Davvero sfortunato l'apostolo Filippo. Oltre alle scarne notizie che di lui ci forniscono i vangeli, non conosciamo davvero proprio nulla. Neppure i creatori di leggende, che per gli altri apostoli e santi si sono spesso sbizzarriti in particolari a volte fantasiosi e mirabolanti, per lui non si sono scomodati.
Filippo visse nell'ombra durante la vita pubblica di Gesù, accontentandosi di ascoltarlo e di fare tesoro di quella straordinaria esperienza che il destino gli aveva concesso, e nell'ombra condusse il resto dei suoi anni, portando in giro per il mondo, a conforto e a sostegno della fede dei fratelli, il valore della sua testimonianza.
Ma ecco che cosa di lui ci raccontano i vangeli. Matteo, Marco e Luca, gli evangelisti sinottici, riferiscono solo il nome, Filippo, e il luogo di nascita, Betsaida, una piccola città sul lago di Genesaret. Meno avaro, Giovanni ci informa che Filippo era amico di Natanaele-Bartolomeo, e che è stato proprio lui a presentarlo a Gesù: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti... vieni e vedi».
Quando poi avviene la miracolosa moltiplicazione dei pani raccontata da Giovanni, è proprio a Filippo che Gesù si rivolge per chiedergli: «Dove compreremo pane sufficiente a sfamare tutta questa gente?». Fu un giorno memorabile, quello: sulle colline attorno al lago stava per cadere la sera. La giornata era stata lunga e afosa e la gente che aveva seguito Gesù fin dal mattino ascoltando la sua parola, accompagnandolo nel suo peregrinare da un paese all'altro, si ritrovò stanca e affamata. Mandarla a casa cosi, e aveva magari un lungo tratto di strada da percorrere, a Gesù parve un'inutile crudeltà. Ecco il senso del suo cruccio quando chiese a Filippo: «Come faremo a sfamare tanta gente?».
Filippo forse non afferrò il senso di quella domanda, gettò uno sguardo sulla folla visibilmente stanca, ma ancora restia ad allontanarsi dal Maestro, timorosa di perdere una sua parola, un suo insegnamento, uno dei suoi messaggi che aprivano ogni volta il cuore alla speranza. E poi, rivolto a Gesù, allargando le braccia in segno di impotenza, disse: «Maestro, le nostre casse sono vuote, ma neanche se avessimo duecento denari [Cristo verrà tradito per trenta!] a portata di mano riusciremmo a comprare abbastanza pane per darne a ognuno un pezzettino». Gesù, come si sa, tolse dalle angustie Filippo e gli altri discepoli, ugualmente preoccupati, facendo sgorgare dalle sue mani miracolose una cascata di pesci e di pani che saziarono tutti.
Filippo di certo era un uomo semplice, concreto. Seguiva i ragionamenti di Gesù quando questi, con un linguaggio terra-terra parlava di messi biondeggianti, di pesce, di campi arati, di semine... e capiva che dietro l'immagine c'era un insegnamento, un invito a essere disponibile all'azione di Dio, ad aprirsi alla salvezza, ad amare il prossimo e così via... Ma quando Gesù la metteva sul difficile e cercava di far capire ai discepoli, ad esempio, quali rapporti intercorrevano tra il Padre, lo Spirito e lui stesso in seno alla Trinità, beh! allora la sua mente si ingarbugliava, si bloccava come quella di un bambino di fronte all'uscio di una stanza buia.
Durante l'ultima cena Gesù si era inoltrato in un discorso del genere, lasciando i discepoli con le ciglia aggrottate, segno di un rovello interiore che non trovava vie d'uscita. Intervenne allora Filippo a sbloccare la tensione: «Beh, Maestro, falla corta, mostraci chi è il Padre e ci basta». Un atto di fede cieca in Gesù, ma anche il segno di un'intelligenza un tantino impacciata.
titolo Martirio di San Filippo
autore Jusepe de Ribera anno 1634
Dopo quest'episodio, Filippo rientrò nell'ombra che ha avvolto anche altri discepoli, neppure rischiarata dalla luce della leggenda. Una confusa tradizione, tuttavia, vuole che egli, dopo aver peregrinato per il mondo, missionario e testimone della buona novella di Cristo, sia morto crocifisso come il Maestro, probabilmente a Gerapoli, durante la persecuzione scatenata dal perfido Domiziano o addirittura in quella ancora più crudele di Traiano. Sarebbe morto alla veneranda età di ottantasette anni!
Le sue reliquie, trasferite a Roma nella chiesa dei Santi Apostoli, furono composte accanto a quelle di un altro apostolo, Giacomo. Ecco il motivo per cui la chiesa latina ne celebra unicamente la festa il 3 maggio.