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10 agosto, 2021

Pensiero del 10 agosto 2021

 Meditazione sul Vangelo di Gv 12,24-26

“Chi ama la sua vita la perde”.

L’ardore della carità è l’insegna con cui si presenta san Lorenzo, che è definito dalla liturgia “fedele nel ministero e glorioso nel martirio”. La sua intercessione aiuta a comprendere e a vivere nella Chiesa un vero servizio dei poveri, per amore di Cristo, e a non esitare a offrire la vita per Lui. Colui che vuole servire Gesù deve mettersi alla sua sequela: allora sarà onorato dal Padre. Ma seguire Gesù significa partecipare alla sua morte: una morte feconda. Colui che, invece, rifiuta di donare la vita per amore di Cristo, si perde; colui che la offre, se la ritrova come vita eterna. Il martirio è iscritto nella stessa vocazione battesimale.


Gesù sta parlando ai discepoli, e ciò che dice riguarda anzitutto quelli di loro che saranno chiamati – più tardi, a proclamare ai pagani – che nella morte di Gesù la salvezza è offerta a tutti gli uomini. La solennità della rivelazione è sottolineata dalle sue parole: “In verità, in verità, io vi dico”. L’ora, con la sottomissione alla morte, presuppone un passaggio doloroso, carico di turbamento e di angoscia. Essa, però, è nello stesso tempo, la morte e la glorificazione. Per esprimere la fecondità della sua morte, destinata a condurre alla sua glorificazione, Gesù parte da una parabola familiare al mondo contadino, sul grano che muore per portare frutto. Più che il morire o il vivere, Gesù contrappone il morire o il portare frutto. Come il grano, Egli deve morire per poter così portare frutto al mondo. La morte di Gesù è, non solo un passaggio obbligato perché Egli entri nella gloria, ma è la condizione perché la Chiesa nasca e si espanda. La morte di Cristo è l’istante fondatore dell’essere cristiano, poiché “là dove sono io sarà anche il mio servo”. I versetti 25-26, infatti, associano la comunità dei credenti al destino di Gesù. Quelli che amano la propria vita sono, nel linguaggio dell’evangelista Giovanni, quelli che preferiscono le tenebre, questo mondo, la propria gloria. Anche qui si tratta di fede, pur se non così esplicita come nel Vangelo di Marco, che sottolinea la relazione con Gesù: “Chi perderà la sua vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8,35). La relazione con Gesù è introdotta dal versetto 26: “Se qualcuno mi vuol servire mi segua”. Il discepolo deve andare dove va Gesù, vale a dire deve entrare come Lui nella morte per partecipare alla gloria. In questo caso, promette Gesù, “Il Padre lo onorerà”.

10 Agosto 

Beato l’uomo che teme il Signore

Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita, dice il Signore.

(Giovanni 8, 12)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 111)
Rit: Beato l’uomo che teme il Signore.

Beato l’uomo che teme il Signore
e nei suoi precetti trova grande gioia.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza degli uomini retti sarà benedetta.

Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.
Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.

Egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria.

Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita, dice il Signore.

(Giovanni 8, 12)

09 agosto, 2021

Buon Anniversario di Matrimonio Janny Brandes-Brilleslijper e Bob

 Buon Anniversario di Matrimonio

Janny Brandes-Brilleslijper e Bob
Il vero amore, vince anche sulla morte!
Auguri di cuore!


Santa Teresa Benedetta della Croce

 Santa Teresa Benedetta della Croce


Nome: Santa Teresa Benedetta della Croce
Titolo: Martire
Nascita: 12 ottobre 1891, Wroclaw, Polonia
Morte: 9 agosto 1942, Campo di concentramento di Auschwitz, O?wi?cim, Polonia
Ricorrenza: 9 agosto
Tipologia: Festa




Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) nacque il 12 ottobre 1891, è una delle figure più straordinarie, affascinanti e complesse dello scorso secolo. Fu tra le pochissime donne del suo tempo che poté studiare e insegnare filosofia, inoltrandosi nei sentieri di una ricerca esistenziale, da sempre riservata quasi esclusivamente ai maschi. E lo ha fatto con esiti felicissimi, riuscendo a imporsi, accanto a uno dei grandi maestri della filosofia del Novecento, Edmund Husserl.

Come lei stessa ha confessato, «dall'età di tredici anni fui atea perché non riuscivo a credere nell'esistenza di Dio». Ma, protesa in una ricerca incessante e radicale della verità, impegnata nella soluzione dei grandi problemi della vita, non poteva non imbattersi nella verità di Dio, un Dio che in Gesù mette in gioco tutto per gli uomini, che non si arresta neppure di fronte al dolore e alla morte.

La verità di Dio sta proprio nel suo affermarsi attraverso la debolezza della croce e della morte. La scoperta che, in Gesù, Dio ha condiviso con noi tutto, fa nascere quell'abbandono in lui che caratterizza la vita di quanti sanno che, dalla venuta di Gesù in poi, Dio non ha mai abbandonato l'uomo.

Queste certezze hanno illuminato la vita di Edith Stein, nata a Breslavia nel 1891. Ultima di sette fratelli di un'agiata famiglia ebrea, ha percorso con successo il ciclo di studi, occupandosi soprattutto di psicologia e di ricerca filosofica nell'università della sua città natale e poi in quelle di Gottinga e di Friburgo, come allieva prima e assistente poi del celebre filosofo Edmund Husserl. Quando nel 1917 si laureò, aveva già al suo attivo una serie di studi importanti che le avrebbero aperto le porte della carriera accademica. Ma successero alcuni fatti che diedero alla sua vita una svolta radicale.

Il pensiero di Dio, che un tempo neppure la sfiorava, cominciò a insinuarsi prepotentemente nella sua vita, sulla spinta anche di alcuni avvenimenti. Nella prima guerra mondiale moriva un professore che lei stimava molto. Fu un grande dolore per tutti, soprattutto per la moglie, la quale, anziché crollare sotto il peso di quel dramma, trovò nel rapporto con Dio la forza di iniziare una nuova vita. Edith ne fu profondamente colpita. «Fu il mio primo incontro con la croce — scriverà ricordando il fatto — e con la forza che essa comunica in chi la porta».

La ricerca della verità la condusse verso la verità di Dio. Nel 1921 il cammino di avvicinamento giungeva alla conclusione. Ospite di un'amica, fu da questa invitata a scegliersi un libro tra i molti di cui era fornita la sua biblioteca. Edith allungò la mano a caso e ne estrasse uno alquanto voluminoso: era l'autobiografia di santa Teresa d'Avila. Lo lesse d'un fiato. «Chiudendolo —ha poi scritto — mi sono detta: questa è la verità».

Santa. Teresa aveva sintetizzato in un motto la sua fede: «Dio basta». Edith lo fece suo. L'approdo al cattolicesimo avvenne il giorno di capodanno del 1922, quando ricevette il battesimo. La sua scelta di farsi cattolica la mise in vivace contrasto con la madre, che era molto legata alla religione ebraica. Dopo la conversione, Edith insegnò nel collegio delle domenicane di Speyer e viaggiò molto in Germania e all'estero. Nel 1932 insegnò pedagogia a Miinster. Ma il regime nazista aveva già cominciato a discriminare gli ebrei, costringendoli a lasciare insegnamento. Gli eventi infausti accelerarono un proposito che la Stein aveva già maturato, quello di dedicarsi alla vita contemplativa. E così, lasciandosi alle spalle una prestigiosa carriera, si annullava nell'anonimato nel Carmelo di Colonia, con il nome di Teresa Benedicta a Cruce.

Il Carmelo è una grande scuola di umiltà. Edith dovette mettere da parte i suoi libri per dedicarsi come le altre sorelle alle faccende domestiche: si adeguò alle esigenze della vita comune con gioia, per seguire Gesù anche nelle quotidiane umili cose. Nel 1938 con la professione perpetua decideva di essere per sempre carmelitana.

L'odio contro gli ebrei intanto divampava in Germania. La presenza di Edith, pur sempre ebrea nonostante la conversione al cristianesimo, nel Carmelo di Colonia costituiva un pericolo per le sue consorelle. Si trasferì allora in Olanda, nel Carmelo di Echt, dove si dedicò allo studio della figura e dell'opera di san Giovanni della Croce, grande riformatore, assieme a santa Teresa d'Avila, della vita carmelitana.

Nel 1940 i tedeschi invasero l'Olanda, l'odio contro gli ebrei cominciò a mietere vittime anche lì. Edith dovette appuntare sull'abito monastico la stella gialla che la segnalava come ebrea. E non fu la sola delle umiliazioni. I tempi s'erano fatti duri. «Sono contenta di tutto — scriveva —; solo se si è costretti a portare la croce in tutto il suo peso, si può conquistare la saggezza della croce».

Il 2 agosto 1942 i tedeschi irruppero nel Carmelo, prelevarono Edith, assieme alla sorella Rosa, fattasi anche lei carmelitana, e le avviarono al campo di raccolta di Westerbork, da dove il 7 agosto venne deportata ad Auschwitz: lì, in uno dei lager più tristemente noti per l'insana crudeltà dell'uomo, forse un paio di giorni dopo, finiva assieme alle altre compagne di sventura nelle camere a gas e poi nel forno crematorio.

Un ebreo scampato allo sterminio, che fu testimone delle ultime ore di Edith, ha descritto la sua serenità, la calma, l'incessante prodigarsi per gli altri, preda della disperazione e dello sconforto. Si occupava soprattutto delle donne: le consolava, cercava di calmarle, le aiutava; si prendeva cura dei figli di quelle mamme che, impazzite dal dolore, li abbandonavano. «Vivendo nel lager in un continuo atteggiamento di disponibilità e di servizio — scrive il testimone — rivelò il suo grande amore per il prossimo».

Ebrea per nascita, cristiana per scelta, dopo un lungo cammino di ricerca e di approfondimento dei vari aspetti della conoscenza, portando ai più alti livelli le istanze spirituali delle due religioni, ha poi volato alto nei cieli della mistica, ed è diventata esempio affascinante e trascinante per quanti, laici e credenti di varie religioni, cercano la verità con amore tenace e coraggioso.

Papa Giovanni Paolo II l'ha proclamata beata nel duomo di Colonia 1'1 maggio 1987 e santa 1'11 ottobre 1998, nella basilica di San Pietro a Roma, e poi l'ha anche dichiarata patrona d'Europa.

MARTIROLOGIO ROMANO. Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith) Stein, vergine dell’Ordine delle Carmelitane Scalze e martire, che, nata ed educata nella religione ebraica, dopo avere per alcuni anni tra grandi difficoltà insegnato filosofia, intraprese con il battesimo una vita nuova in Cristo, proseguendola sotto il velo delle vergini consacrate, finché sotto un empio regime contrario alla dignità umana e cristiana fu gettata in carcere lontana dalla sua terra e nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia fu uccisa in una camera a gas.

Pensiero del 09 agosto 2021

 Meditazione sul Vangelo di Mt 25,1-13

“Vegliate perché non sapete né il giorno, né l’ora”..

Nella parabola si parla di saggezza e di stoltezza, due termini che devono essere intesi in senso religioso, come indicanti la retta o non retta relazione con Dio; inoltre, vi si parla anche di un possibile “ritardo” dello Sposo. Bisogna vigilare nell’attesa di Cristo, poiché la sua venuta non sarà clamorosa e appariscente, calcolabile e situabile cronologicamente. Bisogna, dunque, non lasciarsi sorprendere, farsi trovare sprovvisti dell’olio della lampada, cioè delle virtù teologali della fede e della carità, così che, quando Egli verrà, potremo partecipare al suo convito: l’immagine del convito dice comunione, intimità gioiosa con il Signore.

L’inizio della parabola ha un tono festoso, poiché si parla di dieci ragazze che prendono le loro lampade per andare incontro allo sposo. Sono certamente le amiche della sposa, quelle che faranno da damigelle d’onore e accompagneranno la sposa fino al palazzo dello sposo. Il secondo versetto, però, pare una doccia fredda. Ci informa infatti che cinque di esse erano stolte e cinque sagge. Le stolte non avevano preventivato il ritardo dell’attesa, mentre le sagge sì. Qui scopriamo la peculiarità della parabola: la stoltezza consiste nel fatto di non tener conto del “ritardo” della venuta dello sposo. E si tratta di un “ritardo” che si protrae oltre il solito: “tutte furono prese dal sonno e si addormentarono”. Le sagge, però, non correvano alcun pericolo. L’esortazione è dunque a farsi trovare svegli, cioè “pronti”; e lo si può essere anche prendendosi il giusto riposo. Lo dimostra il fatto che appena le ragazze odono, verso mezzanotte, il grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”, quelle sagge in un attimo riassettano le proprie lampade, perché hanno portato con sé dell’olio di scorta. Di qui un insegnamento importante del racconto: affacciando l’ipotesi dell’indugio, Gesù vuol ottenere dal discepolo una virtù solida, capace di affrontare le immancabili prove della  stanchezza, dell’illusione, della fretta ansiosa, della distrazione. Ed è ciò che l’imperativo “state pronti” vuole ottenere. Solo quando arriva lo sposo le stolte si accorgono che le loro lampade si stanno spegnendo. La parabola vuol insegnare che al momento della venuta, o si è pronti, o non lo si è. Quando il Signore viene, nel giorno e nell’ora in cui uno meno se lo aspetta, non c’è più tempo per prepararsi. Ma nessuno potrà dire di non essere stato avvisato!


09 Agosto 

Ecco lo sposo: «Andate incontro a Cristo Signore».

Vieni, sposa di Cristo, ricevi la corona, che il Signore ti ha preparato per la vita eterna.

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 44)
Rit: Ecco lo sposo: «Andate incontro a Cristo Signore».

Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;
il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.

Entra la figlia del re: è tutta splendore,
tessuto d’oro è il suo vestito.
È condotta al re in broccati preziosi;
dietro a lei le vergini, sue compagne,
a te sono presentate.

Condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.
Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli;
li farai prìncipi di tutta la terra.

Vieni, sposa di Cristo, ricevi la corona, che il Signore ti ha preparato per la vita eterna.


08 agosto, 2021

Pensiero del 08 agosto 2021

 L'Eucaristia, è il Pane del cielo che inabissato sulla terra ci conduce, al cielo.

Meditazione sul Vangelo di Gv 6,41-51

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

La fame è diventata avidità in noi e ci ha indotto al peccato sin dal principio. Un cibo proibito e venefico ci ha procurato la morte. Quella bramosia insaziata rode ancora nel cuore dell’uomo; si esprime nella voglie incontenibili e nei desideri smodati. Sperimentiamo, come il profeta Elia, con il peccato e la morte, la corruzione della carne, la debolezza e tutte le umane fragilità. Abbiamo bisogno di rinascere ed essere rinvigoriti con un cibo buono e salutare, urge rinverdire tutto il nostro essere e restituirgli l’originario divino splendore. Ecco allora il capolavoro di Dio: incarna il suo Figlio unigenito Gesù Cristo con la carne purissima e incorrotta della Vergine Immacolata; ora quella stessa carne, consacrata sugli altari del mondo, ci viene offerta come pane di vita. È il pane vivo disceso dal cielo. Ci viene dato gratuitamente per essere rigenerati a vita nuova, perché la nostra carne perda la debolezza della corruzione e torni ad essere candida come Dio l’aveva creata. È carne di comunione che così rinsalda i nostri vincoli con il nostro Creatore e con i nostri fratelli. È carne traboccante di energia divina che ci consente di superare tutti gli ostacoli e le prove della vita e di raggiungere l’obiettivo finale della nostra esistenza. Per noi partecipi del banchetto celeste il cammino non è troppo lungo perché l’energia abbonda. In virtù di quel cibo ci è concesso di orientare al bene tutta la nostra vita. Ecco perché san Paolo, sapendo del pane di cui possiamo nutrirci, proprio oggi così ci esorta: “Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore”. Chi si nutre di Dio è pervaso dal suo Spirito; è interiormente rinnovato e purificato dal quel Soffio divino, possiamo davvero diventare imitatori e figli di Dio. (Padri Silvestrini)

08 Agosto 

Gustate e vedete com’è buono il Signore

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

(Giovanni 6,11)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 33)

Rit: Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

(Giovanni 6,11)


07 agosto, 2021

Pensiero del 07 agosto 2021

 Meditazione sul Vangelo di Mt 17,14-20

“Il giusto vivrà per la sua fede”.

Il miracolo dell’epilettico guarito segue l’evento della Trasfigurazione. Sul monte Dio aveva chiesto agli apostoli di ascoltare il Figlio, e a valle c’è la dimostrazione che, purtroppo, anche i discepoli, con la loro parziale sordità, rischiano d’essere parte integrante di quella generazione incredula e perversa che non meriterebbe la presenza dell’Emmanuele. Tuttavia, poiché nei discepoli c’è solo carenza di fede, è su quel “poco” che il Signore cerca di operare, in modo che come un “piccolo seme di senape”, essa cresca, così da “trasportare le montagne” dell’incredulità.


Secondo san Paolo, la fede nel Signore Gesù ci ottiene quella vita che i Giudei aspettavano dall’osservanza della Legge. Il credere, però, in quanto risposta umana alla proposta di Dio, non è cosa scontata. Lo vediamo negli stessi apostoli. Essi, pur vivendo con Gesù da tanto tempo, pur essendo stati testimoni di tanti miracoli, pur avendolo riconosciuto come il Messia, hanno ancora «poca fede», al punto che non riusciranno poi a superare lo scandalo della croce. Essi, quando furono inviati in missione, avevano ricevuto da Gesù il potere di “guarire gli infermi, risuscitare i morti, purificare i lebbrosi, scacciare i demoni”, eppure in quest’occasione – a causa della loro poca fede – non riescono ad esaudire un padre che chiede loro la salvezza del figlio, perciò deve intervenire direttamente il loro Maestro. Il potere di compiere miracoli nel suo nome Gesù non lo ha limitato ai Dodici, lo ha esteso alla Chiesa intera di ogni tempo. Sempre che si abbia fede! Questa virtù non mancò a santa Chiara la cui vita è costellata di miracoli, il più grande dei quali non fu quello d’aver liberato Assisi dall’assedio dei Saraceni, ma d’essersi rivestita, lei ricca e nobile, degli abiti di “madonna povertà”, permettendo così ad “un cammello di passare nella cruna di un ago”. Miracolo possibile a tutti noi quando, crescendo nella fede, ci stacchiamo dai nostri interessi egoistici per convertirci alla nostra vera ricchezza che è Cristo e il suo Vangelo. Allora faremo anche noi esperienza di una preghiera “miracolosa”, che otterrà d’essere esaudita non a misura dei nostri meriti o della nostra santità, ma di quella grazia sovrabbondante che Gesù dona a chiunque crede in lui.Meditazione sul Vangelo di Mt 17,14-20


“Il giusto vivrà per la sua fede”.


Il miracolo dell’epilettico guarito segue l’evento della Trasfigurazione. Sul monte Dio aveva chiesto agli apostoli di ascoltare il Figlio, e a valle c’è la dimostrazione che, purtroppo, anche i discepoli, con la loro parziale sordità, rischiano d’essere parte integrante di quella generazione incredula e perversa che non meriterebbe la presenza dell’Emmanuele. Tuttavia, poiché nei discepoli c’è solo carenza di fede, è su quel “poco” che il Signore cerca di operare, in modo che come un “piccolo seme di senape”, essa cresca, così da “trasportare le montagne” dell’incredulità.


Secondo san Paolo, la fede nel Signore Gesù ci ottiene quella vita che i Giudei aspettavano dall’osservanza della Legge. Il credere, però, in quanto risposta umana alla proposta di Dio, non è cosa scontata. Lo vediamo negli stessi apostoli. Essi, pur vivendo con Gesù da tanto tempo, pur essendo stati testimoni di tanti miracoli, pur avendolo riconosciuto come il Messia, hanno ancora «poca fede», al punto che non riusciranno poi a superare lo scandalo della croce. Essi, quando furono inviati in missione, avevano ricevuto da Gesù il potere di “guarire gli infermi, risuscitare i morti, purificare i lebbrosi, scacciare i demoni”, eppure in quest’occasione – a causa della loro poca fede – non riescono ad esaudire un padre che chiede loro la salvezza del figlio, perciò deve intervenire direttamente il loro Maestro. Il potere di compiere miracoli nel suo nome Gesù non lo ha limitato ai Dodici, lo ha esteso alla Chiesa intera di ogni tempo. Sempre che si abbia fede! Questa virtù non mancò a santa Chiara la cui vita è costellata di miracoli, il più grande dei quali non fu quello d’aver liberato Assisi dall’assedio dei Saraceni, ma d’essersi rivestita, lei ricca e nobile, degli abiti di “madonna povertà”, permettendo così ad “un cammello di passare nella cruna di un ago”. Miracolo possibile a tutti noi quando, crescendo nella fede, ci stacchiamo dai nostri interessi egoistici per convertirci alla nostra vera ricchezza che è Cristo e il suo Vangelo. Allora faremo anche noi esperienza di una preghiera “miracolosa”, che otterrà d’essere esaudita non a misura dei nostri meriti o della nostra santità, ma di quella grazia sovrabbondante che Gesù dona a chiunque crede in lui.

07 Agosto 

Ti amo, Signore, mia forza

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.

(II Timoteo 1,10)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 17)
Rit: Ti amo, Signore, mia forza.

Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore.

Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato.


Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.

(II Timoteo 1,10)


06 agosto, 2021

L’AUGURIO DELLA DIOCESI PER I 70 ANNI DEL VESCOVO FRANCESCO

 Auguri al nostro vescovo Francesco

di buon compleanno
Auguri di vero cuore


Dio, lo benedica!




Tanti auguri Vescovo Francesco! Buon 70mo compleanno!

Se è vero, come disse l’attrice statunitense Helen Hayes, che “gli anni più difficili nella vita sono quelli tra i dieci e i settanta”, allora adesso viene il bello! Qualcuno forse vedrebbe meglio la citazione del più serio aforisma del filosofo Arthur Schopenhauer: “I primi quarant’anni della nostra vita forniscono il testo, i trenta seguenti il commento, per poi comprendere rettamente il vero significato e la coerenza del testo con ogni finezza del medesimo”.

Come spesso succede che tra i due litiganti il terzo gode, vogliamo allora raccogliere i sentimenti di affetto e di gratitudine di tutta Bergamo nelle parole che il compianto Cardinale Dionigi Tettamanzi le rivolse nel solenne momento di ingresso nella nostra Cattedrale come nuovo Vescovo, il 15 marzo 2009: “Confida nella parola del Signore, cerca la via della santità, porta Cristo nel mondo. Questa è la vera testimonianza che la tua gente si attende, con la coraggiosa e serena apertura al soffio dello Spirito che fu di Papa Giovanni XXIII, figlio di questa terra, e con la profetica ispirazione della via maestra della missione che indicò il Papa bresciano Paolo VI”.

L’augurio le giunga oggi dalla comunità ecclesiale e dalla società civile. Nel suo primo giorno come nostro Vescovo lei disse che era convinto che “la Chiesa non esaurisce l’intera società bergamasca, ma deve concorrere con tutti alla costruzione di una società a misura d’uomo, attraverso la vitalità della comunità cristiana e le sue molteplici iniziative, attraverso l’istanza profetica e l’intelligenza delle cose che le deriva dalla sua fedeltà al Vangelo, attraverso le mediazioni culturali, sociali, economiche, politiche e l’assunzione di responsabilità da parte di laici ispirati dalla fede, con un contributo dialogante con altri, comprese le altre religioni, in vista del perseguimento della qualità umana della vita della città”. Lei tracciò così un orizzonte di apertura e dialogo che in questi 12 anni le abbiamo visto percorrere giorno dopo giorno, e che oggi si concretizza significativamente nel Pellegrinaggio Pastorale che toccherà ogni incrocio della nostra terra bergamasca.

Giunto all’importante soglia dei 70 anni, che è linea di traguardo e insieme di nuova partenza, di cuore le auguriamo: “buona vita!”. Quella vita buona che lei ci invita a servire, dove la vita accade, insegnandoci con il suo magistero e con il suo esempio quella sobrietà e essenzialità, stigmatizzate in modo simpatico nel vederla girare per la città con la e-bike o arrivare nelle parrocchie con la sua “pandina”, spingendo tutti al passaggio da una interpretazione statica a una dinamica, da una struttura organizzativa a una relazionale dentro le terre esistenziali.

Di cuore le auguriamo: “móla mia!”. È una parola che è risuonata in mille modi in questa pandemia in cui lei ha voluto in modo particolare far sentire la sua vicinanza a tutti i bergamaschi, con uno stile fraterno, ospitale, prossimo. Lo stesso che sta indicando a tutte le parrocchie.

Di cuore le auguriamo, nella preghiera: “vai avanti!”, nel senso che suggerisce l’antica invocazione latina: “Oremus pro antistite nostro…”, preghiamo per il “colui che sta davanti a noi”: ci stia segnando percorsi e aprendo il cammino e il suo passo sia saldo, pascendo il popolo nella tua fortezza, Signore, illuminato dalla sublimità del tuo nome”.

Auguri di buon compleanno, Vescovo Francesco!



Trasfigurazione del Signore

 Trasfigurazione del Signore

autore Raffaello Sanzio anno 1520 titolo Trasfigurazione

Nome: Trasfigurazione del Signore
Titolo: Gesù rivela ai tre discepoli diletti il Corpo del Vero Uomo
Ricorrenza: 6 agosto
Tipologia: Festa




Il Divin Redentore Gesù aveva già predicato per due anni il Vangelo dell'amore per tutta la Palestina, e si era già scelti i dodici Apostoli, ma la Buona Novella non era ancora stata compresa che in piccola parte: i suoi discepoli medesimi restavano ancora dubbiosi e tiepidi.

Per confermare nella fede almeno i più amati fra gli Apostoli, prese con sè Pietro, Giacomo e Giovanni, li condusse sulla cima del Tabor ed innanzi ad essi si trasfigurò. Il suo viso divenne risplendente come il sole e le sue vesti candide come la neve. Ed apparvero Mosè ed Elia che conversavano con lui. Pietro allora prese la parola e disse a Gesù: « È bene per noi lo star qui; se vuoi facciamo qui tre tende: una per Te, una per Mosè ed una per Elia ». Mentre ancora parlava una lucida nuvola li avvolse e da essa si udì una voce che diceva: « Questo è il mio Figliuolo diletto nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo ». Udendo tale voce i discepoli caddero bocconi a terra e furon presi da gran timore, ma Gesù, accostatosi a loro, li toccò dicendo : « Levatevi e non temete »; ed essi alzati gli occhi non videro che Gesù. Egli poi nello scendere dal monte ordinò di non parlare a nessuno di quella visione, prima che il Figliuol dell'Uomo fosse risuscitato dai morti.

Questo bellissimo tratto del Santo Vangelo è preso da S. Matteo, ma lo si trova pure in S. Luca ed in S. Marco. Gesù prende con sè, e vuole testimoni della sua gloria: Pietro, il discepolo dal cuore ardente e generoso fino all'eroismo; colui che pochi giorni prima era stato costituito capo della Chiesa. Giacomo, il fratello di Giovanni, impetuoso e fedele che voleva sedere alla destra di Gesù, per cui si disse disposto a bere lo stesso calice amaro della passione. Giovanni, prediletto perchè il più giovane ed il più innocente. Tutti e tre li vedremo in seguito seguire il Maestro nell'Orto degli Ulivi, recarsi per primi al sepolcro, predicare con zelo ardente la fede, e dare la vita per il loro Maestra.

PRATICA. Il Padre sul Tabor ha proclamato: «Questo è il mio Figlio diletto, lui ascoltate ». Ascoltiamo questo Maestro Divino quando ci parla per mezzo della Chiesa o dei suoi ministri.

PREGHIERA. Dio, che nella gloriosa Trasfigurazione del tuo Unigenito hai confermato i misteri della fede con la testimonianza dei padri e, con voce partita da nube luminosa, hai meravigliosamente proclamata la perfetta adorazione dei figli, concedici, propizio, di poter divenire coeredi del Re della gloria e partecipi della sua medesima gloria.

MARTIROLOGIO ROMANO. Festa della Trasfigurazione del Signore, nella quale Gesù Cristo, il Figlio Unigenito, l’amato dell’Eterno Padre, davanti ai santi Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, avendo come testimoni la legge ed i profeti, manifestò la sua gloria, per rivelare che la nostra umile condizione di servi da lui stesso assunta era stata per opera della grazia gloriosamente redenta e per proclamare fino ai confini della terra che l’immagine di Dio, secondo la quale l’uomo fu creato, sebbene corrotta in Adamo, era stata ricreata in Cristo.

Pensiero del 06 agosto 2021

 Per venire incontro anche alla nostra fede, così misera, il Signore anticipa la Sua Gloria agli occhi dei tre apostoli perché ricordino, a Pasqua avvenuta. Il Tabor, dove si è rivelato come il compimento di tutta la storia sacra.

Meditazione sul Vangelo di Mc 9,2-10

Ascoltiamo il Figlio di Dio.

Dopo essere stato riconosciuto da Pietro come il Cristo che avrebbe salvato Israele, Gesù delude tutte le attese di coloro che lo aspettavano come un Messia trionfante, annunciando, invece, la sua futura morte e risurrezione, e suscitando così la reazione scandalizzata del primo tra gli Apostoli. Perciò, onde aiutare i discepoli almeno ad accogliere nella fede il mistero della croce, Gesù porta con sé, “su un alto monte”, Pietro, Giacomo e Giovanni e fa loro vivere l’esperienza della sua trasfigurazione, anticipando così la sua gloriosa risurrezione. Gli Apostoli sono invitati ad ascoltare Gesù che Dio rivela essere il suo Figlio amato.

Pietro, che sul Tabor, preso dallo spavento, se ne uscì con una frase certamente inadeguata, decenni dopo, nella lettera a lui attribuita, mostra d’aver capito che la cosa più importante dell’evento della Trasfigurazione non è ciò che egli ha visto, ma ciò che ha udito: la voce di Dio Padre che parlava al Figlio e ha chiesto ai discepoli di ascoltarlo. L’insegnamento del primo Papa è valido anche oggi, per tutti noi, ogni qualvolta nella preghiera incontriamo il Signore. Perciò, nella santa Messa non dobbiamo fermare tutta la nostra attenzione sull’aspetto esterno della celebrazione eucaristica, quanto piuttosto sul mistero che si celebra in essa. Così, quando preghiamo da soli, dovremmo essere più attenti a ciò che vorrebbe e potrebbe dirci Dio manifestandoci la sua volontà, piuttosto che a tutto ciò che gli diciamo noi per chiedergli, arrogantemente, di fare lui la nostra volontà. Per non rifare anche noi lo sbaglio di Pietro che voleva bloccare l’evento della Trasfigurazione alla sola esperienza estetica, ricordiamoci che l’unica tenda o capanna capace di “trattenere” Dio è il nostro cuore, se esso è umile come quello di Maria santissima, capace di “custodire e meditare tutte le parole” di salvezza che Dio continua a proporci nella Chiesa. Allora, anche per noi – come per l’apostolo Pietro – la Trasfigurazione, da momento straordinario ed unico, diventerà l’esperienza quotidiana della voce del Padre divino che, invitandoci ad ascoltare il Figlio, ci indica come e da chi troveremo il coraggio e la forza di portare ogni giorno la nostra croce dietro Gesù, certi, come Lui, della futura nostra risurrezione. Poi, “scendendo a valle”, saremo capaci di scorgere il volto glorioso del Figlio anche nei nostri fratelli sfigurati dal male e dalla sofferenza.

06 Agosto

Il Signore regna, il Dio di tutta la terra

Questi è il Figlio mio, l’amato: «In lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!».

(Matteo 17,5)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 96)
Rit: Il Signore regna, il Dio di tutta la terra.

Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono,
giustizia e diritto sostengono il suo trono.

I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
Annunciano i cieli la sua giustizia,
e tutti i popoli vedono la sua gloria.

Questi è il Figlio mio, l’amato: «In lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!».

(Matteo 17,5)

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : Janusz Korczack dal Diario del Ghetto 6 agosto 1942

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : Janusz Korczack dal Diario del Ghetto 6 agosto 1942: Janusz Korczack dal Diario del Ghetto 6 agosto 1942 Annaffio i fiori. La mia calvizie alla finestra: che buon obbiettivo! Ha un fucile. Per...



05 agosto, 2021

Pensiero del 05 agosto 2021

La rivelazione del Padre, e il pensiero umano non vanno nella stessa direzione. Il nostro dramma, consiste proprio, in questo voler insegnare a DIO a fare DIO.

Meditazione sul Vangelo di Mt 16,13-23

Su questa pietra edificherò la  mia Chiesa!

Pietro, grazie all’illuminazione spirituale ricevuta dal Padre, riconosce Gesù come Messia, “il Figlio del Dio vivente”. Su di lui, sulla sua fede, come su di una pietra, Cristo stabilisce la propria comunità, la Chiesa, contro la quale non riuscirà a prevalere nessun avverso potere del male. Pietro sarà il responsabile, e avrà il potere di decidere con efficacia. Questa prospettiva, però, apre all’itinerario della passione, dell’uccisione e, poi, della risurrezione. Alla reazione di Pietro, Gesù risponde con una fermezza che sconcerta: eletto “prima pietra della Chiesa”, ora egli appare nelle vesti di Satana. Satana è colui che si oppone alla croce, perché con la croce si realizza il disegno di Dio.

In questione è quel personaggio o quella figura messianica che doveva venire alla fine dei tempi per restaurare l’armonia in mezzo al popolo. Dalle risposte dei discepoli risulta, però, che nessuno identificava Gesù nel Figlio dell’uomo, nessuno riconosceva che in Lui erano iniziati gli ultimi tempi, cioè il momento decisivo dell’agire di Dio nella storia. Non così, però, la pensano i discepoli: per loro è chiaro che parlare del Figlio dell’uomo e parlare di Gesù è la stessa cosa. Perciò è normale che alla domanda di Gesù: “Voi chi dite che io sia?”, essi rispondano con un atto di fede messianica, ed è Pietro che confessa Gesù dicendo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Meglio di così non si può dire! Il peso della confessione di Pietro cade, dunque, sulla messianicità di Gesù. L’ambito in cui risuona l’atto di fede, non è quello della gente, ma quello dei discepoli, si tratta cioè, di quel contesto in cui vi è la possibilità di ascoltare e capire, non con le proprie forze, ma con l’aiuto di Gesù Maestro e con l’aiuto del Padre che si rivela ai piccoli. Le parole che Simone, figlio di Giona, ha espresso con la sua lingua, con profonda e sentita convinzione, non trovano in lui la loro fonte: queste sono parole di fede! E la fede è un dono del Padre. Pietro, quindi, diviene fondamento dell’edificio costruito da Gesù, la Chiesa, proprio nella confessione della fede che si manifesta in lui come dono del Padre. E a lui è affidata una missione che serve alla solidità e alla sicurezza della Chiesa. Pietro, tuttavia, mantiene sempre nei confronti di Gesù – che è all’origine della sua missione e della missione della Chiesa – una relazione di servo, nel senso biblico della parola. Il Capo della Chiesa, infatti, non è lui, ma Gesù (Ef 1,22).

05 Agosto

Ascoltate oggi la voce del Signore: «Non indurite il vostro cuore»

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.

(Matteo 16,18)

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 94)
Rit: Ascoltate oggi la voce del Signore: «Non indurite il vostro cuore».

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostrati, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.

(Matteo 16,18)

04 agosto, 2021

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : Santo Curato d'Ars

Ⓒ Blog Site official di Canzano Barbara : Santo Curato d'Ars:   Un sacerdote, bersaglio di calunnie e persecuzioni, chiese consiglio al Santo Curato d'Ars. «Amico mio – egli rispose – fate come fac...

1944: 04 agosto come oggi avveniva l'arresto della famiglia Frank

 4 agosto 1944 | La famiglia di Anne Frank, insieme alle altre quattro persone nascoste nell'annesso segreto di Prinsengracht ad Amsterdam, sono state arrestate insieme ai loro aiutanti Johannes Kleiman e Victor Kugler. La famiglia Frank è stata deportata ad Auschwitz il 3 settembre 1944.



San Giovanni Maria Vianney

 San Giovanni Maria Vianney

Nome: San Giovanni Maria Vianney
Titolo: Sacerdote
Nascita: 8 maggio 1786, Dardilly, Francia
Morte: 4 agosto 1859, Ars-sur-Formans, Francia
Ricorrenza: 4 agosto
Tipologia: Commemorazione
Protettore:parrocisacerdoti




Dardilly, piccolo paesello della diocesi di Lione, fu la patria del santo Curato. La sua famiglia si dedicava ai lavori agricoli, e Giovanni medesimo quando fu giunto all'età di sette anni dovette, aiutare il fratello maggiore nei campi. Ma in quella buona casa regnava l'amor di Dio e del prossimo.

Quanta pietà aveva il nostro piccolo Vianney, nei suoi primi anni di età, e quale devozione alla Vergine! Lo dirà poi, quando sarà sacerdote e confessore: « Io non conoscevo il male, lo conobbi più tardi, dalle labbra dei penitenti ».

Dopo qualche anno Giovanni dovette recarsi a Ecully da sua zia. Anche qui era la Provvidenza che lo guidava: in questa casa, dalle mani di D. Balley, sfuggito alla terribile persecuzione, riceve la prima Comunione. Dopo sei anni sente nell'anima il desiderio ardente di farsi sacerdote; egli vorrebbe subito seguire la divina chiamata, ma per un pò ne è impedito dai lavori campestri. In questo tempo però egli si esercita nella grammatica latina sotto il buon Balley ed impara a recitare il Rosario: senonché la chiamata alle armi interrompe gli studi.

Dopo 14 lunghi mesi di perplessità e di fatiche, viene quasi miracolosamente rimandato a casa, e D. Balley si incarica di farlo accettare in seminario.

Quante difficoltà trova il povero Giovanni negli studi! Ma egli è costante, prega la 'SS. Vergine e per la sua pietà viene ammesso agli ordini sacri il 9 agosto del 1815.

Sacerdote, viene eletto come vicario di Ecully e poi mandato parroco ad Ars. Trovò quella parrocchia completamente abbandonata e subito si diede a risanarla dai corrotti costumi. Il suo zelo, la sua eroica penitenza, la sua profonda umiltà, la sua ardente carità, in poco tempo avevano cambiato quel popolo: la chiesa era frequentata, i fedeli si accostavano spesso ai Sacramenti ed i vizi lasciavano il posto alle virtù: in qualsiasi tempo i fedeli si recassero alla parrocchia, trovavano il loro Curato in chiesa. Il confessionale era il suo luogo ordinario di abitazione e non passarono molti anni che Ars divenne la mèta degli uomini più eminenti: persone di stato, letterati e vescovi, si recavano dal santo Curato per ricevere i suoi illuminati consigli.

Fu ammirabile nella devozione a Maria, al Rosario, all'Eucaristia: queste furono le sorgenti della sua efficacia sulle anime. Il demonio però non mancò di mettere a dura prova la virtù del Santo. Ma tutto ciò non fece che irrobustire il suo spirito.

Estenuato dalle fatiche, macerato dai digiuni e dalle penitenze, il 4 agosto 1859 terminò i suoi giorni nel bacio del Signore. Ma dal cielo il suo apostolato si perpetua coll'esempio della sua vita e delle sue virtù.

PRATICA. Facciamo oggi un atto di carità.

PREGHIERA. Onnipotente e misericordioso Iddio, che rendesti illustre per lo zelo apostolico il beato Giovanni Maria, concedici che a suo esempio ed intercessione possiamo guadagnare a Cristo le anime dei fedeli e raggiungere con essi la gloria dell'eternità.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Giovanni Maria Vianney, sacerdote, che per oltre quarant’anni guidò in modo mirabile la parrocchia a lui affidata nel villaggio di Ars vicino a Belley in Francia, con l’assidua predicazione, la preghiera e una vita di penitenza. Ogni giorno nella catechesi che impartiva a bambini e adulti, nella riconciliazione che amministrava ai penitenti e nelle opere pervase di quell’ardente carità, che egli attingeva dalla santa Eucaristia come da una fonte, avanzò a tal punto da diffondere in ogni dove il suo consiglio e avvicinare saggiamente tanti a Dio.


Preghiera al Santo Curato D’Ars

Santo Curato d’Ars, tu hai fatto della tua vita un’offerta totale a Dio per il servizio degli uomini. Che lo Spirito Santo, per la tua intercessione, ci conduca a rispondere oggi, senza debolezza, alla nostra vocazione personale.

Tu sei stato un assiduo adoratore di Cristo nel Tabernacolo.

Insegnaci ad avvicinarci con fede e rispetto all’Eucaristia, a gustare la presenza silenziosa di Gesù nel Santissimo Sacramento.

Tu sei stato l’amico dei peccatori. Tu dicevi loro: “Le vostre colpe sono come un granello di sabbia rispetto alla grande montagna della misericordia di Dio”.

Sciogli i legami della paura che talvolta ci tengono lontani dal perdono di Dio.

Aumenta in noi il pentimento per le nostre colpe. Mostraci il vero volto del Padre che attende instancabilmente il ritorno del figliol prodigo.

Tu sei stato il sostegno dei poveri: “Il mio segreto è molto semplice: dare tutto senza conservare niente”. Insegnaci a condividere con quelli che sono nel bisogno, rendici liberi riguardo al denaro e a tutte le false ricchezze.

Tu sei stato un figlio affettuoso della Vergine Maria, “il tuo più vecchio amore”. Insegnaci a pregarla con la semplicità e la fiducia di un bambino.

Tu sei diventato il testimone esemplare dei Parroci dell’universo. Che la tua carità pastorale conduca i pastori a ricercare la vicinanza con tutti, senza preferenze.
Ottieni loro l’amore per la Chiesa, lo slancio apostolico, la solidità nelle prove.

Ispira ai giovani la grandezza del ministero sacerdotale e la gioia di rispondere alla chiamata del buon Pastore.

Santo Curato d’Ars, sii tu il nostro intercessore presso Dio. Amen.

Preghiera per la gioia eterna al terziario San Giovanni Maria Vianney

PREGHIERA
Dio onnipotente e misericordioso,
che in san Giovanni Maria Vianney
ci hai offerto un mirabile pastore,
pienamente consacrato al servizio del tuo popolo,
per la sua intercessione e il suo esempio
fa che dedichiamo la nostra vita
per guadagnare a Cristo i fratelli
e godere insieme con loro la gioia senza fine.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Amen