Nella mia gratitudine a Dio desidero ora collocare il riconoscimento verso tante persone che in questi anni mi sono state vicine, chiedendo giΓ da ora scusa a chi non riuscirΓ ad essere menzionato.
Voglio innanzitutto dire il mio grazie a mons. Alberto Nicelli, mio Vicario Generale durante otto dei nove anni trascorsi con voi. Ricordo molto bene la sua resistenza di fronte alla mia designazione. Essa Γ¨ stata per me un segno decisivo. Don Alberto ha vissuto accanto alla mia persona questo tempo spendendo senza risparmio le sue energie, soprattutto attraverso la vicinanza ai sacerdoti e ai diaconi, colmando le lacune della mia. Γ stato un collaboratore assolutamente leale. Senza esagerare in lodi per il mio operato, mi ha sostenuto in ogni decisione che assieme abbiamo preso. Accanto a lui desidero esprimere il mio grazie piΓΉ sincero ai Vicari episcopali che si sono succeduti in questi anni. Il Consiglio episcopale, radunato con una periodicitΓ mensile, Γ¨ stato per me una vera esperienza di comunione o, come si usa dire oggi, di sinodalitΓ . Il governo di questa Chiesa Γ¨ sempre stato sinodale. Abbiamo camminato assieme ascoltandoci in occasione di ogni piΓΉ piccola o grande decisione. Quasi nulla della vita della Diocesi era sottratto al Consiglio episcopale e alla sua valutazione. Per me, e penso anche per tutti i membri del Consiglio, il ritrovarci Γ¨ stato una scuola: imparare a decidere assieme sotto lo sguardo di Dio, avendo a cuore soltanto il bene delle persone, anche quando tutto ciΓ² doveva costare amarezza e infine, come Γ¨ giusto che sia, obbligare il vescovo a una parola definitiva.
Assieme al Consiglio episcopale, voglio qui ricordare il Consiglio presbiterale che mi ha aiutato nel cammino verso la nascita e la crescita delle UnitΓ Pastorali. Gli Uffici pastorali e amministrativi sono rinati anch’essi in una nuova forma di unitΓ e collaborazione, in un lungo ma fruttuoso ripensamento del volto stesso della vita della Diocesi.
La Visita Pastorale Γ¨ stata per me un’esperienza faticosa, ma bellissima. Mi ha portato a contatto diretto con i volti e le esperienze delle nostre comunitΓ . Ho potuto cogliere, pur nella drastica riduzione numerica, la viva trasmissione della fede attraverso le generazioni del nostro popolo e la necessitΓ di un ripensamento radicale delle forme educative ed espressive della vita della Chiesa, accompagnati dal lungo itinerario del magistero che dall’Evangelii nuntiandi di Paolo VI ci ha portati fino all’Evangelii gaudium di Francesco.
Attraverso la Visita Pastorale ho potuto ammirare la vita e la dedizione di tanti nostri preti, conoscendo, per via indiretta, anche molte figure del passato recente che hanno illuminato la vita della nostra Chiesa. Forse non sono riuscito ad esprimere adeguatamente la mia ammirazione e il mio affetto per ciascuno dei nostri presbiteri e dei nostri diaconi. Sappiate che nessuno Γ¨ mai stato escluso dalla mia preghiera, dalla mia considerazione, dal mio desiderio di bene.
Nella nostra Chiesa ho incontrato la realtΓ , che non conoscevo, dei diaconi permanenti. Ho dedicato subito molte energie per entrare in rapporto con loro, fino alla scrittura della lettera pastorale ad essi dedicata, che rappresenta forse un unicum nelle nostre Chiese. Il diaconato permanente richiede ancora una riflessione teologica che dopo il Vaticano II non Γ¨ stata adeguatamente compiuta. Mentre la vita presbiterale esige piuttosto una riflessione pastorale che rifletta sui cammini formativi e ponga la vita comune, come piΓΉ volte ho avuto modo di sottolineare, al centro delle nostre comunitΓ .
La vita religiosa, purtroppo, ha dovuto registrare l’abbandono di tante comunitΓ , soprattutto femminili, che erano un bene prezioso per la nostra Chiesa diocesana. Saluto e ringrazio le comunitΓ religiose femminili che sono rimaste al servizio delle parrocchie. Ricordo ugualmente la preziosa presenza dei Cappuccini in tante opere della nostra Chiesa. Prego il Signore che custodisca e rinnovi la presenza della vita monastica, in particolare quella dei Servi di Maria, delle Clarisse, delle Serve di Maria, delle Suore cappuccine e delle Carmelitane, faro luminoso che indica i beni piΓΉ preziosi per la vita presente e futura. Saluto con molto affetto le sorelle dell’Ordo virginum e le eremite che ho cercato di alimentare e accompagnare in questo mio tempo reggiano.
La mia casa, la casa del vescovo, Γ¨ stata sempre aperta all’accoglienza e all’incontro con tante comunitΓ , soprattutto di giovani e di famiglie. La nostra Chiesa vive per la forza del battesimo e della fede, come per l’attesa di Cristo, di numerosissimi laici. Lo Spirito non smette mai di suscitare la fede, la speranza e la caritΓ . Esse sorgono nel cuore degli uomini, prima ancora che per iniziativa nostra, per opera della grazia di Dio. Spetta a noi, perΓ², intercettare, riconoscere, valorizzare ed educare ciΓ² che lo Spirito fa sorgere, anche se ciΓ² Γ¨ molto diverso da quanto avevamo preventivato. Talvolta gli schemi pastorali o teologici cui siamo abituati ci impediscono di vedere il nuovo che sorge, cosΓ¬ come rendono piΓΉ lento il nostro cammino di uscita verso i luoghi dove le persone vivono, accontentandoci drammaticamente che esse vengano da noi.
Quando entrai in Diocesi dissi che avrei voluto dedicare il minor tempo possibile alle questioni amministrative. Esse in realtΓ hanno occupato molte delle mie energie essendo strettamente connesse al ministero dell’evangelizzazione. Ho avuto buoni collaboratori in questo campo, che desidero qui ringraziare. Abbiamo potuto realizzare il pareggio di bilancio, conoscere – non senza fatica – le entrate e le uscite dei vari Uffici e centri diocesani, e affrontare, anche con decisione, il debito straordinario che gravava sulla nostra Chiesa. Γ stata questa una delle ragioni che ha rivolto la mia attenzione all’immenso seminario, in gran parte vuoto, e alla necessitΓ di far fronte a una sua diversa collocazione. Collaborazioni, che definirei miracolose, hanno permesso di realizzare questo sogno.
I seminaristi sono stati al centro della mia cura. Ho dedicato ad essi molto tempo e molte lezioni. Ho cercato di aiutare i rettori e i vicerettori nel discernimento dei candidati. Anche se ridotto numericamente, il seminario rimane il cuore della Diocesi. Dio non smette mai di chiamare al sacerdozio ordinato. La nostra pastorale, giovanile e vocazionale, aiutando a riscoprire la vita come vocazione, valorizzando ogni tipo di strada che conduce a Dio e di ministero nella Chiesa, favorirΓ il sorgere di nuove vocazioni presbiterali. Lascio alla nostra Chiesa la mia seconda lettera pastorale che raccoglie la sintesi delle mie indicazioni per un cammino dei giovani verso la realizzazione della loro vita.
Grande importanza ha avuto per me lo Studio Teologico Interdiocesano, che auspico possa continuare e approfondire la sua missione tra noi, assieme alle altre occasioni di formazione che la Diocesi ha generato in questi ultimi decenni: la Scuola Teologica Diocesana e le scuole teologiche sparse sul territorio.
Durante il mio ministero episcopale ho incontrato, attraverso i loro figli e figlie, don Dino Torreggiani e don Altana, don Mario Prandi, don Pietro Margini. Ho sentito perciΓ² mio dovere lavorare con assiduitΓ alla revisione degli Statuti delle comunitΓ da loro nate, non per una mania canonistica, ma per un amore ecclesiale alla crescita di queste realtΓ . In questa direzione ho favorito la ripresa dell’inchiesta diocesana in vista della beatificazione e canonizzazione di don Torreggiani e l’apertura e conclusione di quella di don Margini.
Numerosissime sono state le occasioni di incontro con persone e realtΓ comunitarie, con imprenditori, professionisti, artisti. Voglio qui salutare le associazioni, i movimenti e i gruppi, presenze decisive per la vita di una Chiesa, e augurare loro, nel solco dei rispettivi carismi, una feconditΓ sempre piΓΉ grande di missione nella societΓ .
Ho cercato di favorire l’espressione culturale della fede nella consapevolezza che quest’ultima non si lega mai definitivamente a nessuna cultura, ma nello stesso tempo porta dentro di sΓ© l’esigenza di esprimersi in forme di vita che la rendono incontrabile e apprezzabile dagli uomini di ogni tempo. La fede non puΓ² restare confinata nel segreto delle coscienze o nel chiuso delle chiese e delle sagrestie. Senza l’aria della sua espressione sociale, muore.
Dalla nostra Chiesa e dalla sua lunga tradizione ho ricevuto molti regali. Due qui vorrei ricordare soprattutto: il dono della Parola di Dio e il dono dei Poveri. Certamente non mancavano alla mia vita queste attenzioni, come fioritura della vita sacramentale. Altrimenti non sarei stato cristiano. Qui ho sentito ripresentare piΓΉ volte l’importanza della Parola di Dio. Sono stato quasi obbligato a riscoprirla, soprattutto nella consapevolezza che la religione cristiana non Γ¨ la religione del libro. La Parola di Dio Γ¨ il Verbo fatto carne. In particolare, la Sacra Scrittura Γ¨ la documentazione normativa della sua attesa, preparazione e avvento, a cui sempre dobbiamo rifarci per comprendere e vivere la sua venuta nell’ora presente. Ad essa dobbiamo quotidianamente alimentarci affinchΓ© il nostro amore per Cristo e la nostra conoscenza di lui crescano di giorno in giorno. La meditazione della Sacra Scrittura, soprattutto in una lettura sapienziale, che sappia coglierla nel suo insieme, genera la sete dell’Eucarestia e accompagna le nostre giornate con una luce sempre nuova.
A questo riguardo, vorrei qui accennare alle mie attenzioni per liturgia. Lascio a questa Chiesa la mia lettera pastorale e i tanti insegnamenti che ho avuto occasione di esprimere, nella consapevolezza che, come ci ha insegnato il Concilio, la liturgia Γ¨ un’esperienza fontale e sintetica della vita cristiana.
Il secondo dono che ho ricevuto da questa Chiesa sono i poveri. GiΓ entrando in Diocesi, nel mio primo incontro con i detenuti dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, ebbi a dire che i poveri sono Cristo, non solo un’icona di Cristo. Il realismo della vita cristiana ci impedisce di vedere nei segni di Cristo qualcosa di lontano, semplicemente una metafora, un’immagine. I poveri sono parte privilegiata del corpo di Cristo perchΓ© ci richiamano continuamente, non soltanto all’abbassamento di Dio nella forma umana, ma soprattutto alla nostra condizione creaturale. Ci richiamano alla sete che Cristo ha di noi. A un uso saggio dei beni. Alla distribuzione dei doni ricevuti. All’umiltΓ e alla condizione miserevole e bisognosa di grazia della nostra umanitΓ pellegrina.