi; assieme a S. Caterina da Siena è il grande protettore della nostra amata patria.
PRATICA. Ad onore di S. Francesco facciamo oggi una mortificazione ed una elemosina.
PREGHIERA. O Dio, che per i meriti di S. Francesco accrescesti la tua Chiesa di una nuova famiglia, concedici di disprezzare a suo esempio le cose terrene, e di poter partecipare alla gioia dei doni celesti.
MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Assisi, in Umbria, il natale di San Francésco, Levita e Confessore. Fondatore di tre Ordini, cioè dei Frati Minori, delle Povere Donne, e dei Fratelli e delle Sorelle della Penitenza. La sua vita, piena di santità e di miracoli, fu scritta da san Bonaventura.
SAN FRANCESCO E IL NATALE
Per Francesco il Natale era la festa delle feste, appunto perché Dio stesso, con la sua adorabile incarnazione, scendeva in terra, e si faceva fratello degli uomini. Frate, non monaco. L'eterno entrava nel tempo; l'immobile diventava viandante. Dal Natale in poi, tutte le strade sarebbero state come quella d'Emmaus.
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Il presepe di Greccio di Benozzo Gozzoli,
Chiesa di San Francesco, Montefalco
SAN FRANCESCO E GLI ANIMALI
San Francesco chiamava gli animali «i nostri fratelli più piccoli». Per loro aveva le attenzioni più delicate. Voleva scrivere a Federico II perché con un editto stabilisse che a Natale le strade fossero cosparse di granaglie e di grano per gli uccelli: anch'essi dovevano gioire per la nascita del Redentore. Perché non fossero calpestati, scansava dai sentieri i vermi. A Sant'Angelo in Pantanelli, presso Orvieto, viene mostrato tuttora uno scoglio sul Tevere, dal quale avrebbe gettato nel fiume dei pesci che gli erano stati regalati.
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LA CROCE TAU
San Francesco aveva molto a cuore questo simbolo per via della forte somiglianza con la croce, tanto che rivestì un ruolo rilevante nella sua vita così come nei suoi gesti. Nel TAU si identificava la forza salvatrice e veniva rappresentata la beatitudine della povertà, uno dei pilastri fondamentali della vita francescana. Il TAU era il simbolo rivelatore di una convinzione spirituale profonda che vede nella croce di Cristo l’unica possibilità di salvezza di ogni uomo. “Con tale sigillo, san Francesco si firmava ogniqualvolta o per necessità o per spirito di carità, inviava qualche sua lettera” (FF 980); “Con esso dava inizio alle sue azioni” (FF 1347).
I "FIORETTI" DI SAN FRANCESCO
Come Santo Francesco convertì tre ladroni micidiali, e fecionsi frati; e della nobilissima visione che vide l'uno di loro,il quale fu santissimo frate.
Santo Francesco andò una volta per lo distretto del Borgo a Santo Sipolcro, e passando per uno castello che si chiama Monte Casale, venne a lui uno giovane nobile e molto dilicato, e dissegli: "Padre, io vorrei molto volentieri essere de' vostri frati". Rispuose Santo Francesco: "Figliuolo, tu se' giovane, dilicato e nobile: forse che tu non potresti sostenere la povertà e l'asprezza nostra". Ed egli: "Padre, non sete voi uomini come io? dunque, come la sostenete voi, così potrò io colla grazia di Cristo". Piacque molto a Santo Francesco quella risposta; di che benedicendolo, immantanente Io ricevette all'ordine e puosegli nome frate Agnolo. E portassi questo giovane sì graziosamente che ivi a poco tempo santo Francesco il fece guardiano nel luogo detto di Monte Casale. continua >>
CANTICO DELLE CREATURE
Altissimu; onnipotente bon Signore,
tue so' le laude, la gloria e l'onore et orme benediczione.
Ad te solo, Altissimo, se confano et nullu omu ène dignu te mentovare.
Laudato si, mi Signore, curo tucte le tue creature,
spezialmente messor lo frate sole,
lo quale jorna, et allumini per lui;
et ellu è bellu e radiante rum grande splendore;
de te, Altissimo, porta significazione.
Laudato si, mi Signore, per sora luna e le stelle;
in celo l'hai formate clarite et preziose et belle.
Laudato si, mi Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et orme tempo,
per le quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si, mi Signore, per sor'acqua,
la quale è multo utile, et umele, et preziosa et casta.
Laudato si, mi Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte,
et elio è bellu, et jucundo. et robustoso et forte.
Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta e governa,
e produce diversi fructi, con coloriti fiori et erba.
Laudato si, mi Signore, per quilli che perdonano per lo tuo amore
e sostengo infirmitate et tribulazione.
Beati quilli che sosterranno in pace,
ca de te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si, mi Signore, per sona nostra morte corporale,
da la quale nullu orno vivente pò scappare.
Guai a quilli che morrano ne le peccata mortali.
Beati quilli che se trovarà ne le tue sanctissime voluntati;
ca la morte secunda no '1 farrà male.
Laudate et benedicete mi Signore, e rengraziate.
e serviteli cum grande umilitate.
Versione italiana
«Altissimo, Onnipotente Buon Signore, tue sono le lodi, la gloria, l'onore e ogni benedizione.A te solo, o Altissimo, si addicono e nessun uomo è degno di menzionarti.
Lodato sii o mio Signore, per sorella luna e le stelle: in cielo le hai create, chiare preziose e belle.
Lodato sii, mio Signore, per fratello vento, e per l'aria e per il cielo; per quello nuvoloso e per quello sereno, per ogni stagione tramite la quale alle creature dai vita.
Lodato sii mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile, preziosa e pura.
Lodato sii mio Signore, per fratello fuoco, attraverso il quale illumini la notte. Egli è bello, giocondo, robusto e forte.
Lodato sii mio Signore, per nostra sorella madre terra, la quale ci dà nutrimento e ci mantiene: produce diversi frutti, con fiori variopinti ed erba.
Lodato sii mio Signore, per quelli che perdonano in nome del tuo amore, e sopportano malattie e sofferenze.
Beati quelli che le sopporteranno serenamente, perché dall'Altissimo saranno premiati.
Lodato sii mio Signore per la nostra sorella morte corporale, dalla quale nessun essere umano può scappare, guai a quelli che moriranno mentre sono in peccato mortale.
Beati quelli che troveranno la morte mentre stanno rispettando le tue volontà. In questo caso la morte spirituale non procurerà loro alcun male.
Lodate e benedite il mio Signore, ringraziatelo e servitelo con grande umiltà.»
TESTAMENTO DI SAN FRANCESCO (1226)
Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza cosi: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo. continua >>
PREGHIERA SEMPLICE
Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace:
dove è odio, fa ch'io porti amore,
dove è offesa, ch'io porti il perdono,
dove è discordia, ch'io porti la fede,
dove è l'errore, ch'io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch'io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch'io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Oh! Maestro, fa che io non cerchi tanto:
Ad essere compreso, quanto a comprendere.
Ad essere amato, quanto ad amare
Poichè:
Sì è: Dando, che si riceve:
Perdonando che si è perdonati;
Morendo che si risuscita a Vita Eterna.
Amen.
BENEDIZIONE A FRATE LEONE
Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te.
Volga a te il suo sguardo e ti dia pace.
Il Signore ti dia la sua grande benedizione.
Benedicat tibi Dominus et custodiat te,
ostendat faciem suam tibi et misereatur
tui convertat vultum suum ad te
et det tibi pacem
Dominus benedicat frater Leo, te
Benedicat, benedicat,
benedicat tibi Dominus
et custodiat te Frater Leo, te
FRATELLO SOLE E SORELLA LUNA
Come nel mio cuore
Ora umilmente
Sta nascendo amore
Dolce è capire
Che non son più solo
Ma che son parte di una immensa vita
Che generosa
Risplende intorno a me
Dono di Lui
Del Suo immenso amore
Ci ha dato il Cielo
E le chiare Stelle
Fratello Sole
E Sorella Luna
La Madre Terra
Con Frutti, Prati e Fiori
Il Fuoco, il Vento
L'Aria e l'Acqua pura
Fonte di Vita
Per le Sue Creature
Dono di Lui
Del suo immenso amore
Dono di Lui
Del suo immenso amore