Per me Pierina era l’incarnazione di una ragazza di fede. Sapeva vedere e percepire Dio dappertutto. Il suo rapporto con Dio era improntato a senso di rispetto, ma confidente. Esulava dal suo animo il motivo del castigo di Dio. Il desiderio di piacere a Lui solo lo esprimeva nelle rinnovazioni dei voti privati, che avveniva dopo la Comunione.
La preghiera di Pierina nelle sue espressioni era molto semplice e seguiva gli abituali formulari in uso nelle famiglie e nelle parrocchie. L’unione costante con Dio si esprimeva più che con formule tradizionali in espressioni sue personali di estrema confidenza, per lo più formulate in dialetto.
Si ispirava molto alla lettura del Vangelo.
Era aliena da ragionamenti e da discussioni nelle cose di Dio. Il distinguere troppo non è conforme alla semplicità spirituale di Pierina.
La Comunione era, possibilmente, quotidiana: ne sentiva quasi una necessità, però se gli orari non glielo consentivano (raramente) proseguiva la sua unione con Dio anche in quella giornata.
Pierina ha sempre ritenuta necessaria la Comunione quotidiana; era il suo stesso ritmo di vita spirituale che la richiedeva. Non era sfiorata dal problema dell’abitudine, perché io le avevo suggerito di legare alla Comunione ogni giorno una particolare intenzione. Era questo che la spingeva a sacrifici di orario per la Comunione; non voleva defraudare le persone per le quali era dedicata, del frutto spirituale o delle grazie.
L’avevo abituata a dividere la giornata in due parti: una di ringraziamento e una di preparazione.
[Deposizione di Padre Luciano Mologni, confessore di Pierina Morosini, al processo diocesano per la Causa di Beatificazione]