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SUB TUTELA DEI
S. T. D. E DELLA B. V. M.
GIUDICE ROSARIO ANGELO LIVATINO UOMO LAICO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA INDIRETTAMENTE ANCHE DELLA FEDE_Beato
Caro ROSARIO ANGELO, il TUO MARTIRIO, è anche il nostro. Ti amo, amore mio.
Barbara
Versetto del Giorno
Chi custodisce il comando custodisce se stesso, chi trascura la propria condotta morirà.
Proverbi 19:16
Memoria
Muore il GIUDICE LIVATINO, in un agguato.
Giovedì – 24.a Tempo Ordinario – Festa SAN MATTEO APOSTOLO EVANGELISTA
Meditazione del Vangelo – Mt 9,9-13
La luce che sprigiona il Seguimi rivolto a Matteo lascia a bocca aperta ogni volta che ci si accosta a questo celebre passo. La parola è semplice, l’immagine è radiosa. Gesù arriva, vede Matteo, lo chiama a Sé e lui, il pubblicano, si alza e lo segue. In pratica, fa esattamente quanto gli ha proposto Gesù, un gesto tanto semplice e rapido quanto rivoluzionario, per sé, la sua vita e chi gli sta intorno. È la vocazione, nel suo significato letterale di chiamata. Ma vale la pena di provare a cambiare per un attimo prospettiva, e soffermarsi anche sugli altri dettagli che compongono la scena. Fa pensare, ad esempio, il fatto non irrilevante che Gesù decida di chiamare con sé Matteo mentre quest’ultimo era seduto al banco delle imposte. Ecco la grandezza e l’anticonformismo radicale di Gesù, che non si accontenta di stringere accanto a sé un uomo considerato peccatore perché esattore delle tasse, ma decide di chiamarlo proprio mentre sta compiendo quello stesso lavoro che è fonte di peccato. La misericordia infinita di Gesù, specchio fedele di quella del Padre, e così grande da far sì che arrivi fin nell’abisso più profondo del peccato per riportare a galla e aprire verso l’alto anche chi si considera un peccatore senza speranza di redenzione. Il messaggio è chiaro: la possibilità di redenzione c’è, e Gesù stesso viene a mostrarla. Una pagina di coraggio, dunque, ma anche di grande speranza. Perché se Gesù ha teso la sua mano verso Matteo la tende a tutti, anche a noi. Ma qual è la reazione? È immediata e spontanea come quella di Matteo? Raramente, troppo raramente. Nel buio più cupo avvistiamo un raggio di luce, una possibilità di redenzione, però poi arrivano i timori, la paura di perdere poche certezze in cambio di chissà quali incognite. Eppure proprio le parole pronunciate da Gesù in questo stesso brano, un Gesù che prende le difese di Matteo e assicura che Misericordia io voglio, e non sacrificio, dovrebbero essere la garanzia migliore. Il rischio c’è, ma Gesù chiama e non tradisce dopo la chiamata; esiste forse assicurazione migliore?
Nel Vangelo odierno Matteo stesso racconta la propria chiamata da parte di Gesù. San Gerolamo osservava che soltanto lui, nel suo Vangelo, indica se stesso con il proprio nome: Matteo; gli altri evangelisti, raccontando lo stesso episodio, lo chiamano Levi, il suo secondo nome, probabilmente meno conosciuto, quasi per velare il suo nome di pubblicano. Matteo invece insiste in senso contrario: si riconosce come un pubblicano chiamato da Gesù, uno di quei pubblicani poco onesti e disprezzati come collaboratori dei Romani occupanti. I pubblicani, i peccatori chiamati da Gesù fanno scandalo.
Matteo presenta se stesso come un pubblicano perdonato e chiamato, e così ci fa capire in che cosa consiste la vocazione di Apostolo. È prima di tutto riconoscimento della misericordia del Signore.
Negli scritti dei Padri della Chiesa si parla sovente degli Apostoli come dei "principi"; Matteo non si presenta come un principe, ma come un peccatore perdonato. Ed è qui ripeto il fondamento dell'apostolato: aver ricevuto la misericordia del Signore, aver capito la propria povertà e pochezza, averla accettata come il "luogo" in cui si effonde l'immensa misericordia di Dio: "Misericordia io voglio; non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".
Una persona che abbia un profondo sentimento della misericordia divina, non in astratto, ma per se stessa, è preparata per un autentico apostolato. Chi non lo possiede, anche se è chiamato, difficilmente può toccare le anime in profondità, perché non comunica l'amore di Dio, l'amore misericordioso di Dio. ~ vero Apostolo, come dice san Paolo, è pieno di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, avendo esperimentato per se stesso la pazienza, la mansuetudine e l'umiltà divina, se si può dire così: l'umiltà divina che si china sui peccatori, li chiama, li rialza pazientemente.
Domandiamo al Signore di avere questo profondo sentimento della nostra pochezza e della sua grande misericordia; siamo peccatori perdonati. Anche se non abbiamo mai commesso peccati gravi, dobbiamo dire come sant'Agostino che Dio ci ha perdonato in anticipo i peccati che per sua grazia non abbiamo commesso. Agostino lodava la misericordia di Dio che gli aveva perdonato i peccati che per sua colpa aveva commesso e quelli che per pura grazia del Signore aveva evitato. Tutti dunque possiamo ringraziare il Signore per la sua infinita misericordia e riconoscere la nostra povertà di peccatori perdonati, esultando di gioia per la bontà divina.
Giovedì 21 Settembre
S. Matteo ap. ev. (f); S. Giona profeta; S. Maura
24.a del Tempo Ordinario
Ef 4,1-7.11-13; Sal 18; Mt 9,9-13
Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore; ti acclama il coro degli apostoli.
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 18)
Rit: Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio.
I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
ed ai confini del mondo il loro messaggio.
Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore; ti acclama il coro degli apostoli.