Latino
Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara sono una ragazza disabile, dalla nascita. Sono devota a Maria Regina della Famiglia apparsa nel maggio 1944 a Ghiaie di Bonate (Bg) ad Adelaide Roncalli a soli sette anni. Scopo mantenere viva la Memoria. Sono devota al GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE
Testimonianze dei compagni di seminario di Rolando Maria Rivi
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26 settembre, 2021
Stabat Mater dolorósa
Pensiero del 26 settembre 2021
L'amore di Dio, non lascia fuori nessuno, neppure quando scegliamo strade, lontane da Lui. Mai siamo lasciati fuori dal Suo Cuore.
Meditazione sul Vangelo di Mc 9,38-43.45.47-48
In te ho sempre sperato.
Nel Vangelo di oggi distinguiamo due parti. Nella prima Giovanni si preoccupa del fatto che un tale compie un gesto che secondo lui poteva compiere solo Gesù o qualcuno incaricato da Lui. Gesù lo invita a non temere perché tutto ciò non può nuocere alla causa del Vangelo. Nella seconda il linguaggio diventa duro da ascoltare: si tratta di un modo tipico della mentalità ebraica di sottolineare ciò che è veramente importante: entrare nella vita, nella vita vera, nel Regno di Dio.
La prima lettura di oggi ci introduce al tema della prima parte del vangelo, dove Gesù esorta i suoi discepoli a non preoccuparsi della manifestazione profetica di persone che non entrano nel gruppo scelto dei suoi seguaci. Così Mosè auspica che molti più profeti siano presenti in mezzo al popolo. Chi parla animato dallo Spirito di Dio è solo un operatore del bene, non può procurare il male a Gesù e a coloro che lo seguono. Se uno non “opera contro” certamente è animato dallo Spirito di Gesù che lo conduce a compiere il bene. Nella seconda parte del vangelo Gesù ci invita a guardare cosa è veramente importante per la nostra vita di credenti: tutto quello che noi siamo, ciò che facciamo, tutti i nostri affetti, interessi, intenzioni, deve essere rapportato al Valore della vita eterna, del Regno di Dio. Se qualcosa o qualcuno ci ostacola o impedisce di far parte già oggi, nel momento presente, del Regno di Dio dobbiamo fare in modo di togliere questo impedimento dalla nostra vita. Tutto ciò che entra a far parte della nostra vita dobbiamo metterlo in relazione di importanza al Regno di Dio, alla vita con Dio. Solo allora ogni cosa non potrà impedirci di vivere la beatitudine promessa a coloro che credono in Gesù Cristo.
26 Settembre
I precetti del Signore fanno gioire il cuore
La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità.
(Giovanni 17,17)
SALMO RESPONSORIALE (Sal 18)
Rit: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.
Anche il tuo servo ne è illuminato,
per chi li osserva è grande il profitto.
Le inavvertenze, chi le discerne?
Assolvimi dai peccati nascosti.
Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro da grave peccato.
La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità.
(Giovanni 17,17)
25 settembre, 2021
Pensiero del 25 settembre 2021
Ovunque tu sia, chiunque tu sia, quantunque tu soffra...prega!
Meditazione sul Vangelo di Lc 9,43-45
Impara a vivere.
Tutta la liturgia, sia la prima lettura del profeta Zaccaria, che il brano del Vangelo di Luca, ci consegna una chiave per entrare sempre di più nella nostra storia, per imparare a vivere. Zaccaria ci mostra un uomo pronto a prendere le misure di Gerusalemme, come un bravo architetto; ma “Dio sarà una gloria in mezzo ad essa” (Zc 2,9) e come si può calcolare lo spazio abitato da Dio? Nel Vangelo troviamo la stessa verità: la Chiesa, la nostra vita, la storia universale, l’intera realtà, tutto è spazio abitato da Dio.
Il Vangelo inizia con un quadro di ammirazione della folla nei confronti di Gesù per tutte le opere che compie. Si apre con questa pennellata di serenità! Ebbene, a questo stupore fa seguito il monito, dal tono decisamente severo, che Gesù lascia ai suoi discepoli, quasi una risposta sconcertante e inopportuna: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. L’atto estremo di donazione di Gesù, nel suo amare l’uomo sino alla fine; questo deve riempirci di meraviglia! Ma come i discepoli, anche noi spesso non comprendiamo il senso di ciò che accade; di fronte alla sofferenza preferiamo non parlarne, di fronte a una realtà dura preferiamo non farci coinvolgere, o ancora di fronte ad un impegno troppo gravoso preferiamo “deresponsabilizzarci”. Troppe volte quel Gesù che noi diciamo di seguire è un ideale, estraneo alla nostra realtà, capace di compiere miracoli e operare guarigioni. Egli si rivela invece gradatamente ai suoi discepoli, nel suo essere l’inviato del Padre, venuto a riscattare l’umanità dalla schiavitù del peccato, attraverso la sua morte e resurrezione. Il Figlio di Dio che accetta la derisione, la tortura, la morte di croce, oltrepassa il buon senso dell’uomo che fatica ad accettare un amore così esagerato. Egli si è fatto pienamente coinvolgere dalla nostra umanità! Gesù ci insegna la saggezza del vivere quotidiano in queste righe, ci invita ad accettare un presente spesso in contrasto con le nostre vie, ma nella fiducia di essere guidati dall’amore del Padre, ci incoraggia a guardare la sofferenza e il male, a interrogarci sul senso di ciò che ci circonda, senza rimanere schiavi della nostra paura. Gesù ha vissuto così i suoi anni in Palestina, e desidera che anche noi lo imitiamo in questa possibilità di dimorare nella nostra storia, perché è già una storia abitata da Dio.
25 Settembre
Il Signore ci custodisce come un pastore il suo gregge
Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo
(II Timoteo 1,10)
SALMO RESPONSORIALE (Geremia 31)
Rit: Il Signore ci custodisce come un pastore il suo gregge.
Ascoltate, genti, la parola del Signore,
annunciatela alle isole più lontane e dite:
«Chi ha disperso Israele lo raduna
e lo custodisce come un pastore il suo gregge».
Perché il Signore ha riscattato Giacobbe,
lo ha liberato dalle mani di uno più forte di lui.
Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion,
andranno insieme verso i beni del Signore.
La vergine allora gioirà danzando
e insieme i giovani e i vecchi.
«Cambierò il loro lutto in gioia,
li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni».
Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo
(II Timoteo 1,10)
24 settembre, 2021
C'era una volta...
C'era una volta...
Dopo 31 anni l’auto del giudice Livatino è tornata in strada
Pensiero del 24 settembre 2021
Oggi, il Signore, si rivolge a noi, con la domanda: «Voi, chi dite che io sia?». Chiediamocelo, nel profondo del nostro cuore.
Meditazione sul Vangelo di Lc 9,18- 22
Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto.
Voci diverse e contrastanti parlano di Gesù: la voce stonata di Erode, le dicerie e le chiacchiere della gente, le false insinuazioni degli scribi e dei farisei, nemici dichiarati del Cristo. In un momento di intimità e di preghiera, in un luogo appartato, lontano dalle voci e dai rumori del mondi, lo stesso Signore rivolge ai suoi la domanda: “Chi sono Io secondo la gente?” Egli aveva
detto loro: “A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli” (Mt 13,11), si attende perciò una risposta diversa, sicura e difatti l’ottiene per bocca di Pietro, che prendendo la parola risponde: ” Il Cristo di Dio”. Gesù a sua volta dirà: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”. Comprendere la piena verità di Cristo non è frutto del sangue e della carne, ma dono di Dio mediante la fede. Tale dono dovremmo chiedere incessantemente anche per noi.
24 Settembre
Spera in Dio, salvezza del mio volto e mio Dio
Il Figlio dell’uomo è venuto per servire, e dare la propria vita in riscatto per molti.
(Matteo 10,45)
SALMO RESPONSORIALE (Samol 42)
Rit: Spera in Dio, salvezza del mio volto e mio Dio.
Fammi giustizia, o Dio,
difendi la mia causa contro gente spietata;
liberami dall’uomo perfido e perverso.
Tu sei il Dio della mia difesa:
perché mi respingi?
Perché triste me ne vado,
oppresso dal nemico?
Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.
Il Figlio dell’uomo è venuto per servire, e dare la propria vita in riscatto per molti.
(Matteo 10,45)
23 settembre, 2021
Santi Zaccaria ed Elisabetta
Santi Zaccaria ed Elisabetta
I Santi Elisabetta e Zaccaria furono, dopo Maria e Giuseppe, genitori protetti dalla grazia. Elisabetta, discendente di Aronne e Zaccaria, della classe di Abìa, ebbero in figlio Giovanni Battista.
I due coniugi osservavano attentamente ogni legge di Dio e quotidianamente dimostravano in lui una immensa fiducia. Nonostante i numerosissimi tentativi non riuscirono a concepire un bambino e ormai in età avanzata persero in parte le speranze di poter avere un figlio.
Un giorno mentre Zaccaria lavorava al Tempio di Gerusalemme gli apparve innanzi l’Arcangelo Gabriele che gli annunciò la nascita di un figlio, così dicendo: “Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore”.
Inizialmente Zaccaria non gli credette ma Gabriele duramente rispose lui “Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio” e poi aggiunse che gli avrebbe fatto perdere la parola fino al momento in cui il suo primogenito non fosse stato concepito.
Nel corso del sesto mese di gravidanza di Elisabetta, Maria che era sua parente si recò personalmente presso la sua dimora per farle visita siccome aveva avuto notizia dall’Arcangelo Gabriele di questa tanto attesa gravidanza. Entrambe erano consapevoli di portare in grembo la salvezza per gli uomini.
Durante questo episodio, conosciuto come la Visitazione, Elisabetta riconobbe Maria come la madre del Salvatore e la salutò con la famosa espressione “benedetta tra le donne”, Maria rispose con l’inno del Magnificat.
PRATICA. Impegniamoci quotidianamente alla perseveranza che, se unita alla preghiera ed alle fede nel nostro Signore che ci porterà nella sua gloria.
PREGHIERA. O Dio che hai donato tanta pazienza ad Elisabetta e Zaccaria fa che anche noi possiamo essere capaci di attendere con gioia quanto la vita ha in serbo per noi
MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione dei santi Zaccaria ed Elisabetta, genitori di san Giovanni Battista, Precursore del Signore. Elisabetta, accogliendo in casa sua Maria, sua parente, piena di Spirito Santo, salutò la Madre del Signore benedetta tra le donne; Zaccaria, sacerdote, pieno di spirito profetico, alla nascita del figlio, lodò Dio redentore e predisse il prossimo avvento di Cristo, che verrà dall’alto come sole che sorge.
San Pio da Pietrelcina
San Pio da Pietrelcina
Pochi santi furono, come padre Pio, dotati di doni straordinari che hanno richiamato su di lui l'attenzione del mondo intero: le stimmate, il profumo misterioso che emanava dal suo corpo, i carismi di profezie e di scrutamento dei cuori, le guarigioni e le conversioni attribuite alla sua preghiera. Nel convento del Gargano, nel quale l'umile frate cappuccino viveva, la ressa di devoti era quotidiana: tutti lo volevano vedere, toccare; tutti desideravano assistere alla sua messa "un momento di rara intensità spirituale" e soprattutto confessarsi, rimettersi in sintonia con Dio guidati da lui. La confessione era un incontro che spesso sconvolgeva le persone mutando per sempre la loro vita, mentre il numero dei «convertiti» e dei devoti estimatori aumentava incessantemente.
Ma poi, in concreto, per lui la vita fu un lungo calvario che egli visse unendosi a Cristo per la salvezza delle anime, fedele a un programma di vita, che egli aveva così espresso nell'immagine ricordo della sua prima messa: «Gesù, mio sospiro e mia vita, oggi che trepidante ti elevo in un mistero d'amore, con te io sia per il mondo Via, Verità e Vita e per te sacerdote santo, vittima perfetta».
Francesco Forgione (così si chiamava padre Pio prima di indossare il saio francescano) nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi, non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Tanto che papà Orazio un giorno si imbarcò per l'America sperando in una sorte migliore. Gli andò bene, lavoratore instancabile e avveduto, riuscì a mettere insieme una discreta fortuna.
Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, perché era il più gracile, spesso in preda a misteriose e violente febbri, e dotato di una fine sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. E si chiedeva, mamma Maria, che cosa avrebbe potuto fare da grande quel suo figliolo così gracile. Risolse lui stesso il problema. Indicando con la mano il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo».
Ma poi, in concreto, per lui la vita fu un lungo calvario che egli visse unendosi a Cristo per la salvezza delle anime, fedele a un programma di vita, che egli aveva così espresso nell'immagine ricordo della sua prima messa: «Gesù, mio sospiro e mia vita, oggi che trepidante ti elevo in un mistero d'amore, con te io sia per il mondo Via, Verità e Vita e per te sacerdote santo, vittima perfetta».
Francesco Forgione (così si chiamava padre Pio prima di indossare il saio francescano) nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi, non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Tanto che papà Orazio un giorno si imbarcò per l'America sperando in una sorte migliore. Gli andò bene, lavoratore instancabile e avveduto, riuscì a mettere insieme una discreta fortuna.
Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, perché era il più gracile, spesso in preda a misteriose e violente febbri, e dotato di una fine sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. E si chiedeva, mamma Maria, che cosa avrebbe potuto fare da grande quel suo figliolo così gracile. Risolse lui stesso il problema. Indicando con la mano il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo».
Nel 1903, indossando il saio francescano nel convento dei cappuccini di Morone, iniziava il cammino di preparazione alla vita religiosa e sacerdotale che si concluse il 10 agosto 1910. E non fu un cammino facile: le misteriose malattie che lo avevano tormentato a casa, continuarono con assalti di una virulenza tale da far temere che non sarebbe mai giunto vivo all'ordinazione, tant'è vero che, non appena ebbe l'età minima richiesta dal diritto canonico, fu consacrato sacerdote.
Con gli sgargianti paramenti sacri addosso pareva ancora più debole ed emaciato, tanto che i superiori ebbero compassione di lui e, anziché inserirlo subito nell'attività pastorale, lo mandarono a Pietrelcina, sperando che l'aria di casa gli avrebbe fatto tornare un po' di forze; qui invece il giovane frate imboccava dritto la strada di quel calvario che percorrerà per tutta la vita.
Il 5 agosto 1918 gli apparve un misterioso personaggio che gli trafisse il cuore con un dardo infuocato, mentre il 20 settembre riceveva le stimmate, inizialmente invisibili. «Ero in coro "ha raccontato lui stesso" dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso da un riposo simile a un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni nonché le stesse facoltà dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile. Vi subentrò subito una grande pace. E mentre tutto questo si andava operando, vidi innanzi un misterioso Personaggio, simile a quello visto il 5 agosto, che si differenziava solamente in questo: aveva le mani, i piedi e il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì. Mi sentii morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore che sentivo sbalzare dal petto. Il Personaggio si ritirò e io mi avvidi che mani, piedi e costato erano trasformati e grondavano sangue».
Un fatto mistico accompagnato da dolore fisico acuto e lacerante. Ma sopportabile. Più profondo e più lacerante fu il dolore provocato invece dai giudizi, dai sospetti e dalle condanne che gli vennero da istituzioni ecclesiastiche, da confratelli e da ambienti scientifici per i quali le ferite del frate del Gargano erano frutto di isterismo.
Scienziati di ogni tipo, inviati da organismi religiosi e dallo stesso Vaticano, si accanirono per dimostrare che i fenomeni attribuitigli non avevano alcuna origine soprannaturale. E riuscirono a convincere il Sant'Uffizio, promotore di una delle inchieste più clamorose durante il pontificato di Pio XI, che si trattava di fenomeni isterici. E gli arcigni monsignori del Vaticano nel 1923, con un apposito decreto, vietavano al frate di Pietrelcina di dire la messa in pubblico e di confessare i fedeli. Un'atroce tortura, durata una decina d'anni, che padre Pio visse in silenzio, senza protestare, rifugiandosi nella preghiera e nella penitenza.
La gente, che non aveva mai messo in dubbio l'origine soprannaturale di quelle misteriose piaghe, quando cessò l'ostracismo, riprese a salire la mulattiera che conduceva al convento per ascoltare la messa celebrata dal frate delle stimmate.
Padre Pio definiva la messa «il mistero tremendo». Ed era per lui un momento di grande emozione spirituale: il volto trasfigurato, gli occhi luminosissimi, il corpo rapito oltre il tempo e lo spazio. Ma anche per quanti la seguivano era un momento di rara tensione e, dopo la messa, facevano la coda davanti al suo confessionale per accedere al sacramento del perdono e per chiedergli di intercedere per loro presso Dio. E c'era chi se ne andava deluso o irritato, e chi interiormente trasformato. Molte le conversioni anche di personaggi notissimi al grande _pubblico che verso il frate stigmatizzato nutrirono sempre profonda riconoscenza e devozione. Padre Pio, uomo di grande carità e umiltà, aveva anche il dono di leggere nei cuori, «sentiva» se chi lo avvicinava era sincero o ambiguo; per qucsto con alcuni era buono e con altri spicciativo o addirittura burbero. Invitava tutti comunque a pregare sempre, a essere in continuo contatto con il Signore.
Nel 1940, mentre il mondo era alle prese con il terribile dramma della guerra, nascevano su suo invito i «Gruppi di preghiera», un'istituzione che presto si diffuse proficuamente in tutto il mondo. «La preghiera "aveva detto ai suoi confratelli" è la chiave dei tesori di Dio, è l'arma del combattimento e della vittoria in ogni lotta per il bene e contro il male».
Nel medesimo anno, spinto da un grande amore per il prossimo, soprattutto per quanti erano afflitti dalla malattia, metteva in moto un movimento di carità e di solidarietà per poter realizzare una struttura ospedaliera a servizio dei malati poveri. L'idea si concretizzava nel 1956 con l'inaugurazione della Casa sollievo della sofferenza, destinata a diventare uno degli ospedali meglio attrezzati del Meridione, nel quale lavorano luminari della medicina e dove tutti sono invitati a vedere nel malato e nel povero il volto stesso di Gesù.
Tra i tanti doni di cui era dotato, padre Pio ebbe anche quello di prevedere il tempo della sua morte. Un giorno, ed eravamo nel 1918 quando aveva appena ricevute le stimmate, disse a uno che frequentava il convento: «Coraggio: abbiamo ancora cinquant'anni davanti». E cinquant'anni dopo, 1968, mentre con i devoti si accingeva a commemorare il mezzo secolo dall'evento, padre Pio avvicinò quel fedele e con un filo di voce gli sussurrò: «Cinquant'anni sono passati».
La domenica 20 settembre si fece gran festa, padre Pio celebrò messa e poi si affacciò a benedire i pellegrini che erano accorsi in gran numero. Fu l'ultima volta che lo videro vivo, perché la notte del 23, dopo aver recitato per intero il rosario, moriva.
Ma alla fine la verità sulla sua santità ha avuto il sopravvento. Padre Pio, che definiva se stesso «un frate che prega», è stato proclamato beato da papa Giovanni Paolo II, che nutriva per lui grande devozione, il 2 maggio del 2000, e due anni dopo, il 16 giugno 2002 lo stesso Pontefice in piazza San Pietro, lo proclamò Santo e ne stabilì la memoria liturgica per il 23 settembre, "giorno della sua nascita al cielo".
Il luglio 2004 fu inaugurata la nuova grande chiesa a S. Giovanni Rotondo progettata dal celebre architetto Renzo Piano.
PRATICA. Riflettiamo sulle parole di San Pio, (ASN, 15): "La vita non è che una perpetua reazione contro se stessi e non si schiude in bellezza, che a prezzo del dolore. Tenete sempre compagnia a Gesù nel Getsemani ed egli saprà confortarvi nelle ore angosciose che verranno".
PREGHIERA. O Dio, per la tua misericordia e per i meriti di questo tuo grande santo, concedi anche a noi una fede capace di scorgere nei poveri e nei sofferenti il volto di Gesù. Insegna anche a noi l'umiltà del cuore, perché in tuo nome, scopriamo la gioia di perdonare i nostri nemici.
MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Pio da Pietrelcina (Francesco) Forgione, sacerdote dellOrdine dei Frati Minori Cappuccini, che nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia si impegnò molto nella direzione spirituale dei fedeli e nella riconciliazione dei penitenti ed ebbe tanta provvidente cura verso i bisognosi e i poveri da concludere in questo giorno il suo pellegrinaggio terreno pienamente configurato a Cristo crocifisso.
Pensiero del 23 settembre 2021
Meditazione sul Vangelo di Lc 9,7-9
Gesù è di più.
Gesù si presenta come colui che è più grande: più grande di tutti i profeti che l’hanno preceduto. Dopo Erode, la storia ha continuamente cercato di definire l’identità di Cristo richiamando il paragone con altri personaggi storici, o con categorie e parametri che ne potessero circoscrivere l’immagine entro una cornice già conosciuta: Gesù uomo eccezionale, Gesù grande maestro, benefattore, legislatore, e perfino rivoluzionario. Sono immagini che sfiorano appena l’identità di Gesù, perché Gesù è di più. La fede semplice di chi l’ha incontrato e lo incontra anche oggi sa riconoscerlo con fiducia e abbandono. I sapienti – come i teologi – devono indagare, e fino a un certo punto si tratta di un’operazione legittima: è il lavoro di comprensione cominciato con gli apostoli, depositato nei Vangeli, e che ha percorso tutti i secoli della Chiesa. Chi è veramente Gesù? Gesù è un uomo che è Dio. I tratti della sua vita rivelano un’umanità grande e compiuta, ma nello stesso tempo annunciano un’eccedenza impossibile da contenere: Gesù è sempre oltre, sempre di più di quel che noi possiamo comprendere e trattenere. C’è di più nelle sue parole, nelle sue azioni, nella sua personalità. Per esprimerlo in modo chiaro e compiuto, la fede della Chiesa arriva a dire che in Gesù di Nazaret si è incarnato e vive il Figlio Unigenito del Padre, Dio da Dio: la persona divina del Figlio abita e vive un’umanità piena e reale; una natura umana e una natura divina, nell’unica persona divina del Figlio eterno. Queste espressioni usate dalla teologia cristiana non sono leziose e inutili; servono invece a esprimere, in linguaggio umano chiaro, il contenuto della fede e dànno ragionevolezza e plausibilità a un avvenimento nuovo e originale apparso sulla faccia della terra. Gesù di Nazaret ha suscitato, e continua a suscitare sorpresa, scandalo, rifiuto, ma anche ammirazione, entusiasmo, adorazione. Accade ancora.
23 settembre
Il Signore ama il suo popolo
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
(Giovanni 14,6)
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 149)
Rit: Il Signore ama il suo popolo.
Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.
Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion.
Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria.
Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca:
questo è un onore per tutti i suoi fedeli.
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
(Giovanni 14,6)
22 settembre, 2021
Pensiero del 22 settembre 2021
La crescita del Regno, non è opera umana: «Edificare la Chiesa, non è potere degli uomini, solo GESÚ, ha questo Potere che trasmette ai Dodici Apostoli».
Meditazione sul Vangelo di Lc 9,1-6
La forza del Vangelo.
Già nella vita terrena, Gesù comunica agli apostoli la sua stessa missione anticipando il compito che dovranno svolgere alla fine, e li provoca a un primo esercizio nell’annuncio del regno e nell’opera delle guarigioni. Che cosa li abilita a questo, e che cosa li può sostenere? A loro bastano “la forza e il potere” di Gesù. Il Vangelo non è solo un contenuto trasmesso da trasportatori anonimi, o da esperti delle tecniche apostoliche e missionarie. Si trasmette quello che si è visto e udito. La convivenza con Gesù viene comunicata nel dono dello Spirito: lo si vede nella stesura stessa dei Vangeli, i quali non sono altro se non il deposito della predicazione apostolica. La predicazione è racconto e testimonianza. La Chiesa vive non solo del messaggio del Signore, ma della sua stessa presenza e della sua forza, che agisce come guarigione del corpo e dello spirito e come salvezza della vita. Gesù dà “forza e potere”. Tutto questo è continuato ad avvenire anche dopo l’ascensione del Signore, come troviamo documentato negli Atti e nelle lettere degli Apostoli, e come è documentato dalla storia della Chiesa. L’annuncio cristiano, proposto dalla Chiesa, continua a suscitare una novità e verità di vita tra gli uomini. La potenza del Vangelo si manifesta nel modo di pensare, di scegliere e di vivere di coloro che incontrano Cristo e diventano suoi amici. Viene comunicata una corrente di vita e di grazia. Nessuna potenza umana, nessun abile esperto, nessuna comunità cristiana, per se stessi e per la propria potenza, rendono efficace la presenza della Chiesa nel mondo. Questa è solo il risultato della santità, cioè dell’unità con Gesù e dell’appartenenza a lui, per l’intensità e la densità di un’amicizia realmente vissuta.
22 Settembre
Benedetto Dio che vive in eterno
Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.
(Marco 1,15)
SALMO RESPONSORIALE (Tobia 13)
Rit: Benedetto Dio che vive in eterno.
Benedetto Dio che vive in eterno,
benedetto il suo regno;
egli castiga e ha compassione.
Fa scendere agli inferi, nelle profondità della terra,
e fa risalire dalla grande perdizione:
nessuno sfugge alla sua mano.
Lodatelo, figli d’Israele, davanti alle nazioni,
perché in mezzo ad esse egli vi ha disperso
e qui vi ha fatto vedere la sua grandezza.
Date gloria a lui davanti a ogni vivente,
poiché è lui il nostro Signore, il nostro Dio,
lui il nostro Padre, Dio per tutti i secoli.
Vi castiga per le vostre iniquità,
ma avrà compassione di tutti voi
e vi radunerà da tutte le nazioni,
fra le quali siete stati dispersi.
Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.
(Marco 1,15)
21 settembre, 2021
Auguri di cuore d'un buon onomastico a Matteo Ferrari
Oggi, è san Matteo, Evangelista, ed Apostolo del Signore.
Beato Rosario Angelo Livatino
Beato Rosario Angelo Livatino
Rosario Angelo Livatino nacque a Canicattì, in provincia di Agrigento, in Sicilia, il 3 ottobre 1952 e nel 1975 conseguì la laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti; membro dell'Azione Cattolica sin da giovane, aiutava nei corsi prematrimoniali e partecipava agli incontri organizzati dalle associazioni cattoliche, abitudine conservata anche una volta divenuto Magistrato.
Svolgendo la sua attività lavorativa ad Agrigento, mentre si recava a lavoro si fermava spesso presso la chiesa di San Giuseppe per porgere il suo saluto al Santissimo Sacramento.
Entrato in Magistratura nel 1978 come Uditore giudiziario, fu Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Agrigento dal 1984 al 1988, risultando il Magistrato più produttivo.
Continuando la sua partecipazione alla cristianità, a 35 anni ricevette il Sacramento della Cresima.
Nel 1989 divenne Giudice nella sezione penale, in un momento storico in cui i clan emergenti della Stidda si contrapponevano a Cosa Nostra in una vera guerra tra mafiosi, nel territorio di Agrigento; uno dei capi di quest'ultima, Giuseppe Di Caro, abitava nello stesso palazzo del Giudice.
Il 21 settembre 1990 Rosario Angelo Livatino venne assassinato in un agguato mentre si recava a lavoro ad Agrigento, con il colpo di grazia esploso in pieno volto dopo che pare ebbe chiesto agli assassini: «Picciotti [ragazzi], che cosa vi ho fatto?» ; definito Santocchio da Di Caro, fu ucciso perché, uomo di fede, risultava incorruttibile.
Nella sua infinita bontà, il Giudice, sapendo i rischi del suo lavoro, non volle sposarsi né avere una scorta per non mettere in pericolo altre persone.
Il 9 maggio 1993 Papa San Giovanni Paolo II, a colloquio con i poveri genitori dichiarò che lui e gli altri uccisi dalla mafia sono «martiri della giustizia e indirettamente della fede»; e dopo che Papa Francesco il 21 dicembre 2020 definisce la sua morte come martirio perché il movente ultimo è l'odio contro la fede, Rosario Angelo Livatino, detto anche il giudice ragazzino, è stato beatificato il 9 maggio 2021