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26 settembre, 2021

Stabat Mater dolorósa

 Latino

Stabat Mater dolorósa
iuxta crucem lacrimósa,
dum pendébat Fílius.
Cuius ánimam geméntem,
contristátam et doléntem
pertransívit gládius.
O quam tristis et afflícta
fuit illa benedícta
Mater Unigéniti!
Quae moerébat et dolébat,
Pia Mater dum videbat
nati poenas íncliti.
Quis est homo, qui non fleret,
Matrem Christi si vidéret
in tanto supplício?
Quis non posset contristári,
Christi Matrem contemplári
doléntem cum Filio?
Pro peccátis suae gentis
vidit Jesum in torméntis
et flagéllis sùbditum.
Vidit suum dulcem natum
moriéndo desolátum,
dum emísit spíritum.
Eia, mater, fons amóris,
me sentíre vim dolóris
fac, ut tecum lúgeam.
Fac, ut árdeat cor meum
in amándo Christum Deum,
ut sibi compláceam.
Sancta Mater, istud agas,
crucifíxi fige plagas
cordi meo válide.
Tui Nati vulneráti,
tam dignáti pro me pati,
poenas mecum dívide.
Fac me tecum pìe flere [Fac me vere tecum flere],
Crucifíxo condolére
donec ego víxero.
Iuxta crucem tecum stare,
Et me tibi sociáre [te libenter sociare]
in planctu desídero.
Virgo vírginum praeclára,
mihi iam non sis amára,
fac me tecum plángere.
Fac, ut portem Christi mortem,
passiónis fac consòrtem
et plagas recólere.
Fac me plagis vulnerári,
cruce hac inebriári
et cruòre Fílii.
Flammis ne urar succènsus [Inflammatus et accensus],
per te, Virgo, sim defénsus
in die iudícii.
Fac me cruce custodíri
morte Christi praemuníri,
confovéri grátia.
Quando corpus moriétur,
fac, ut ánimae donétur
paradísi glória.
Amen.
Italiano (traduzione letterale)
La Madre addolorata stava
in lacrime presso la Croce
mentre pendeva il Figlio.
E il suo animo gemente,
contristato e dolente
era trafitto da una spada.
Oh, quanto triste e afflitta
fu la benedetta
Madre dell'Unigenito!
Come si rattristava, si doleva
la Pia Madre vedendo
le pene del celebre Figlio!
Chi non piangerebbe
al vedere la Madre di Cristo
in tanto supplizio?
Chi non si rattristerebbe
al contemplare la pia Madre
dolente accanto al Figlio?
A causa dei peccati del suo popolo
Ella vide Gesù nei tormenti,
sottoposto ai flagelli.
Vide il suo dolce Figlio
che moriva abbandonato
mentre esalava lo spirito.
Oh, Madre, fonte d'amore,
fammi provare lo stesso dolore
perché possa piangere con te.
Fa che il mio cuore arda
nell'amare Cristo Dio
per fare cosa a lui gradita.
Santa Madre, fai questo:
imprimi le piaghe del tuo Figlio crocifisso
fortemente nel mio cuore.
Del tuo figlio ferito
che si è degnato di patire per me,
dividi con me le pene.
Fammi piangere intensamente con te,
condividendo il dolore del Crocifisso,
finché io vivrò.
Accanto alla Croce desidero stare con te,
in tua compagnia,
nel compianto.
O Vergine gloriosa fra le vergini
non essere aspra con me,
fammi piangere con te.
Fa che io porti la morte di Cristo,
fammi avere parte alla sua passione
e fammi ricordare delle sue piaghe.
Fa che sia ferito delle sue ferite,
che mi inebri della Croce
e del sangue del tuo Figlio.
Fa che io non sia bruciato dalle fiamme,
che io sia, o Vergine, da te difeso
nel giorno del giudizio.
Fa che io sia protetto dalla Croce,
che io sia fortificato dalla morte di Cristo,
consolato dalla grazia.
E quando il mio corpo morirà
fa che all'anima sia data
la gloria del Paradiso.
Amen.
Italiano (traduzione liturgica)
Addolorata, in pianto
la Madre sta presso la Croce
da cui pende il Figlio.
Immersa in angoscia mortale
geme nell’intimo dei cuore
trafitto da spada.
Quanto grande è il dolore
della benedetta fra le donne,
Madre dell'Unigenito!
Piange la Madre pietosa
contemplando le piaghe
del divino suo Figlio.
Chi può trattenersi dal pianto
davanti alla Madre di Cristo
in tanto tormento?
Chi può non provare dolore
davanti alla Madre
che porta la morte del Figlio?
Per i peccati del popolo suo
ella vede Gesù nei tormenti
del duro supplizio.
Per noi ella vede morire
il dolce suo Figlio,
solo, nell'ultima ora.
O Madre, sorgente di amore,
fa ch'io viva il tuo martirio,
fa ch’io pianga le tue lacrime.
Fa che arda il mio cuore
nell’amare il Cristo-Dio,
per essergli gradito.
Ti prego, Madre santa:
siano impresse nel mio cuore
le piaghe del tuo Figlio.
Uniscimi al tuo dolore
per il Figlio tuo divino
che per me ha voluto patire.
Con te lascia ch'io pianga
il Cristo crocifisso
finché avrò vita.
Restarti sempre vicino
piangendo sotto la croce:
questo desidero.
O Vergine santa tra le vergini,
non respingere la mia preghiera,
e accogli il mio pianto di figlio.
Fammi portare la morte di Cristo,
partecipare ai suoi patimenti,
adorare le sue piaghe sante.
Ferisci il mio cuore con le sue ferite,
stringimi alla sua croce,
inèbriami del suo sangue.
Nel suo ritorno glorioso
rimani, o Madre, al mio fianco,
salvami dall’eterno abbandono.
O Cristo, nell'ora del mio passaggio
fa che, per mano a tua Madre,
io giunga alla mèta gloriosa.
Quando la morte dissolve il mio corpo
aprimi, Signore, le porte del cielo,
accoglimi nel tuo regno di gloria.
Amen.
Italiano (traduzione che preserva la metrica originale)
Sta la Madre dolorosa
presso il legno lacrimosa
mentre pende il Figlio;
e quell'anima gemente,
contristata e insiem dolente,
una spada penetra.
Quanto triste e al duol soggetta
mai quella benedetta
Madre all'Unigenito!
E piangeva e si doleva
Madre pia, mentre vedeva
del Figliuol gli spasimi.
Chi n'avrebbe il ciglio asciutto
se vedesse in tanto lutto
quella Madre tenera?
Chi non resta contristato
contemplando col suo Nato
spasimar la Vergine?
Pel fallir delle sue genti
Gesù vide fra tormenti,
dai flagelli lacero.
Ella vide il Figlio amato
negli estremi desolato
esalar lo spirito.
Madre, orsù, fonte d'amore,
fa ch'io senta il tuo dolore,
fammi teco piangere.
Fa che avvampi il cuore mio
nell'amor di Cristo Dio.
affinché io piacciagli.
Santa Madre, deh! m'appaga
di Gesù l'acerba piaga
forte in cuore infiggimi.
Del tuo Figlio sì piagato
ch'ha per me tanto penato
il dolor dividimi.
Fa che teco, o Madre, io pianga
e il trafitto Dio compianga
finché duri il vivere.
Presso il Legno con te starmi
ed a Te, Madre, associarmi
nel pianto desidero.
Tra le vergini preclara,
non volermi essere amara
fammi teco piangere.
Fa ch'io pensi a la sua morte,
del suo duolo sia consorte,
le sue piaghe io veneri.
Fa ch'io sia con Lui piagato,
della Croce sia inebriato,
del suo sangue vivido.
Perché sia dal fuoco illeso
per Te, Vergin, sia difeso
nel dì del giudizio.
Giunto, o Cristo, al mio partire
Per tua Madre, deh venire
Fammi alla vittoria.
Quando il corpo morto fia,
fa che all'alma data sia
la celeste gloria!
Amen.
La penultima terzina Fac me cruce custodíri/ morte Christi praemuníri, / confovéri grátia. può essere sostituita dai versi Christe, cum sit hinc exìre, / Da per Matrem te venìre / Ad palmam victòriae.
Alla recita dello Stabat mater è attribuita l'indulgenza di 100 giorni ogni volta. Tra parentesi quadre sono riportate le poche differenze del testo latino rispetto al Manuale di Filotea di Riva
Traduzione e preghiera adattata
La traduzione seguente è proposta nel 1860. Il 1º settembre 1681, il beato Papa Innocenzo XI concesse l'indulgenza di 100 giorni, cui può essere associata l'ulteriore indulgenza per la preghiera a San Giuseppe.
Stava Maria dolente
Senza respiro e voce
Mentre pendeva in croce
Del mondo il redentor.
E nel fatale istante
Crudo materno affetto
La trafiggeva il petto
Le lacerava il cor.
Qual di quell'anima bella
Fosse lo strazio indegno
No che l'umano ingegno
Immaginar no ' l può.
Veder un Figlio... un Dio...
Che palpita, che muore...
Sì barbaro dolore
Qual madre mai provò?
Alla luttuosa scena
Chi tiene il pianto a freno,
Ha un cor di pietra in seno,
O amore in core non ne ha.
Chi può non mirare in tanto
dole una madre pia col Figlio,
E non sentire pietà?
Per cancellar le colpe
D'un popol empio, ingrato,
Vide Gesù piagato
Languire e spasimar.
Vide sul maligno monte infame
Il Figlio suo diletto
Chinar la fronte al petto
E l'anima esalar.
O dolce Madre, o pura
Fonte di Santo Amore
Parte del tuo dolore
Fa che a me possa arrivar.
Fa ch'ogni altro ardor profano
Sdegnosamente io sprezzi,
Che a compiacer m'avvezzi
Sol nel divin amor.
Santa Madre, le barbare ferite,
Prezzo del mio delitto,
Dal Figlio tuo trafitto,
Passino in me.
A me dovuti son, gli strazi
ch'Ei per me soffrio
fa ch' almen io possa
pianger anche qui con te.
Teco si strugga in lagrime
Quest'anima gemente
E se ella non fu innocente,
Terga le di Lui piaghe almen.
Teco alla giusta croce accanto
Stare, Santa Madre, io voglio
Compagno del cordoglio,
Che ti divora il sen.
A tu che delle vergini
Reina in ciel t'assidi,
A tu propizia arridi
Ai voti del mio cor.
Del buon Gesù spirante
Sul fero legno esangue
La croce, le piaghe, il sangue
Fa ch'io rammenti ognor.
Del Salvator rinnova
In me lo scempio atroce:
Il sangue, il fiel, la croce
Per amor del Figlio, provar mi fa.
Ma Infiammato di te e d'amor acceso,
Nell'estremo giorno,
Rendalo a me placato,
Maria, la tua pietà.
Cristo che nulla neghi,
A chi Tua madre implora,
Del mio morir nell'ora,
Grazia dalla croce mi ristori.
E quando fia disciolto
Dal suo corporeo velo,
Fa che la mia alma in cielo
Voli a regnar con Te.


Pensiero del 26 settembre 2021

 L'amore di Dio, non lascia fuori nessuno, neppure quando scegliamo strade, lontane da Lui. Mai siamo lasciati fuori dal Suo Cuore.

Meditazione sul Vangelo di Mc 9,38-43.45.47-48

In te ho sempre sperato.

Nel Vangelo di oggi distinguiamo due parti. Nella prima Giovanni si preoccupa del fatto che un tale compie un gesto che secondo lui poteva compiere solo Gesù o qualcuno incaricato da Lui. Gesù lo invita a non temere perché tutto ciò non può nuocere alla causa del Vangelo. Nella seconda il linguaggio diventa duro da ascoltare: si tratta di un modo tipico della mentalità ebraica di sottolineare ciò che è veramente importante: entrare nella vita, nella vita vera, nel Regno di Dio.

La prima lettura di oggi ci introduce al tema della prima parte del vangelo, dove Gesù esorta i suoi discepoli a non preoccuparsi della manifestazione profetica di persone che non entrano nel gruppo scelto dei suoi seguaci. Così Mosè auspica che molti più profeti siano presenti in mezzo al popolo. Chi parla animato dallo Spirito di Dio è solo un operatore del bene, non può procurare il male a Gesù e a coloro che lo seguono. Se uno non “opera contro” certamente è animato dallo Spirito di Gesù che lo conduce a compiere il bene. Nella seconda parte del vangelo Gesù ci invita a guardare cosa è veramente importante per la nostra vita di credenti: tutto quello che noi siamo, ciò che facciamo, tutti i nostri affetti, interessi, intenzioni, deve essere rapportato al Valore della vita eterna, del Regno di Dio. Se qualcosa o qualcuno ci ostacola o impedisce di far parte già oggi, nel momento presente, del Regno di Dio dobbiamo fare in modo di togliere questo impedimento dalla nostra vita. Tutto ciò che entra a far parte della nostra vita dobbiamo metterlo in relazione di importanza al Regno di Dio, alla vita con Dio. Solo allora ogni cosa non potrà impedirci di vivere la beatitudine promessa a coloro che credono in Gesù Cristo.

26 Settembre

I precetti del Signore fanno gioire il cuore

La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità.

(Giovanni 17,17)

SALMO RESPONSORIALE (Sal 18)
Rit: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Anche il tuo servo ne è illuminato,
per chi li osserva è grande il profitto.
Le inavvertenze, chi le discerne?
Assolvimi dai peccati nascosti.

Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro da grave peccato.

La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità.

(Giovanni 17,17)

25 settembre, 2021

Pensiero del 25 settembre 2021

 Ovunque tu sia, chiunque tu sia, quantunque tu soffra...prega!

Meditazione sul Vangelo di Lc 9,43-45

Impara a vivere.

Tutta la liturgia, sia la prima lettura del profeta Zaccaria, che il brano del Vangelo di Luca, ci consegna una chiave per entrare sempre di più nella nostra storia, per imparare a vivere. Zaccaria ci mostra un uomo pronto a prendere le misure di Gerusalemme, come un bravo architetto; ma “Dio sarà una gloria in mezzo ad essa” (Zc 2,9) e come si può calcolare lo spazio abitato da Dio? Nel Vangelo troviamo la stessa verità: la Chiesa, la nostra vita, la storia universale, l’intera realtà, tutto è spazio abitato da Dio.

Il Vangelo inizia con un quadro di ammirazione della folla nei confronti di Gesù per tutte le opere che compie. Si apre con questa pennellata di serenità! Ebbene, a questo stupore fa seguito il monito, dal tono decisamente severo, che Gesù lascia ai suoi discepoli, quasi una risposta sconcertante e inopportuna: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. L’atto estremo di donazione di Gesù, nel suo amare l’uomo sino alla fine; questo deve riempirci di meraviglia! Ma come i discepoli, anche noi spesso non comprendiamo il senso di ciò che accade; di fronte alla sofferenza preferiamo non parlarne, di fronte a una realtà dura preferiamo non farci coinvolgere, o ancora di fronte ad un impegno troppo gravoso preferiamo “deresponsabilizzarci”. Troppe volte quel Gesù che noi diciamo di seguire è un ideale, estraneo alla nostra realtà, capace di compiere miracoli e operare guarigioni. Egli si rivela invece gradatamente ai suoi discepoli, nel suo essere l’inviato del Padre, venuto a riscattare l’umanità dalla schiavitù del peccato, attraverso la sua morte e resurrezione. Il Figlio di Dio che accetta la derisione, la tortura, la morte di croce, oltrepassa il buon senso dell’uomo che fatica ad accettare un amore così esagerato. Egli si è fatto pienamente coinvolgere dalla nostra umanità! Gesù ci insegna la saggezza del vivere quotidiano in queste righe, ci invita ad accettare un presente spesso in contrasto con le nostre vie, ma nella fiducia di essere guidati dall’amore del Padre, ci incoraggia a guardare la sofferenza e il male, a interrogarci sul senso di ciò che ci circonda, senza rimanere schiavi della nostra paura. Gesù ha vissuto così i suoi anni in Palestina, e desidera che anche noi lo imitiamo in questa possibilità di dimorare nella nostra storia, perché è già una storia abitata da Dio.

25 Settembre

Il Signore ci custodisce come un pastore il suo gregge

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo

 (II Timoteo 1,10)

SALMO RESPONSORIALE (Geremia 31)
Rit: Il Signore ci custodisce come un pastore il suo gregge.

Ascoltate, genti, la parola del Signore,
annunciatela alle isole più lontane e dite:
«Chi ha disperso Israele lo raduna
e lo custodisce come un pastore il suo gregge».

Perché il Signore ha riscattato Giacobbe,
lo ha liberato dalle mani di uno più forte di lui.
Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion,
andranno insieme verso i beni del Signore.

La vergine allora gioirà danzando
e insieme i giovani e i vecchi.
«Cambierò il loro lutto in gioia,
li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni».

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo

 (II Timoteo 1,10)

24 settembre, 2021

C'era una volta...

 C'era una volta...

Prima d'iniziare lezioni, ci si faceva il segno della Santa Croce, e ci si affidava al Singore, con tutto il nostro cuore e la giornata cominciava.
Bei tempi queti, che non toneranno più, purtroppo!



Dopo 31 anni l’auto del giudice Livatino è tornata in strada


Dopo 31 anni l’auto del giudice Livatino è tornata in strada
Per la prima volta, dopo 31 anni, dal giorno dell’omicidio (era il 21 settembre del 1990), la Ford Fiesta rossa del giudice-beato Rosario Angelo Livatino è tornata per le strade di Canicattì. L’auto, dichiarata bene d’interesse culturale nel 2017, è stata affidata ai carabinieri della Compagnia di Canicattì dall’anziano a cui è stata lasciata in eredità dal papà del giudice. Un canicattinese, molto vicino alla famiglia Livatino, che l’ha parzialmente restaurata e l’ha tenuta fino ad ora gelosamente custodita in un garage, che in origine era proprio dei Livatino, che si trova alle spalle della casa del giudice-beato.
💞💞💞💞💞💞💞💞💞💞😥

Pensiero del 24 settembre 2021

 Oggi, il Signore, si rivolge a noi, con la domanda: «Voi, chi dite che io sia?». Chiediamocelo, nel profondo del nostro cuore.

Meditazione sul Vangelo di Lc 9,18- 22

Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto.

Voci diverse e contrastanti parlano di Gesù: la voce stonata di Erode, le dicerie e le chiacchiere della gente, le false insinuazioni degli scribi e dei farisei, nemici dichiarati del Cristo. In un momento di intimità e di preghiera, in un luogo appartato, lontano dalle voci e dai rumori del mondi, lo stesso Signore rivolge ai suoi la domanda: “Chi sono Io secondo la gente?” Egli aveva

detto loro: “A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli” (Mt 13,11), si attende perciò una risposta diversa, sicura e difatti l’ottiene per bocca di Pietro, che prendendo la parola risponde: ” Il Cristo di Dio”. Gesù a sua volta dirà: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”. Comprendere la piena verità di Cristo non è frutto del sangue e della carne, ma dono di Dio mediante la fede. Tale dono dovremmo chiedere incessantemente anche per noi. 

24 Settembre 

Spera in Dio, salvezza del mio volto e mio Dio

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire, e dare la propria vita in riscatto per molti.

(Matteo 10,45)

SALMO RESPONSORIALE (Samol 42)
Rit: Spera in Dio, salvezza del mio volto e mio Dio.

Fammi giustizia, o Dio,
difendi la mia causa contro gente spietata;
liberami dall’uomo perfido e perverso.

Tu sei il Dio della mia difesa:
perché mi respingi?
Perché triste me ne vado,
oppresso dal nemico?

Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.

Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire, e dare la propria vita in riscatto per molti.

(Matteo 10,45)

23 settembre, 2021

Festa del nome Rebekka

 Festa del nome Rebekka

Buon onomastico a Lin Jaldati
Un bacio che arrivi fin lassù ed una carezza


Auguri di cuore

Santi Zaccaria ed Elisabetta

 Santi Zaccaria ed Elisabetta


Nome: Santi Zaccaria ed Elisabetta
Titolo: Genitori di San Giovanni Battista
Ricorrenza: 23 settembre
Tipologia: Commemorazione




I Santi Elisabetta e Zaccaria furono, dopo Maria e Giuseppe, genitori protetti dalla grazia. Elisabetta, discendente di Aronne e Zaccaria, della classe di Abìa, ebbero in figlio Giovanni Battista.

I due coniugi osservavano attentamente ogni legge di Dio e quotidianamente dimostravano in lui una immensa fiducia. Nonostante i numerosissimi tentativi non riuscirono a concepire un bambino e ormai in età avanzata persero in parte le speranze di poter avere un figlio.

Un giorno mentre Zaccaria lavorava al Tempio di Gerusalemme gli apparve innanzi l’Arcangelo Gabriele che gli annunciò la nascita di un figlio, così dicendo: “Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore”.

Inizialmente Zaccaria non gli credette ma Gabriele duramente rispose lui “Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio” e poi aggiunse che gli avrebbe fatto perdere la parola fino al momento in cui il suo primogenito non fosse stato concepito.

Nel corso del sesto mese di gravidanza di Elisabetta, Maria che era sua parente si recò personalmente presso la sua dimora per farle visita siccome aveva avuto notizia dall’Arcangelo Gabriele di questa tanto attesa gravidanza. Entrambe erano consapevoli di portare in grembo la salvezza per gli uomini.

Durante questo episodio, conosciuto come la Visitazione, Elisabetta riconobbe Maria come la madre del Salvatore e la salutò con la famosa espressione “benedetta tra le donne”, Maria rispose con l’inno del Magnificat.

PRATICA. Impegniamoci quotidianamente alla perseveranza che, se unita alla preghiera ed alle fede nel nostro Signore che ci porterà nella sua gloria.

PREGHIERA. O Dio che hai donato tanta pazienza ad Elisabetta e Zaccaria fa che anche noi possiamo essere capaci di attendere con gioia quanto la vita ha in serbo per noi

MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione dei santi Zaccaria ed Elisabetta, genitori di san Giovanni Battista, Precursore del Signore. Elisabetta, accogliendo in casa sua Maria, sua parente, piena di Spirito Santo, salutò la Madre del Signore benedetta tra le donne; Zaccaria, sacerdote, pieno di spirito profetico, alla nascita del figlio, lodò Dio redentore e predisse il prossimo avvento di Cristo, che verrà dall’alto come sole che sorge.

San Pio da Pietrelcina

 San Pio da Pietrelcina


Nome: San Pio da Pietrelcina
Titolo: Sacerdote cappuccino
Nascita: 25 maggio 1887, Pietrelcina, Benevento
Morte: 23 settembre 1968, San Giovanni Rotondo, Foggia
Ricorrenza: 23 settembre
Tipologia: Memoria liturgica
Sito ufficiale:www.padrepio.it




Pochi santi furono, come padre Pio, dotati di doni straordinari che hanno richiamato su di lui l'attenzione del mondo intero: le stimmate, il profumo misterioso che emanava dal suo corpo, i carismi di profezie e di scrutamento dei cuori, le guarigioni e le conversioni attribuite alla sua preghiera. Nel convento del Gargano, nel quale l'umile frate cappuccino viveva, la ressa di devoti era quotidiana: tutti lo volevano vedere, toccare; tutti desideravano assistere alla sua messa "un momento di rara intensità spirituale" e soprattutto confessarsi, rimettersi in sintonia con Dio guidati da lui. La confessione era un incontro che spesso sconvolgeva le persone mutando per sempre la loro vita, mentre il numero dei «convertiti» e dei devoti estimatori aumentava incessantemente.


Ma poi, in concreto, per lui la vita fu un lungo calvario che egli visse unendosi a Cristo per la salvezza delle anime, fedele a un programma di vita, che egli aveva così espresso nell'immagine ricordo della sua prima messa: «Gesù, mio sospiro e mia vita, oggi che trepidante ti elevo in un mistero d'amore, con te io sia per il mondo Via, Verità e Vita e per te sacerdote santo, vittima perfetta».

Francesco Forgione (così si chiamava padre Pio prima di indossare il saio francescano) nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi, non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Tanto che papà Orazio un giorno si imbarcò per l'America sperando in una sorte migliore. Gli andò bene, lavoratore instancabile e avveduto, riuscì a mettere insieme una discreta fortuna.

Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, perché era il più gracile, spesso in preda a misteriose e violente febbri, e dotato di una fine sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. E si chiedeva, mamma Maria, che cosa avrebbe potuto fare da grande quel suo figliolo così gracile. Risolse lui stesso il problema. Indicando con la mano il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo».
Ma poi, in concreto, per lui la vita fu un lungo calvario che egli visse unendosi a Cristo per la salvezza delle anime, fedele a un programma di vita, che egli aveva così espresso nell'immagine ricordo della sua prima messa: «Gesù, mio sospiro e mia vita, oggi che trepidante ti elevo in un mistero d'amore, con te io sia per il mondo Via, Verità e Vita e per te sacerdote santo, vittima perfetta».

Francesco Forgione (così si chiamava padre Pio prima di indossare il saio francescano) nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi, non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Tanto che papà Orazio un giorno si imbarcò per l'America sperando in una sorte migliore. Gli andò bene, lavoratore instancabile e avveduto, riuscì a mettere insieme una discreta fortuna.

Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, perché era il più gracile, spesso in preda a misteriose e violente febbri, e dotato di una fine sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. E si chiedeva, mamma Maria, che cosa avrebbe potuto fare da grande quel suo figliolo così gracile. Risolse lui stesso il problema. Indicando con la mano il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo».

Nel 1903, indossando il saio francescano nel convento dei cappuccini di Morone, iniziava il cammino di preparazione alla vita religiosa e sacerdotale che si concluse il 10 agosto 1910. E non fu un cammino facile: le misteriose malattie che lo avevano tormentato a casa, continuarono con assalti di una virulenza tale da far temere che non sarebbe mai giunto vivo all'ordinazione, tant'è vero che, non appena ebbe l'età minima richiesta dal diritto canonico, fu consacrato sacerdote.

Con gli sgargianti paramenti sacri addosso pareva ancora più debole ed emaciato, tanto che i superiori ebbero compassione di lui e, anziché inserirlo subito nell'attività pastorale, lo mandarono a Pietrelcina, sperando che l'aria di casa gli avrebbe fatto tornare un po' di forze; qui invece il giovane frate imboccava dritto la strada di quel calvario che percorrerà per tutta la vita.

Stimmate di Padre Pio


Il 5 agosto 1918 gli apparve un misterioso personaggio che gli trafisse il cuore con un dardo infuocato, mentre il 20 settembre riceveva le stimmate, inizialmente invisibili. «Ero in coro "ha raccontato lui stesso" dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso da un riposo simile a un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni nonché le stesse facoltà dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile. Vi subentrò subito una grande pace. E mentre tutto questo si andava operando, vidi innanzi un misterioso Personaggio, simile a quello visto il 5 agosto, che si differenziava solamente in questo: aveva le mani, i piedi e il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì. Mi sentii morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore che sentivo sbalzare dal petto. Il Personaggio si ritirò e io mi avvidi che mani, piedi e costato erano trasformati e grondavano sangue».

Un fatto mistico accompagnato da dolore fisico acuto e lacerante. Ma sopportabile. Più profondo e più lacerante fu il dolore provocato invece dai giudizi, dai sospetti e dalle condanne che gli vennero da istituzioni ecclesiastiche, da confratelli e da ambienti scientifici per i quali le ferite del frate del Gargano erano frutto di isterismo.

Scienziati di ogni tipo, inviati da organismi religiosi e dallo stesso Vaticano, si accanirono per dimostrare che i fenomeni attribuitigli non avevano alcuna origine soprannaturale. E riuscirono a convincere il Sant'Uffizio, promotore di una delle inchieste più clamorose durante il pontificato di Pio XI, che si trattava di fenomeni isterici. E gli arcigni monsignori del Vaticano nel 1923, con un apposito decreto, vietavano al frate di Pietrelcina di dire la messa in pubblico e di confessare i fedeli. Un'atroce tortura, durata una decina d'anni, che padre Pio visse in silenzio, senza protestare, rifugiandosi nella preghiera e nella penitenza.

La gente, che non aveva mai messo in dubbio l'origine soprannaturale di quelle misteriose piaghe, quando cessò l'ostracismo, riprese a salire la mulattiera che conduceva al convento per ascoltare la messa celebrata dal frate delle stimmate.

Padre Pio definiva la messa «il mistero tremendo». Ed era per lui un momento di grande emozione spirituale: il volto trasfigurato, gli occhi luminosissimi, il corpo rapito oltre il tempo e lo spazio. Ma anche per quanti la seguivano era un momento di rara tensione e, dopo la messa, facevano la coda davanti al suo confessionale per accedere al sacramento del perdono e per chiedergli di intercedere per loro presso Dio. E c'era chi se ne andava deluso o irritato, e chi interiormente trasformato. Molte le conversioni anche di personaggi notissimi al grande _pubblico che verso il frate stigmatizzato nutrirono sempre profonda riconoscenza e devozione. Padre Pio, uomo di grande carità e umiltà, aveva anche il dono di leggere nei cuori, «sentiva» se chi lo avvicinava era sincero o ambiguo; per qucsto con alcuni era buono e con altri spicciativo o addirittura burbero. Invitava tutti comunque a pregare sempre, a essere in continuo contatto con il Signore.

Nel 1940, mentre il mondo era alle prese con il terribile dramma della guerra, nascevano su suo invito i «Gruppi di preghiera», un'istituzione che presto si diffuse proficuamente in tutto il mondo. «La preghiera "aveva detto ai suoi confratelli" è la chiave dei tesori di Dio, è l'arma del combattimento e della vittoria in ogni lotta per il bene e contro il male».

Nel medesimo anno, spinto da un grande amore per il prossimo, soprattutto per quanti erano afflitti dalla malattia, metteva in moto un movimento di carità e di solidarietà per poter realizzare una struttura ospedaliera a servizio dei malati poveri. L'idea si concretizzava nel 1956 con l'inaugurazione della Casa sollievo della sofferenza, destinata a diventare uno degli ospedali meglio attrezzati del Meridione, nel quale lavorano luminari della medicina e dove tutti sono invitati a vedere nel malato e nel povero il volto stesso di Gesù.

Tra i tanti doni di cui era dotato, padre Pio ebbe anche quello di prevedere il tempo della sua morte. Un giorno, ed eravamo nel 1918 quando aveva appena ricevute le stimmate, disse a uno che frequentava il convento: «Coraggio: abbiamo ancora cinquant'anni davanti». E cinquant'anni dopo, 1968, mentre con i devoti si accingeva a commemorare il mezzo secolo dall'evento, padre Pio avvicinò quel fedele e con un filo di voce gli sussurrò: «Cinquant'anni sono passati».

La domenica 20 settembre si fece gran festa, padre Pio celebrò messa e poi si affacciò a benedire i pellegrini che erano accorsi in gran numero. Fu l'ultima volta che lo videro vivo, perché la notte del 23, dopo aver recitato per intero il rosario, moriva.

Padre Pio

La gente lo venerò come un santo, prima ancora che la chiesa si esprimesse in tal senso. Il convento e la chiesa dove celebrava messa sono diventati ben presto meta di incessanti pellegrinaggi e luogo di preghiera, di carità e di conversione. Il cammino verso gli altari, però, fu più tortuoso. Coloro che lo avevano avversato in vita, anche per motivi poco nobili (leggi: l'uso delle tante offerte che la gente inviava per le sue iniziative di carità), misero molti pali tra le ruote.

Ma alla fine la verità sulla sua santità ha avuto il sopravvento. Padre Pio, che definiva se stesso «un frate che prega», è stato proclamato beato da papa Giovanni Paolo II, che nutriva per lui grande devozione, il 2 maggio del 2000, e due anni dopo, il 16 giugno 2002 lo stesso Pontefice in piazza San Pietro, lo proclamò Santo e ne stabilì la memoria liturgica per il 23 settembre, "giorno della sua nascita al cielo".

Il luglio 2004 fu inaugurata la nuova grande chiesa a S. Giovanni Rotondo progettata dal celebre architetto Renzo Piano.

PRATICA. Riflettiamo sulle parole di San Pio, (ASN, 15): "La vita non è che una perpetua reazione contro se stessi e non si schiude in bellezza, che a prezzo del dolore. Tenete sempre compagnia a Gesù nel Getsemani ed egli saprà confortarvi nelle ore angosciose che verranno".

PREGHIERA. O Dio, per la tua misericordia e per i meriti di questo tuo grande santo, concedi anche a noi una fede capace di scorgere nei poveri e nei sofferenti il volto di Gesù. Insegna anche a noi l'umiltà del cuore, perché in tuo nome, scopriamo la gioia di perdonare i nostri nemici.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Pio da Pietrelcina (Francesco) Forgione, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia si impegnò molto nella direzione spirituale dei fedeli e nella riconciliazione dei penitenti ed ebbe tanta provvidente cura verso i bisognosi e i poveri da concludere in questo giorno il suo pellegrinaggio terreno pienamente configurato a Cristo crocifisso.



PREGHIERA A PADRE PIO DA PIETRELCINA
"O Gesù, pieno di grazia e di carità e vittima per i peccati, che, spinto dall’amore per le anime nostre, volesti morire sulla croce, io ti prego umilmente di glorificare, anche su questa terra, il servo di Dio, San Pio da Pietrelcina" 🙏
O Gesù, pieno di grazia e di carità
e vittima per i peccati,
che, spinto dall’amore per le anime nostre,
volesti morire sulla croce,
io ti prego umilmente di glorificare,
anche su questa terra,
il servo di Dio, San Pio da Pietralcina
che, nella partecipazione generosa
ai tuoi patimenti, tanto ti amò e tanto si prodigò
per la gloria del Padre tuo e per il bene delle anime.
Ti supplico perciò di volermi concedere,
per la sua intercessione,
la grazia che ardentemente desidero.

Pensiero del 23 settembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Lc 9,7-9

Gesù è di più.

Gesù si presenta come colui che è più grande: più grande di tutti i profeti che l’hanno preceduto. Dopo Erode, la storia ha continuamente cercato di definire l’identità di Cristo richiamando il paragone con altri personaggi storici, o con categorie e parametri che ne potessero circoscrivere l’immagine entro una cornice già conosciuta: Gesù uomo eccezionale, Gesù grande maestro, benefattore, legislatore, e perfino rivoluzionario. Sono immagini che sfiorano appena l’identità di Gesù, perché Gesù è di più. La fede semplice di chi l’ha incontrato e lo incontra anche oggi sa riconoscerlo con fiducia e abbandono. I sapienti – come i teologi – devono indagare, e fino a un certo punto si tratta di un’operazione legittima: è il lavoro di comprensione cominciato con gli apostoli, depositato nei Vangeli, e che ha percorso tutti i secoli della Chiesa. Chi è veramente Gesù? Gesù è un uomo che è Dio. I tratti della sua vita rivelano un’umanità grande e compiuta, ma nello stesso tempo annunciano un’eccedenza impossibile da contenere: Gesù è sempre oltre, sempre di più di quel che noi possiamo comprendere e trattenere. C’è di più nelle sue parole, nelle sue azioni, nella sua personalità. Per esprimerlo in modo chiaro e compiuto, la fede della Chiesa arriva a dire che in Gesù di Nazaret si è incarnato e vive il Figlio Unigenito del Padre, Dio da Dio: la persona divina del Figlio abita e vive un’umanità piena e reale; una natura umana e una natura divina, nell’unica persona divina del Figlio eterno. Queste espressioni usate dalla teologia cristiana non sono leziose e inutili; servono invece a esprimere, in linguaggio umano chiaro, il contenuto della fede e dànno ragionevolezza e plausibilità a un avvenimento nuovo e originale apparso sulla faccia della terra. Gesù di Nazaret ha suscitato, e continua a suscitare sorpresa, scandalo, rifiuto, ma anche ammirazione, entusiasmo, adorazione. Accade ancora.

23 settembre

Il Signore ama il suo popolo

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

(Giovanni 14,6)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 149)
Rit: Il Signore ama il suo popolo.

Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.
Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion.

Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria.

Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca:
questo è un onore per tutti i suoi fedeli.

Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

(Giovanni 14,6)

22 settembre, 2021

Pensiero del 22 settembre 2021

 La crescita del Regno, non è opera umana: «Edificare la Chiesa, non è potere degli uomini, solo GESÚ, ha questo Potere che trasmette ai Dodici Apostoli». 

Meditazione sul Vangelo di Lc 9,1-6

La forza del Vangelo.

Già nella vita terrena, Gesù comunica agli apostoli la sua stessa missione anticipando il compito che dovranno svolgere alla fine, e li provoca a un primo esercizio nell’annuncio del regno e nell’opera delle guarigioni. Che cosa li abilita a questo, e che cosa li può sostenere? A loro bastano “la forza e il potere” di Gesù. Il Vangelo non è solo un contenuto trasmesso da trasportatori anonimi, o da esperti delle tecniche apostoliche e missionarie. Si trasmette quello che si è visto e udito. La convivenza con Gesù viene comunicata nel dono dello Spirito: lo si vede nella stesura stessa dei Vangeli, i quali non sono altro se non il deposito della predicazione apostolica. La predicazione è racconto e testimonianza. La Chiesa vive non solo del messaggio del Signore, ma della sua stessa presenza e della sua forza, che agisce come guarigione del corpo e dello spirito e come salvezza della vita. Gesù dà “forza e potere”. Tutto questo è continuato ad avvenire anche dopo l’ascensione del Signore, come troviamo documentato negli Atti e nelle lettere degli Apostoli, e come è documentato dalla storia della Chiesa. L’annuncio cristiano, proposto dalla Chiesa, continua a suscitare una novità e verità di vita tra gli uomini. La potenza del Vangelo si manifesta nel modo di pensare, di scegliere e di vivere di coloro che incontrano Cristo e diventano suoi amici. Viene comunicata una corrente di vita e di grazia. Nessuna potenza umana, nessun abile esperto, nessuna comunità cristiana, per se stessi e per la propria potenza, rendono efficace la presenza della Chiesa nel mondo. Questa è solo il risultato della santità, cioè dell’unità con Gesù e dell’appartenenza a lui, per l’intensità e la densità di un’amicizia realmente vissuta.

22 Settembre

Benedetto Dio che vive in eterno

Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.

(Marco 1,15)

SALMO RESPONSORIALE (Tobia 13)
Rit: Benedetto Dio che vive in eterno.

Benedetto Dio che vive in eterno,
benedetto il suo regno;
egli castiga e ha compassione.
Fa scendere agli inferi, nelle profondità della terra,
e fa risalire dalla grande perdizione:
nessuno sfugge alla sua mano.

Lodatelo, figli d’Israele, davanti alle nazioni,
perché in mezzo ad esse egli vi ha disperso
e qui vi ha fatto vedere la sua grandezza.

Date gloria a lui davanti a ogni vivente,
poiché è lui il nostro Signore, il nostro Dio,
lui il nostro Padre, Dio per tutti i secoli.

Vi castiga per le vostre iniquità,
ma avrà compassione di tutti voi
e vi radunerà da tutte le nazioni,
fra le quali siete stati dispersi.

Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.

(Marco 1,15)

21 settembre, 2021

Auguri di cuore d'un buon onomastico a Matteo Ferrari

 Oggi, è san Matteo, Evangelista, ed Apostolo del Signore.

Auguri di cuore, d'un buon onomastico a Matteo Ferrari.
Dio, ti benedica!



Beato Rosario Angelo Livatino

 Beato Rosario Angelo Livatino




Nome: Beato Rosario Angelo Livatino
Nasce: 03 ottobre 1952
Morte: 21 settembre 1990
Titolo: Martire di mafia
Ricorrenza: 29 ottobre
Tipologia: Commemorazione




Rosario Angelo Livatino nacque a Canicattì, in provincia di Agrigento, in Sicilia, il 3 ottobre 1952 e nel 1975 conseguì la laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti; membro dell'Azione Cattolica sin da giovane, aiutava nei corsi prematrimoniali e partecipava agli incontri organizzati dalle associazioni cattoliche, abitudine conservata anche una volta divenuto Magistrato.

Svolgendo la sua attività lavorativa ad Agrigento, mentre si recava a lavoro si fermava spesso presso la chiesa di San Giuseppe per porgere il suo saluto al Santissimo Sacramento.

Entrato in Magistratura nel 1978 come Uditore giudiziario, fu Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Agrigento dal 1984 al 1988, risultando il Magistrato più produttivo.

Continuando la sua partecipazione alla cristianità, a 35 anni ricevette il Sacramento della Cresima.

Nel 1989 divenne Giudice nella sezione penale, in un momento storico in cui i clan emergenti della Stidda si contrapponevano a Cosa Nostra in una vera guerra tra mafiosi, nel territorio di Agrigento; uno dei capi di quest'ultima, Giuseppe Di Caro, abitava nello stesso palazzo del Giudice.

Il 21 settembre 1990 Rosario Angelo Livatino venne assassinato in un agguato mentre si recava a lavoro ad Agrigento, con il colpo di grazia esploso in pieno volto dopo che pare ebbe chiesto agli assassini: «Picciotti [ragazzi], che cosa vi ho fatto?» ; definito Santocchio da Di Caro, fu ucciso perché, uomo di fede, risultava incorruttibile.

Nella sua infinita bontà, il Giudice, sapendo i rischi del suo lavoro, non volle sposarsi né avere una scorta per non mettere in pericolo altre persone.

Il 9 maggio 1993 Papa San Giovanni Paolo II, a colloquio con i poveri genitori dichiarò che lui e gli altri uccisi dalla mafia sono «martiri della giustizia e indirettamente della fede»; e dopo che Papa Francesco il 21 dicembre 2020 definisce la sua morte come martirio perché il movente ultimo è l'odio contro la fede, Rosario Angelo Livatino, detto anche il giudice ragazzino, è stato beatificato il 9 maggio 2021