Rolando Maria Rivi, nasce mercoledì 7 gennaio 1931, figlio di
contadini cristiani, nella casa del Poggiolo, a San Valentino, nel
Comune di Castellarano (Reggio Emilia). Il padre si chiama Roberto
Rivi e la madre Albertina Canovi. Ragazzo intelligente e vivace, “il
più scatenato nei giochi, il più assorto nella preghiera”,
lodi
del Signore.
Nella
festa del Corpus Domini, 16 giugno 1938, Rolandino ricevette la I
Comunione e fu davvero per lui festa umile e solenne: Gesù diventava
il suo intimo Amico. A scuola, guidato dalla maestra Clotilde Selmi,
giovane donne dalla Comunione quotidiana, preparata e tutta dedita
alla sua missione di educatrice cristiana, seppe dare buoni
risultati: sostenuto da una vivace intelligenza, imparava con
facilità e aiutava volentieri i compagni.
Era generosissimo con
i poveri di passaggio ai quali donava con larghezza, dicendo: “La
carità non rende povero nessuno. Ogni povero per me è Gesù”. Il
24 giugno 1940, dal Vescovo diocesano di Reggio Emilia, Mons. Edoardo
Brettoni, Rolando ricevette la Cresima. Si sentì ancora più
obbligato con il Signore Gesù, “un soldato di Cristo”, come
allora si diceva, e prese forti impegni con Lui: la Messa e Comunione
quotidiana, la Confessione settimanale, il Rosario alla Madonna ogni
giorno, da solo e in famiglia.
I suoi piccoli amici del borgo,
Rolando cercava di portarli in chiesa, al catechismo, davanti al
Tabernacolo, per crescere nella fede e nell’amore al Signore. Papà
Roberto si chiedeva: “Chi mai sarà questo bambino?”. Rolando
finì le elementari in modo brillante. La maestra ricorderà sempre
“i suoi occhi vivi, espressivi al massimo, cui non sfuggiva nulla,
la sua intuizione immediata, la logica serrata dei suoi ragionamenti,
la sua ottima memoria”.
A lui, però, ciò che più importava,
era il rapporto, intenso, sempre più intenso con Gesù. Il sacerdote
all’altare – don Narzocchini, sua guida e modello di vita –
quando consacrava il Pane e il Vino nella Messa, gli appariva grande
da toccare il Cielo: “Perché – si domandava – non avrebbe
potuto essere come lui?”.
S. Pio X, il papa dell’Eucaristia
ai bambini in giovanissima età, un giorno previde: “Ci saranno
tanti ragazzi santi e tanti chiamati al sacerdozio, grazie a Gesù
Eucaristico adorato e santamente ricevuto da loro”.
Per tutta
la prima metà del secolo XX – e oltre – grazie a una pedagogia
davvero eucaristica da parte delle parrocchie e dell’Azione
Cattolica, la “profezia” di S. Pio X si è avverata largamente:
lo scrivente, ricercatore di “santità giovane”, lo può
ampiamente documentare, appoggiandosi anche sulla testimonianza
scientifica e teologica di illustri Maestri della psicologia, del
dogma e dell’ascetica cristiana, quali P. Agostino Gemelli, P.
Garrigou-Lagrange, il Card. Pietro Palazzini (si veda il testo di L.
Castano, Santità giovanile, LDC, Torino, 1989).
Ebbene, proprio
nell’ambito della profezia di S. Pio XII, Rolando Rivi, decenne, a
contatto di Gesù vivo nel Tabernacolo e del suo parroco don
Marzocchini, vero “sacerdos propter Eucaristiam”, sentì la voce
di Gesù che lo chiamava alla santità e al sacerdozio. A 11 anni,
decise: “Voglio farmi prete. Papà, mamma, vado in Seminario”.
Così
all’inizio dell’ottobre 1942, entrò in Seminario, a Marola
(Reggio Emilia), vestendo subito l’abito talare, come allora si
usava. Studiava con serietà e, con la sua bella voce, faceva parte
del coro. Stava assai volentieri davanti all’Eucaristia,
appassionato sempre di più della sua vocazione, sentendosi un
prediletto di Dio.
A casa, in vacanza, durante l’estate,
continuava a vivere da seminarista, con fedeltà ai suoi impegni, la
Messa e la Comunione quotidiana, la meditazione al mattino, la visita
al SS.mo Sacramento e il Rosario alla Madonna, ogni sera, in una vita
di studio e di purezza, e facendo apostolato tra i compagni. Portava
sempre con orgoglio l’abito religioso, spiegando: “È il segno
che io sono di Gesù”.
Suonava in chiesa l’harmonium e
accompagnava i cantori, tra i quali il suo ottimo papà, Roberto
Rivi, fiero di cantare con il suo “tesoro” che si preparava, più
convinto che mai, a diventare “un altro-Gesù” nel sacerdozio. Lo
si vedeva spesso circondato da piccoli amici, con i quali il discorso
era caldo di luce e di amore: voleva raccoglierli tutti attorno a
Gesù, insegnare loro ad amarlo come Lui solo merita di essere amato.
Rolando matura presto un’autentica vocazione al sacerdozio. A soli
11 anni, nel 1942, mentre l’Italia è già in guerra, il ragazzo
entra nel seminario di Marola nel Comune di Carpineti (Reggio Emilia)
e veste per la prima volta l’abito talare che non lascerà più
sino al martirio.
Nella primavera del 1945, a San Valentino, alcuni partigiani
aggredirono e umiliarono don Olinto. A causa di questa gravissima
aggressione, il parroco fu costretto a rifugiarsi altrove. Intanto
nei paesi vicini, alcuni sacerdoti furono addirittura uccisi da bande
di partigiani mossi dall’odio verso la Chiesa Cattolica. Rolando
era consapevole della gravità della situazione e quanto fosse allora
rischioso spostarsi normalmente per il paese, le zone limitrofe,
indossando l’abito da prete. Rolando non voleva saperne di
togliersi la veste talare. Più volte i genitori cercarono di
persuaderlo anche in modo fermo e deciso. Lui fu ancor più fermo e
deciso: “Ma no, non posso, non devo togliermi la veste. Io non ho
paura, io sono orgoglioso di portarla. Non posso nascondermi. Io sono
del Signore”. Non solo, Rolando non mancava perfino di contraddire
e contrastare anche pubblicamente chiunque inveisse contro la Chiesa
o cercasse di sfotterlo perché indossava la veste talare. Il 10
aprile 1945, martedì dopo la Domenica in Albis, al mattino presto,
Rolando era già in chiesa: visse ed animò la Messa suonando
l’armonium. uscito dalla chiesa, andò a studiare come ogni mattina
nel boschetto a pochi passi da casa. Come sempre indossava l’abito
talare; quel mattino un gruppo di partigiani lo sequestrò. Il
ragazzo fu in balìa dei suoi rapitori per tre giorni. Per quanto se
ne è saputo, probabilmente dagli atti processuali, i suoi aguzzini
hanno inveito contro di lui pronunciando ingiurie contro la Chiesa e
atroci bestemmie contro Gesù. Poi, occorre dolorosamente riferirlo,
lo flagellarono, si scagliarono contro il suo corpo inerme
percuotendolo ripetutamente. Infine lo spogliarono della veste
talare… Lo condussero in un bosco presso Piane di Monchio (in
provincia di Modena). Quando capì che stavano per ucciderlo, Rolando
singhiozzò, chiese di essere risparmiato, gli sferrano un calcio.
Rolando formulò un’ultima richiesta: “Voglio pregare per la mia
mamma e per il mio papà”, si inginocchiò e continuò
silenziosamente a pregare. Venne freddato a colpi di pistola. Il suo
corpo venne coperto con poche palate di terra e foglie secche; i suoi
uccisori giocarono a calcio con la sua veste talare dopodiché la
appesero sotto il porticato di una casa vicina. Era venerdì 13
aprile 1945. Lì, in quella fossa improvvisata, fu trovato dal suo
amico sacerdote don Alberto Camellini e dal papà Roberto, dopo che
uno degli stessi assassini aveva indicato loro dove trovarlo. Dopo 60
anni, il 7 gennaio 2006, l’arcivescovo di Modena mons. Benito
Cocchi, ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede il 30 settembre 2005,
ha dato inizio, nella Chiesa modenese di Sant’Agostino, al processo
diocesano per la beatificazione del seminarista Rolando Rivi, martire
innocente, caduto sotto l’odio anticlericale e anticristiano del
tempo, per aver voluto testimoniare, indossando l’abito talare fino
all’ultimo, la sua appartenenza a Cristo. Il 27 marzo 2013 il Santo
Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei
Santi a promulgare, tra gli altri, anche il decreto riguardante il
martirio del servo di Dio Rolando Rivi. Rolando è stato beatificato
a Modena il 5 ottobre 2013. Beato Rolando, ti chiedo di prenderti
cura di noi adulti, di noi genitori con la stessa premura che hai
avuto verso i tuoi genitori prima di andare ad abbracciare l’Amato
del tuo cuore e ancora, così come facesti con i tuoi compagni più
tiepidi e scostanti, così come li contagiavi con la tua fede, con
l’ardore della tua umanità centuplicata da Cristo, fa così anche
con me, con i nostri figli, con ognuno di noi, quando ci priviamo
della possibilità di vivere la bellezza, l’intensità e la
profondità del vivere in Gesù, dentro ogni cosa, in ogni cosa e
sopra ad ogni cosa.
Il desiderio di diventare “sacerdote e missionario” cresce
guardando alla figura del suo parroco, don Olinto Marzocchini, “uomo
di ricchissima vita interiore, attento alle cose che veramente
contano”, che fu per il ragazzo una guida e un maestro. Nell’estate
del 1944 il seminario di Marola viene occupato dai soldati tedeschi.
Rolando, tornato a casa, continua gli studi da seminarista, sotto la
guida del parroco, e porta nel suo paese un’ardente testimonianza
di fede e di carità, vestendo sempre l’abito talare. Il primo
aprile di quell’anno, Pasqua di resurrezione, don Olinto
Marzocchini è già rientrato a San Valentino e al suo fianco è
rimasto il giovane curato. Durante la Settimana Santa, Rolando ha
partecipato alle celebrazioni liturgiche con grande entusiasmo. E
giovedì, davanti all'altare dell'Eucarestia, ornato di fiori e di
ceri accesi, ha pregato: «Grazie, Gesù, perché ci hai donato Te
stesso nell'Ostia santa e rimani sempre con noi... Aiutami a
ritornare presto in seminario e a diventare sacerdote». Il venerdì,
baciando il Crocifisso, ha ripetuto l'offerta al suo grande Amico:
«Tutta la mia vita per Te, o Gesù, per amarTi e farTi amare». Il
giorno di Pasqua, durante le Messe, Rolando suona l'organo
accompagnando i canti. Riceve Gesù nella Comunione. In sacrestia, il
parroco gli dice: «Sei stato bravo, Rolando! Per tutti i servizi
fatti nella Settimana Santa, accetta questo piccolo dono... E che il
Signore ti benedica», e gli mette in mano una piccola somma. Si
sente nell'aria qualcosa di nuovo. C'è ancora la guerra, ma tutti
sentono che volge alla fine. Nei giorni successivi, Rolando non manca
mai alla Messa e alla Comunione. Poi, tornato a casa, esce con un
libro sotto braccio e va a studiare presso un boschetto non lontano
dalla sua abitazione. Il 10 aprile, martedì dopo la domenica in
Albis, al mattino presto, è già in chiesa: si celebra la Messa
cantata in onore di San Vincenzo Ferreri, che non si è potuta
celebrare il 5 aprile, giorno anniversario, essendo l'ottava di
Pasqua. Suona e accompagna all’organo i cantori, tra i quali c'è
anche il papà. Si accosta alla Comunione e si raccoglie in preghiera
a ringraziare il Signore. Prima di uscire, prende accordi con i
cantori, per «cantare Messa» anche l'indomani. Torna a casa. I suoi
genitori vanno a lavorare nei campi. Rolando, con i libri
sottobraccio, si reca come al solito a studiare nel boschetto a pochi
passi da casa. Indossa, come sempre, la sua veste nera. A
mezzogiorno, non vedendolo ritornare, i genitori lo vanno a cercare.
Tra i libri, sull'erba, trovano un biglietto: «Non cercatelo. Viene
un momento con noi, partigiani». Il papà e il curato di San
Valentino, in forte ansia, cominciano a girare nei dintorni alla
ricerca del ragazzo. Cosa sarà mai capitato?... Alcuni partigiani
comunisti lo hanno portato nella loro «base». Rolando capisce con
chi si trova. Quelli lo spogliano della veste talare, che li irrita
troppo. Ora hanno davanti a loro un povero ragazzo di quattordici
anni, tremante, vestito poveramente, come Gesù nel pretorio di
Pilato. Alle loro beffe, Rolando risponde: «Sono un ragazzo, si, un
seminarista... e non ho fatto nulla di male». Quelli lo insultano,
lo percuotono con la cinghia sulle gambe, lo schiaffeggiano. Adesso
hanno davanti un ragazzino coperto di lividi, piangente. Così era
stato fatto, un giorno lontano, a Gesù. Rolando, innocente, prega
nel suo cuore e chiede pietà. Qualcuno si commuove e propone di
lasciarlo andare, perché è soltanto un ragazzo. Ma altri si
rifiutano: prevale l'odio al prete, all'abito che lo rappresenta.
Decidono di ucciderlo. Lo portano in un bosco presso Piane di Monchio
(Modena). Davanti alla fossa già scavata, Rolando comprende tutto.
Singhiozzando implora di essere risparmiato. Gli viene risposto con
un calcio. Allora dice: «Voglio pregare per la mia mamma e per il
mio papà». Si inginocchia sull'orlo della fossa e prega per sé,
per i suoi cari, forse per i suoi stessi uccisori. Due scariche di
rivoltella lo rotolano a terra, nel suo sangue. Un ultimo pensiero,
un ultimo palpito del cuore per Gesù, perdutamente amato... Poi la
fine. Quelli lo coprono con poche palate di terra e di foglie secche.
La veste da prete diventa un pallone da calciare; poi sarà appesa,
come trofeo di guerra, sotto il porticato di una casa vicina 7. Era
il 13 aprile 1945, ricorrenza del giovane martire Sant'Ermenegildo,
venerdì, come quando Gesù si immolò sulla croce. Rolando aveva
quattordici anni e tre mesi. In quell'istante il cielo si apri e Gesù
accolse nella sua gloria Rolando Maria Rivi, piccolo angelo, martire
della fede. Con la vita, con la parola e perfino con il suo sangue
aveva proclamato: «Quanto ho di più caro al mondo è Cristo: Lui
stesso e tutto ciò che viene da Lui>> I genitori, spaventati
dall’odio partigiano, invitarono il figlio a togliersi la talare;
tuttavia egli rispose: «Ma perché? Che male faccio a portarla? Non
ho voglia di togliermela. Io studio da prete e la veste è il segno
che io sono di Gesù». Questa pubblica appartenenza a Cristo gli fu
fatale. Un giorno, mentre i genitori si recavano a lavorare nei
campi, il martire Rolando prese i libri e si allontanò, come al
solito, per studiare in un boschetto. Arrivarono i partigiani, lo
sequestrarono, gli tolsero la talare e lo torturarono. Rimase tre
giorni loro prigioniero, subendo offese e violenze; poi lo
condannarono a morte. Lo condussero in un bosco, presso Piane di
Monchio (Modena); gli fecero scavare la sua fossa, fu fatto
inginocchiare sul bordo e gli spararono due colpi di rivoltella, una
al cuore e una alla fronte. Poi, della sua nera e immacolata talare,
ne fecero un pallone da prendere a calci. Era venerdì 13 aprile
1945. Per questa sua testimonianza di amore a Gesù, così intensa da
attirare gli altri ragazzi verso l’esperienza cristiana, Rolando,
nel clima di odio contro i sacerdoti diffusosi in quel periodo,
finisce nel mirino di un gruppo di partigiani comunisti. Il 10 aprile
1945, il seminarista viene sequestrato, portato prigioniero a Piane
di Monchio, nel Comune di Palagano sull’Appennino modenese,
rinchiuso in un casolare per tre giorni, brutalmente picchiato e
torturato. muore Venerdì 13 aprile 1945 ore 15.00, il ragazzo
innocente, a soli 14 anni, spogliato a forza della sua veste talare,
viene trascinato in un bosco di Piane di Monchio e ucciso con due
colpi di pistola. Quando Rolando capisce che i carnefici non
avrebbero avuto pietà, chiede solo di poter pregare per il suo papà
e per la sua mamma. Anche in quest’ultimo istante, nella preghiera,
Rolando riafferma la sua appartenenza all’amico Gesù, al suo amore
e alla sua misericordia. Aveva 14 anni 3 mesi e 6 giorni. Dopo la
Liberazione, il 29 maggio 1945 la salma fu traslata e tumulata nel
cimitero di San Valentino, con l'omaggio di tutti i parrocchiani.
Essendo divenuta la sua tomba meta di pellegrinaggi, il 26 giugno
1997, con una solenne cerimonia, gli venne data nuova sepoltura
all'interno della chiesa di San Valentino, nel sacrario dei parroci
della pieve. Nel 1951 la Corte di Assise di Lucca condanna gli autori
dell’efferato omicidio. La condanna viene confermata nel 1952 dalla
Corte di Assise di Appello di Firenze e diventa definitiva in
Cassazione. Il 7 gennaio 2006, su iniziativa del Comitato Amici di
Rolando Rivi, nella chiesa di S. Agostino, a Modena, si apre il
processo diocesano per la beatificazione e dichiarazione del martirio
del servo di Dio Rolando Rivi. Il processo diocesano viene chiuso in
modo solenne dall’Arcivescovo Abate di Modena Nonantola, S.E. Mons.
Benito Cocchi, il 24 giugno 2006, con l’affermazione che il
martirio del giovane seminarista “ci pare avvenuto realmente in
odium fidei”. Rolando Rivi è il primo tra i 130 sacerdoti e
seminaristi uccisi sul finire della guerra e nel dopoguerra dai
partigiani comunisti, per impedire che portassero il contributo della
propria fede cristiana e delle proprie idee di libertà alla nuova
Italia che stava nascendo, per cui è stata avviata la causa di
beatificazione. Il 23 giugno 2010 lapositio del servo di Dio Rolando
Rivi viene iscritta nel protocollo dei martiri presso la
Congregazione per le cause dei Santi a Roma. Il 18 maggio 2012 la
decisione dei teologi, che riconosce la validità del martirio,
spalanca le porte alla beatificazione che ora appare imminente. Dopo
la firma dei Cardinali e del Papa, Rolando potrà salire all’onore
degli altari
PREGHIERA PER OTTENERE L'INTERCESSIONE DEL BEATO ROLANDO MARIA RIVI
O Dio, Padre misericordioso, che scegli i piccoli per confondere i
potenti del mondo, Ti ringrazio per averci donato, nel seminarista
Rolando Rivi, una testimonianza d'amore totale al tuo Figlio Gesù e
alla sua Chiesa, fino al sacrificio della vita. Illuminato da questo
esempio e per intercessione di Rolando, ti chiedo di darmi forza di
essere sempre segno vivo del tuo amore nel mondo e ti supplico di
volermi concedere la grazia... che ardentemente desidero. Un Padre
nostro. Dieci Ave Maria. Un Gloria al Padre. Signore Gesù, Fratello
maggiore dei martiri, grazie perché ora ci chiami a mettere i nostri
passi sui passi di nostro fratello Rolando che, pur amando
immensamente la vita perché tuo dono, non ha esitato a rimetterla
nelle tue mani, perché, anche quanti credevano di strappargliela,
potessero aprire gli occhi del cuore e scoprire il tuo Volto nel suo
volto sfigurato. Nei martiri noi riconosciamo il punto di incontro
tra la nostra responsabilità e la tua grazia; accettiamo lo scandalo
del loro sangue versato che dona salvezza e vita; accogliamo la
sconfitta del male che sembra vincere il bene; contempliamo il
mistero delle tenebre sconfitto e illuminato dalla luce. Vogliamo
seguirti in questo cammino di amore, per imparare dai nostri fratelli
e sorelle, testimoni di perdono e di pace, che la croce, strumento di
morte, porta il Crocifisso, il nostro Signore Gesù, Salvatore
risorto e vincitore di tutte le morti. Illumina il nostro cuore con
il tuo Spirito, perché i nostri passi non esitino a seguire le tue
orme e di quanti ti hanno seguito su tutti i Calvari del mondo ed ora
sono nella tua Vita. Amen O Dio onnipotente ed eterno, che hai
ispirato al beato martire Rolando il desiderio di essere totalmente
di Gesù, concedici, per sua intercessione, i doni del tuo Spirito,
perché là ove la dignità dell’uomo e la libertà di credere sono
calpestate, non manchino cristiani coraggiosi che sappiano porsi come
testimoni di verità e di amore. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Signore Gesù, Fratello maggiore dei martiri,
grazie perché ora ci chiami a mettere i nostri passi
sui passi di nostro fratello Rolando che, pur amando immensamente la
vita perché tuo dono, non ha esitato a rimetterla nelle tue mani,
perché, anche quanti credevano di strappargliela, potessero aprire
gli occhi del cuore e scoprire il tuo Volto nel suo volto sfigurato.
Nei martiri noi riconosciamo il punto d'incontro
tra la nostra responsabilità e la tua grazia; accettiamo lo scandalo
del loro sangue versato che dona salvezza e vita; accogliamo la
sconfitta del male che sembra vincere il bene; contempliamo il
mistero delle tenebre sconfitto ed illuminato dalla luce.
Vogliamo seguirti in questo cammino di amore, per imparare dai nostri
fratelli e sorelle, testimoni di perdono e di pace, che la croce,
strumento di morte,
porta il Crocifisso, il nostro Signore Gesù, Salvatore risorto e
vincitore di tutte le morti.
Illumina il nostro cuore con il tuo Spirito, perché i nostri passi
non esitino a seguire le tue orme e di quanti ti hanno seguito su
tutti i Calvari del mondo ed ora sono nella tua Vita. Amen
O Dio onnipotente ed eterno, che hai ispirato al beato martire
Rolando il desiderio d'essere totalmente di Gesù, concedici, per sua
intercessione, i doni del tuo Spirito, perché là ove la dignità
dell’uomo e la libertà di credere sono calpestate, non manchino
cristiani coraggiosi che sappiano porsi come testimoni di verità e
d'amore. Per Cristo nostro Signore. Amen.
INNO DEDICATO AL BEATO ROLANDO MARIA RIVI SOLDATO DI CRISTO
Miles Christi parole e musica: Morgana Montermini Testo in latino:
Enrico Monti
Nei tepori del bosco di primavera parlavi coi fiori, le piante e con
Dio guardavi la luce delle braccia del sole toccare la terra e fare
mille figure di angeli e fate e brillare sull'argento fra i grani
d'amore pregando Maria questo bosco è un Altare questa vita è la
mia dentro all'abito nero non esiste mistero. Un vento leggero sulle
pagine sacre legge frasi in latino e le porta lontano anche a chi fa
la guerra a chi ha odio nel cuore e che a forza di uccidere ha
bruciato l'amore RIT: AMORE, SOLO PER AMORE, VENITE IN QUESTO BOSCO
PER NON DIMENTICARE CERCATE L'AMORE NIENTE ODIO, MA AMORE PER
RICUCIRE UN CUORE PERDONATE COL MIO NOME PREGATE E USATE AMORE Ma il
sole ha una tenda che chiude nelle tempesta e nel bosco che prega
scende un tuono di giorno anime senza più pace tracciano orme
pesanti "a morte i preti e le suore, saran trofei in queste ore"
Partigiani sconfitti senza casa ed onore urlano "lascia il tuo
Dio e rinnega l'amore" togli l'abito nero brucia il sogno non
vero la tua vita non conta e il tuo Dio non ti salva. Vola in alto
una piuma che si stacca dal ramo è una foglia leggera che pronuncia
il Tuo nome "perdona loro non sanno quello che stan facendo"
e in quel momento la vita vola sulla Salita. RIT: AMORE, SOLO PER
AMORE, VENITE IN QUESTO BOSCO PER NON DIMENTICARE CERCATE L'AMORE
NIENTE ODIO, MA AMORE PER RICUCIRE UN CUORE PERDONATE COL MIO NOME
PREGATE E USATE AMORE Ea die pugna fuit mortis cum vita miles Christi
vicit gratiam donans (Quel giorno ci fu un duello fra la vita e la
morte. Il soldato di Cristo ha vinto donando il perdono) Eos gratiam
age quia non noscunt quod faciunt (perdona loro non sanno quello che
stanno facendo) Eli Eli Amorem meum tibi, Deus, cum tota anima mea ex
aeternitate dono (signore signore il mio amore a te o Dio con tutta
la mia anima dono per l'eternità) Ego sum Miles Christi Ego sum
Miles Christi Ego sum Miles Christi Ego sum Miles Christi.
Patrono, dei Chierichetti, ricorrenza della Liturgia il 29 maggio.
Beato Rolando Maria, prega, per noi.
Morto
A
soli quattordici tre mesi e sei giorni di vita.