Biografia di Paolo Borsellino
Paolo Emanuele Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940. Il padre Diego era farmacista e dalla moglie Maria Pia avrebbe avuto, oltre a Paolo, i figli Salvatore, Adele e Rita. Fin da giovanissimo, per le strade del quartiere La Kalsa, Paolo comincia a frequentare il coetaneo Giovanni Falcone con cui da principio “gioca a pallone con gli altri ragazzi” e che ritroverà più tardi – dopo il diploma Classico – alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo.
Borsellino è studente irrequieto e attivo politicamente, tanto da far parte dei gruppi legati alla destra (Fronte Universitario di Azione Nazionale, MSI) con ruoli anche importanti. Ma per lui più della politica sono importanti gli studi. Si laurea in breve tempo e – vincendo il primo concorso di Magistratura nel 1963 – a soli 23 anni, diviene il giudice più giovane d’Italia.
Nel 1968 sposa Agnese Piraino Leto e da lei ha tre figli: Lucia, nata nel 1969, Manfredi, classe 1971, e nel 1973 Fiammetta. Descritto spesso come padre amorevole e sempre presente, nonostante gli impegni di lavoro, Borsellino soffrì molto quando capì di essere il prossimo bersaglio dei boss. Il figlio Manfredi ricorda che divenne scostante, severo, freddo … come se volesse preparare la famiglia al distacco.
Dopo l’omicidio del collega e amico di una vita, Giovanni Falcone, il giudice Borsellino intensificò la propria attività di lotta contro la mafia ben sapendo di essere in pericolo ogni giorno. La vendetta dei boss arrivò, tuttavia, a sorpresa in un luogo che il giudice non poteva immaginare: davanti alla casa della sua anziana madre. Il tritolo devastò via D’Amelio nel pomeriggio del 19 luglio 1992. Borsellino e cinque agenti di scorta, tra cui la giovanissima Emanuela Loi, morirono per le gravi ferite riportate.
Misure di Paolo Borsellino
Di quest’uomo attivo e schivo si sa davvero poco, per cui scendere nel personale è difficilissimo. Ma si intuisce dalle foto che fosse di statura media, 175 cm circa, per un peso equilibrato di 75 kg. Portava con fierezza e attenta cura i baffi e spesso tra le labbra la immancabile sigaretta.
L’attentato del 19 luglio 1992
Mentre il giudice si recava a trovare l’anziana madre a casa sua in via D’Amelio, a Palermo, un’auto imbottita di esplosivo fu fatta saltare in aria alle 16:58. L’esplosione violentissima devastò l’intera strada, ruppe i vetri di quasi tutte le finestre del condominio di fronte. Sull’asfalto rimasero i corpi di Borsellino, degli agenti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina. L’agente Agostino Vullo si salvò solo perché stava parcheggiando l’auto blindata poco lontano.
I funerali di Borsellino furono svolti in forma privata, in una chiesetta di periferia che il giudice amava tanto, mentre le esequie della scorta si tennero nella Cattedrale di Palermo. Tra feroci proteste, il popolo presente cercò di cacciare dalla chiesa i rappresentanti dello Stato, considerati dalla vedova del giudice e da molti parenti degli agenti di scorta come responsabili della “solitudine” di Borsellino.
La carriera
Il più giovane magistrato italiano, Paolo Borsellino, iniziò la propria carriera nel 1963. Lavorò presso i tribunali di Mazara del Vallo e di Monreale. Trasferito nuovamente a Palermo nel 1980, dovette seguire una delle indagini lasciate incomplete dal commissario Boris Giuliano ucciso pochi anni prima. La forte amicizia con Rocco Chinnici,con Antonino Caponnetto e con il collega Giovanni Falcone portò alla nascita del Pool Antimafia, che mirava a riunire i giudici istruttori che fino ad allora avevano sempre lavorato da soli, e più esposti.
Grazie al lavoro del Pool finirono sotto inchiesta 476 esponenti della mafia e questo aumentò il rischio per i giudici, specialmente per Falcone e Borsellino che lo guidavano. I due magistrati furono trasferiti all’Asinara per tenerli al riparo da possibili attentati. Subito dopo Borsellino fu trasferito alla Procura di Marsala. Nel 1987 però il Pool venne smantellato – ufficialmente per problemi di salute di Caponnetto – e da allora il lavoro divenne più a rischio per Borsellino e i colleghi.
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, i giudici furono “lasciati soli” , o almeno così loro percepirono il silenzio delle istituzioni intorno al loro lavoro. E mentre la mafia progettava attentati, Borsellino “rischiò” di essere eletto a Presidente della Repubblica: il partito MSI fece il suo nome, durante gli scrutini, e ottenne anche dei voti! Il 23 maggio 1992 Giovanni Falcone fu ucciso in un gravissimo attentato sull’autostrada nei pressi di Capaci e da allora, fino al giorno della morte, Borsellino lavorò da solo e consapevole che il prossimo a cadere sarebbe stato lui e morì a cinquantasette giorni dopo Giovanni Falcone.
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