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14 settembre, 2021

Pensiero del 14 settembre 2021

 La contraddizione...oggi il Signore Gesù è sulla Croce e noi facciamo festa perché impariamo così che la Croce e' FESTA e SOLENNITÀ dello spirito.

Meditazione sul Vangelo di Gv 3,13-17

La croce, salvezza del mondo.

La festa dell’Esaltazione della Croce non è la celebrazione di uno strumento ligneo di morte; la croce in se stessa, infatti, non ha valore di salvezza e sarebbe assurdo celebrare uno strumento di supplizio. Siamo invitati, dunque, a celebrare e adorare Dio che, nonostante la sua grandezza, si è umiliato ed abbassato per assumere la condizione di ogni uomo rinunciando alla sua gloria e alla sua grandezza divina.

La celebrazione di oggi è la celebrazione del mistero della croce di Cristo, che, da strumento di ignominia e di supplizio, è divenuta strumento di salvezza. Questo grande mistero della nostra salvezza è espresso con chiarezza nella lettera di san Paolo ai Filippesi: «Cristo umiliò se stesso fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome». Il vangelo ci ha insegnato che l’amore di Dio è la spiegazione della Croce: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna». Cristo, infatti, ha accolto volontariamente la condizione umiliante di servo (la morte in croce, infatti, era riservata agli schiavi) e il suo supplizio viene trasformato in gloria eterna. La croce custodisce ed esprime, nella fede, il senso vero della vita di ciascuno e della storia del mondo. Per questo è il segno più grande della speranza. Diventa anche il segno e la forza della testimonianza cristiana che la Chiesa intera è chiamata ad offrire al mondo in ogni epoca della storia. Ogni sofferenza che noi stessi patiamo e che l’umanità intera patisce, se vissute come partecipazione alla croce di Cristo, sono per la salvezza del mondo. Celebriamo, quindi, la gloria di Dio Padre e la nostra salvezza. Tutto questo ci infonde speranza luce e forza: legati alla Croce e alla sofferenza di Cristo, saremo esaltati perché anche noi siamo chiamati a risorgere con Lui.

14 Semttembre

Non dimenticate le opere del Signore!

Noi t'adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua croce hai redento il mondo.

(Dalla Via Crucis, Tempo di Quaresima e Venerdì Santo)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 77)
Rit: Non dimenticate le opere del Signore!

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore.

Noi t'adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua croce hai redento il mondo.

(Dalla Via Crucis, Tempo di Quaresima e Venerdì Santo)

13 settembre, 2021

Pensiero del 13 settembre 2021

 La fiducia, del centurione, si basa sull'umiltà di riconoscersi bisognosi di DIO, avere fede che nulla, è impossibile a LUI. Chiediamo al Signore, d'imparare a camminare ogni giorno in questa fiducia.

Meditazione sul Vangelo di Lc 7,1-10

Il pio centurione.

Nei versetti che precedono il brano odierno, Gesù aveva illustrato le caratteristiche di una fede autentica. Di seguito aveva esortato i suoi discepoli a fondare la propria vita sulla roccia, ascoltando e mettendo in pratica la sua Parola. Nel vangelo di oggi, l’amore misericordioso di Dio che abbiamo potuto conoscere nel vangelo delle parabole della misericordia proclamato ieri, ha trovato una loro attuazione nei gesti del centurione romano che, per salvare il suo servo, non esita ad umiliarsi rivolgendo la sua supplica a Gesù.

Due sono gli aspetti che l’evangelista fa emergere dalla figura del centurione romano: l’amore per il suo servo e la fede-fiducia che nutre nei confronti del Maestro. Si tratta di una fiducia così forte da fargli pronunciare quelle parole che tutti i cristiani ancora oggi pronunciano durante la liturgia eucaristica: «O Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito». Questo centurione diviene immagine del vero credente, cioè di colui che crede sia sufficiente anche solo una parola del Maestro per ottenere la salvezza. Nella sua richiesta egli dimostra una grande umiltà. La sua richiesta a Gesù rivela un autentico amore verso colui che considera più un familiare e un amico che un servo. Ma ciò che maggiormente risplende in questo soldato è la sua incrollabile fiducia nella forza guaritrice di Gesù e nella potenza della sua Parola. Il testo evidenzia l’ammirazione del Maestro dinanzi a tanta fede: «Neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». Gesù ricalca l’accento sulla fede. E’ un invito per noi a verificare sia la qualità della nostra adesione a Dio, sia la capacità di riconoscere i valori degli altri, di chi è diverso da noi per cultura, razza, religione…

13 Settembre

Sia benedetto il Signore, che ha dato ascolto alla voce della mia supplica

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; chiunque crede in lui ha la vita eterna.

 (Giovanni 3,16)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 27)
Rit: Sia benedetto il Signore, che ha dato ascolto alla voce della mia supplica.

Ascolta la voce della mia supplica,
quando a te grido aiuto,
quando alzo le mie mani
verso il tuo santo tempio.

Il Signore è mia forza e mio scudo,
in lui ha confidato il mio cuore.
Mi ha dato aiuto: esulta il mio cuore,
con il mio canto voglio rendergli grazie.

Forza è il Signore per il suo popolo,
rifugio di salvezza per il suo consacrato.
Salva il tuo popolo e benedici la tua eredità,
sii loro pastore e sostegno per sempre.

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; chiunque crede in lui ha la vita eterna.

 (Giovanni 3,16)

12 settembre, 2021

La Preghiera a Maria

 Preghiera della sera

"Aiutaci, Madre del Divino Amore, a conformarci al volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù, che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si è caricato dei nostri dolori per condurci, attraverso la croce, alla gioia della risurrezione" 🙏
La Preghiera a Maria
O Maria, Tu risplendi sempre nel nostro cammino come segno di salvezza e di speranza.
Noi ci affidiamo a Te, Salute dei malati,
che presso la croce sei stata associata al dolore di Gesù,
mantenendo ferma la tua fede. Tu, Salvezza del popolo romano,
sai di che cosa abbiamo bisogno e siamo certi che provvederai perché,
come a Cana di Galilea,
possa tornare la gioia e la festa dopo questo momento di prova.



Aiutaci, Madre del Divino Amore,
a conformarci al volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù,
che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si è caricato dei nostri dolori per condurci, attraverso la croce,
alla gioia della risurrezione.
Amen.
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio.
Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.
(News.va)

Oggi è il nome di MARIA Marianne Janny Brandes-Brillelijper


 Oggi, è il nome di MARIA

Marianne Janny Brandes-Brillelijper
Nel nome di Maria, la sua memoria, sia alta e benedetta nei secoli e così sia per sempre.
Auguri di cuore a te, oh Donna della resistenza ad ogni discriminazione.
Auguri di cuore, per il tuo onomastico, tanto affetto e stima da Barbara

Santissimo Nome di Maria

 Santissimo Nome di Maria


autore Ilian Rachov titolo Madonna col Bambino


Nome: Santissimo Nome di Maria
Titolo: L'amore di Maria verso il Figlio
Ricorrenza: 12 settembre
Tipologia: Memoria facoltativa




Dopo il nome di Gesù non v'è nome più dolce, più potente, più consolante che quello di Maria; nome dinanzi a cui s'inchinano riverenti gli Angeli, la terra si allieta, l'inferno trema.

Tre sono i principali significati di questo nome:

Mare: dall'ebraico Maryam, nome adatto ad esprimere la sovrabbondanza delle grazie sparse sopra di lei. Come invero tutti i fiumi sboccano nell'oceano, così tutti i tesori delle grazie celesti, tutte le eccelse prerogative e carismi furono versati sopra l'anima della Vergine, la quale è chiamata: « Madre di grazie ».

Amarezza: anche questo conviene moltissimo alla Vergine il cui cuore nuotò in un mare di angoscia, precisamente come aveva predetto il Profeta: « Immenso come il mare è il tuo cordoglio ». Come la Vergine era stata colmata più di tutti i Santi di grazia, così più di tutti loro doveva bere il calice amaro della passione del suo Figliuolo Gesù.

Stella: con questo appellativo la Chiesa invoca la Vergine nel bellissimo inno « Ave, Maris Stella ». S. Bernardo intreccia sapientemente a questo significato le più belle pagine di eloquenza e le più consolanti considerazioni: « Ella è la pura e gloriosa stella che sorge da Giacobbe ed illumina tutto il mondo; la sua luce brilla nei cieli e penetra negli abissi, percorre la terra, infiamma d'amor divino ogni cuore, suscita le virtù e distrugge il vizio. Ella è la candida e dolce stella dalla Provvidenza innalzata sopra il profondo mare dell'universo, per illuminarlo con lo splendore del suo esempio ». Maria è ancora giubilo al cuore, melodia soave all'orecchio, balsamo salutare ad ogni sorta di miserie; come l'arcobaleno indica la fine della tempesta ed annunzia il ritorno della calma, così il nome di Maria entrato in un'anima ne allontana il peccato e la dispone alla pace col Signore.

Il culto del Santissimo Nome della beata Vergine Maria che il Martirologio Romano ricorda in questo giorno, rievoca l' amore della Madre di Dio verso il suo Figlio santissimo ed è proposta ai fedeli la figura della Madre del Redentore, perché sia invocata con profonda devozione. E' un culto che si diffuse nel corso dei secoli in tutta la Chiesa, ed i Pontefici arricchirono d'indulgenze l'invocazione dei nomi di Gesù e di Maria.

Nel 1513 il Papa Giulio II da Roma concesse alla Spagna una festa in onore del nome di Maria. San Pio V la sopprese, Sisto V la ripristinò e si estese poi nel 1671 al Regno di Napoli fino a raggiungere Milano. Dopo la vittoria riportata nel nome di Maria contro i Turchi da Giovanni Sobieski, re di Polonia, il Beato Pontefice Innocenzo XI il 12 settembre 1683, in memoria e grato del prodigio, estese questa festa a tutta la Chiesa, fissandola alla domenica fra l'Ottava della Natività. Fu infine san Pio X a riportarla al 12 settembre.

PRATICA. S. Bernardo ci raccomanda: «Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, invoca Maria. Un sì bel nome non si parta dalla tua bocca, non si parta dal tuo cuore ».

PREGHIERA. Deh! concedi, Dio onnipotente, che tuoi fedeli, i quali si rallegrano del nome e della protezione della SS. Vergine Maria, siano liberati, per la sua amorevole intercessione, da tutti i mali in terra, e meritino di giungere ai gaudii eterni nel cielo.

MARTIROLOGIO ROMANO. In questo giorno si rievoca l'ineffabile amore della Madre di Dio verso il suo santissimo Figlio ed è proposta ai fedeli la figura della Madre del Redentore perché sia devotamente invocata.

Santissimo Nome di Maria
autore Ilian Rachov titolo Madonna col Bambino


Scrive il Manzoni:

IL NOME DI MARIA


Tacita un giorno a non so qual pendice Salia d'un fabbro nazaren la sposa; Salia non vista alla magion felice D'una pregnante annosa;

E detto: "Salve" a lei, che in reverenti Accoglienze onorò l'inaspettata, Dio lodando, sclamò: Tutte le genti Mi chiameran beata.

Deh! con che scherno udito avria i lontani Presagi allor l'età superba! Oh tardo Nostro consiglio! oh degl'intenti umani Antiveder bugiardo!

Noi testimoni che alla tua parola Ubbidiente l'avvenir rispose, Noi serbati all'amor, nati alla scola Delle celesti cose,

Noi sappiamo, o Maria, ch'Ei solo attenne L'alta promessa che da Te s'udia, Ei che in cor la ti pose: a noi solenne È il nome tuo, Maria. continua >>



Nome di Maria



PREGHIERA AL NOME DI MARIA



O potente Madre di Dio e Madre mia Maria, è vero che non sono degno neppure di nominarti, ma Tu mi ami e desideri la mia salvezza.

Concedimi, benché la mia lingua sia immonda, di poter sempre chiamare in mia difesa il tuo santissimo e potentissimo nome, perché il tuo nome è l'aiuto di chi vive e la salvezza di chi muore.

Maria purissima, Maria dolcissima, concedimi la grazia che il tuo nome sia da oggi in poi il respiro della mia vita. Signora, non tardare a soccorrermi ogni volta che Ti chiamo, poiché in tutte le tentazioni e in tutte le mie necessità non voglio smettere di invocarti ripetendo sempre: Maria, Maria. continua >>




INNO AL NOME DI MARIA



Inno al Nome di Maria


O dolce Nome, Maria, Maria,
speme e conforto dell’alma mia,
col cuor sul labbro, finché vivrò:
o dolce Nome, t’invocherò.

Allor che l’alba rimena il giorno,
allor che il sole fa in mar ritorno,
ovunque stia, ovunque andrò:
o dolce Nome, t’invocherò.

Nel mar crudele di questa vita,
se la mia nave andrà smarrita,
a te mia stella mi volgerò;
o dolce nome t’invocherò.

Tu sei la stella che fuga i venti,
che doma e placa l’onde frementi,
che mille e mille navi salvò:
o dolce Nome, t’ invocherò.

La sospirata placida calma
per te sicura godrà quest’alma:
per te beato ognor sarò:
o dolce Nome, t’ invocherò.

Perché sia lungi timore e doglia,
perché sia lungi ogni rea voglia,
a te, Maria. sol penserò:
o dolce Nome, t’ invocherò.

Quando al confine del viver mio,
a quel confine pur giunto anch’io,
l’estreme voci proferirò:
o dolce Nome, t’ invocherò.

In quei tremendi mortali affanni,
del fier nemico le insidie, i danni,
per sì bel nome non temerò:
o dolce Nome, t’ invocherò.

Pensiero del 12 settembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Mc 8,27-35

Amare: «Il dono di sé».
Il Vangelo e la prima lettura di questa domenica si muovono sull’onda delle celebrazioni della Croce e dell’Addolorata, e riprendono l’avvenimento della Passione, Morte e Risurrezione del Signore, secondo la figura del servo di Dio. La seconda lettura procede con il testo di Giacomo e il suo forte richiamo a una carità, non verbosa e astratta, ma concreta ed efficace, perché capace di tradurre la fede in opere, riconoscendo nel povero la visibilità di Cristo.
Alla fine dell’avventura della fede, come pure al suo principio, si impone sempre la domanda che oggi Gesù rivolge ai suoi discepoli: «E voi, chi dite che io sia?». Chi è veramente Gesù? Quale tipo di Messia egli manifesta, quale volto di Salvatore presenta? Pietro riconosce Gesù come il Messia promesso e atteso, ma Gesù svela la sua nuova identità messianica e l’imprevisto percorso che la realizza: Egli è un Messia rifiutato, sofferente, risorto. Gesù annuncia il duro percorso della Croce e lo propone ai discepoli. La reazione scandalizzata di Pietro di fronte alle parole di Gesù, si trova riflessa e riprodotta anche in noi. Ci siamo certo abituati a riconoscere e accogliere il Messia crocifisso, e ci gloriamo con Lui della sua risurrezione, ma ci scandalizza ancora l’essere chiamati ad associarci al suo destino di Crocifisso risorto. Gesù ci dice che l’andare dietro a lui comporta tre cose: rinnegare se stessi, prendere la propria croce, seguirlo. Come è possibile questo? Pietro si oppone e rimprovera Gesù, così come avremmo fatto anche noi. Ma Gesù procede e lancia una promessa che merita di essere verificata: «Chi vuol salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. C’è da pensare. Ci giochiamo tutto ma non giochiamo in perdita; puntiamo tutto sulla vita, non per perderla ma per guadagnarla. Così ha fatto Gesù, che ha perso tutto con la morte in croce, ma tutto ha abbondantemente e definitivamente guadagnato con la risurrezione. Questo percorso ha valore non solo per l’aldilà; possiamo verificarlo anche nelle vicende della vita terrena. È evidente nel modo d'amare quando si ama senza possedere e senza pretendere, se ne riceve in contraccambio una pienezza più grande che non quando si ama volendo trattenere la propria vita e volendo possedere quella altrui. La gioia del dare è più grande.

12 Settembre

Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi

Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.

(Galati 6,14)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 114)
Rit: Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

Amo il Signore, perché ascolta
il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l’orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.

Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi,
ero preso da tristezza e angoscia.
Allora ho invocato il nome del Signore:
«Ti prego, liberami, Signore».

Pietoso e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
Il Signore protegge i piccoli:
ero misero ed egli mi ha salvato.

Sì, hai liberato la mia vita dalla morte,
i miei occhi dalle lacrime,
i miei piedi dalla caduta.
Io camminerò alla presenza del Signore
nella terra dei viventi.

Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.

(Galati 6,14)

11 settembre, 2021

Io non dimentico

 Io non dimentico

America
Torri Gemelle
11 settembre 2001
11 settembre 2021
Vent'anni fa......

Pensiero del 11 settembre 2021

Chi costruisce su DIO, rimane forte, e tutto ciò che la vita di bello e di brutto ti dà, diventa un dono, se vissuto insieme a LUI.

Meditazione sul Vangelo di Lc 6,43-49

Dove hai messo le tue radici?

San Paolo, nella prima lettura, continua a manifestare il suo stupore per la grande bontà che Dio ha usato con lui. Questa gratitudine, gli fa riconoscere la grandezza della sua missione di apostolo. È un uomo che ha davvero messo le sue radici in Dio, e che rinnova sempre la sua adesione alla volontà di Dio. Sa che Dio lo ha chiamato a collaborare, strappandolo dalla sua cecità. A questo ci richiama lo stesso Vangelo: mettere radici, come ha fatto l’apostolo Paolo, sulla roccia che è il Signore, appoggiarsi alla Sua volontà che desidera il nostro pieno bene.

Il Vangelo ci attesta subito una verità innegabile: la piena delle acque verrà. Le preoccupazioni, le malattie, le sofferenze, sono una certezza che la fede non elimina. La fede non è una protezione per la vita, come un’assicurazione contro le disgrazie e gli infortuni! Anche la casa dell’uomo di fede, (dell’uomo saggio che costruisce la casa sulla roccia) è colpita dalle inondazioni! La fede dona la salvezza, non un comodo soccorso, ma è una salvezza che sgorga nell’attimo in cui si sceglie di farsi raggiungere dal Signore. “Chi viene a me”, ci esorta Gesù! Essere con Lui, stare attaccati a Lui che è roccia, essere conquistati dalla consapevolezza del Suo amore, questo rende stabile la casa, quando inevitabilmente sarà sconvolta dal male. Allora è possibile “fare, mettere in pratica, trarre frutti buoni” dando così pienezza di senso alla nostra identità. Non il solo invocare Dio, ma scavare in profondità e mettere solide radici in Lui fa reggere la nostra vita. Se pensiamo alle esemplari figure dei santi riconosciamo in loro uomini e donne che non sono stati preservati dalle tempeste della vita, tutt’altro! Ci insegnano però come stare dentro le sofferenze, come affrontare il male, come sostenere le avversità: trovando la nostra radice, la nostra identità in Dio. Ci incoraggia sant’Agostino: «Chi ebbe cura di te prima che tu esistessi, non si curerà di te, quando ormai sei fedele? …Il Signore ha cura di te, stai tranquillo. Ti sostiene colui che ti ha fatto, non cadere dalla mano del tuo artefice. La buona volontà ti aiuta a rimanere nelle mani di Colui che ti ha creato. . . Mai Egli ti mancherà, tu non mancargli, non mancare a te stesso» (Esp. Sal. 39,27).

10 settembre, 2021

BUON COMPLEANNO LILIANA SEGRE! (10 settembre 1930)

 BUON COMPLEANNO LILIANA SEGRE! (10 settembre 1930)

I nostri più cari auguri oggi vanno a una donna straordinaria. Una Donna che ammiriamo immensamente e nei confronti dei quali siamo infinitamente grati per la sua determinazione e per il suo bisogno nel preservare la Memoria, testimoniando con coraggio e forza nonostante il dolore. Per combattere qualsiasi forma di discriminazione.
Liliana Segre, Senatrice a Vita. Con la speranza di poterci riabbracciare presto tantissimi Auguri di ogni bene da parte di tutti noi di Un ponte per Anne Frank.

Federica Pannocchia




San Nicola da Tolentino

 San Nicola da Tolentino

autore Santi di Tito anno 1588 titolo San Nicola da Tolentino vincitore delle tentazioni del demonio

Nome: San Nicola da Tolentino
Titolo: Sacerdote
Nascita: 1245, Sant'Angelo in Pontano, Macerata
Morte: 10 settembre 1305, Tolentino, Marche
Ricorrenza: 10 settembre
Tipologia: Commemorazione




I suoi genitori, pii cristiani e senza figli, fecero un pellegrinaggio a S. Nicola di Bari per ottenere di avere un figliuolo. E l'anno 1245 a S. Angelo, presso. Fermo, nasceva loro il piccolo Nicola, così chiamato in ossequio al Santo pugliese.

Fin dai primi anni ebbero cura di infondergli sentimenti cristiani, e Nicola crebbe buono, ubbidiente, mortificato: lo Spirito Santo lavorava in quell'anima innocente; più volte occorse ritrarlo dalla preghiera e frenarlo nella mortificazione e nella liberalità verso i poveri.

Assisteva e serviva volentieri la S. Messa; ascoltava la parola di Dio e studiava le cose sacre.

Quando incominciò a studiare fece rapidi progressi nella scienza, onde i genitori gli provvidero un canonicato nella chiesa del SS. Salvatore a Tolentino. Un giorno nella chiesa, udì un religioso di S. Agostino che predicava sulla vanità del mondo e ripeteva quel passo del Vangelo: « Cosa giova all'uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde l'anima sua? » e l'altro: « Chi vuol essere mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua ». Nicola non attese altro: subito fece domanda di essere ammesso tra i figli di S. Agostino in quella città. Fu accettato, prese l'abito religioso, e dopo un anno di noviziato si consacrò al Signore mediante i santi voti religiosi: aveva 18 anni. Nel convento riconfermò il proposito che fin da piccolo si era prefisso: rinnegare se stesso. Perciò si stimava l'ultimo dei fratelli e cercava sempre gli uffici più umili, contento quando poteva eseguire la volontà altrui, e rinunziare alla sua, Durante gli studi fu mandato in vari conventi del suo Ordine e a Cingoli fu ordinato sacerdote.

Di qui comincia una nuova era per il nostro Santo. Quando si trovava all'altare, la sua faccia si infiammava d'amore e abbondanti lacrime sgorgavano dai suoi occhi. Le segrete comunicazioni della sua anima con Dio all'altare ed al confessionale gli facevano gustare anticipatamente le delizie della beatitudine celeste. Più tardi si recò a Tolentino ove passò i suoi ultimi anni. Predicava quasi tutti i giorni e le sue prediche producevano frutti meravigliosi. Nessuno poteva resistere alla forza e alla dolcezza dei suoi discorsi sia pubblici che privati. L'amore che portava a Dio infiammava talmente il suo cuore che sovente fu visto piangere sul pulpito.

Fu favorito di doni celesti ed operò molti miracoli. Nel 1305, il 10 settembre, dopo essere stato tribolato da una lunga malattia, morì all'età di 60 anni, pieno di virtù e di meriti.

PRATICA. Facciamo bene oggi i nostri doveri religiosi.

PREGHIERA. O Signore, che vi degnaste chiamare alla santità il vostro servo Nicola, fate che anche noi, obbedendo alla vostra volontà, possiamo entrare nella gloria del Paradiso.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Tolentino nelle Marche, san Nicola, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che, dedito a una severa astinenza e assiduo nella preghiera, fu severo con se stesso, ma clemente con gli altri, e spesso imponeva a sé le penitenze altrui.

I PANI BENEDETTI DI SAN NICOLA

Fin dal principio delle lotte col demonio San Nicola fu. soggetto a numerose malattie; era, a poco a poco, consumato da infermità ch'esso attribuiva alle malignità e agli inganni di Satana. In una di questa malattie, la Vergine gli apparve e gli ordinò di prendere del pane fresco e di intingerlo nell'acqua, se voleva riacquistare la salute. Tale è l'istituzione dei pani di San Nicola. I miracoli che furono compiuti per mezzo del pane benedetto si moltiplicarono talmente, dopo la morte del Santo, che Papa Eugenio IV prescrisse, per la benedizione, una formula speciale. Più tardi, nel 1622 la Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari dichiarò che soltanto gli Eremiti di Sant'Agostino godessero il privilegio di benedire e distribuire ai fedeli il pane miracoloso.

Per mostrare quante grazie sono da ciò derivate è opportuno conoscere uno dei fatti più importanti, che riempì di ammirazione tutta la cristianità. Negli anni 1601 e 1602 una peste violenta devastava la città di Cordova. Dopo tredici mesi il flagello era divenuto sterminatore. Fu allora che Giacomo di Vargas y Caravajal, governatore di Cordova, decretò di portare solennemente la statua di San Nicola all'Ospedale di San Lazzaro, dove giacevano, infermi di peste, migliaia di persone. La cerimonia ebbe luogo il 7 giugno: il governatore, il Senato, ventiquattro deputati, si recarono ad ascoltare la Santa Messa all'altare del Taumaturgo nella chiesa degli Agostiniani, e, quando ebbe termine il Santo Sacrifizio, con la torcia in mano, seguirono processionalmente la statua di San Nicola. Ai due fianchi di essa erano portate ceste di pane benedetto, destinato agli ammalati. Il Priore del convento e tutti i religiosi presero parte all'imponente corteo che si fermò dinanzi al Monastero di Nostra Signora del Carmelo. Il Padre Giovanni di Navas, dell'Ordine di San Francesco, confessore dell'ospizio, rivestito dei paramenti sacri, e sorreggendo un Crocefisso, stava sulla porta per riceverlo. Tutti gli ammalati che avevano potuto alzarsi, facevano corona, ad una certa distanza dal popolo per causa del contagio. Il corteo si fermò: un padre agostiniano presa la statua del Santo, andò ad inginocchiarsi davanti al francescano che reggeva il Crocefisso, mentre tutti i fedeli, in ginocchio, imploravano soccorso. Allora il religioso Agostiniano innalzò l'immagine di San Nicola. Nel momento che il volto del Santo arrivò all'altezza dei piedi del Crocefisso, alla presenza di tutto il popolo, fu operato il prodigio: la statua sì animò e baciò i piedi del Salvatore, mentre la grande folla commossa fino alle lagrime, invocava ad alta voce l'aiuto del 'auto. La statua fu di nuovo avvicinata al Crocefisso, ed allora apparve una meraviglia ancor più sublime; si vide il Salvatore staccare le braccia dalla Croce ed abbracciare, con infinita tenerezza, il volto del suo Servo glorioso. L'entusiasmo fu al colmo; si distribuì a tutti il pane benedetto, ed il protettore di Cordova fece tornare nell'animo di ognuno la più viva speranza. La moria cominciò a decrescere e, in meno di un mese, scomparve del tutto; le guarigioni si succedevano numerose, mangiando od applicando i piccoli pani benedetti. Tutti questi miracoli, e mille e mille altri, diffusero prodigiosamente la devozione al pane benedetto dì San Nicola; ed ancor oggi continua la potenza data da Dio al grande Taumaturgo, quella potenza per la quale: Tutte le genti Te cantan Nicola, l'innalzan le città carmi devoti, — scioglie il fanciullo in sua dolce parola — E lodi e voti.

Pensiero del 10 settembre 2021

 Oggi, chiediamo a Gesù di correggere i fratelli, nelle loro azioni sbagliate, senza cadere nel giudizio, nella presunzione di essere migliori. Per non rischiare d'essere ciechi che pretendono di guidare altri ciechi.

Meditazione sul Vangelo di Lc 6,39-42

Tutto un problema di sguardo.

Il Vangelo è un invito a lasciarsi illuminare dalla Parola, che ogni giorno ci raggiunge, trasformandoci sempre più in figli di Dio, in uomini e donne liberati dalle tenebre del peccato, dalla cecità dell’egoismo e dell’indifferenza.

Siamo di fronte ad un Vangelo apparentemente molto severo. In realtà ci è consegnato un messaggio di profonda tenerezza: prenditi cura di te stesso, ci esorta il Vangelo, sii attento alla trave che copre il tuo sguardo, perché tolta la trave potrai vedere, e solo allora ti sarà possibile prenderti cura dell’altro. Il fatto che l’altro mi stia a cuore, fa sì che abbia a cuore me stesso, il mio stesso cammino di purificazione e conversione. Non dobbiamo perdere di vista il fatto che Gesù sta parlando ai suoi discepoli, a quelli che lo stanno seguendo. Li sta formando a diventare come il Maestro. Essi sono quindi davanti ad un cammino di comprensione, di apprendimento, di attenzione allo sguardo, all’atteggiamento, al cuore del loro Maestro. Il discepolo, quindi ciascuno di noi, è chiamato a diventare un maestro per l’altro, a diventare una persona capace di vedere, capace di uno sguardo puro, capace di accorgersi dell’errore del fratello, non per deriderlo, ma per correggerlo con premura. Quante volte siamo ciechi dinanzi al fratello! Di lui ci piace notare la piccola pagliuzza, il suo difetto, quell’atteggiamento che più ci infastidisce. Così facendo crediamo di poter mascherare la nostra trave, e mantenere una posizione di maggiore rilievo. Le nostre relazioni diventano superficiali, pungenti. Sono relazioni tra due “ciechi”, non certo tra maestri, e tanto meno tra fratelli, accomunati dallo stesso cammino di fede.

10 Settembre 

Tu sei, Signore, mia parte d'eredità.

La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità.

(Giovanni 17,17)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 15)
Rit: Tu sei, Signore, mia parte di eredità.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu,
solo in te è il mio bene».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
«Nelle tue mani è la mia vita».


Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità.

(Giovanni 17,17)


09 settembre, 2021

Crocifisso nelle aule, la scuola decida in autonomia

Crocifisso nelle aule, la scuola decida in autonomia

Cassazione, in caso di richiesta anche simboli di altre religioni. Cei: 'Il crocifisso non divide, invita al dialogo'

✝️ “I giudici della Suprema Corte confermano che il crocifisso nelle aule scolastiche non crea divisioni o contrapposizioni – commenta mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, pur riservandosi di leggere la sentenza nella sua integralità - ma 𝗲̀ 𝗲𝘀𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝘀𝗲𝗻𝘁𝗶𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗲 𝗿𝗮𝗱𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗣𝗮𝗲𝘀𝗲 𝗲 𝘀𝗶𝗺𝗯𝗼𝗹𝗼 𝗱𝗶 𝘂𝗻𝗮 𝘁𝗿𝗮𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝘂𝗹𝘁𝘂𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗺𝗶𝗹𝗹𝗲𝗻𝗮𝗿𝗶𝗮”. Lo afferma mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, che commenta la sentenza con cui la Corte di Cassazione è intervenuta oggi sulla vicenda sollevata in una scuola di Terni ribadendo che “l’affissione del crocifisso - al quale si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo - non costituisce un atto di discriminazione”.
👨🏻‍⚖️ Pur riservandosi di leggere la sentenza nella sua integralità. mons. Russo sostiene che "la decisione della Suprema Corte applica pienamente il principio di libertà religiosa sancito dalla Costituzione, rigettando una visione laicista della società che vuole sterilizzare lo spazio pubblico da ogni riferimento religioso. 𝗜𝗻 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗮 𝘀𝗲𝗻𝘁𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗹𝗮 𝗖𝗼𝗿𝘁𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗲 𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗹𝗲𝘃𝗮𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ 𝗿𝗲𝗹𝗶𝗴𝗶𝗼𝘀𝗮, 𝗶𝗹 𝘃𝗮𝗹𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲𝗻𝗲𝗻𝘇𝗮, 𝗹’𝗶𝗺𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗿𝗲𝗰𝗶𝗽𝗿𝗼𝗰𝗼”. “È innegabile che quell’uomo sofferente sulla croce non possa che essere simbolo di dialogo – conclude il segretario generale della Cei -, perché nessuna esperienza è più universale della compassione verso il prossimo e della speranza di salvezza. Il cristianesimo di cui è permeata la nostra cultura, anche laica, ha contribuito a costruire e ad accrescere nel corso dei secoli una serie di valori condivisi che si esplicitano nell’accoglienza, nella cura, nell’inclusione, nell’aspirazione alla fraternità”.



Pensiero del 09 settembre 2021

 Gesù, ci vuol far capire che c'è sempre una relazione tra ciò che DIO, fa per noi e quello che noi facciamo per gli altri. Ma è sempre Lui, che ci Ama, per primo, che ci perdona, che ci usa Misericordia. Uniti a LUI anche noi agiremo così.

Meditazione sul Vangelo di Lc 6,27-38

La “regola d’oro”.

Questo brano del vangelo contiene una specie di “codice morale” che aiuta il discepolo di Cristo a vivere con coerenza la sua fede. Tutto l’insegnamento è racchiuso nella “regola d’oro” dell’agire morale: «Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». Già l’Antico Testamento la conosceva, ma espressa nella forma negativa: «Non fare a nessuno ciò che non piace a te» (cfr. Tb 4,15). Gesù la propone in forma positiva: “Fare agli altri quello che vorremmo che essi facessero a noi”, che è molto più esigente.

Il brano evangelico fa inevitabilmente sorgere degli interrogativi. Forse Gesù ci comanda di non opporci al male, di lasciare mano libera ai violenti? Come si concilia questo con l’esigenza di combattere la prepotenza e il crimine, di denunziarlo con energia, anche correndo dei rischi? La “regola d’oro” che vale per tutti i casi, abbiamo sentito, è di fare agli altri quello che si vorrebbe fatto a se stessi. Il vangelo non ci ordina tanto di togliere il giudizio dalla nostra vita, quanto di togliere il veleno dal nostro giudizio! Cioè quella parte di astio, di rifiuto, di vendetta che si mescola spesso alla obbiettiva valutazione del fatto. Il comando di Gesù: “Non giudicate e non sarete giudicati” è seguito immediatamente dal comando: “Non condannate e non sarete condannati”. La seconda frase serve a spiegare il senso della prima. Sono i giudizi “spietati”, senza misericordia, che vengono banditi dalla parola di Dio, quelli che, insieme con il peccato, condannano senza appello anche il peccatore. L’amore che Gesù ci propone con il vangelo di oggi, cioè essere come il Padre, è un’impresa impossibile? Dio non chiede se non dopo aver donato. Lo Spirito Santo, che ognuno di noi ha ricevuto, è l’amore stesso con cui il Padre e il Figlio si amano e ci amano; nell’Eucaristia Cristo, incontrandoci, ci comunica la sua stessa capacità di amare. Gesù, inoltre, dà il suo comandamento dell’amore ad una comunità di fratelli, chiamati ad apprendere insieme e ad esercitare insieme l’arte di amare. Fratelli che appartengono a Lui, fratello maggiore, e da Lui ricevono l’amore.

09 Settembre

Ogni vivente dia lode al Signore

Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi.

(I Giovanni 4,12)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 150)
Rit: Ogni vivente dia lode al Signore.

Lodate Dio nel suo santuario,
lodatelo nel suo maestoso firmamento.
Lodatelo per le sue imprese,
lodatelo per la sua immensa grandezza.

Lodatelo con il suono del corno,
lodatelo con l’arpa e la cetra.
Lodatelo con tamburelli e danze,
lodatelo sulle corde e con i flauti.

Lodatelo con cimbali sonori,
lodatelo con cimbali squillanti.
Ogni vivente dia lode al Signore.

Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi.

(I Giovanni 4,12)