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21 settembre, 2021

Pensiero del 21 settembre 2021

 Per Matteo, è bastato lo Sguardo affettuoso di Gesù, per metterlo in cammino. La felicità, è accogliere Cristo, e poter vivere di nuovo sotto il Suo sguardo premuroso.

Meditazione sul Vangelo di Mt 9,9-13

Un nome pronunciato con amore.

Oggi celebriamo la festa di san Matteo. Ricordare con tutta la Chiesa questo apostolo ed evangelista equivale a ravvivare la nostra chiamata, a riascoltare il nostro nome pronunciato da Dio, a riscoprire la bellezza e la freschezza del nostro essere battezzati. Nella prima lettura anche san Paolo vuole renderci sempre più consapevoli della grandezza di appartenere alla Chiesa, e della responsabilità che ciascuno ricopre in essa. È una liturgia carica di speranza e di luce, perché ci ricorda che Dio non si aspetta da noi la perfezione, ma l’accoglienza gioiosa del Suo dono di salvezza.

Nella chiamata di Matteo, siamo colpiti dalla dinamica lineare e tempestiva in cui questa avviene. Non si frappone nessun dialogo, nessuna titubanza. Cristo vede Matteo, lo chiama ed egli si alza. Cosa ha mosso Matteo a seguire un uomo di cui non sappiamo se avesse sentito parlare? In fondo aveva un ottimo guadagno con il suo lavoro di esattore delle tasse, e non correva pericoli nei confronti dei romani. Perché ha abbandonato le sue sicurezze? Possiamo immaginare quanti sguardi di odio e di malignità si posavano ogni giorno su di lui a causa della sua attività. Possiamo anche immaginare la sua solitudine, la sua tristezza e insoddisfazione, perché il ruolo anche comodo che ricopriva lo circondava si di garanzie economiche ma anche di disprezzo. Sicuramente lo sguardo di Gesù su di lui non era come quello dei suoi concittadini. Cristo non lo giudica, ma nel vedere nel cuore tutto il suo peccato, è mosso da misericordia. Sembra quasi che Matteo non desideri altro che ricevere questo sguardo amorevole su di lui, e quella parola che lo libera. Proprio mentre sta estorcendo denaro alla sua gente, mentre sta “peccando” viene chiamato. Perché Gesù agisce così: sana e libera chi è malato, non chi crede di non aver bisogno di lui. Non si aspetta da noi la perfezione, né ha bisogno di discepoli ineccepibili! Desidera semplicemente accoglienza del dono che vuole farci! Per questo i farisei non capiscono e sono anzi scandalizzati dagli atteggiamenti di Gesù! «Pubblicani e peccatori stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli» (Mt 9,10). Essi non si riconoscono malati, bisognosi del medico e non ne accettano le attenzioni. Arroccati nell’osservanza delle leggi, non sanno cosa significhi il termine “misericordia”, e non possono quindi accogliere la novità della salvezza portata dal Messia.

21 Settembre

 Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio

Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore; t'acclama il coro degli apostoli.
(Tedeum)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 18)
Rit: Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio.

I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
ed ai confini del mondo il loro messaggio.

Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore; t'acclama il coro degli apostoli.

(Teum)



IL BEATO ROSARIO LIVATINO, TESTIMONE “CREDIBILE” D'IMPEGNO ILLUMINATO DAL VANGELO

 IL BEATO ROSARIO LIVATINO, TESTIMONE “CREDIBILE” D'IMPEGNO ILLUMINATO DAL VANGELO

Il 21 settembre del 1990 il magistrato originario di Canicattì veniva ucciso in un agguato della Stidda. Lo scorso 9 maggio è stato proclamato Beato e Martire



20 settembre, 2021

Mi manchi

Stiamo come stiamo - Buon Compleanno alle sorelle Bertè


Buon Compleanno alle sorelle Bertè

Pensiero del 20 settembre 2021

 La luce, è fatta per illuminare. Se la nostra vita, non è luce per il mondo a che serviamo?

Meditazione sul Vangelo di Lc 8,16-18

Nella logica del dono.

Inizia oggi la lettura di Esdra, sacerdote che visse all’epoca del ritorno degli israeliti in patria, dopo l’esilio babilonese. Nelle sue pagine si respira tutto l’impegno per la faticosa ricostruzione, non solo materiale, ma soprattutto religiosa. L’ascolto della parola di Dio nel recupero della fiducia e dell’identità come popolo che appartiene al Dio di Abramo, diventa sempre più centrale. Anche nel Vangelo è evidente il riferimento all’ascolto: il nostro essere luce dipende dalla nostra apertura all’ascolto della Parola, che ci raggiunge ogni giorno attraverso molteplici occasioni.

I versetti immediatamente precedenti questo Vangelo, ci parlano della parabola del seminatore, che abbiamo meditato sabato scorso. Oggi ci troviamo sulla stessa scia: si riceve il seme che il contadino sparge generosamente, e si riceve la luce che ugualmente è data con assoluta gratuità. Nessuno riceve il seme per lasciarlo inutilizzato, così come nessuno riceve la luce per nasconderla, evitando che illumini. Tutto l’insegnamento di Gesù rientra nella logica del dono: la luce che riceviamo non può essere conservata, occultata, ma largamente ridonata. Ma cos’è questa luce che Gesù ci invita a ricevere per poi ridonare? «Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12), dirà Gesù! Dalla relazione con Lui, dalla sapienza di vita che acquisiamo nello stare in Suo ascolto, dall’attenzione alle piccole e grandi cose della giornata che Lui ci presenta, questo ci rende a nostra volta “luce”. Siamo allora chiamati a testimoniare la Sua luce, perché chiamati ad essere, a nostra volta, luce. Dimettersi da questo impegno, equivale alla nostra sterilità, alla nostra stessa morte: non saremmo fedeli, non solo alla Parola affidataci, ma a noi stessi, alla nostra profonda e redenta natura umana. Perché chi siamo noi? Cos’è l’uomo? Anche il salmista esclama: “che cosa è l’uomo perché te ne ricordi?… Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli …” (Sal 8,5-6). Ci risponde il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Gaudium et spes (22), dicendo: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’Uomo.  Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». Veramente la nostra dignità è altissima e potremmo gustare il dono della vita solo nel rispetto di ciò che siamo: raggiunti dalla luce di Cristo, essere a nostra volta luce donata ai fratelli.

20 Settembre

Grandi cose ha fatto il Signore per noi

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buonee rendano gloria al Padre vostro.

 (Matteo 5,16)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 125)
Rit: Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buonee rendano gloria al Padre vostro.

 (Matteo 5,16)

19 settembre, 2021

Pensiero del 19 settembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Mc 9,30-37

Come bambini.

Nel vangelo proclamato oggi abbiamo udito Gesù dare per la seconda volta l’annuncio della sua passione e risurrezione. Il Maestro prepara in questo modo i suoi discepoli affinché, quando sarà giunto il momento, non si scandalizzino della croce, ma sappiano comprendere che essa porterà la salvezza per il mondo. Nel Vangelo di Marco ritroviamo altri due annunci simili, uno prima e uno dopo questo brano. L’evangelista usa questo crescendo drammatico, per consentire al lettore-credente di prepararsi gradualmente ad accogliere i fatti decisivi che segneranno la svolta nella storia dell’umanità: la croce e la risurrezione.

Questo brano del vangelo di Marco appare composto da due scene e due discorsi dai toni differenti: la prima scena si svolge lungo le strade della Galilea. Lungo il percorso che conduce a Cafarnao, Gesù fa ai discepoli una rivelazione sconcertante. E lo sconcerto dei dodici dovette essere davvero grande, se lungo la via non trovarono niente di meglio su cui discutere, se non chi tra loro fosse il più importante! Un atteggiamento in parte giustificabile, se consideriamo la loro incapacità di comprendere quanto il Maestro aveva rivelato e la loro esitazione a chiedere ulteriori spiegazioni. Sono ancora lontani dal pensiero e dal modo di vivere di Gesù. Devono convertirsi, cambiare mentalità, aprirsi alla novità che è Gesù. Nella seconda scena, Gesù dà con grande delicatezza ai discepoli un nuovo insegnamento. Le parole del Signore ci illuminano anche sul nostro essere suoi discepoli: “ultimo” e “servo” è colui che fa tutto ciò che gli è possibile per gli altri. Per esemplificare il suo insegnamento, Gesù compie un gesto di grande consolazione per il nostro cuore: prende un bambino, lo mette in mezzo e lo abbraccia. Il bambino rappresenta la figura del vero discepolo, quello che Gesù ama affettuosamente, che suscita nel suo cuore vera e propria commozione. I bambini rappresentano l’innocenza, la mitezza, l’affetto spontaneo, l’affidamento totale ai genitori, la capacità di vera gratitudine. Atteggiamenti che Dio desidera venire in noi. E’ tanto vera e grande questa condizione, che Gesù arriva a dire: «Qualunque cosa avete fatto a uno di questi piccoli, l’avete fatta a me»: questo avviene quando ci mettiamo a servizio degli altri, specialmente dei bisognosi, sapendo vedere in essi Gesù; questo è il modo più sicuro per giungere in paradiso.

19 Settembre

Il Signore sostiene la mia vita

Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo, per entrare in possesso della gloriadel Signore nostro Gesù Cristo.

(Cf 2Ts 2,14)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 53)
Rit: Il Signore sostiene la mia vita.

Dio, per il tuo nome salvami,
per la tua potenza rendimi giustizia.
Dio, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.

Poiché stranieri contro di me sono insorti
e prepotenti insidiano la mia vita;
non pongono Dio davanti ai loro occhi.

Ecco, Dio è il mio aiuto,
il Signore sostiene la mia vita.
Ti offrirò un sacrificio spontaneo,
loderò il tuo nome, Signore, perché è buono.

Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo, per entrare in possesso della gloriadel Signore nostro Gesù Cristo.

(Cf 2Ts 2,14)

18 settembre, 2021

San Giuseppe da Copertino

 San Giuseppe da Copertino

autore Ludovico Mazzanti anno XVIII sec titolo San Giuseppe da Copertino si eleva in volo alla vista della Basilica di Loreto
Nome: San Giuseppe da Copertino
Titolo: Sacerdote
Nascita: 17 giugno 1603, Copertino, Lecce
Morte: 18 settembre 1663, Osimo, Ancona
Ricorrenza: 18 settembre
Tipologia: Commemorazione
Patrono di:OsimoCopertino




S. Giuseppe da Copertino nacque nell'anno 1603 da pii genitori e prevenuto dall'amore di Dio, passò la sua infanzia in santa semplicità e purezza di costumi. Liberato dalla Vergine Madre di Dio da una lunga e molesta malattia, sopportata con mirabile pazienza, si diede con fervore alle pratiche di pietà, e per unirsi più strettamente a Dio che lo chiamava a grandi cose, risolvette d'abbracciare l'ordine serafico.

Dopo varie peripezie, fu ricevuto tra i Minori Conventuali del convento della Grottella, dapprima come laico e poi come chierico. Dopo la professione solenne, ordinato sacerdote, si propose di condurre una vita ancor più perfetta. Cosicché avendo rinunziato a tutti gli affetti mondani e alle cose non assolutamente necessarie alla vita, martoriò il corpo con cilici, discipline, catenelle: in una parola con ogni sorta di austerità e sofferenze, mentre nutriva continuamente lo spirito col soave alimento della orazione e della contemplazione più sublime. Onde l'amor di Dio, già diffuso nel suo cuore fin dalla prima età, andò sempre più crescendo.

La sua ardentissima carità rifulse singolarmente nelle estasi e nei rapimenti. Era obbedientissimo ai suoi superiori. Imitò talmente la povertà del serafico suo Padre S. Francesco che, sul punto di morire, potè confessare con tutta verità al suo superiore di non aver nulla da lasciare. Pertanto morto a sè ed al mondo, manifestava la vita di Gesù nella sua carne.

Eroica fu la suà carità verso i poveri, gl'infermi, gli affiati da qualsiasi tribolazione. La sua carità non escludeva neppure quelli che lo assalivano con oltraggi ed ingiurie, accettando tutto con la stessa pazienza, dolcezza e serenità che mostrò nel sopportare le tante e penose vicissitudini della sua vita.

Ammirato poi non solo dal popolo ma anche dai prìncipi per la sua eminente santità e doni celesti, egli si mantenne talmente umile, che stimandosi gran peccatore, pregava Dio con insistenza perchè gli sottraesse i suoi doni straordinari, e chiedeva agli uomini che dopo morte gettassero il suo corpo in un luogo dove la sua memoria fosse del tutto obliata. Ma Dio che esalta gli umili e che aveva arricchito il suo servo di celeste sapienza, del dono della profezia, della penetrazione dei cuori, delle guarigioni e d'altri privilegi, rese preziosa anche la sua morte e glorioso il sepolcro. Come aveva predetto morì a Osimo, a 61 anni di età. Benedetto XIV lo inscrisse nell'albo dei Beati, e Clemente XIII in quello dei Santi. Clemente XIV ne estese l'Ufficio e la Messa a tutta la Chiesa.

PRATICA. Ricordiamoci che la nostra vera dimora non è su questa terra, ma in cielo. Recitiamo sovente l'atto di speranza.

PREGHIERA. O Dio, che hai predetto di voler attrarre tutto al tuo Figliuolo Unigenito, dopo che fosse stato sollevato da terra, concedi benigno che per i meriti e l'esempio del tuo serafico confessore Giuseppe, elevandoci al di sopra di tutte le terrene cupidigie, noi meritiamo di giungere a lui nella gloria eterna.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Osimo nelle Marche, san Giuseppe da Copertino, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, che, nonostante le difficoltà affrontate durante la sua vita, rifulse per povertà, umiltà e carità verso i bisognosi di Dio.

PREGHIERA DELLO STUDENTE
A SAN GIUSEPPE DA COPERTINO

Estasi di San Giuseppe da Copertino
titolo Estasi di San Giuseppe da Copertino
autore Giambettino Cignaroli anno XVIII sec




O San Giuseppe da Copertino, amico degli studenti e protettore degli esaminandi, vengo ad implorare il tuo aiuto.

Tu sai, per tua personale esperienza, quanta ansietà accompagni l'impegno dello studio e quanto facili siano il pericolo dello smarrimento intellettuale e lo scoraggiamento.

Tu che fosti assistito prodigiosamente da Dio negli studi e negli esami per l'ammissione agli Ordini Sacri, chiedi al Signore luce per la mia mente e forza per la mia volontà.

Tu che hai sperimentato tanto concretamente l'aiuto materno di Maria, Madre della Sapienza, pregala per me, perché possa superare facilmente tutte le difficoltà negli studi e negli esami. Amen.

Pensiero del 18 settembre 2021

 Noi viviamo, grazie all'instancabile Misericordia di DIO, e da questa Misericordia, ogni buon frutto è possibile.

Meditazione sul Vangelo di Lc 8,4-15

Una esuberante generosità.

In questa liturgia, siamo accompagnati, sia dall’apostolo Paolo, che dall’evangelista Luca, ad accogliere il seme della parola sparso con estrema gratuità ed abbondanza, dal seminatore, il Signore Gesù. Nella prima lettura l’accoglienza passa attraverso il mantenere solido “il comandamento” dell’amore, dal vivere alla presenza di Lui. Questo ci rende terreni dissodati, pronti a ricevere il seme per farlo fruttificare nella vita. Il terreno, infatti, deve essere preparato prima della semina; così il nostro cuore deve imparare ad ascoltare, ad accogliere ciò che è buono, a non rimanere intrappolato dalle tante spine delle preoccupazioni.

Quando semina, il contadino getta il seme con una certa cura, preoccupato che cada sul terreno che aveva preparato in precedenza. Sa che non tutto quello che sparge andrà a buon fine, e sa anche che un semplice temporale o una siccità, potrebbero vanificare le sue fatiche. Il seminatore di cui parla il Vangelo odierno, pare non abbia questa attenzione, e sia quasi disinteressato al guadagno, impostando il suo lavoro su altri parametri. Si preoccupa solo di spargere il seme! E’ un contadino che “spreca”! Questo è lo stile di Gesù: di fronte alla folla numerosa, assetata delle Sue parole, Lui non si preoccupa se tanti non lo ascolteranno, se tanti lo tradiranno, se sarà frainteso. Lui non fa calcoli nel trattare con ciascuno di noi. Nella sua generosità lascia a noi la libertà di ricevere il dono della sua parola o di lasciare infecondo, arido, infruttuoso il seme da Lui gettato nel nostro cuore. Non si aspetta che il terreno sia pronto per la semina. E’ nostra la possibilità di accogliere il seme. Non possiamo neppure fare umana analisi su noi stessi pensando a quale terreno assomiglia maggiormente il nostro cuore. Lui sa che siamo ogni tipo di terreno! Ci sono, infatti, molteplici lati in noi e rispecchiamo ora l’uno ora l’altro terreno, ma l’importante è essere seminabili, è essere raggiunti dalla forza della Parola che lavora in noi anche nei momenti di stanchezza, di aridità, quando pare di essere sterili e infruttuosi. La Parola ascoltata con un cuore che desidera, con cuore che nonostante le nostre incapacità, custodisce il seme, nella sua generosità porta il frutto a suo tempo. «La parola uscita dalla mia bocca non tornerà a me senza effetto» (Is 55,11).

18 Settembre

Presentatevi al Signore con esultanza

Beati coloro che custodiscono la parola di Dio, con cuore integro e buono, e producono frutto con perseveranza.

 (Luca 8,15)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 99)
Rit: Presentatevi al Signore con esultanza.

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome.

Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.

Beati coloro che custodiscono la parola di Dio, con cuore integro e buono, e producono frutto con perseveranza.

 (Luca 8,15)

17 settembre, 2021

Stimmate di San Francesco d'Assisi

 Stimmate di San Francesco d'Assisi

autore Gentile da Fabriano anno 1410-1412 circa titolo Polittico di Valle Romita
Nome: Stimmate di San Francesco d'Assisi
Titolo: L'apparizione dell'Altissimo
Nascita: 1182, Assisi
Morte: 3 ottobre 1226, Assisi
Ricorrenza: 17 settembre
Tipologia: Commemorazione




Da San Damiano, dove in gioventù il Crocifisso parlò a San Francesco, al Monte della Verna. Il Monte de' La Verna Francesco lo ricevette in dono dal conte Orlando da Chiusi, un luogo adatto alla vita solitaria e a fare penitenza. Il silenzio di quel monte rapì l'anima di Francesco, il quale preferiva sistemarsi nelle profondità della roccia per vivere nascosto il fuoco che bruciava nel suo petto.

Accadde, nel 1224, due anni prima della sua morte, che gravi tensioni si erano accese nell'Ordine, così il Santo desiderò allontanarsi e si ritirò a La Verna, per vivere una quaresima in onore di San Michele. Qui, Francesco era intento a meditare come fosse possibile potersi unire ancora più intimamente col Cristo Crocifisso. Il giorno dell'Esaltazione della Croce, il Signore, avendo ascoltato le preghiere di questo figlio, gli rispose. E Francesco fu fatto degno di ricevere sul proprio corpo i segni visibili della Passione di Cristo.

Un prodigio mirabile: la figura di un serafino, con sei ali luminose, infuocate, discese dal cielo e giunse vicino all'uomo di Dio. Questi riuscì a vedere l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce.

In seguito, si potevano scorgere sul corpo del Poverello non i fori dei chiodi, ma i chiodi stessi formati di carne di colore del ferro al centro delle mani e dei piedi, mentre il costato era imporporato dal sangue.

Nel 1224, mentre sul monte della Verna era immerso nella meditazione, il Signore gli impresse nel corpo le stimmate della sua passione. Papa Benedetto XI concesse all’Ordine francescano di celebrare annualmente, il 17 settembre, la festa della impressione delle stimmate o stigmate.


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PREGHIERA

O Dio che, per infiammare il nostro spirito
con il fuoco del tuo amore,
hai impresso nel corpo del serafico Padre san Francesco
i segni della passione del tuo Figlio,
concedi a noi, per sua intercessione,
di conformarci alla morte del Cristo
per essere partecipi della sua risurrezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Pensiero del 17 settembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Lc 8,1-3

Liberata dalla schiavitù del peccato.

Gesù prosegue il suo cammino d'annuncio del Regno di Dio per le strade della Galilea. Al suo seguito troviamo i Dodici e diverse donne. Queste sono discepole a tutti gli effetti, anche se di alcune di loro non sappiamo nulla, mentre di altre ci è tramandato solo il nome. Non hanno parole da offrirci sul Maestro e sul loro cammino di fede dietro a lui. Luca ci ricorda solo che tutte sono state guarite da Gesù. Quella che di loro conosciamo meglio è Maria di Magdala. Proviamo a seguirla attraverso i testi evangelici: quale cammino di sequela compie e ci schiude con la sua presenza, silenziosa ma eloquente?

La prima volta che incontriamo Maria di Magdala è proprio nel testo evangelico odierno. In poche parole Luca delinea la condizione di partenza di questa donna; è schiava di una forza malvagia che la possiede tutta: sette sono i demoni che la abitano e il sette, il numero simbolico che nella Scrittura indica la compiutezza di una situazione, ci dice che la sua vita e il suo cuore sono totalmente posseduti dal male e in tutte le sue forme. Maddalena vive in una condizione di tenebre esteriori e interiori, asservita a molti signori e perciò frammentata, divisa in se stessa. Abbiamo già visto come l’arrivo di Gesù, la sua sola presenza smascheri il male, facendolo uscire allo scoperto (Lc 4,31-37). Possiamo così immaginare cosa abbia provocato in lei l’incontro col Maestro: quell’uomo così straordinario, mite e forte al tempo stesso, la libera dalla prigione della sua vita, e lei vede uscire da se stessa tutto quel male che la riempiva. La guarigione per Maria di Magdala è, dunque, una liberazione che coinvolge tutta la sua persona e inizia proprio dal risanamento di quel cuore da cui Gesù dice che escono le intenzioni malvagie (Mt 16 ,19-20). Luca ci presenta Maddalena già per via, dietro a Gesù, mentre serve lui e i Dodici. Per lei si apre, cioè, il tempo in cui, attraverso il servizio, che la “espropria” da se stessa aprendola agli altri, e l’ascolto liberante della parola di Gesù, quella liberazione iniziale diventa vita quotidiana, vissuta nelle pieghe del suo vivere: l’incontro con il Vivente non rimane un episodio isolato, bello ma finito; diventa una miccia che innesca un passaggio continuo dalla morte – in cui ogni giorno l’egoismo, l’orgoglio e tutte le opere della carne tentano di imprigionarci – alla vita nuova che dà lo Spirito di Cristo. E il primo segno di questa vita nuova è proprio il servizio, il porsi volontariamente sotto la signoria di Cristo, unico Signore, a disposizione dei suoi amici. Ma per capire l’origine, il mistero ormai spalancato di questa vita pasquale, dobbiamo fare un altro passo e arrivare fin sotto la croce di Gesù, dove Maddalena sta con Maria e le altre donne (Gv 19,25). Sotto la croce, ella tiene lo sguardo fisso su Gesù: è lui il vero serpente innalzato nel deserto del mondo, che salva dai morsi velenosi del peccato chi lo guarda (Nm 21,8). Quando Maddalena porta ai suoi fratelli l’annuncio della risurrezione, reca con sé una storia di liberazione e salvezza che la rende testimone credibile e affidabile: la sua vita tutta è stata coinvolta nel passaggio pasquale dalla morte alla vita.

17 Settembre

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli

Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.

 (Matteo 11,25)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 48)
Rit: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Perché dovrò temere nei giorni del male,
quando mi circonda la malizia
di quelli che mi fanno inciampare?
Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.

Certo, l’uomo non può riscattare se stesso
né pagare a Dio il proprio prezzo.
Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita:
non sarà mai sufficiente
per vivere senza fine
e non vedere la fossa.

Non temere se un uomo arricchisce,
se aumenta la gloria della sua casa.
Quando muore, infatti, con sé non porta nulla
né scende con lui la sua gloria.

Anche se da vivo benediceva se stesso:
«Si congratuleranno, perché ti è andata bene»,
andrà con la generazione dei suoi padri,
che non vedranno mai più la luce.

Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.

 (Matteo 11,25)

16 settembre, 2021

Pensero del 16 settembre 2021

 Meditazione sul Vangelo di Lc 7,36-50

La logica del perdono.

Luca sa raccontare l’incontro tra Gesù e la peccatrice in maniera intensa, indugiando per ben due volte sui particolari della scena, una volta in “presa diretta” e una volta per bocca di Gesù. A quella donna va tutta la nostra simpatia, perché, con i suoi gesti silenziosi ma così eloquenti, sa far emergere anche da noi il desiderio di amare Gesù con la medesima forza e di sentirci da lui accolti e amati. Non dobbiamo dimenticare che la scena si svolge in casa di Simone il fariseo e, se vogliamo realmente lasciarci raggiungere e toccare da questa parola, dobbiamo accettare anche noi l’invito ed entrare in casa sua, assumendo a nostra volta il suo modo di pensare e di rapportarci a Gesù.

L’arrivo di questa donna, presumibilmente una prostituta nota a tutti gli abitanti di quella città, sconvolge il pranzo di Simone e il suo rapporto col Maestro. La donna non dice una sola parola, ma i suoi gesti parlano  di un amore profondo per Gesù, che tocca l’intimità della sua persona al punto da farle scordare i giudizi altrui. Anche Gesù non le parla, ma la lascia fare, accogliendo la manifestazione del suo amore. E’ questo che scandalizza Simone: più che i gesti della donna, il fatto che il Maestro si lasci toccare da lei. Simone non conosce Gesù e neppure il Dio di cui egli è il volto e inizia a difendere l’uno e l’altro, o meglio, l’immagine che egli ha di Dio e perciò di chi parla in suo nome, come fa quel Rabbi. Forse per lui Dio è qualcuno da cui “acquistarsi” la giustizia e la salvezza con le proprie opere buone e l’osservanza della legge: il giusto, colui che non pecca, gode di diritto della benevolenza di Dio. Ma non è forse proprio questo il peccato di “prostituzione” religiosa che da sempre i profeti avevano smascherato in Israele? L’incapacità o l’indisponibilità a riconoscersi lontani da Dio, bisognosi del suo amore e del suo perdono, per poi finire col “coprire” tutto con offerte di incenso e sacrifici per guadagnarsi cosi il favore di Dio? O forse più semplicemente per Simone è assurdo pensare che Dio si abbassi così tanto su di noi da sporcarsi le mani con le nostre debolezze, miserie, sporcizie di uomini. In realtà, chi è lontano da Dio, dal Suo amore e dalla Sua logica di perdono non è la donna, ma proprio Simone. È con lui, infatti, che Gesù intesse un dialogo personale spiegandogli ciò che si sta svolgendo sotto i suoi occhi e che lui non capisce. Quella donna si è sentita così capita, accolta, amata e perdonata nel suo peccato da non poter far altro che ricambiare con amore. Ma chi non si lascia raggiungere dall’amore di Gesù e non si riconosce peccatore e malato, bisognoso  di riconciliazione e perdono, come potrà conoscere l’amore di Dio che si manifesta in maniera assoluta nel suo perdono?

16 Settembre

Grandi sono le opere del Signore

Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi, ed io vi darò ristoro, dice il Signore.

(Matteo 11,28)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 110)
Rit: Grandi sono le opere del Signore.

Le opere delle sue mani sono verità e diritto,
stabili sono tutti i suoi comandi,
immutabili nei secoli, per sempre,
da eseguire con verità e rettitudine.

Mandò a liberare il suo popolo,
stabilì la sua alleanza per sempre.
Santo e terribile è il suo nome.

Principio della sapienza è il timore del Signore:
rende saggio chi ne esegue i precetti.
La lode del Signore rimane per sempre.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi, ed io vi darò ristoro, dice il Signore.

(Matteo 11,28)

15 settembre, 2021

Pensiero di don Salvatore Lazzara sul Beato Pino Puglisi

 Oggi ricordiamo il martirio del beato Pino Puglisi, sacerdote palermitano ucciso in odio alla fede dalle forze oscure della mafia, che come tutte le sciagurate ideologie pseudo-religiose che vogliono prendere il posto di Dio per manipolare gli uomini, agiscono con il favore delle tenebre e dei figli del male per estendere il loro dominio. Don Pino, ricorda a tutti, che la vera vita, quella che porta all'eternità, si conquista seguendo il Vangelo del Signore Gesù, unico salvatore degli uomini, ieri oggi e sempre!

(Don Salvatore Lazzara)


Preghiera per don Pino Puglisi

PREGHIERA

O Dio, nostro Padre,
che per mezzo del tuo Figlio
e con la potenza del tuo Spirito
ci ha predestinati ad essere
santi e immacolati al tuo cospetto nella carità,
ascolta la nostra preghiera.
Tu, che hai associato
il tuo servo e fratello nostro
Giuseppe Puglisi
al sacerdozio del tuo Figlio divino,
come annunciatore del mistero pasquale
e dispensatore dei doni della salvezza,
degnati di glorificarlo qui in terra,
attraverso il ministero della Chiesa,
come testimone dell'amore del Cristo
che ha dato la sua vita per noi.
Amen

Beato Giuseppe Puglisi

 Beato Giuseppe Puglisi


Nome: Beato Giuseppe Puglisi
Titolo: Presbitero
Nascita: 15 settembre 1937, Palermo
Morte: 15 settembre 1993, Palermo
Ricorrenza: 21 ottobre
Tipologia: Commemorazione




Don Giuseppe Puglisi nacque a Brancaccio un quartiere di Palermo il 15 settembre 1937 da Carmelo, calzolaio, e Giuseppa Fana, sarta.

Entrò nel seminario diocesano di Palermo nel 1953 e venne ordinato sacerdote dal cardinale Ernesto Ruffini nel 1960. Nel 1961 venne nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli sempre a Palermo, e dal 27 novembre 1964 operò anche nella vicina chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi a Romagnolo.

Dopo essere divenuto confessore delle suore basiliane Figlie di Santa Macrina nell’omonimo istituto iniziò anche la carriera di insegnante. Nel 1967 fu nominato cappellano presso l’istituto per orfani “Roosevelt” all’Addaura e vicario presso la parrocchia Maria Santissima Assunta a Valdesi. Nel 1969 fu nominato vicerettore del seminario arcivescovile minore. Nel settembre di quell’anno partecipò ad una missione nel paese di Montevago, colpito dal terremoto.

Seguì in particolare modo i giovani e si interessò delle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città. Seguì con attenzione i lavori del Concilio Vaticano II e ne diffuse subito i documenti tra i fedeli, con speciale riguardo al rinnovamento della liturgia, al ruolo dei laici, ai valori dell’ecumenismo e delle chiese locali. Il suo desiderio fu sempre quello di incarnare l’annunzio di Gesu’ Cristo nel territorio.

Il primo ottobre 1970 venne nominato parroco di Godrano paese in provincia di Palermo a quei tempi segnato da una sanguinosa faida riuscendo a riconciliare le famiglie dilaniate dalla violenza con la forza del perdono.

Il 9 agosto 1978 fu nominato pro-rettore del seminario minore di Palermo e il 24 novembre dell’anno seguente fu scelto dall’arcivescovo Salvatore Pappalardo come direttore del Centro diocesano vocazioni. Il 24 ottobre 1980 fu nominato vice delegato regionale del Centro vocazioni e dal 5 febbraio 1986 divenne direttore del Centro regionale vocazioni e membro del Consiglio nazionale. Agli studenti e ai giovani del Centro diocesano vocazioni dedicò con passione lunghi anni realizzando, attraverso una serie di “campi scuola”, un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano.

Promotore di numerosi movimenti tra cui: Presenza del Vangelo, Azione cattolica, Fuci, Equipes Notre Dame, Camminare insieme. Dal maggio del 1990 svolse il suo ministero sacerdotale anche presso la “Casa Madonna dell’Accoglienza” a Boccadifalco, dell’Opera pia Cardinale Ruffini, in favore di giovani donne e ragazze-madri in difficoltà.

Il 29 settembre 1990 venne nominato parroco a San Gaetano, a Brancaccio, e dall’ottobre del 1992 assunse anche l’incarico di direttore spirituale del corso propedeutico presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugurò a Brancaccio il centro “Padre Nostro”, che divenne il punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere.

Giuseppe fu sempre attivo nel suo quartiere per rivendicare i diritti civili della borgata, denunciando collusioni e malaffari e subendo minacce e intimidazioni. Venne ucciso dalla mafia in piazzale Anita Garibaldi 5, il giorno del compleanno, 15 settembre 1993. La salma fu tumulata presso il cimitero di Sant’Orsola, nella cappella di Sant’Euno e ad aprile 2013 la salma fu poi traslata nella cattedrale di Palermo.

La sua attività pastorale costituì il movente dell’omicidio, i cui esecutori e mandanti mafiosi furono arrestati e condannati con sentenze definitive fatto che spinse subito i fedeli al riconoscimento del martirio che avvenne nel dicembre del 98 ad opera del Cardinale Salvatore De Giorgi. Fu beatificato il 25 maggio 2013 al “Foro Italico Umberto I” di Palermo

Beata Vergine Maria Addolorata

 Beata Vergine Maria Addolorata

autore Giovanni Battista Salvi anno XVII sec titolo Mater dolorosa
Nome: Beata Vergine Maria Addolorata
Titolo: Il cuore affranto di Maria
Ricorrenza: 15 settembre
Tipologia: Commemorazione




Ogni sguardo dato a Lei da Gesù, ogni accento di quel labbro soave, mentre sollevava Maria sulle ali dell'amore materno, la precipitava nell'investigabile abisso del più acerbo dolore. Se la Vergine si compiaceva nel contemplare quel volto leggiadro, tosto la conturbava il desolante pensiero che un giorno quel volto sarebbe stato sformato dalle percosse e ricoperto dal gelido sudore della morte; se ne mirava la fronte divina, su cui si divideva la bionda capigliatura, Maria soffriva pensando all'orribile serto da cui sarebbe stata un giorno incoronata.

Questi sentimenti dolorosi si tramutarono in realtà, quando giunse per Maria il momento solenne di assistere alla divina passione. Tutto quello che Ella sofferse sin qui, altro non fu che la preparazione del martirio che l'attendeva sull'erta fatale del Golgota. Quando Gesù morì, la terra tremò, si spaccarono le pietre, cominciarono ad addensarsi le tenebre sul creato; a queste manifestazioni della natura indignata, la folla dei curiosi, colta da panico, si diradò. L'invitta Madre allora si accostò ancor più alla croce per unire il proprio martirio a quello del Salvatore.

L'addoloratissima Madre accolse più tardi sulle sue ginocchia le spoglie dell'adorato Figliuolo.

Questo fu il prezzo che la Madonna dovette pagare per la rigenerazione dell'umanità e meritarsi la sublime dignità di Madre universale. Tale infatti fu proclamata Maria nel modo più solenne al cospetto del cielo e della terra dalla voce di un Dio agonizzante

PRATICA. Consideriamo quanto siamo costati a Maria SS., e non rinnoviamole i dolori con nuovi peccati.

PREGHIERA O Dio, nella cui passione, secondo la profezia di Simeone, la spada del dolore trapassò l'anima dolcissima della gloriosa Vergine Maria, concedi benigno, che come ne celebriamo i dolori, così otteniamo i frutti abbondanti della tua passione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria della beata Maria Vergine Addolorata, che, ai piedi della croce di Gesù, fu associata intimamente e fedelmente alla passione salvifica del Figlio e si presentò come la nuova Eva, perché, come la disobbedienza della prima donna portò alla morte, così la sua mirabile obbedienza porti alla vita.

I sette dolori di Maria



Maria dei Sette Dolori


PRIMO DOLORE: La rivelazione di Simeone
Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».

SECONDO DOLORE: La fuga in Egitto
Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto.

TERZO DOLORE: Lo smarrimento di Gesù nel Tempio
Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».

QUARTO DOLORE: L'incontro con Gesù sulla via del Calvario
Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore. (Lm 1, 12). «Gesù vide sua Madre lì presente»

QUINTO DOLORE: La crocifissione e la morte di Gesù.
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero Lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla Croce; vi era scritto "Gesù il Nazareno, il re del Giudei" (Lc 23,33; Gv 19,19). E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: "Tutto è compiuto!" E, chinato il capo, spirò.

SESTO DOLORE: La deposizione di Gesù tra le braccia di Maria
Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.

SETTIMO DOLORE: La sepoltura di Gesù e la solitudine di Maria
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Magdàla. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.